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Resistere al Biker
Resistere al Biker
Resistere al Biker
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Resistere al Biker

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About this ebook

La studentessa ventunenne universitaria, Adriana Nikolas, non sa cosa fare con Raptor, il motociclista sexy che sembra ossessionato dal voler far sesso con lei. Figo o meno, fin dal primo incontro capisce che è pericoloso, sia dentro che fuori dal letto.


Quello che vuole Raptor, Raptor lo avrà. Al momento vuole Adriana e farà tutto il necessario per rivendicarla come sua donna. Ma lei continua a resistergli, cosa a cui il Capitano di Viaggio dei Gold Vipers non è abituato. Arrogante, presuntuoso e testardo, Raptor accetta la sfida e si ritroverà ad avere più di quello che si aspettava.


Nel frattempo, Schianto, il presidente dei Gold Vipers, cerca giustizia per lo stupro della figlia della sua Signora. 

Libro 1/2 

Questa storia contiene un linguaggio volgare, situazioni di tipo sessuale e violenza. Non è adatatta ai lettori che abbiano meno di 18 anni. Per favore, non compratelo se qualcosa vi offende. È un'opera di fantasia e non si pone come vera rappresentazione dei club di motociclismo. È stata scritta per puro intrattenimento.
Cassie Alexandra è lo pseudonimo dell'autrice di bestseller, K.L. Middelton. 

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateSep 9, 2019
ISBN9781507134078
Resistere al Biker
Author

Cassie Alexandra

USA Today bestselling author Cassie Alexandra (pen name of NY Times Bestselling Author, Kristen Middleton) has published over 40 titles since 2011. She writes romance, horror, fantasy, and suspense thrillers.  www.kristenmiddleton.com www.cassiealexandrabooks.com

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    Aspetto di leggere la seconda parte, davvero bellissima questa storia.

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Resistere al Biker - Cassie Alexandra

Prologo

Erano appena passate le nove di sera quando Jessica Winters uscì dal Ventiquattrore Fitness, mise la sua bosa della palestra nel bagagliaio della macchina e guidò fino al suo appartamento, con due camere da letto, a Iowa City. Parcheggiò nel garage sotterraneo, prese le sue cose e andò all’ascensore, sollevata che la sua coinquilina, Kellie, fosse fuori città. Avrebbe avuto la casa tutta per sé per un paio di giorni, il che significava che non avrebbe dovuto ascoltare Kellie e il suo ragazzo darci dentro nell’altra stanza, per tutta la notte. Doveva ammetterlo, sentire Kellie avere quegli orgasmi strabilianti, come ci teneva a chiamarli lei, era un inferno. Soprattutto per una persona che aveva deciso di non fare sesso finché non avesse incontrato quello giusto. Quello che a quanto pareva stava impiegando un sacco di tempo per trovarla.

«Dovresti comprarti un vibratore» aveva detto Kellie la settimana precedente, dopo che Jessica le aveva chiesto di abbassare il volume. «Forse non ti comporteresti in modo così strano in proposito.»

«Se non voler ascoltare altre persone fare sesso vuol dire comportarsi in modo strano, allora di certo non voglio essere quello che tu ritieni normale.»

«Mio Dio, che cazzo, prendi tutto sul serio. Ti sto prendendo per il culo. Anche se...» Sorrise. «Devi ammettere che sei troppo rigida riguardo il sesso. Hai vent’anni, santo cielo. Devi darti alla pazza gioia, Jessica, come tutti gli altri.»

«Non sono rigida e non ho bisogno di darmi alla pazza gioia. Sono solo stanca perché non riesco a dormire» aveva risposto con rabbia. «Insomma, dai... le quattro del mattino? Anche tu saresti incazzata, se avessi lezione alle sette e stessi sveglia tutta la notte, cercando di non sentire i gemiti che provengono dalla stanza accanto. Se almeno poteste fare piano... non chiedo altro.»

«Tesoro, non si può fare del buon sesso piano. Se lo facessi, capiresti cosa voglio dire.»

«Va beh. Almeno alza la musica.»

«Va bene.»

