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SERVIZI SEGRETI
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SERVIZI SEGRETI

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About this ebook

L’agente dei Servizi Segreti Jack Shields ha un segreto… Non è veramente Jack Shields.

Lo squattrinato buttafuori John Ryan ha finalmente avuto al sua serata fortunata alle corse. Questo gli farà guadagnare un po’ di tempo nei confronti dei diversi gruppi a cui deve dei soldi. Prima che la notte sia giunta al termine il corso della sua fortuna cambierà del tutto e lo metterà di fronte a un’offerta impossibile da rifiutare: diventare Jack Shields.

 
Avrà bisogno di aiuto per cavarsela, soprattutto dal momento che i direttori di banca che dovrebbe proteggere sono diventati il bersaglio di un attentatore. Se ci riuscirà, l’unica domanda a cui dover rispondere sarà: cosa giungerà a termine per prima cosa, il suo segreto o la sua vita?

LanguageItaliano
Release dateApr 10, 2016
ISBN9781507136850
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    Book preview

    SERVIZI SEGRETI - Mark Petry

    La sua vita era finita, ma magari qualcuno poteva portare a termine la missione per lui... se fosse riuscito ad arrivare in tempo.

    Questo era ciò che gli sarebbe mancato di più, pensò continuando a guidare. Quelle corse del sabato con la sua amica. Penso di volerle bene, anche se non allo stesso modo. Si chiese se avrebbe dovuto dirle la verità, ma ormai era troppo tardi.

    Il dolore alla gamba destra per il tendine d’Achille strappato si fece più intenso quando premette sull’acceleratore, accedendo alla rampa della tangenziale. Non gli era rimasto molto tempo, quindi schiacciò sul pedale nonostante il dolore. Non sarebbe durato a lungo.

    Buffo come le cose succedano per un motivo, pensò. Solo un anno di Scuola di Medicina, ma era stato sufficiente per riconoscere quanto fosse realmente ferito. Per un intero anno si studiava il corpo umano e la posizione degli organi. Era bravo a ricordare i loro nomi latini e come funzionavano. Aveva anche imparato quanto alcuni fossero più importanti rispetto ad altri, soprattutto in caso di ferite. Per esempio il buco che aveva nello stomaco era una condanna a morte. Era solo questione di tempo, e neppure tanto. Da quanto ricordava, aveva calcolato che gli restavano circa trenta minuti e che gliene sarebbero serviti venti per arrivare dove stava andando. Ovviamente, se avesse rispettato i limiti di velocità.

    L’agente segreto Jack Shields ha un segreto... Non è veramente Jack Shields.

    Lo squattrinato buttafuori John Ryan ha finalmente avuto una buona serata alla corse. Questo gli guadagnerà un po’ di tempo con le varie persone cui deve dei soldi. Prima che la serata sia finita, la sua fortuna cambierà sul serio quando riceverà un’offerta che non potrà rifiutare: essere Jack Shields.

    Avrà bisogno d’aiuto per trarsi d’impaccio, soprattutto dato che i dirigenti di banca che dovrebbe proteggere vengono presi di mira per essere condannati a morte. Se non ci riuscirà, l’unica questione è: cosa finirà prima, il suo segreto o la sua vita?

    KUDOS per Servizi Segreti

    RICONOSCIMENTI

    Vorrei ringraziare tutte le persone che hanno reso possibile questo libro. Farò come nei film, per ordine di apparizione. Prima ringrazio i miei genitori che, con modesta rendita, sono stati pur sempre in grado di mandare me e mio fratello in Germania ogni estate. I lunghi voli dal Texas all’Europa hanno nutrito la mia immaginazione.

    Grazie a mia moglie e a mia figlia per avermi concesso il tempo di scrivere e avermi anche ispirato a farlo. Grazie ai miei insegnanti di scrittura creativa dello SMU, Suzanne Frank e Amanda Alvarez, le cui lezioni mi hanno incoraggiato a prendere più sul serio la scrittura. Grazie agli spiriti coraggiosi che hanno osato leggere la mia prima bozza fornendomi un tanto necessario feedback: David Baskin, Sgarla Parker, Todd Hanke e Janie Hagar.

    Un grosso ringraziamento a Lauri Wellington, redattrice addetta agli acquisti per la Black Opal Books, per aver visto delle potenzialità in quella bozza. Grazie ai redattori della Black Opal, Cora e Faith, per non aver risparmiato inchiostro rosso nel sistemarla.

