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Il Mio Eroe
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Il Mio Eroe

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About this ebook

Quando aveva sedici anni, Rich Miller salvò un ragazzo mentre stava annegando in piscina. Non poteva sapere che anni dopo, come studente anziano del college e speranza olimpica nei tuffi, Rich avrebbe incontrato ancora una volta Johnny Milloway, diventato nel frattempo un grande giocatore di calcio - e quando Rich dice grande, intende proprio come un 'orso'. Il timido calciatore si ricorda del suo soccorritore, e così i due ragazzi diventano amici.

Johnny non è scoraggiato dal fatto che Rich sia gay. Anzi, più trascorre del tempo con lui, più diventa curioso. Vuole conoscere tutto di quel mondo, come ad esempio, cosa significhi baciare un ragazzo. Solo che non riesce a fermarsi lì ...

Rich non crede che questo rapporto possa andare avanti; Johnny è etero, e lui non se la sente di affrontare l'angoscia e il dolore che ne potrebbero derivare in futuro. Ha già fin troppe cose a cui pensare – il titolo di Campione del mondo è a portata di mano mentre suo padre preferisce guardare una partita di calcio piuttosto che perdere tempo seguendo le immersioni del figlio.... Ma Rich non fa affidamento sulla determinazione di Johnny, perché averlo nella sua vita potrebbe rivelarsi un catalizzatore di cambiamenti abbastanza sconvolgenti.

LanguageItaliano
PublisherMax Vos
Release dateMar 19, 2016
ISBN9781311375353
Il Mio Eroe
Author

Max Vos

Max Vos is the bestselling author of My Hero. He is loved by his readers for his ‘inappropriate’ side, bringing hot and steamy sex to his writing. Not hemmed in by a single genre Max has the ability to woo you with sweet romance, move you with the power of his words and make you question your definition of love. Having retired in 2011 after more than 30 years as a chef, Max turned his creativity to writing. You can always find wonderful Southern charm, well rounded and vibrant characters with a good meaty story line in a Max Vos book. Each book will give you something new and amazing to love.

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    Il Mio Eroe - Max Vos

    IL MIO EROE

    Di Max Vos

    Traduzione: Francesca Giraudo

    Edizione Italiana a cura di: Alessandra Magagnato

    Informazioni sul libro che avete acquistato

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio e ogni somiglianza con persone reali, vive o morte, imprese commerciali, eventi o località è puramente casuale.

    Cover Artist: AJ Corza

    Grazie per aver acquistato questo ebook. L’acquisto non rimborsabile, di questo e-book garantisce UNA SOLA copia legale a testa da essere utilizzata su un solo pc o dispositivo di lettura. Questo e-book non potrà essere in alcun modo oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il permesso scritto dell’editore e dell’autore. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata, totale o parziale, online oppure offline, su carta o con qualsiasi altro strumento già esistente o che deve ancora essere inventato, costituisce una violazione dei diritti d’autore e come tale è perseguibile penalmente. Chiunque non desiderasse più possedere questo e-book deve cancellarlo dal proprio pc.

    AVVERTENZE:

    La riproduzione o distribuzione non autorizzata di questo prodotto, protetto dal diritto d’autore è illegale.

    La lettura di questo libro è consigliata a un pubblico di soli adulti in quanto contiene scene di natura sessuale tra due o più uomini consenzienti.

    Il mio Eroe

    Copyright © 2014 Max Vos

    Traduzione: Francesca Giraudo

    Edizione italiana a cura di: Alessandra Magagnato

    Tutti i diritti riservati

    CAPITOLO 1

    «State tutti indietro! Lasciate loro un po’ di spazio.»

    Rich chiuse il naso del ragazzo, gli spostò la testa all’indietro e gli respirò in bocca per tre volte, prima di tornare a fargli il massaggio cardiaco sul torace magrolino. Dopo la quarta compressione, il ragazzino iniziò a sputare acqua e a tossire. Rich prontamente lo voltò su un fianco in modo tale che potesse espellere tutta l’acqua che eventualmente gli fosse rimasta nei polmoni.

    Un forte applauso si levò tutt’intorno dal pubblico presente presso la piscina pubblica.

    «Stai bene, giovanotto?» domandò Rich lasciando che il giovane gli appoggiasse la testa in grembo.

    Il ragazzino alzò lo sguardo, parendo stordito. «Sì, penso di sì. Cos’è successo?»