La verità era che non litigavano solo per i gemiti e i grugniti odiosi che venivano dalla stanza di Kellie. Litigavano per il cibo, per la TV via cavo e per le bollette della luce, o su dove mettere le cose nell’appartamento. Di certo non era divertente tornare a casa la sera e Jessica sapeva bene cosa doveva fare: trovarsi una nuova coinquilina o... tornare a vivere da sua madre, Frannie. Almeno avrebbe dormito di più e non avrebbe dovuto sopportare le stronzate di Kellie. Purtroppo, questo avrebbe significato vivere anche con Schianto, il fidanzato motociclista di sua madre. Non era solo minaccioso, era anche il presidente dei Gold Vipers, un club di motociclismo a Jensen, con cui Jessica non voleva avere niente a che fare. A dire il vero Schianto le piaceva e non era affatto come se lo aspettava, con i suoi modi alla mano e i suoi racconti divertenti. Certo, l’unica altra parola che diceva era cazzo e fumava come una ciminiera, ma trattava Frannie, la sua Signora (come gli piaceva chiamarla), da regina ed era anche premuroso con Jessica. Ma, per quanto le riguardava, faceva sempre parte di una gang e il suo modo di vivere non era quello che voleva per sua madre. Aveva anche provato diverse volte a convincere Frannie a smetterla di vedersi con Schianto, ma sembrava che i due fossero già irrimediabilmente innamorati, perciò era come parlare con il muro. Anche quando Jessica diceva che i motociclisti dei club come il suo non facevano che infrangere la legge e finire in prigione, in risposta riceveva sempre un: «Schianto dice che il club dei Gold Vipers non è come gli altri club di motociclisti. Sono più un gruppo di fratelli che si prendono cura gli uni degli altri e delle loro famiglie. Tutto quello che fanno è assolutamente legale.»

Sì, certo.

Frannie era così ingenua da essere frustrante. Jessica poteva solo incrociare le dita e sperare che Schianto la tenesse lontana dalle cose illegali. Se avesse provato a coinvolgere sua madre in qualche modo, e lei avesse potuto dire la sua, Schianto sarebbe finito in prigione a calci in culo prima che potesse accendersi un’altra Camel. Sua madre era tutto per lei e non avrebbe mai e poi mai potuto starsene seduta in silenzio o porgere l’altra guancia. Frannie era vicina alla pensione e non voleva che sua madre passasse parte di essa in prigione.

Non vedendo l’ora di passare una serata tranquilla, Jessica allontanò i pensieri sul suo futuro patrigno e prese l’ascensore fino al terzo piano. Canticchiando tra sé percorse il corridoio fino al suo appartamento, aprì la porta ed entrò. Mentre stava per accendere la luce della cucina, qualcuno la prese da dietro, serrando le braccia intorno al suo corpo come una morsa di ferro. Provò ad urlare, ma una mano inguantata sulla bocca glielo impedì. L’odore di cuoio e di benzina la soffocava.

«Ciao, tesoro» grugnì l’uomo al suo orecchio. Iniziò a palpeggiarle il seno. «Oh, che belle.»

Singhiozzando, provò a divincolarsi, ma questo lo fece solo ridere. Col disperato bisogno di liberarsi, provò a mordergli la mano attraverso il guanto.

«Stronza» ringhiò lui, stringendole la bocca così forte da farle male alla mandibola. «Opponi resistenza e sei morta. Capito?»

Piagnucolando, Jessica ignorò la minaccia e gli tirò una gomitata allo stomaco, ricordando le lezioni di autodifesa a cui aveva partecipato prima del college. L’istruttore diceva di combattere per la vita a qualsiasi costo. Di urlare, scalciare e fare il necessario per liberarsi, altrimenti le possibilità di sopravvivenza erano vicine allo zero.

L’uomo grugnì ma, invece di lasciarla, l’afferrò per la gola e cominciò a stringergliela. «Credi di avere possibilità contro di me, puttana? Continua a lottare e ti spezzo il collo. Non osare mettermi alla prova, cazzo!»

«Ti prego... non riesco... a respirare» lo implorò con voce roca.

Lui allentò leggermente la presa. «Ti comporterai bene?»

La sua mente vorticava in cerca di un’altra via di fuga. I coltelli da cucina erano troppo lontani dalla sua portata e lui era troppo forte. Non ce l’avrebbe mai fatta.

«Rispondimi, puttana!» sibilò lui, stringendole senza pietà i capelli in una mano.

«Sì!» urlò.

«Ok, allora» sussurrò, spingendola verso la camera da letto. «Ora andiamo a divertirci.»

