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Dogmi e Potere
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Dogmi e Potere

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Viene affrontato il tema delle religioni monoteistiche rivelate, e in particolare del cattolicesimo, e vengono discusse le ragioni alla base del loro dogmatismo e fondamentalismo. Viene descritto e analizzato criticamente il ruolo esercitato dalla teocrazia cristiana nel mondo occidentale nei due millenni trascorsi: l’inserimento del potere religioso nella gestione della vita politica europea, la sua sistematica violenza esercitata nei confronti di ogni tentativo di pensiero autonomo, dissidente dalla linea teologica ufficiale ecclesiastica o semplicemente critico verso il malcostume della chiesa o che potesse in qualche modo minarne il potere.

Viene pertanto sinteticamente descritta la storia dei principali scismi, riforme ed eresie, e delle terribili reazioni ecclesiastiche tese a schiacciare queste iniziative. La visione oscurantista e antiscientifica della religione cattolica, divenuta ancor più radicale con la controriforma a seguito del Concilio di Trento, viene esemplificata dall’abiura estorta a Galileo, e dalla regola che imponeva definitivamente il celibato al clero, con le conseguenze degenerative che tale regola ha comportato. L’avvento del protestantesimo nei paesi del nord Europa, e il loro distacco dall’influenza papale, viene interpretato come determinante fattore di sviluppo civile, scientifico ed etico per quei paesi, rimanendo invece il sud Europa cattolico ancora per diversi secoli sotto l’influenza retriva del cattolicesimo. Vengono prese in considerazione oggettive analisi comparative, effettuate nei paesi europei su una larga serie di indicatori culturali, che evidenziano come il nord protestante sia significativamente più colto del sud cattolico e che esiste una correlazione negativa tra la diffusione della fede religiosa in una determinata popolazione e il suo livello culturale e civile.

Nella seconda parte del saggio vengono analizzati i più gravi difetti dell’attuale casta ecclesiastica (la povertà del suo “messaggio morale”, l’ipocrisia, i malcostumi, la sete di poter e di denaro, le illecite intrusioni nella sfera politica) e viene menzionato il coraggioso tentativo dell’attuale papa Francesco di rivoluzionare la chiesa e la sua curia.

Vengono anche presi in considerazione i principali temi che dividono la concezione liberale laica da quella assolutista cattolica, discussi gli argomenti riguardanti il cosiddetto relativismo etico, e messi in relazione i concetti di trascendenza e immanenza.

Viene infine posta la questione se la religione, pur considerando i suoi ruoli positivi che ancora svolge (di natura psicologica individuale e in relazione al mantenimento dell’ordine sociale) possa ancora rappresentare per la società futura un utile contributo. 

LanguageItaliano
Release dateMar 31, 2016
ISBN9788892577572
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    Dogmi e Potere - Piero Schiantarelli

    Piero Schiantarelli

    Dogmi e potere

    Il libro Dogmi e Potere è stato recentemente pubblicato anche in inglese, col titolo Dogmas and Power , tradotto da John Gatt-Rutter (Honorary Associate, La Trobe University, Melbourne, and Italian Australian Institute)

    UUID: 0e0bf9f0-a59b-11e6-9c28-0f7870795abd

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice dei contenuti

    1.PREMESSA

    2.LE RIVELAZIONI

    3. DOGMI E POTERE POLITICO

    4.ASSOLUTISMO E VIOLENZA

    5.ERESIE SCISMI E RIFORME

    ​Gli scismi

    Le prime eresie

    Le eresie dell’occidente

    Patari

    Catari o Albigesi.

    Valdesi

    Le riforme del XVI secolo e gli Ugonotti.

    Nuove sette e eresie

    6.GALILEO: LA CHIESA CONTRO LA SCIENZA

    7. NISI CASTE TAMEN CAUTE: CELIBATO ECCLESIASTICO E PATRIMONIO DELLA CHIESA

    8. DIFFUSIONE DELLA RELIGIONE

    9. RELIGIONE E CULTURA

    10 CURIA E POLITICA

    11. VIZI, SPORCIZIE E SOLDI

    12. RELIGIONE O LAICITA’

    13. TRASCENDENZA O IMMANENZA.

    14. ETICA LAICA E RELATIVITA’ ETICA

    15. CONCLUSIONE

    Note

    …il concetto rivelato di verità assoluta è solo un’invenzione che ha costituito il piedestallo sul quale si è insediato il potere clericale