    Grazie a Kevin Harger per aver trasformato il mio ORRENDO (secondo l’opinione brutalmente onesta di mia figlia) disegno (vedi sotto) in una meravigliosa copertina. Alla fine, grazie a voi per aver comprato Servizi Segreti.

    ––––––––

    SERVIZI

    SEGRETI

    MARK PETRY

    ––––––––

    A Black Opal Books Publication

    GENERE: MISTERO-POLIZIESCO/THRILLER/ROMANZO

    Questa è un prodotto di finzione. Nomi, luoghi, personaggi e accadimenti sono prodotti dell’immaginazione dell’autore o vengono usati in modo fittizio. Ogni somiglianza con persone reali, vive o morte, affari, organizzazioni, eventi o locali è un’assoluta coincidenza. Tutti i marchi commerciali, marchi di servizio, marchi registrati e marchi di servizio registrati sono proprietà dei loro rispettivi proprietari e vengono quindi usati solo per motivi di identificazione. L’editore non ha alcun controllo né responsabilità sui siti web dell’autore o di terze parti e sui loro contenuti.

    ––––––––

    SECRET SERVICE

    Copyright © 2015 by Mark Petry

    Cover Design by Kevin Harger

    All cover art copyright © 2015

    All Rights Reserved

    Print ISBN: 978-1-626942-51-6

    Prima pubblicazione: APRILE 2015

    Tutti i diritti riservati secondo l’International e Pan-American Copyright Conventions. Nessuna parte di questo libro piò essere riprodotta o trasmessa in alcuna forma o con alcun mezzo, elettronico o meccanico, incluse le fotocopie, registrazione e sistemi di archiviazione o sistemi di recupero, senza il permesso scritto dell’editore.

    ATTENZIONE: la riproduzione o distribuzione non autorizzata di quest’opera è illegale. Le infrazione criminali sul copyright, inclusa l’infrazione non a scopo di lucro, viene investigata dall’FBI e punita con una pena fino a cinque anni di prigione federale o una multa di $250.000.

    LA VERSIONE STAMPATA: Se avete acquistato una versione stampata di questo libro senza copertina, sappiate che si tratta di proprietà rubata. È stato dichiarato non venduto e distrutto all’editore e nessun autore né editore ha ricevuto alcun pagamento.

    SE TROVATE UNA QUALCHE VERSIONE, DIGITALE O STAMPATA, DI QUESTO LIBRO, VENDUTA O CONDIVISA ILLEGAMENTE, VI PREGHIAMO DI FARNE DENUNCIA A: lpn@blackopalbooks.com

    Edito da Black Opal Books http://www.blackopalbooks.com

    DEDICA

    Per le due più belle ragazze della mia vita

    Mia moglie Becky e nostra figlia Kayla

    ––––––––

    Io credo che le istituzioni bancarie siano più pericolose per le nostre libertà di quanto non lo siano gli eserciti permanenti. ~Thomas Jefferson

    PROLOGO

    È proprio come andare in bicicletta, sussurrò a se stesso. Era da un po’ che non assemblava una bomba. Un po’ tremante, come qualcuno che non si fa un giro da un po’ di tempo, riacquistò presto la fermezza non appena la memoria dei muscoli prese il sopravvento. Le conseguenze, se non l’avesse fatto, sarebbero state un po’ più complicate di un semplice ginocchio o gomito sbucciato. Ma dopotutto lui era stato il Lance Armstrong della produzione di bombe ad un certo punto della sua vita.

    Questa lo metterà a posto, disse. Ammirando il suo lavoro, posizionò il detonatore nel congegno e arretrò, senza considerare l’ironia della sua affermazione.

    CAPITOLO 1

    I

    l cuore di John Ryan galoppava più velocemente dei cavalli in pista. Inalava ed esalava, quasi sul punto di andare in iperventilazione a ogni colpo di zoccolo sul terreno. Avevano percorso un quarto di pista e il suo numero tre, una puledra che si chiamava Iron Lady, era così serrata da una coppia di puledri che avrebbe potuto fare denuncia per molestie sessuali. Il programma delle scommesse, arrotolato per bene in mano, iniziava a fargli male alla gamba dopo che ce l’aveva sbattuto contro chissà quante volte, e forse anche più forte di quanto il fantino frustasse la sua Lady. Normalmente John non sarebbe stato dalla parte di un uomo che picchiava una femmina, ma in questo caso era diverso di un bel po’. Adesso quel bel po’ era un mezzo miglio e le cose non sembravano mettersi bene. Le botte che la cavalla si sarebbe presa dopo sarebbero state alquanto peggiori se non avesse reagito.