    «Credo tu abbia appena provato a berti tutta la piscina,» rispose Rich scherzando.

    Alzando gli occhi verso quelli del bagnino, il giovane disse: «Wow, grazie.»

    «Non dirlo nemmeno, fa parte del mio lavoro.»

    Il suono delle sirene si faceva sempre più acuto, segno che l’ambulanza e i paramedici dei vigili del fuoco stavano arrivando. Caricarono il ragazzo bagnato fradicio e lo portarono in fretta all’ospedale.

    «Per avere solo sedici anni, ragazzo, sei stato molto veloce,» disse il supervisore della piscina congratulandosi con Rich. «Ti sei appena assicurato un lavoro finché non finirai il liceo. Sempre che tu lo voglia.»

    «Grazie, signor Rice.» Rich era un po’ imbarazzato da tutta l’attenzione che stava ricevendo. A quanto pareva, lo stavano chiamando tutti eroe.

    *****

    Rich si stava precipitando verso il Centro Sportivo. Quello sarebbe stato il suo anno, perché se fosse riuscito a non farsi male avrebbe avuto l’opportunità di entrare nella squadra olimpica di tuffi, non come l’ultima volta che si era strappato il tendine del ginocchio. Aveva lavorato quasi tutta la vita per quell’occasione e adesso la voleva a tutti i costi. La voleva così tanto che non guardava nemmeno dove stava andando.

    Non appena svoltò l’angolo sulla Andy Holt Drive, si scontrò con un ragazzo. Il tipo era davvero enorme e se non lo avesse afferrato per le spalle, sarebbe sicuramente atterrato sbattendo il culo.

    «Oh, amico, mi dispiace,» disse Rich mentre alzava lo sguardo su quel viso irsuto.

    «Umm… nessun problema,» mormorò una voce profonda. «Stai bene?»

    «Sì, sì, tutto a posto,» rispose Rich. Guardò il suo salvatore un po’ più attentamente e gli parve familiare, tanto da pensare di averlo già visto da qualche parte e fu solo allora che si accorse che la grande mano del ragazzo era ancora appoggiata alla sua spalla.

    Il ragazzone annuì e lentamente lasciò la presa su Rich.

    «Ci vediamo in giro?» domandò Rich ricordandosi che doveva andare verso il Centro Sportivo. La piattaforma dai dieci metri lo stava chiamando.

    L’uomo, di nuovo, annuì solamente.

    Rich si allontanò da quell’armadio a quattro ante e corse lungo la strada, diretto verso la sua meta.

    *****

    «Ruthie, non ho il tempo di andare a vedere una partita di football, devo allenarmi,» protestò Rich, quasi piagnucolando.

    «Rich, questa settimana ti sei allenato quasi tutti i giorni. Penso che sia giunto il momento che ti prenda una pausa prima di esplodere.» Ruthie era stata la sua migliore amica fin dalle elementari. «Anch’io devo fare pratica, ma non mi vedi farla ogni ora di ogni singolo giorno, come fai tu.»

    «No, ma tu non devi combattere anche con gli orari della piscina. Tu puoi tirare fuori il tuo violoncello praticamente dove vuoi e iniziare a provare,» rispose Rich mettendo il broncio.

    «Chi pensi di prendere in giro, Rich Miller? Quando non sei in piscina sei nella sala pesi.» Ruthie si era portata le mani sui fianchi e stava scuotendo il capo da una parte all’altra, facendo ondeggiare i suoi capelli ricci. Con il dito indice spinse gli occhiali sul naso e poi glielo puntò sul torace. «Ti ricordi l’ultima volta che hai esagerato con gli allenamenti? Eh? Ti ricordi che ti sei perso le qualificazioni per le Olimpiadi perché ti eri fatto male? Non senti suonare qualche campanello nella tua testolina?»

    Rich fece un passo indietro intanto che lei continuava a puntargli il dito addosso.

    «Nel caso che te lo fossi dimenticato, lascia che ti ricordi il periodo in cui hai esagerato con gli allenamenti. Hai esagerato talmente tanto ed eri così stanco, che per un pelo non ti sei nemmeno qualificato in una gara sociale. Una gara sociale, Rich! Non come adesso che sei in lizza per le qualificazioni olimpiche, era un semplice raduno!» Era così arrabbiata che stava quasi urlando. «Un po’ di equilibrio, Rich. Ci vuole un po’ di equilibrio!»

