Pierre Drieu La Rochelle pellegrino del sogno
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Book preview
Pierre Drieu La Rochelle pellegrino del sogno - Sandro Marano
fratello)
Pierre Drieu La Rochelle,
pellegrino del sogno
C’è l’inquietudine e c’è la bellezza. Entrambe sono il pane quotidiano del viandante, di tutti coloro che coraggiosamente attraversano i deserti. Tra questi viandanti c’è uno scrittore francese della prima metà del ‘900, che è un discepolo di Nietzsche ed ancor più è un cordiale discepolo del sole, che con disincanto e lucidità ha guardato in faccia i mali del mondo moderno senza alzare bandiera bianca: Pierre Drieu La Rochelle. A tanti il suo nome potrà non dire nulla, perché, malgrado il suo talento letterario e l’eleganza della sua scrittura, è incappato in una vera e propria damnatio memoriae per le sue posizioni politicamente scorrette. Sicché raccogliendo in volume questi miei articoli sulla sua figura e su alcune sue opere non ho altra ambizione che quella, modesta, di invitare una sempre più larga cerchia di lettori ad approfondire la conoscenza di questo aristocratico smarrito nel XX secolo
[1], di questo autore che, non a torto, è stato giudicato uno dei più intelligenti, forse il più affascinante scrittore
del Novecento[2].
Ma la domanda resta. Perché Drieu? In breve: perché lo sentiamo attuale[3], perché leggendo i suoi scritti ci accorgiamo che sono ancora vivi, legati alla nostra realtà, colmi di interrogativi, di speranze, di delusioni
[4].
Esponente di punta di quel complesso e affascinante movimento culturale e politico che Paul Serant definì felicemente romanticismo fascista
[5], Drieu è un pellegrino del sogno: cioè, un uomo che combatte per le sue idee, che ha una visione, condivisibile o meno, da proporre, che sa che il sogno senza l’azione è sterile e l’azione senza il sogno è cieca. È dunque un uomo che cammina, che non teme di contraddirsi e sa che nella lotta si deve essere pronti alla sconfitta, allo scacco, che, non meno della vittoria, sono aspetti che la vita non di rado assume. Ecco il ritratto che di lui fece Victoria Ocampo, l’intellettuale argentina che di Drieu fu amica e amante: Alto, slanciato, biondo, d’aspetto nordico, guardava abbassando un po’ la testa, con un’espressione timida ed ironica al tempo stesso. La sua fronte alta ricordava un po’ quella di Rimbaud. Le palpebre erano pesanti, sugli occhi color cielo tenue. Il naso, molto francese, di poco non era all’insù; la bocca dalle labbra carnose, imbronciate, era infantile nel sorriso, il viso piuttosto rotondo; le mani lunghe e fini sembravano fatte per lasciare scivolare tra le dita la preziosa sfuggente sabbia della vita e delle passioni, senza alcun tentativo per trattenerle
[6].
La vita di ciascuno, come si sa, è un dramma, è uno sforzo mai conchiuso di essere sé stessi, di mettere a nudo e realizzare la propria vocazione. E nella vita di Drieu ci sono quattro momenti fondamentali in cui il confronto col mondo e con il proprio essere più autentico si fa più serrato e tocca l’acme: l’esperienza della prima guerra mondiale tra il 1915 e il 1917 in cui scopre attraverso la sofferenza l’amore per la vita, l’estasi e la paura nel corso degli scontri; il 1925, che segna la rottura con Aragon e coi surrealisti tra la ricerca dell’assoluto e una vita scioperata e disordinata[7]; il 1934, che segna l’adesione esplicita al fascismo; gli anni tra il 1943 e il 1945, in cui il disincanto si accompagna ad una tormentata meditazione religiosa fino al suo suicidio.
Ognuno deve fare i conti col proprio tempo. L’immagine che riassume il nostro credo che sia quella dello smog che avvolge Pechino e dei cinesi che circolano a piedi con le mascherine: è come una grande nebbia che sta avvolgendo questo nostro mondo, dove il profitto ad ogni costo e l’imbecillità stanno distruggendo l’ecosistema e la bellezza della Terra. Il tema imprescindibile del nostro tempo diventa, dunque, quello di riannodare il filo spezzato tra uomo e mondo. Il nichilismo, la rivolta, il sogno sono i tre stadi di un itinerario esistenziale che Drieu