Il pelo dell'acqua
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Book preview
Il pelo dell'acqua - Attilio Fortini
Indice
Lui
La pesca
Le tracce
Tu, tu e io
La sua casa
Tanti occhi
Qualche stranezza
Loro pregavano
Per Dio
Così grande
Così bella
Una partita in gioco
Trovarci
Momenti cruciali
Il perfetto contrario
Perché Gabrielle?
Altro, e la puzza ancora
Gli angeli di Mariemberg
Essere visti e non potersi che vedere
Vetri rotti
Tre per ognuno
La malattia dell’arte
Guardando, solo
Il vestito di Paola
Viaggi simili
Le parole chiamate dal sogno
E la verità
La via esoterica
Palloni di spirito
Un tipo di logica piuttosto santa
Inaspettatamente tutto
Attilio Fortini
Il pelo dell’acqua
Romanzo
Temperino rosso edizioni
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Lui
Jud era stanco, era stanco di tante cose. Sapevo – me l’aveva detto – che si era sempre sentito così, o quasi; almeno sino al punto in cui giungeva il suo ricordo; in teoria 38 anni, la sua età, in pratica tanto: forse troppo.
Jud era ormai un uomo, anche se non riusciva pressoché mai ad esserlo. L’idea che aveva di sé per alcuni versi era fluttuante per altri fissa ed eterna. Ad esempio, a volte si sentiva un ragazzo, altre un vecchio, poi gli sembrava di non essere mai cambiato, qualche volta un uomo, ma molto raramente. Avevo fatto le mie supposizioni: forse Jud era il classico ragazzino che non vuol mai crescere. E allora perché a volte si sentiva vecchio? Era quindi cresciuto troppo in fretta, ma allora perché doveva sentirsi anche come un ragazzino?
Un vero rompicapo.
Jud era sparito! Da molto non si avevano più sue notizie, o meglio, di notizie se n’erano avute: una per la precisione, quella più infausta, quella che fosse morto. Ma andiamo per ordine: morto non proprio; in genere ad ogni morto deve corrispondere un cadavere, ma ciò non esclude che uno possa morire anche se il suo corpo non viene ritrovato. Quest’ultimo forse era il caso di Jud.
Jud era considerato ufficialmente disperso, questo perché nessuno lo aveva mai visto morto. Di fatto Jud era scomparso, e a questa scomparsa si era aggiunta la notizia della sua probabile morte. O almeno, per me certamente lui era scomparso, per me in un certo senso era anche morto. In fondo questa era l’unica certezza che avevo, l’unica vera notizia. Ma proprio per il fatto che questa poteva essere solo la mia notizia, e tutt’al più di coloro che conoscevo, questa poteva anche non essere la verità sulla scomparsa di Jud.
Era per questo che l’unica vera certezza, quindi, possedeva le sembianze di una domanda: Jud era veramente morto o lo era solo per alcuni, me compreso?
La cosa m’inquietava!
Certo, avevo svolto le mie indagini, ma comunque ciò non mi aveva per nulla acquietato. Mi sentivo come se la verità fosse sempre lì sul punto di essere agguantata. Jud era universalmente sparito o da qualche parte sulla terra il suo sorriso incerto, la sua chioma arruffata, il suo esile incedere, erano ancora visibili da alcuni?
Mi ero affezionato a Jud, alla sua sostanza trasparente e indefinita. Egli impersonava il peso della leggerezza: una verga-volgare, eternamente flessibile, eternamente, ma mai corruttibile.
La pesca
L’avevo conosciuto per caso, l’unico modo in cui si conoscono le persone, una Domenica d’Autunno.
Era lì sulla sponda del lago, avvolto dai colori cangianti di un bel sole mattutino. Le sue linee sinuose in controluce si confondevano con la ricca vegetazione. Egli era proprio tra due salici le cui chiome erano liberamente gettate nell’acqua. Anche Jud del resto aveva gettato qualcosa: una lenza.
Jud stava pescando.
Non so perché, in genere non lo faccio, ma sentii che dovevo rivolgergli la parola. E poi a chi sta pescando si usa chiedere come sta andando la pesca, non mi sarei quindi molto esposto, tutt’al più sarei tornato sui miei passi.
Mi avvicinai un po’ troppo, ma il luogo non permetteva diversamente; mi ero premunito però di rivolgergli la domanda ancor prima che lui potesse scorgermi completamente, in modo da mostrargli subito che le mie intenzioni non erano ostili.
Quando gli fui a cospetto Jud mi guardò per un attimo grandissimo. Sentivo che i suoi occhi mi stavano annusando e che voleva andare a fondo di quella mia banale domanda. Mi chiesi: perché non mi risponde semplicemente, senza tante complicazioni, e soprattutto, perché non mi toglie quello sguardo olfattivo?
Di lì a poco capii!
La mia domanda non aveva superato l'invisibile patina che giace sull'acqua.
— Sotto il galleggiante, mi disse, ci sono solo alcuni piombini. Niente amo, niente esca.
Jud non stava pescando, fingeva solo di pescare!
Continuò sostenendo che preferiva imbrogliare gli uomini piuttosto che i pesci, e che quello era l’unico modo per poter stare ore e ore a guardare la medesima cosa, il galleggiante, senza destar sospetti.
Compresi allora perché mi aveva assimilato così a fondo con le narici del suo sguardo: voleva tastare la mia sostanza, voleva capire se di me poteva fidarsi. Mi aveva scoperto il suo gioco, il suo segreto. Avrebbe potuto non farlo. Gli bastava dirmi che non aveva preso ancora nessun pesce, e io non avrei mai visto sotto il galleggiante. Ma lo fece. Mi fece suo complice. Non so perché gli ispirai fiducia, comunque allora rimasi letteralmente senza parole.
In quel mentre pensai che non potevo allontanarmi senza dire nulla: ma, cosa dire?
Era chiaro che quell’uomo poteva essere anche un folle, magari anche suscettibile, non si sa mai, o forse solo poco normale? Questo non lo avevo previsto. Riuscii solo a formulare un:
— Ah! davvero?
Credo che Jud avesse capito benissimo il mio grande imbarazzo e forse proprio per questo motivo intraprese una sorta di spiegazione:
— C’e un detto popolare che dice: chi dorme non piglia pesci
. Lei non lo ha mai sentito?
— Come no! gli risposi.
— Ecco, questo detto presuppone che nella vita siano possibili solo due opzioni: l’attività di dormire o quella di prendere pesci, ma come vede ce ne possono essere anche altre… proferì, ondeggiando affermativamente su e giù la testa in modo quasi divertito.
Il discorso iniziava a coinvolgermi; sentivo che l’imbarazzo mi stava, un poco alla volta, lasciando. E poi quello che Jud mi stava dicendo non mi pareva poi così tanto folle; c’era una logica, c’era un senso nelle sue parole; anche se il perché di quel senso, devo