    La folla si alzò in piedi mentre i cavalli completavano la prima curva verso il fondo della pista, il suono degli zoccolo simile a un tuono. Le luci che circondavano l’anello splendevano sulle loro criniere lucide, scintillando come lampi in lontananza mentre i loro muscoli si piegavano e distendevano. Poteva già sentire l’odore della pioggia nell’aria, mescolato alla tempesta di polvere che si sollevava dalla pista avanzando verso gli spalti esterni.

    Ti avevo detto di puntare su Thunder Clap! gridò Charlie dando una manata alla spalla di John mentre il puledro su cui aveva scommesso prendeva il comando.

    Non è ancora finita, Charlie, disse John con calma.

    Charlie scosse la testa con espressione di disapprovazione. Avresti dovuto ascoltarmi.

    Lo faccio mai?

    Direi di no, rispose Charlie.

    Mentre i cavalli percorrevano la dirittura di fondo, i due puledri che insidiavano Iron Lady iniziarono a separarsi mentre Thunder Clap prendeva velocità.

    L’altro puledro non riuscì a tenere il passo e lasciò lo spazio sufficiente perché Iron Lady scivolasse in seconda posizione.

    Te l’avevo detto che non era ancora finita! gridò John tendendo i grossi muscoli delle braccia, fremente nell’attesa.

    "Hai scommesso sulla puledra? Amico, sei preso male. A cosa la davano? Tipo venti a uno?" disse Charlie quasi sogghignando.

    A trenta, rispose John, stringendo la mandibola squadrata come a voler dare a Iron Lady la spinta in più di cui aveva bisogno.

    Cosa hai scommesso? Piazzata tra i primi tre o tra i primi due?

    John teneva gli occhi incollati ai cavalli, ma percepì l’incredulità dell’amico anche prima che parlasse. Ho perso la testa per lei.

    L’hai data vincente? Tu sei fuori, amico. Non prenderà mai Thunder! Letteralmente! Charlie si pavoneggiò mentre il suo cavallo si distaccava di più.

    Letteralmente? Non usare parole che non sai neanche pronunciare, Charlie.

    Charlie ridacchiò. Allora dovrei essere un muto.

    "Sai addirittura scrivere muto?"

    Dai, amico. Non dare di matto solo perché hai scelto il cavallo sbagliato. Lascia che ti aiuti io a scegliere nella prossima corsa.

    Non ci sarà una prossima corsa per me. La coscia di John pulsava per il ripetuto abuso del programma, il rumore coperto dal boato della folla mentre Iron Lady iniziava a sferrare il suo contrattacco.

    Ti sei soffiato tutto il mazzo su quella cagna? esclamò Charlie spostando l’attenzione dalla corsa a John, scioccato.

    Non è una cagna, Charlie.

    Però ti sei mangiato i tuoi soldi su una femmina.

    John sorrise. La sua cavalla si stava avvicinando al primo adesso, mentre imboccavano l’ultima curva. Non sarebbe la prima volta che lo faccio, giusto?

    Agli altoparlanti la voce del cronista risuonava ancora più eccitata di quella del pubblico. Iron Lady avanza di buona lena nell’arco dell’ultima curva, ma riuscirà a prendere Thunder Clap?

    Non riuscirà a prenderlo, disse Charlie con tono derisorio riportando l’attenzione alla pista. Non posso credere che tu abbia piazzato i tuoi ultimi duecento su di lei.

    I pensieri si materializzarono nella testa di John a livello più elevato, come fanno di solito quando qualcuno si trova di fronte alla morte, in modi molto creativi e allarmanti. Magari l’avrebbero portato a fare una nuotata con un nuovo paio di scarpe di cemento ai piedi. O forse l’avrebbero invitato a pranzo al mattatoio. Sarebbe stato sensato porre fine alla propria vita in mezzo agli animali, con i quali aveva così tanto in comune. Tutto ciò che aveva ottenuto era fare in modo che gli altri limassero di un po’ le sue perdite.