    La fede religiosa è una scelta individuale, che, al pari della posizione del non-credente o dello scettico, appartiene all’inviolabile sfera intima della persona. In una società civile ciascuno ha il sacrosanto diritto di professare liberamente la propria fede, o di non professarne alcuna, purché tutti si attengano al rispetto delle leggi e a condizione di non voler imporre agli altri le proprie certezze, i propri principi e i propri stili di vita pretendendo che gli altri si comportino in base alle proprie convinzioni. La presunzione di possedere il monopolio della verità assoluta è proprio la caratteristica comune di tutte le religioni monoteistiche, le cosiddette religioni rivelate, la cui struttura dogmatica, nelle forme più estreme, può generare fanatismo integralista e violenza, soprattutto quando il potere politico e quello religioso coincidono o sono interdipendenti. Ogni dogmatismo etico, per sua natura, è difficilmente compatibile con una società liberale laica.

    Piero (Pierino) Schiantarelli, nato a Tirano nel 1939, è un farmacologo che ha svolto la sua attività di ricerca sia all’Università di Milano che in varie Industrie Farmaceutiche Italiane e multinazionali come direttore dei laboratori di ricerca farmacologici e tossicologici.

    È autore di varie decine di pubblicazioni scientifiche e comunicazioni a congressi.

    1.PREMESSA

    Perché l’uomo è religioso? Le fedi religiose si basano su dei fatti reali, su dati veritieri o quantomeno verosimili, oppure su preconcetti illusori? O addirittura su credenze menzognere elaborate ad arte dalle classi dominanti allo scopo di mantenere l’ordine costituito e detenere il potere? Già nella seconda metà del XIX secolo alcuni positivisti[1],, riprendendo i temi illuministici che erano stati messi un po’ in stand-by dalla restaurazione post-rivoluzione e post-napoleonica, avevano assimilato la religione alle varie credenze superstiziose, e addirittura Karl Marx[2] arrivò a definire la religione oppio dei popoli, uno strumento in mano al potere economico e politico per assoggettare surrettiziamente le classi meno abbienti e culturalmente più sprovvedute.

    Da sempre l’uomo è religioso. In tutte le età storiche e in tutte le etnie, anche in quelle che da tempi remoti si sono sviluppate autonomamente al di fuori dalle aree geo-antropologiche culle della civiltà umana (Africa e Eurasia), come è il caso degli indios americani o degli indigeni oceanici. E anche in ere preistoriche: già nel pleistocene superiore (cioè fino a oltre 100.000 anni fa) perfino l’Homo neanderthalensis, la specie cugina dell’Homo sapiens, pare avesse spiritualità funeraria e senso del soprannaturale, come testimoniato dalle numerose evidenze archeologiche che suggeriscono la pratica di riti funebri e di sacrifici animali. È interessante notare come la comparsa del senso religioso sia accompagnata dalla contestuale comparsa del senso artistico-estetico e della capacità di astrazione, come dimostra il ritrovamento di figure rupestri, sculture di donna, monili e suppellettili. E dalla comparsa di sensibilità musicale, la più spontanea e immediata  delle arti: se è tutt’ora controverso che il cosiddetto flauto di Neanderthal, il femore di un giovane orso ritrovato in Slovenia e presentante due fori e in grado di produrre suoni, risalente a 60-50.000 anni fa, sia effettivamente un manufatto umano, non ci sono invece dubbi che analoghi oggetti risalenti a circa 40.000 anni fa ricavati da ossa lunghe di avvoltoi, ritrovati nel sudovest della Germania, siano effettivamente opera dell’Homo sapiens.

    Il manifestarsi di tutte queste nuove, sofisticate proprietà psicologiche, inclusa la spiritualità e il senso religioso è senza dubbio da mettere in relazione con l’evoluzione cerebrale dell’Homo sapiens e delle altre specie umane a lui contemporanee o addirittura precedenti, soprattutto in considerazione dell’enorme accelerazione indotta nelle loro capacità mentali dallo sviluppo del linguaggio e conseguente capacità di astrazione, e delle funzioni neuro-anatomo-fisiologiche a ciò correlate.