    Rich sapeva di essere appena stato battuto. Ovvio che la sua amica aveva ragione.

    «Su… va’ a prenderti la giacca e andiamo. Ho già i biglietti. Gentile omaggio di tuo padre, aggiungerei,» disse Ruthie con cautela.

    «Mio padre ti ha dato i biglietti per la partita di football? Capirai che onore! Non ne sono per nulla sorpreso,» brontolò Rich. «Si organizza per non perdere una cazzo di partita di football, ma raramente riesce a fare lo stesso per una delle mie gare.»

    «Dagli tregua, Rich.»

    «È facile per te parlare, visto che i tuoi supportano te e Al in tutto quello che fate.»

    «Beh, sì il mio fratellino è fortunato a respirare ancora, dopo essere stato beccato con una bottiglia di vodka nel pullman dell’orchestra. Mio padre lo ha quasi spellato vivo.»

    «Ci scommetto che il vecchio Ralph lo abbia fatto,» disse Rich ridendo. «Mi sarebbe davvero piaciuto vedere tuo padre avere quella conversazione.»

    «Non mi ricordo di averlo mai visto così fuori di testa,» aggiunse Ruthie anche lei ridendo. «Dai, su, andiamo. Possiamo passare dal tuo dormitorio così potrai prenderti la maglietta del liceo, a meno che tu non mi lasci dipingere il tuo torace di arancio e bianco.»

    «Penso che opterò per la maglietta,» rispose Rich borbottando.

    «Non c’è nessun divertimento con te,» lo prese in giro Ruthie.

    Camminarono verso il dormitorio di Rich, dove quest’ultimo si infilò una maglietta del liceo e si diressero vero il Neyland Stadium. La coda all’ingresso riservato agli studenti non era poi così lunga e i due entrarono e trovarono posto a sedere con facilità.

    «Mi sto ancora chiedendo come sia riuscito tuo padre ad avere dei posti così nella sezione riservata agli studenti,» domandò Ruthie, più a se stessa che al suo amico.

    «Come fa mio padre a ottenere qualsiasi cosa quando si parla di football?» grugnì Rich. «Odio sul serio vedere quanto spenda per avere i privilegi che si ottengono con l’abbonamento. Scommetto che si potrebbe sfamare una famiglia di quattro persone per un anno intero con quella cifra.»

    Ruthie sospirò. Sì, sapeva che Rich aveva ragione.

    Col calcio d’inizio la partita cominciò. Ruthie faceva il tifo, saltando e sventolando avanti e indietro i suoi pom-pom arancioni e bianchi, mentre Rich guardava senza molto entusiasmo e senza farsi prendere troppo da quello che stava succedendo in campo.

    «Non è una partita molto eccitante,» si lamentò Rich quando le due squadre lasciarono il campo alla fine del primo tempo.

    «Beh, è la prima partita della stagione, cosa ti aspettavi?» domandò Ruthie tirando una gomitata sul fianco del suo migliore amico. «Per la prima partita prendono sempre una squadra contro la quale possono vincere.»

    «Sì, ma 42 a 7 mi sembra eccessivo, non pensi? E siamo solo alla fine del primo tempo.»

    «È una buona esperienza per quei giocatori che non sono titolari,» spiegò Ruthie mentre si alzava e applaudiva alle due squadre che lasciavano il campo.

    Quando finalmente tutti i giocatori furono negli spogliatoi, Ruthie iniziò di nuovo a fare il tifo, questa volta per la banda, visto che alcuni dei componenti suonavano con lei nell’orchestra.

    «Vado a prendermi da bere, vuoi qualcosa anche tu?» domandò Rich alla sua amica che si stava ancora dimenando a destra e a sinistra.

    «Sì, ma vengo con te,» rispose infilandosi i pom-pom nella tasca posteriore degli short di jeans che indossava.

    Mentre si univano alla fila davanti al chiosco, Ruthie riprese: «Che bello vedere che Johnny Milloway è stato in grado di giocare oggi.»

    «Chi?» domandò Rich.

    «Johnny Milloway. Anche lui è della Oak Ridge.» Ruthie si voltò per guardare Rich in faccia. «Oh, ma stai scherzando, vero? Rich devi davvero ampliare i tuoi orizzonti.» La ragazza scosse il capo, sempre fissando il suo amico negli occhi. «È stato il fenomeno della squadra quando era al liceo e tutti avrebbero voluto accaparrarselo. L’Università del Tennessee è stata molto fortunata a prenderlo. Ho sentito dire che gli hanno offerto di tutto, a parte la luna, per poterlo tenere vicino a casa. Anche l’Università della California e quella della Louisiana gli sono state dietro.»