***

Un’ora più tardi, Jessica lo sentì uscire dall’appartamento. Insanguinata e piena di lividi, ritornò barcollando in cucina e chiuse la porta a chiave. Poi prese il suo cellulare e chiamò il 911.

«Sono stata aggredita. Stuprata» singhiozzò al telefono, il corpo tremante. Scivolò a terra, guardando l’ingresso terrorizzata, preoccupata che buttasse giù la porta e la uccidesse. «Per favore... aiutatemi. Ho paura che ritorni.»

«Mandiamo subito qualcuno» promise la donna, cercando di calmarla. «È sicura che l’aggressore se ne sia andato?»

«Sì» rispose, fissando i lividi che aveva sulle cosce, nei punti in cui le aveva conficcato le unghie nella carne. Tra quello e il dolore bruciante tra le gambe, voleva morire. Voleva che lui morisse.

«Va bene. La polizia dovrebbe arrivare a breve» le ricordò l’operatrice. «Resto al telefono con lei finché non arrivano. Ha visto bene l’aggressore?»

«Aveva... aveva una maschera. Nera.»

«Ha riconosciuto la sua voce?»

«No. Nessuna delle persone che conosco farebbe una cosa del genere!»

«Va bene. Cerchi di calmarsi, signorina Winters. Ora arrivano.»

Mentre Jessica aspettava i soccorsi, chiuse gli occhi e ricominciò a piangere. La donna al telefono cercò di consolarla, ma lei riusciva solo a pensare agli occhi castani e autocompiaciuti dello stupratore. Non li avrebbe mai dimenticati e nemmeno le sue labbra asciutte e spaccate. L’aveva costretta a guardarlo mentre lui compiva quell’atrocità. Sembrava farlo eccitare la cosa.

«Mi vedi?» aveva ringhiato diverse volte.

Jessica l’aveva visto chiaramente. Era il diavolo. Indossava persino una toppa sul gilè che lo dimostrava.

Capitolo Uno

Jensen, Iowa

Adriana

«Sei pronta?» chiese Krystal spegnendo il motore della sua Monte Carlo del ’76. Ci eravamo fermate nel parcheggio del Griffin, uno strip club al limitare della città. Era il suo ventunesimo compleanno e il suo ragazzo, il figlio del proprietario, ci aveva chiesto di passare da lui prima di andare in centro con le altre nostre amiche.

Guardai la squallida bettola, con le sue luci abbaglianti e la fila di motociclette scintillanti parcheggiate sulla fiancata. Non ci ero mai entrata, ma tutti sapevano che quel posto portava guai. Non riuscivo ad immaginare che faccia avrebbe fatto mia mamma se avesse saputo che stavo pensando di entrare. Probabilmente avrebbe pensato che avevo iniziato a fumare l’erba.

Rabbrividii. «Davvero? Non possiamo incontrarci qua fuori, nel parcheggio?»

«Che problema c’è?» chiese, abbassandosi la visiera. Si scompigliò i capelli biondi e si sistemò il reggiseno push-up, evidenziando la curva delle sue tette dietro la canotta nera scintillante in cui era riuscita ad infilarle. «Hai paura di entrare in un bar per motociclisti?»

«Non è solo questo, lo sai.» Quel posto aveva una cattiva reputazione: gang, risse, spaccio e prostituzione.

«Rilassati, bella. Non succederà nulla lì dentro. Tu sei con me e tutti sanno che io sto con il figlio del proprietario.»

Sospirai. «Va bene.»

«Tutto a posto?»

«Sì, tutto a posto.»

Kristal fece un sorrisetto. «Bugiarda. Tieni, bevi un po’ di questa» disse prendendo una bottiglia di Schnapps al gusto di pesca da sotto il sedile. «Ti farà passare l’agitazione.»

«Schnapps?»

Stappò la bottiglia e ne bevve un lungo sorso. «Mm... già. Tieni.» Me la porse.

«Forse conviene aspettare che usciamo dal locale.»

«No, tesoro. Dobbiamo dare il via alla festa.»

«E va bene» risposi, togliendole la bottiglia di mano. Bevvi un sorso e subito lo stomaco mi si riscaldò, formicolando. «Hmm... non male. Un po’ dolce, ma mi piace.»

«Mi sorprende che tu non l’abbia mai assaggiato.»

«A dire il vero credo di averlo fatto. Ho bevuto uno di quei drink, un Sex On The Beach, quando siamo uscite per il mio ventunesimo compleanno. Credo ci fosse anche questo dentro.»