    La fondamentale domanda da porsi è pertanto la seguente: l’ universalmente avvertita necessità umana di credere nell’aldilà e in entità soprannaturali è di per sé stessa una dimostrazione che tali entità, e la sopravvivenza oltre la morte, esistano davvero? O non è molto più ragionevole arguire che tali credenze siano semplicemente la risposta tranquillizzante agli ardui quesiti e alle ansie esistenziali generate da un cervello così evoluto, da un’intelligenza così sofisticata e speculativa, dall’avvento dell’autocoscienza nella mente umana? Proviamo a pensare quale sgomento e paura potessero generare nell’uomo primitivo eventi naturali inspiegabili come la pioggia, l’alternarsi del giorno e della notte o delle stagioni, o improvvisi fenomeni violenti come i tuoni, i fulmini, i terremoti, le eruzioni. E poi le malattie, la morte dei congiunti. È sin troppo evidente che la paura dell’ignoto possa essere stata esorcizzata attribuendo a divinità, ad entità soprannaturali, la causa delle cose incomprensibili. D’altro canto, quale modo più efficace per lenire la paura della morte che proiettare sé stessi oltre la morte stessa, dandosi l’immortalità in un mondo trascendente? In sostanza è difficile non considerare seriamente la geniale asserzione del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach[3]: non è Dio che ha creato l’uomo a sua immagine somiglianza, ma viceversa. Nelle religioni monoteistiche, e in particolare nel cristianesimo, Dio viene davvero descritto come un’entità antropomorfa. Come insegna il catechismo cattolico, gli vengono attribuiti tutti i pregi e tutte le virtù umane, ma posseduti in grado elevatissimo, assoluto: infinitamente potente (onnipotente), infinitamente buono, infinitamente generoso, infinitamente giusto, infinitamente sapiente (onniscente), infinitamente misericordioso. Negli affreschi rinascimentali egli è raffigurato come un vecchio saggio e bonario con barba fluente, forse un po’ troppo assomigliante allo Zeus degli antichi Greci o al Giove dei Latini.

    Ben più complesso è rispondere alla domanda se la religione sia effettivamente utile per il prosieguo della civiltà, sia per gli aspetti individuali che per quelli collettivi. Per quel che riguarda il mondo occidentale è chiaro che ci si deve riferire alle cosiddette religioni positive, le religioni monoteistiche (quella ebraica, e le religioni da questa derivate, la cristiana e l’ islamica) che pretendono la fede nell’esistenza di Dio e nell’immortalità dell’anima e postulano ben definiti dogmi a cui credere, regole di vita da rispettare, precetti da osservare riti e liturgie da praticare. A differenza di queste, le religioni orientali, come in particolare le varie scuole di buddhismo, sono piuttosto filosofie di vita, ispirate alla meditazione all’introspezione e all’ascetismo ma prive di una base teologica in senso stretto.

    Pur considerando che tutte le religioni positive costituiscono una ragione di gratificazione individuale e sono elemento di identificazione culturale e di coesione sociale, esse possono essere fonte, tuttora come per il passato, di antagonismi e conflitti che spesso portano a guerre, grandi sofferenze, ingiustizie, emarginazioni. Antagonismi e conflitti che, nella maggioranza dei casi, sono tanto più intensi e distruttivi quanto più radicale e diffusa è la fede all’interno delle singole realtà etnico-culturali.

    La civiltà occidentale trae le sue più profonde radici dalla Grecia antica e dalla sua filosofia che tuttavia, a sua volta, aveva inequivocabili convergenze con concetti filosofico-religiosi induisti e buddhisti, come era il caso dei presocratici e dei neoplatonici. Radici elleniche, soprattutto quelle ereditate dall’elevato livello di civiltà raggiunto nella cosiddetta civiltà dell’oro ateniese di Pericle, dal suo approccio laico e razionale alla vita, all’etica, all’arte, alla politica, e che ha generato il concetto stesso di democrazia. E trae radici, la nostra cultura, dall’altrettanto laica Roma antica con il suo pragmatismo e il suo formidabile apporto organizzativo e giuridico-legislativo nel mondo di allora. Su tali presupposti si è poi innestato il cristianesimo, spin-off dell’ebraismo, che se da un lato ha introdotto nuovi principi etici e morali quali l’altruismo il perdono e il disinteressato amore per il prossimo, dall’altro ha gettato le basi di una nuova struttura politica e di ordine sociale ai cui vertici politici e legislativi si è instaurata per i successivi due millenni l’autorità ecclesiastica. E con la presa del potere ne sono stati fatalmente acquisiti i pregi e soprattutto i difetti. Si è generato un sistema basicamente teocratico nel quale la gerarchia religiosa dettava e imponeva le regole e condivideva il potere politico con le grandi monarchie e tutte le altre autorità laiche, delle quali essa rappresentava di fatto la garanzia e la legittimazione: perfino l’imperatore del

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