    «Mi dispiace Ruthie, lo sai che non mi sono mai interessato al football, ma sono sicuro che mio padre saprà tutto di lui,» rispose Rich secco. «Al diavolo, probabilmente conoscerà addirittura il suo numero di scarpe.»

    Ruthie gli prese la mano e gliela strinse. Rich sapeva che la sua amica era più che consapevole dell’enorme voragine che si stava aprendo sempre di più tra lui e suo padre. Quest’ultimo non sapeva come gestire il figlio e Rich non aveva idea di come parlare con suo padre. Erano diversi come il giorno e la notte. Rich amava l’arte e i tuffi, mentre suo padre il football, la birra e il biliardo. Non c’era molto in comune su cui lavorare e quando Rich gli aveva detto di essere gay, quel divario non aveva fatto altro che allargarsi sempre di più.

    «Me lo potrebbe prestare per un attimo?» Ruthie chiese il programma al signore che stava loro davanti nella coda. Iniziò a sfogliare le pagine e disse: «Ecco. È lui Johnny Milloway. Te lo ricordi?»

    «Ehi, questo è il ragazzo a cui sono finito addosso mentre andavo al Centro Sportivo all’inizio della settimana. Mi sembrava di averlo già visto da qualche parte ma non riuscivo a ricordarmi dove.»

    «Beh, non è uno che potremmo aver visto molto in giro comunque, perché è tre anni più giovane di noi. È una matricola mentre noi siamo dei senior, dopotutto,» rispose Ruthie stringendosi nelle spalle mentre restituiva il programma.

    «È una matricola?» domandò Rich con gli occhi spalancati. «Ma è enorme.»

    Ruthie si mise a ridere. «Sì è davvero grosso. Vive vicino a Laura McIntyre, la conosci... È... il nostro primo violino, no? Comunque… ogni volta che vado da lei per provare, lui è sempre in giro col fratello più giovane di Laura.»

    Ruthie continuava a parlare del giocatore e a Rich vennero in mente gli occhi marrone scuro di Johnny. C’era qualcosa in lui… Non sapeva di cosa si trattasse, ma sentiva già come una connessione.

    *****

    Rich spense subito l’allarme cercando di non svegliare il suo compagno di stanza, perché gli era stato detto, senza troppi giri di parole, che le sue sveglie alle cinque e trenta del mattino non stavano favorendo affatto la loro convivenza. Si infilò un paio di pantaloncini di nylon e afferrò il borsone della palestra, scivolando fuori dalla sua stanza il più silenziosamente possibile e mentre camminava lungo il corridoio si infilò una canotta che aveva preso al volo mentre stava uscendo.

    Amava andare nella sala pesi il mattino presto, perché a quell’ora raramente c’era qualcuno e a lui piaceva proprio così. Odiava dover aspettare il suo turno per usare le attrezzature, specialmente quando c’erano i giocatori di football, i quali erano convinti di avere la precedenza rispetto a tutti gli altri. Questa era un’altra ragione per la quale non gli importava nulla del football o dei giocatori.

    Prima ancora di aprire la doppia porta che conduceva nella sala pesi, sentì il rumore di una delle macchine mentre veniva usata. Quella era la seconda volta in quattro anni che s’imbatteva in qualcuno a quell’ora del mattino, così decise di dare un’occhiata attraverso la piccola finestra, per vedere di chi si trattasse. L’unica cosa che riuscì a vedere fu un ragazzo enorme voltato di schiena rispetto a lui e alla porta, che indossava una canotta grigia macchiata di sudore e che stava facendo degli allungamenti dei tricipiti. Rich esitò solo un attimo prima di spingere la doppia porta.

    Rich si diresse subito verso la pressa. Notò che il ragazzo era ancora voltato di schiena e aveva gli auricolari nelle orecchie, per cui non lo aveva sicuramente sentito entrare, il che a lui andava più che bene. Aveva molto lavoro da fare e non aveva di certo tempo per prestare attenzione all’altro ragazzo nella stanza.