    Trent’anni, e cosa mai aveva raggiunto? Lavori strani che cambiavano più frequentemente delle famiglie adottive nelle quali era cresciuto. Era così. Il suo ultimo lavoro da buttafuori in un locale urbano, dove il più delle sere era l’unico bianco presente, certo non era cosa di cui vantarsi.

    No, il mattatoio sarebbe stato un insulto alle vacche. Almeno loro valevano qualcosa, anche da morte. Gli avrebbero probabilmente piazzato un proiettile in testa e l’avrebbero gettato in un cassonetto.

    La vera questione non era come l’avrebbero ammazzato, ma chi sarebbe stato a farlo fuori, dato che poteva essere qualsiasi persona fra i quattro gruppi a cui doveva dei soldi. Come la gente che spostava i debiti da una carta di credito all’altra, a caccia del tasso migliore, John aveva preso denaro in prestito da un gruppo per ripagarne temporaneamente un altro mentre si giocava il resto. Ad ogni modo il risultato era sempre lo stesso. Andava semplicemente a finire che doveva sempre più soldi a sempre più gente. Ma invece di limitarsi a sollevare i tassi come facevano le banche, quei tizi sollevavano i debitori.

    Ma sì, probabilmente una pallottola in testa, pensò. Mentre si immaginava la pistola che sparava, udì nella realtà la folla che sussultava inorridita, come se qualcuno avesse veramente sparato.

    Oh merda! esclamò Charlie.

    John si risvegliò dal suo intontimento e vide una nuvola di polvere che si sollevava dalla pista. Un cavallo era caduto, ma quale?

    Thunder Clap era appena collassato. Anche se Charlie lo stava negando, a tutto il pubblico era ben chiaro cosa fosse appena accaduto. Quello non era un incontro di pugilato dove il contendente si alzava in piedi dopo essere caduto sotto il peso di un pugno. Quella aveva più l’aspetto di una zampa anteriore spezzata, una sentenza di morte per un cavallo, in quel caso Thunder Clap. Per John si trattava invece di una chiamata all’ultimo minuto da parte del governatore, un’assoluzione dalla pena di morte.

    Il cronista esclamò: Iron Lady finisce prima dopo la caduta di Thunder Clap!

    Figlio di puttana! gridò Charlie, gettando il biglietto a terra.

    Quella è la mia puttana! Se non fosse stato per il tragico incidente accaduto a Thunder Clap, la puledra non avrebbe vinto e a John non sembrava giusto fare una danza di vittoria.

    Charlie sollevò lo sguardo lentamente, poi il suo volto si illuminò. Aspetta un momento! Hai detto trenta a uno... e ci hai giocato duecento! È qualcosa come quattro pezzi da mille o robe del genere!

    John annuì. Sei, amico.

    Seimila? esclamò Charlie.

    Ehi, non andare a dirlo a tutti. Non è proprio il posto più sicuro per pubblicizzare una vincita, disse John guardandolo come farebbe un insegnante con un cattivo studente.

    Ma sentiti. Non hai neanche ritirato la vincita e già parli come se fossi ricco. Charlie scosse la testa. Andiamo a prendere la tua grana, fortunato bastardo, disse Charlie dandogli un pugno alla spalla.

    Niente a che vedere con la fortuna. Avrebbe vinto comunque.

    Per niente.

    Era destinata a vincere. Sta migliorando a ogni corsa che fa, spiegò John.

    E come fai a saperlo? Non hai guardato quel programma una sola volta da quando siamo arrivati qui, gli disse Charlie con tono dubbioso.

    John inclinò la testa e inarcò un sopracciglio, come a dire sul serio?

    Oh sì, memoria fotografica. Ironico come mi dimentichi sempre che ce l’hai, eh?

    Sì. Mi spiace che tu non sia stato altrettanto fortunato stasera.

    Ehi, sono ancora sopra di ottanta verdoni, disse Charlie dopo aver controllato i biglietti in tasca.

    Sempre meglio che perderne ottanta.

    Sì. Andiamo a prenderci i nostri soldi e festeggiamo, disse Charlie girandosi per andare verso i totalizzatori.

    Charlie guardò gelosamente mentre la bella cassiera lentamente contava davanti a John i suoi seimila dollari, apparentemente senza avere fretta che lui se ne andasse. Era chiaro che John neanche si era accorto del suo atteggiamento suadente.

    Mentre John fissava le banconote che venivano disposte davanti a lui, lei continuava a guardarlo negli occhi.

