Rosso
By John Logan
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Book preview
Rosso - John Logan
ROSSO
© 2016 Cue Press
via Selice 84a, 40026 Imola, Italia, cuepress.com
ISBN 978-88-99737-07-8
Direzione
Mattia Visani
Traduzione
Matteo Colombo
Foto copertina
Luca Piva
Ferdinando Bruni, Rosso
Rosso è andato in scena per la prima volta al Donmar Warehouse di Londra il 3 dicembre 2009.
Prima rappresentazione italiana, 8 maggio 2012, Milano, Teatro Elfo Puccini. Regia, scene e costumi di Francesco Frongia. Interpreti: Ferdinando Bruni e Alejandro Bruni Ocaña. Luci: Nando Frigerio. Produzione Teatro dell’Elfo.
Indice
Rosso
Rosso
Personaggi e ambientazione
Mark Rothko, pittore americano, ha superato la cinquantina.
Ken, il suo nuovo assistente, vent’anni circa.
Lo studio di Rothko, 222 Bowery, New York. Intorno al 1958-1959. Lo studio di Rothko è un’ex palestra. Il pavimento in legno è coperto da macchie e schizzi di pittura in varie sfumature di rosso scuro. Ci sono un banco da lavoro o una serie di tavoli coperti da secchi di pittura, latte di acquaragia, tubetti di colla, cartoni di uova, bottiglie di scotch, pacchetti di pigmento, barattoli di caffè pieni di pennelli, un fornellino portatile o un fornello, e un telefono. C’è anche un giradischi e, accanto, una pila disordinata di dischi. Nello spazio c’è un’unica porta che conduce a un atrio non visibile. È lì che i personaggi si cambiano indossando gli abiti da lavoro, e sempre da lì entrano ed escono dallo studio. Dettaglio più importante di tutti: impilate ed esposte qua e là per lo spazio ci sono riproduzioni di alcuni dei dipinti murali realizzati da Rothko per il Seagram. Rothko aveva predisposto un sistema di pulegge che gli consentiva di sollevare, abbassare e mettere in mostra vari dipinti contemporaneamente. I dipinti possono essere riposizionati nel corso dello spettacolo, cambiando disposizione a seconda della scena. C’è inoltre un dipinto immaginario «appeso» esattamente davanti al pubblico, che Rothko studia a più riprese per tutta la durata dello spettacolo. In alternativa, la scenografia potrebbe essere completamente astratta.
Scena prima
Rothko, in piedi, fissa dritto davanti a sé. Guarda direttamente il pubblico. In realtà sta osservando uno dei suoi dipinti murali per il Seagram, appeso di fronte a lui. Pausa. Rothko si accende una sigaretta. Porta occhiali dalle lenti spesse e abiti vecchi che non gli stanno bene, disseminati di chiazze di colla e pittura. Un giradischi diffonde musica classica introspettiva. Rothko aspira una boccata di fumo. Pausa. Dall’atrio dello studio, invisibile poiché fuori scena, si sente il rumore di una porta che si apre si richiude. Ken, un uomo di poco più di vent’anni, entra con fare nervoso. Indossa giacca e cravatta. È la prima volta che mette piede nello studio. Si guarda intorno. Fa per dire qualcosa. Rothko gli fa segno di tacere. Poi, con un gesto, invita Ken a raggiungerlo. Ken si avvicina a Rothko, fermandosi accanto a lui. Rothko gli indica il dipinto centrale: il pubblico.
ROTHKO Che cosa vedi? (Ken fa per rispondere) Aspetta. Più vicino. Devi andare più vicino. Lascialo pulsare. Lascia che agisca su di te. Più vicino. Troppo. Ecco. Lascialo espandere, lascia che ti prenda tra le braccia. Fatti abbracciare, permettigli di riempire il tuo campo visivo, fino a cancellare tutto il resto, come se non fosse mai esistito. Lascia che il quadro faccia il suo lavoro... Però anche tu lavora con lui. Vagli incontro a metà strada, sant’Iddio! Sporgiti in avanti, protenditi. Reagisci!... Ecco, adesso... che cosa vedi? No, aspetta, aspetta, aspetta! (Corre ad abbassare un poco le luci, poi torna da Ken) Ecco. Adesso. Che cosa vedi? Sii preciso. Anzi, esatto. Sii esatto, ma anche sensibile. Capisci? Sii gentile. Sii un essere umano. È tutto quello che ti posso dire. Sii un essere umano, per una volta in vita tua! Questi dipinti meritano compassione, e vivono oppure muoiono nell’occhio dell’osservatore sensibile, sbocciano soltanto se l’osservatore è empatico e glielo permette. È questo che chiede il dipinto con tutto se stesso. È per questo che è stato creato. Questo è quello che merita.