    Dopo la terza serie di ripetute, Rich si spostò verso la macchina per gli allungamenti e mentre appoggiava l’asciugamano sul retro dell’attrezzo, alzò lo sguardo e i suoi occhi puntarono direttamente in quelli di Johnny Milloway che lo stava guardando dallo specchio. Gli occhi di quest’ultimo si spalancarono, annuì in fretta e distolse lo sguardo. Rich pensò di averlo visto arrossire ma poi pensò che dovesse essere paonazzo a causa dei pesi che stava sollevando, tanto i suoi bicipiti erano gonfi e tesi.

    Nessuno dei due parlò, né ci fu di nuovo un contatto visivo e Rich pensò che Johnny Milloway evitasse di proposito ogni contatto con lui, il che lo fece sentire leggermente a disagio.

    Dopo aver finito gli esercizi per le gambe, Rich se ne andò nello spogliatoio. Come sempre, era rimasto fedele alla sua routine di lavorare una sola parte del corpo alla volta, dopodiché si sarebbe fatto la doccia e sarebbe andato al dormitorio a prendere i libri per quella che sarebbe stata la sua lezione della mattinata. Aveva deciso di concentrare quante più lezioni poteva al mattino così da avere il pomeriggio libero per la piscina.

    Preferiva gli spogliatoi della palestra a quelli del Centro Sportivo, perché i primi gli ricordavano le superiori. L’aria era pregna dell’odore di sudore dei ragazzi, dei loro calzini sporchi o dei sospensori bagnati, tutte cose che lo eccitavano un bel po’. L’unico odore che sentiva al Centro Sportivo era quello del cloro. Si appoggiò contro le piastrelle beige e chiuse gli occhi, lasciando che l’acqua tiepida gli scorresse sulle spalle e giù, lungo la schiena. Scattò quando sentì lo scroscio dell’acqua in un’altra doccia.

    Guardò oltre e vide Johnny Milloway con le ginocchia leggermente piegate, perché era ovviamente più alto della doccia stessa, e la faccia rivolta verso il getto della doccia. Le labbra di Rich si aprirono quando vide l’acqua scivolargli lungo il corpo e sui peli scuri che ricoprivano i suoi muscoli impressionanti. Quel ragazzo non aveva un filo di grasso ma di sicuro pesava intorno ai centoquindici chili. Quando poi gli occhi di Rich si abbassarono, gli si strinse lo stomaco. L’uccello e le palle di Johnny Milloway penzolavano sotto l’acqua che ci scorreva sopra. Quel ragazzo era veramente ben dotato. Il giocatore di football alzò lo sguardo e i suoi occhi si fissarono su quelli di Rich. Si voltò in fretta, fornendo a Rich un’ottima visuale sul suo perfetto culo peloso.

    Rich sentì le palle contrarsi in modo familiare e seppe che se avesse continuato a fissarlo, avrebbe rischiato di ritrovarsi con un’enorme erezione, un’infrazione evidente del protocollo nelle docce.

    Senza indugiare oltre Rich finì di lavarsi, lasciandosi la doccia e il giocatore di football alle spalle. Se fosse stato abbastanza veloce sarebbe riuscito ad andarsene di lì prima ancora che la matricola finisse di sciacquarsi.

    Stava finendo di allacciarsi le scarpe quando il più grosso piede che avesse mai visto entrò nel suo campo visivo. Alzò lentamente lo sguardo, lasciandolo indugiare sui polpacci muscolosi e poi su, verso l’asciugamano che era stretto in vita, sugli addominali scolpiti e leggermente pelosi e poi, finalmente, su quei pettorali imponenti i cui capezzoli erano a malapena visibili sotto tutti quei peli. Da quella posizione non riusciva a vedere oltre il petto muscoloso, quindi, per poterlo guardare in faccia, si dovette raddrizzare.

    «Umm… possiamo parlare, Rich?»

    Johnny parlò sussurrando, la voce profonda e corposa ma così potente, che il corpo di Rich non ne rimase indifferente.

    «Mi conosci?» Rich fu parecchio sorpreso.

    «Certo. Ti andrebbe un caffè? Hai tempo?» domandò il ragazzo.

    «Sì, certo, ho ancora tempo,» rispose Rich, cercando di capire perché quel colosso volesse parlargli.

    «Grazie. Mi vesto e sarò pronto in due minuti.»

    Rich rimase ad aspettarlo accanto all’uscita con la borsa della palestra sulla spalla, chiedendosi come facesse quel ragazzo a conoscerlo. Non avrebbe comunque dovuto aspettare molto per avere una risposta.

    «Umm… sono pronto.» La voce

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