Un osservatore esterno al sistema
By Paola Emaldi
()
About this ebook
Related to Un osservatore esterno al sistema
Related ebooks
Possessione Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsIl diario del vampiro. L'ombra del male Rating: 3 out of 5 stars3/5Olio di mandorle amare Rating: 0 out of 5 stars0 ratings11 minuti Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsUna vita tranquilla Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsRifiorisci e altri racconti Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsMelodie del Sangue 2/2 Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLe congetture di Bonelli Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsSenza movente Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsDylan. Lo scrigno dei quattro elementi Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLa sorpresa di Paolo Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLa baraonda Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsMai Abbastanza: Un racconto delle serie Crimine nel Sussex, #6 Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLa figlia del diavolo - parte 1 Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsIl presidio - parte III Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsGente di pianura Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLa dama dei Medici Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLa mela stregata Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsStorie vecchie Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsTre settimane (Three Weeks) Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsUn salto in paradiso Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLa Villa delle Rose Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsForte come il mare Rating: 0 out of 5 stars0 ratings5 euro Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsFamiglie Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsDimmi la verità Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsL'amico fedele Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsFiori di sambuco e menta Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsLa Notte dei Desideri Rating: 0 out of 5 stars0 ratingsFiglio di altri cieli Rating: 0 out of 5 stars0 ratings
Christian Fiction For You
Delitto e castigo: Ediz. integrale Rating: 4 out of 5 stars4/5Il segreto del tribuno Rating: 5 out of 5 stars5/5Lucifer - L'Angelo che divenne Diavolo Rating: 5 out of 5 stars5/5Inferno Rating: 4 out of 5 stars4/5Purgatorio Rating: 4 out of 5 stars4/5
Reviews for Un osservatore esterno al sistema
0 ratings0 reviews
Book preview
Un osservatore esterno al sistema - Paola Emaldi
10
I
Parigi, 30 Luglio 1958
Il problema era che Napoléon non piaceva a nessuno e non sarebbe stato facile trovargli una casa.
«Bisogna anche vedere se Napoléon si adatterebbe a vivere in una casa» aveva osservato Gerard e tutti annuivano dimostrando di essere d’accordo con lui che, in piedi in fondo alla stanza, il gomito destro appoggiato alla madia, nella posa pubblica che gli è ormai abituale, rivolgeva agli ospiti la metà sana del viso mentre declamava le sue opinioni strappando ogni parola alla tensione della guancia e del labbro della parte destra.
Napoléon non aveva fatto che abbaiare per l’intero pomeriggio e sembrava un cane indemoniato. Gerard aveva messo uno stuoino accanto alla stufa ma Napoléon non si era mai accucciato. Continuava a lamentarsi e a guaire vicino alla porta della liuteria e, quando aveva accertato che gli era vietato uscire, si era messo a correre attorno al tavolo da lavoro e a fare un tale sconquasso che avevo temuto che Gerard lo lanciasse in strada con una pedata, sulla neve, solo sotto il cielo gonfio e bigio.
Tatì gli aveva allungato una ciotola di zuppa di pane e, infine, il cane si era quietato.
«Il cibo è sempre un buon rimedio al dolore» aveva affermato sedendomisi accanto e mi aveva carezzato la testa, trasferendo al mio capo il gesto affettuoso destinato al cane, come se il dolore riguardasse entrambi in pari misura. Ma non mi aveva offerto la zuppa, che comunque avrei rifiutato.
Solo quando Napoléon, esausto, aveva smesso di fracassarci i timpani, la pace era tornata nella liuteria e avevamo potuto fare delle ipotesi sul suo destino. Gerard non aveva la minima intenzione di tenerlo in bottega, né tanto meno in casa. Sua moglie detesta le bestie perché sporcano e portano solo guai.
«Figuriamoci un bastardone come Napoléon, sempre vissuto in strada» aveva concluso puntando sul cane uno sguardo sbieco e ripiegando le labbra serrate del suo lato sinistro, quello intatto, espressione che aveva definitivamente smorzato qualsiasi slancio da parte della piccola assemblea.
Sorretti dal drastico giudizio del liutaio, tutti si sentivano legittimati a sostenere i più svariati argomenti: «Le pulci, è troppo vecchio, è di taglia troppo grossa…» insomma, sembrava proprio che Napoléon fosse troppo di tutto.
Io non lo trovavo per niente esagerato, né nella taglia né per il resto. Il suo lungo pelo avrebbe indubbiamente avuto bisogno di una lavata, poiché il colore chiaro era ormai indistinguibile sotto lo strato superficiale di polvere e terra, ma per il resto era un animale splendido: il muso affilato, le orecchie che ricadevano morbide ai lati del capo e gli occhi, grandi e mansueti, raccontavano quanto la fedeltà incondizionata vi aveva deposto negli anni, calpestando giorno dopo giorno gli impervi sentieri della vita.
E di giorni faticosi doveva averne passati, al fianco di Daniel, per le vie di una città che sa essere scontrosa, se non cieca, o generosa nell’offrire lo scarto del superfluo.