Lei bevve un altro sorso. «Li amo, e anche i Fuzzy Navels. Devi assaggiarne uno. Sono magnifici.»

Non sapevo bene cosa fosse un Fuzzy Navel, ma se conteneva Schnapps al gusto di pesca, allora ci stavo assolutamente.

«Va bene» disse, chiudendo la bottiglia. «Andiamo a vedere che diavolo vuole Tanca.»

Tanca, il suo nuovo ragazzo, era alto due metri, con dei muscoli grossi come angurie e faceva parte di un club di motociclisti chiamato Gold Vipers. L’avevo visto solo due volte e dovevo ammettere che mi spaventava a morte. Non che non fosse stato cordiale, solo che mi rendevo conto che era pericoloso.

Pericoloso in modo spaventosamente illegale.

Krystal sembrava non accorgersene, oppure non le importava. Visto che suo padre se n’era andato anni prima e Bonnie, sua mamma, non era mai stata molto influente in niente, immaginavo fosse la seconda ipotesi.

«Chissà se mi ha comprato qualcosa» disse Krystal. I suoi occhi azzurri si illuminarono. «Un regalo.»

«Tipo un anello?» la presi in giro. Erano usciti poche volte e la maggior parte dei loro appuntamenti erano state sveltine.

«O, ancora meglio, un piercing ad anello per la lingua» rispose. «Sai che bella sensazione dà una lingua col piercing tra le gambe?»

Alzai una mano. «Fermati subito. Non ho bevuto abbastanza per sentire parlare di Tanca e della sua lingua.»

Lei ridacchiò. «Beh, di certo non sarà un anello da mettere al dito. La settimana scorsa Tanca mi ha detto che non si sposerà mai. Che la maggior parte dei ragazzi del gruppo hanno delle Signore e dei figli, ma di solito non intraprendono la strada del matrimonio.»

Aggrottai la fronte. «Cosa vuoi dire con Signore

«Parlo delle donne da cui vanno di notte. Quelle con cui vivono. Che si occupano di loro. Con cui hanno dei figli.»

«Di solito si parla di moglie» dissi ironica.

«Non nel mondo dei motociclisti» rispose. «Loro hanno delle Signore e» sganciò la bomba, «hanno delle prostitute di gruppo.»

Spalancai la bocca. «Cazzo, sei seria?»

«Di brutto» rispose sorridendo cupamente.

«Prostitute di gruppo? Cosa vuoi dire? Che vanno con tutti e loro le pagano per fare sesso?»

«Non credo che vengano pagate. Escono insieme e sono disponibili a scopare in qualunque momento della giornata.»

La fissai con occhi sgranati. «Caspita. Perciò, in altre parole, sono tipo delle groupie?»

Lei rise. «Credo di sì. Solo che questi ragazzi vanno in moto e non in autobus.»

«Tanca ha una Signora?»

«No. Cioè, non credo.» La sua mandibola si irrigidì fermamente. «Almeno spero di no, cazzo.»

«Beh, e tu come vieni considerata?» chiesi. «Te l’ha detto?»

«Mi definisce la sua ragazza. Però ti dico una cosa. Non sono assolutamente una prostituta di gruppo. Col cazzo che apro le gambe per un uomo che non sia quello con cui sto. Anche se» sorrise in modo perfido, «Tanca ha un amico di nome Raptor che è estremamente figo. Non mi dispiacerebbe farmelo.»

«Raptor? Che razza di nome è?» Sapevo che Krystal aveva detto che quasi tutti i motociclisti si facevano chiamare con i loro nickname o nomi da strada. Mi veniva in mente il film Jurassic Park, quando avevo sentito la parola Raptor.

Fece un gran sorriso. «Raptor? È una specie di rapace. Non ti conviene farlo incazzare. Tanca ha detto che il carattere irascibile di Raptor è leggendario.»

«Uh. Sembra un tipo da evitare. Allora io gli starei alla larga, Krystal. Indipendentemente da quanto sia carino.»

«Devi vedere questo cazzo di ragazzo. È splendido. Capelli biondi, occhi azzurri, col fisico di un dio greco. È incredibilmente sexy. Quasi vorrei aver conosciuto prima Raptor. Mi sono ritrovata a sbavare su di lui. Probabilmente, però, Tanca tirerebbe fuori la sua pistola e mi sparerebbe in testa se guardassi Raptor nel modo sbagliato.»