    La stessa ragazza aveva dato a Charlie il suo contante senza neanche contarlo. Quando si girò per allontanarsi, contò i suoi ottanta dollari, mettendoci quasi lo stesso tempo, mentre John aspettava con sguardo divertito.

    Fai sul serio Charlie? E tu lavori in un ufficio di cambio valuta? Quando vengono a rubare i furfanti hanno tutta questa pazienza con te?

    Per loro non li conto, glieli passo in fretta e basta.

    Faccio fatica ad immaginarti fare qualcosa in fretta, Charlie, disse John facendo cenno alla gamba destra dell’amico.

    Ehi, lo sai che il ginocchio non mi è più tornato a posto dopo il calcio alla scuola superiore.

    Sì, lo so. Fortuna che non trattano i calciatori della scuola superiore come i cavalli, o ti avrebbero abbattuto tanto tempo fa. E poi eri già lento anche prima di fotterti il ginocchio, disse John ridendo e mettendosi i soldi in tasca.

    Vaffanculo, John.

    Sto solo scherzando. Rilassati, amico.

    Rilassati tu. Lavori a quel locale per neri da troppo tempo. Inizi a parlare come loro.

    Un po’ razzista, Charlie?

    Sto solo dicendo che il loro gergo ti sta contagiando.

    Spero solo che nessun’altra cosa di quel posto mi contagi.

    Charlie sospirò e si diresse verso l’uscita. Sono solo un po’ turbato per il mio cavallo. Capisci, si staranno preparando per sopprimerlo.

    Che ne dici di un momento di silenzio? Ti farebbe sentire meglio? disse John, non del tutto sarcastico, mentre iniziavano a scendere le scale verso l’uscita.

    Charlie fissava intensamente il mucchietto di contanti nella tasca di John. Sai, una bella bistecca sistemerebbe tutto. Che dici se ci fermiamo da Ruth’s Chris andando a casa?

    Certo, disse John mettendosi il giubbotto.

    Mentre si dirigevano verso la El Camino di John, Charlie lo guardò, preoccupato, come se la vecchia carretta gli avesse ricordato la situazione dell’amico. Basteranno? gli chiese, fermandosi di colpo.

    John si diresse verso il retro dell’auto, prendendo le chiavi dalla tasca. Lui lo guardò mentre apriva la portiera. Quanta fame hai?

    Sai cosa intendo. So che sei nella merda con gli italiani. O era il cinese?

    Tutti e due. Non preoccuparti, Charlie. Questo mi farà guadagnare un po’ di tempo. Ora sali in macchina. Ho fame.

    Salirono tutti e due a bordo, chiudendo le portiere nello stesso istante/, il secco rumore di metallo contro metallo in pieno accordo. John guardò Charlie inserendo la chiave nell’accensione. E poi ti sei dimenticato i messicani e i serbi.

    Allora andiamo a mangiarci una buona bistecca americana, disse Charlie, cercando con la mano, per abitudine, la cintura, che però non c’era perché il modello era vecchio.

    Buona idea, disse John avviando il motore. Una grossa nuvola di fumo si levò dalla vecchia ed esausta marmitta.

    CAPITOLO 2

    J

    ack Shields non lavorava nell’ambito della protezione dei Servizi Segreti da due anni, ma usciva ancora con le persone che lo facevano. Ora il suo lavoro riguardava la frode finanziaria e le indagini sulla contraffazione, ma aveva ancora accesso alla loro programmazione. Sapeva che Chris Lopez e Neal Sykes si sarebbero lavorati la lussuosa casa vuota nella quale stava per fare irruzione. Facevano parte del corposo gruppo di nuovi assunti raccolti un anno prima, dopo lo scandalo della prostituzione in Sud America. Sarebbe stato molto meno probabile che lo beccassero ad entrare.

    Jack parcheggiò la Lincoln nera nel viale dietro l’angolo. La macchina era abbastanza bella da non farsi notare troppo in quel quartiere così ricco. Canticchiò tra sé e sé Marina del Ray mentre camminava lentamente lungo la via. Quando svoltò l’angolo per dirigersi verso la grande casa, si calò il passamontagna sul viso. Poi scosse la testa, deluso, scorgendo l’auto dei colleghi. Avevano fatto il tremendo errore da principianti di parcheggiare la loro macchina, pure scura, proprio sotto a un lampione. Li illuminava come un riflettore sparato sul protagonista di uno spettacolo notturno di varietà.