Quando a sera, dopo il lungo vagabondaggio quotidiano, Daniel si sedeva sulla panchina davanti a Saint Julien le Pauvre, Napoléon si adagiava ai suoi piedi. Daniel selezionava per lui il cibo più adatto, tra quello che aveva rimediato, trattenendo per sé quanto avanzava.
Se cercavi di avvicinarti durante il loro pasto, Napoléon ti affrontava ringhiando, scoraggiando chiunque dal procedere. Ma in momenti diversi avevo scambiato qualche parola con Daniel. Era lui che mi chiamava:
«Ehi, ragazzo, che te ne pare delle mie scarpe nuove?», oppure «Ce l’avresti una moneta, se me la puoi dare, sennò fa lo stesso» e il suo sorriso di denti gialli tagliava, come la cerniera di una borsa di cuoio, il viso coriaceo, mentre gli occhi brillavano, sotto il velo umido, come accesi da quelle poche cordiali parole. Solo qualche battuta che Daniel mi riservava, credo per essere gentile, per sentirsi gentile, per ricevere la risposta gentile che gli serviva a riportare equilibrio tra lui e il mondo.
Mancando argomenti che ci accomunassero, la conversazione si spegneva presto nel suo sorriso pago, che mi portavo, confuso, fino a casa.
Siccome me lo chiedeva così, se me la puoi dare, sennò fa niente, che ovviamente per uno che non ha un centesimo in tasca la differenza la fa eccome, se avevo qualche spicciolo glielo allungavo volentieri.
Napoléon sembrava seguire le nostre conversazioni e mi osservava, credo, con simpatia.
Per quanto poco, ero, tra i presenti, quello che lo aveva conosciuto meglio, perciò sapevo di non potermi dispensare dall’offrirmi, lo sentivo come quando ho la soluzione al problema di geometria prima ancora che il maestro Lachart abbia finito di esporlo; la risposta giusta è come una luce che inonda la notte, una lampada che si accende nel centro del cervello, dove si trovano le risposte giuste, s’impone alla mente come la parola magica dove tutti gli indizi convergono e ricolma di senso ogni parola che l’ha preceduta.
I miei occhi dovevano aver rivelato che possedevo la soluzione poiché improvvisamente era calato il silenzio nel laboratorio, Napoléon mi fissava con lo sguardo sazio e mite, mentre tutti i presenti si erano girati verso di me.
Avevo però il problema di come convincere maman che quella era l’unica cosa da fare. La nostra casa non è molto grande e c’è già tanta confusione, per via dei nostri libri e degli atlanti astronomici, senza considerare che una delle tre stanze è riservata al telescopio di maman ed è l’unica che è tenuta in ordine e Napoléon non potrebbe certo entrarci.
D’altro canto non avevo mai chiesto a maman se ha una ragione per odiare le bestie come la moglie di Gerard e potevo confidare in quello che sostiene con decisione:
«Non bisogna avere preconcetti, mai, perché i preconcetti allontanano dalla Verità e, come ripeteva tuo padre, la Verità va sempre onorata».
Già, mio padre aveva sempre dei pensieri molto illuminati, è stato un eroe della resistenza ma io non porto il suo nome perché sono un figlio illegittimo, particolare che avevo rivelato solamente a Cecilia, dato che maman si era raccomandata di tenerlo segreto; perciò mi chiamo Bezalel come mia madre e non Moulin come lui. Samuel Bezalel, per la precisione, proprio come mio nonno Samuel Bezalel, che non ho mai conosciuto perché è morto a Praga durante la guerra, che è come un buco nero che inghiotte tutto, anche i nonni.
«Bezalel, Moulin, questi sono solo dettagli, piccolo mio, che non hanno nessun peso. Se tuo padre ed io non ci siamo sposati è per via della guerra che ci ha divisi. La realtà non cambia.
Tu sei l’erede di un grande uomo e crescerai degno del suo valore, gliel’ho promesso».
È per questo che devo sempre fare la scelta giusta e onorare la Verità, maman l’ha promesso a mio padre.
Perciò non avrei potuto tenere Napoléon nascondendolo a maman. Senza contare che un cane come Napoléon è veramente difficile da tenere nascosto.
L’unica strada che potevo tentare, avendo la soluzione illuminata nel cervello, era convincere maman della necessità di dare ricovero al cane del povero Daniel.
«Il povero Daniel!» aveva esclamato maman portandosi le mani al viso.
«Ma l’abbé Pierre non c’era?».
Allora le avevo raccontato quanto avevo appreso quel pomeriggio alla liuteria: di come Daniel fosse stato trovato, nelle prime ore della mattina, proprio dall’abbé Pierre, che, avendo sentito Napoléon abbaiare come un dannato, era uscito dalla canonica, con il mantello sulle spalle e la veste sbottonata, che tratteneva con le mani all’altezza del bacino, per non scivolare sul ghiaccio dei gradini.
La neve in piccoli fiocchi danzava davanti agli occhi dell’abbé Pierre e ne limitava lo sguardo, già intimidito dall’ombra della notte.
Ma il suo passo lo aveva condotto senza incertezze, diritto verso la panchina dove Daniel era solito sistemarsi, perché