L’espressione sul suo viso era seria ed io scossi la testa, ancora incredula. Più mi parlava di Tanca, più mi disgustava. «Cristo. Ti va davvero bene questa storia dell’uomo alfa appartenente ad un club?»

Agitò una mano. «Per ora ci stiamo solo divertendo. Insomma, mi piace molto, non fraintendermi. Sa come leccarla ad una ragazza e non sono ancora disposta a rinunciarci.»

Grugnii. «Avrei dovuto capirlo.»

«È vero. Ed è anche paziente. Te la lecca per tutto il tempo necessario. Comunque so che non durerà. Sarà anche bravissimo a scopare, ma Tanca è troppo autoritario, persino per me.»

«Mio Dio, odio gli uomini autoritari. Sul serio, Krystal, non dovresti sopportare ragazzi che ti dicono come vivere. Indipendentemente da quello che sanno fare con la lingua.»

«Sì, ma ha anche un cazzo enorme» disse ridendo. «Non puoi capire. Alzò le mani per farmi vedere quanto era grande e dovetti fare una smorfia. «Giuro su Dio che ce l’ha grande come un cavallo.»

«Ok, basta» risposi ridendo. «Sono davvero stufa di sentir parlare della tua vita sessuale.»

«Hai bisogno di scopare, Adriana. Quanto tempo è passato?»

Feci spallucce. «Non lo so. Più di un anno?»

Forse due.

Forse anche tre.

La verità era che avevo fatto sesso poche volte e per lo più alle superiori, quando avevo una relazione stabile con Jimmy Tyler. Ora che andavo al college, a malapena avevo tempo per dormire, figuriamoci per fare sesso.

«Dobbiamo rimediare» disse aprendo la porta. «Vediamo cosa vuole Tanca, conosciamo gli altri al locale e ti troviamo un uomo. Uno con cui puoi tornare in macchina e scopare come se non ci fosse un domani, prima della fine della serata.»

Mi guardai intorno nel parcheggio, pregando che nessuno dei ragazzi che entravano in questo luogo in particolare capissero che stava cercando di farmi scopare. «Krystal» sussurrai forte. «Non annunciarlo qui, per l’amor del Cielo.»

Lei ridacchiò. «Va bene, ma stasera ti troveremo un ragazzo.»

I suoi occhi brillavano per lo Schnapps e vedevo che era già piuttosto brilla. «Non ho bisogno di un uomo e la festa è tua. Anzi, non berrò molto. Forse un paio di birre. Voglio che tu ti diverta. È il tuo compleanno. Il mio compleanno è già andato.»

«Così come le tue possibilità con quel buttafuori.»

Pensai al tipo a cui si riferiva. Una delle guardie di sicurezza in un nightclub in cui avevamo festeggiato ci aveva provato con me, ma io l’avevo rifiutato. Era evidente che fosse un playboy che probabilmente si portava a casa una ragazza diversa ogni sera.

«Senti un po’... ci penseremo dopo la tua festa. Questa è la tua serata e l’unica persona che deve divertirsi e scopare sei tu. Ora dammi le chiavi e che i giochi abbiano inizio.»

Me le consegnò. «Su questo non posso discutere.»

***

Quando entrammo nello strip club, ebbi immediatamente la sensazione che tutti gli sguardi fossero puntati su di noi. Era proprio come me l’ero immaginato: buio, stantio e che richiedeva delle superfici nuove, e non solo il pavimento. La maggior parte delle cameriere sembravano in età di ricevere assegni sociali, anche se erano vestite come ragazze delle superiori. Ragazze della loro generazione.

Krystal ridacchiò. «Queste donne sanno che gli anni ottanta sono passati di moda? Un po’ come il loro aspetto.»

Feci un sorrisetto. «Mio Dio, sei una puttana.»

«Beh, mi piace farlo a pecorina» scherzò. «Non posso mentire.»

Feci una risatina nasale.

Il palco era illuminato e il locale era affollato, anche se quasi tutti i clienti sembravano distratti e a disagio, cosa che mi sorprese. Anzi, c’era così tanta tensione nell’aria che ebbi la sensazione di essermi trovata in una situazione che era sul punto di diventare ostile. Poi notai che c’erano due gruppi di uomini che si

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