    Mentre strisciava lungo il lato dell’auto, facendo attenzione che non lo vedessero, si rese conto che non serviva che si sforzasse poi tanto. Stavano facendo il loro solito gioco ai dadi per tenersi occupati. Jack aveva fatto l’errore di giocare con loro una volta e aveva perso abbastanza soldi da capire che l’azzardo non era roba per lui. Dal sorriso di Sykes e dal cipiglio di Lopez si poteva dire chi stesse avendo la maggior dose di fortuna. Era un buon segno. Sapendo quanto cocciuto fosse Lopez, avrebbe continuato a giocare fino a riprendersi indietro tutti i suoi soldi o a perdere ogni cosa. Era la stessa cocciutaggine che portava al suo soprannome – Tres Lopez – dato che aveva perso trecento dollari la prima volta che aveva giocato.

    Stai fermo lì, Tres, sussurrò Jack fra sé e sé saltando il muro ed entrando nel cortile sul retro.

    Dopo aver spento la corrente elettrica abbassando l’interruttore principale del trasformatore, strisciò dietro a un cespuglio e si inginocchiò sotto a una delle finestre della camera. Poi estrasse il suo piccolo computer portatile tascabile e riuscì ad accedere al sistema di sicurezza della casa, spegnendolo e disattivando il sistema di backup d’emergenza.

    Ahia, disse sommessamente quando una delle spine del cespuglio lo colpì alla spalla come per autodifesa. Lopez non era l’unico cocciuto quella sera. Ci sarebbero volute ben più di una spina del cespuglio per fermare lui.

    Si alzò per un secondo e poi, mettendo un piede sul ramo che l’aveva colpito, si inginocchiò di nuovo. Mentre il ramo scricchiolava sotto al suo peso, il fresco odore di rose si diffuse dal pezzo calpestato. Jack allineò la lama del taglierino da vetro orizzontalmente sulla parte sinistra della finestra, proprio mentre iniziavano a cadere le prima gocce di pioggia. Mentre spostava il corpo per spingere la lama verso il basso, un ramo si liberò da sotto il suo piede e lo colpì dietro al collo. Strofinandosi il punto colpito, si girò e tagliò il ramo con la lama, poi tornò al lavoro mentre la pioggia aumentava.

    La fortuna non era dalla sua parte quella sera. Si chiese cos’altro potesse andare storto mentre incideva una linea parallela più in basso, orizzontale, sulla finestra. Sollevando lo sguardo dalla riga che aveva appena tagliato, ebbe la risposta. Un paio di occhi lo stavano fissando dall’altra parte del vetro.

    CAPITOLO 3

    G

    razie per il passaggio, disse Charlie mentre John parcheggiava la El Camino di fronte a casa sua. John fermò l’auto nel parcheggio, ma quella continuò a rombare come se stesse annaspando a caccia d’aria, ingozzandosi del poco carburante appena preso alla stazione dietro l’angolo. Mi è sempre piaciuta questa macchina. Senti come fa le fusa, disse Charlie mentre l’auto continuava a scoppiettare. Me la puoi lasciare?" gli chiese, accarezzando il cruscotto come se stesse mettendo della crema abbronzante sulla bella gamba di una bionda.

    Ti ho detto che ne ho abbastanza qui, disse John dando un colpetto alla tasca, per superare il prossimo mese.

    Va bene, era giusto per dire. Charlie scribacchiò qualcosa su un fazzoletto di carta con una penna che trovò nel portaoggetti. Tieni. Mettilo in tasca, disse mentre John leggeva.

    Non sono un avvocato, Charlie, ma non credo che funzionerà. Ad ogni modo, è meglio che entri prima che tua sorella inizi a preoccuparti per te. John guardò i tergicristalli consumati che strisciavano avanti e indietro contro il parabrezza come nella scena della doccia di Psycho.

    Oh, è al lavoro, disse Charlie girandosi verso di lui.

    Al lavoro? Dove lavora adesso?

    Penso da Fifth and Vine, disse Charlie voltandosi verso la portiera e stringendosi la giacca attorno al collo prima di uscire alla pioggia.

    John si accigliò. Davvero amico? Pensavo che avesse smesso.

    Proprio come tu hai smesso di giocare? Dai, tutti noi abbiamo le nostre cattive abitudini, disse Charlie rigirandosi verso di lui.

    Ah sì? E le tue quali sono, Charlie?

    Frequentare gente che vuole farsi ammazzare. Charlie aprì la portiera, uscì e la sbatté chiudendosela alle spalle.

    Mentre correva facendo il giro della macchina e portandosi sul marciapiede, John abbassò il finestrino, ignorando la pioggia battente.

    Ehi, non è che io voglia farmi ammazzare, gridò mentre Charlie correva meglio che poteva con il ginocchio malandato verso la porta d’ingresso.

    Senza girarsi gli gridò indietro: Semantica, Johnny. Semantica. Sollevò una mano e gli fece un cenno di saluto.

    So che non sai scriverlo! disse John azionando l’auto. Prima che potesse allontanarsi, Charlie accese la luce del portico e gridò: Non scassarmi la macchina, John!

    John rispose mostrandogli il dito.

    Mi mancherà, disse Charlie girandosi per entrare.

    

    Pensavo avesse detto Fifth and Vine, disse John svoltando per riprendere la Quinta. Alla radio passava Computer Love, uno dei suoi classici preferiti, mentre percorreva lentamente la strada. Come un pappone che cerca la sua puttana, pensò.

    Era difficile vedere attraverso il vetro, dato che il parabrezza si stava annebbiando tutto per l’umidità, anche con il finestrino abbassato a metà. La pioggia era diminuita al punto che aveva dovuto spegnere i tergicristalli prima che le lame consumate iniziassero ad incidere il vetro. La sua auto non era precedente ai tergi intermittenti, ma quel modello non li possedeva comunque. Di sicuro comunque avrei potuto usarli in una nottataccia come questa.

    Come ogni altro sabato sera, le strade erano affollate, ma lui sapeva che Kristin si sarebbe fatta notare. Almeno lo sperava. Normalmente una macchina che faceva due volte il giro della strada avrebbe fatto eccitare le ragazze al lavoro, ma non una che prendeva acqua come una barca a remi che affonda. Parte di lui si chiedeva se lei avesse riconosciuto la sua macchina e se ne fosse andata da un’altra parte.

    Quando raggiunse di nuovo l’angolo dove la Quinta incontrava la Vine e rallentò fino a fermarsi, qualcuno sembrò riconoscere l’auto e dirigersi verso di lui. Neanche la sua memoria fotografica lo aiutò a riconoscerla

    Ehi, John, disse una bionda anoressica alta un metro e sessanta – con i tacchi da 15 centimetri – appoggiandosi alla sua auto, le braccia così bucate da sembrare che avesse un eritema.

    Ehi, le disse lui. Immagino che tu chiami così tutti i clienti.

    Lei rise, mostrando un sorriso pieno di denti storti o rovinati. Beh, è un nome piuttosto comune qua fuori.

    Sì, immagino.

    Avevi veramente intenzione di fare come se non mi riconoscessi? gli disse chinandosi più vicina a lui, le braccia a malapena forti per sostenere anche la propria leggera figura addosso al bordo dell’auto.

    La sua voce fece risuonare un campanello: la dieta a base di metanfetamine le aveva fatto pagare il suo scotto. Aveva perso di certo una ventina di chili che non aveva bisogno di perdere e almeno tre denti, insieme a ogni indizio che ricordasse l’innocente venticinquenne che aveva conosciuto al bar un anno prima. L’unica cosa riconoscibile era quel dolce accento del South Carolina, anche se reso un po’ più aspro dal suo alito cattivo.

    Ehi, Tracey. Come stai? le chiese, sentendosi immediatamente in colpa, data la sua situazione. Il suo sorriso gli diede a vedere che non la pensava così. I drogati vedevano le cose nella visione del tunnel, sempre alla ricerca dello sballo successivo. Le droghe annebbiavano le linee della visione, insieme alla moralità. Probabilmente le sembrava di avere un aspetto migliore senza quel peso, non le pareva di essere uno scheletro preso dal laboratorio di scienze della scuola e vestito da sgualdrina.

    Sto bene, disse staccandosi dall’auto e facendo il giro dall’altra parte.

    Chiusure centralizzate, pensò John considerando un altro optional che mancava alla sua macchina e che gli sarebbe potuto tornare utile quella sera.

    Tracy aprì la portiera e si sedette, richiudendola. E tu, come stai? È passato un po’ di tempo, disse guardandolo. Non mi hai mai chiamata.

    Prima che potesse tirare fuori una risposta, lei rise, ghignando come una delle streghe di OZ. Quella dell’est o

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