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Misteri e bugie
Misteri e bugie
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Misteri e bugie

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About this ebook

Descrizione del libro:

L’investigatore Sam Dyke non ha mai incontrato suo figlio Daniel. Fino a oggi. E poi desiderando che non fosse mai successo.

Perché Daniel ha una ragazza che non è proprio adatta… e, viene fuori che è scomparsa. Infatti è coinvolta in un mondo di corruzione e violenza che gira intorno ai gemelli Ginger, mostruosi criminali che hanno esteso la loro rete corrotta da Liverpool a Manchester e tutte le città intermedie. Sam è determinato a ritrovare la ragazza nonostante tutti i pronostici gli siano contro, e anche a ignorare il fatto che sta indagando su qualche segretissimo caso della polizia…

Nel tentativo di fare la cosa giusta, Sam fa quello in cui è bravo: irritare la gente, specialmente i cattivi. E non c’è da meravigliarsi se presto si ritrova sulla lista nera dei gemelli. Cosa può fare un padre, se non colpire anche lui?

MIsteri e Bugie contrappone il duro investigatore Sam Dyke a una doppia minaccia, i gemelli Ginger e la sua stessa incapacità di sapere cosa è buono per lui.

LanguageItaliano
Release dateDec 16, 2016
ISBN9781507142301
Misteri e bugie
Author

Keith Dixon

Keith was born in Durham, North Carolina in 1971 but was raised in Bellefonte, Pennsylvania. He attended Hobart College in Geneva, New York. He is an editor for The New York Times, and lives in Westchester with his wife, Jessica, and his daughters, Grace and Margot. He is the author of Ghostfires, The Art of Losing, and Cooking for Gracie, a memoir based on food writing first published in The New York Times.

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    Misteri e bugie - Keith Dixon

    MISTERI E BUGIE

    di

    KEITH DIXON

    Un’indagine di Sam Dyke

    MISTERI E BUGIE

    Copyright © Keith Dixon 2016

    ––––––––

    Keith Dixon fa valere i suoi diritti secondo la legge del 1988 sul Copyright, Progetti e Brevetti che lo identifica come l’autore di questo libro.

    Tutti i diritti riservati

    Questo libro non può essere riprodotto in tutto o in parte tramite ciclostile, fotocopie, o qualunque altro mezzo elettronico o fisico senza l’espresso consenso scritto dell’autore.

    Qualsiasi somiglianza a persone vive o scomparse è puramente casuale

    CAPITOLO UNO

    Non importa quanta esperienza tu abbia come investigatore privato, quando tuo figlio ti punta una grossa Desert Eagle e neanche sorride, questo cattura la tua attenzione.

    <<È carica?>> chiesi.

    <> rispose.

    Considerai le varie opzioni. Potevo scagliarmi su di lui, ma la scrivania era tra di noi. Potevo parlargli dolcemente, ma non ero dell’umore giusto e credo non lo fosse neppure lui.

    <> dissi.

    <> La voce, proveniente da un ragazzino pelle e ossa, era sorprendentemente sicura e forte.

    <> dissi. <>

    <>

    <>

    <>

    Un punto per lui. Lo guardai negli occhi e misurai il suo respiro. Non gli tremavano le mani e non era sudato. Due minuti prima mentre sfogliavo una copia della rivista Uncut, lui aveva bussato ed era entrato senza essere invitato. Un giovane magro con i capelli scuri che indossava una giacca a vento verde con cappuccio sopra un paio di jeans scoloriti e delle Nike consumate. Si era accertato che fossi Sam Dyke, investigatore privato di questo distretto, poi dalla giacca a vento aveva tirato fuori la pistola come un archeologo che mostra un reperto raro, tenendola con prudenza ma abbastanza fermamente da essere sicura.

    Con voce decisa mi disse che il suo nome era Dan e mi chiese se sapevo chi fosse. Fu sorpreso quando gli dissi di sì.

    Mi chiese: <> Agitò leggermente la pistola, come se potesse risvegliare la mia curiosità.

    <>

    <> disse. <>

    Incrociai le braccia e lui fece un passo indietro.

    <> mi disse.

    Il mio ufficio è una stanza quadrata, con una porta e una finestra che si affaccia sul centro di Crewe, c’è una scrivania con una sedia in pelle per me e due sedie per i clienti.

    Non ho mai avuto più di due clienti alla volta nel mio ufficio. Non pensavo di poter mai provare questa emozione.

    <> dissi. <>

    Per la prima volta vidi un’espressione dubbiosa sul suo viso.

    <> chiese.

    Guardai la pistola. <>

    Guardò la pistola e tacque per un istante. Poi disse:<< Sei proprio come mi immaginavo.>>

    <>

    <>

    <>

    <>

    <>

    Questa volta non disse nulla, ma tirò indietro una delle sedie per i clienti e si sedette, lasciando cadere il suo esile corpo come se non fosse altro che ossa avvolte da abiti. Si guardò attorno brevemente.

    <> disse.  <>

    <>

    <>

    <>

    La pioggia di aprile improvvisamente si abbatté sulla finestra del mio ufficio ed entrambi la guardammo.

    <> chiesi

    <> disse. <>

    <>

    <> disse. <>

    <>

    <>

    <>

    <>

    <>

    Rise. <>

    <>

    <>

    Sorrisi incerto. <>

    Guardò lontano, come se improvvisamente fosse interessato alla pioggia che batteva sui vetri. I suoi occhi sembravano incredibilmente amareggiati. Notai che aveva le ciglia lunghe, come sua madre. Sua madre era morta, sentii un senso di colpa, come una piccola pugnalata nel petto, ma continuai a sorridere. Almeno la mia espressione era sorridente.

    <> disse alla fine. <>

    <>

    <> disse con voce fredda. <>

    <>

    <> Cominciò ad agitarsi. <> Si fermò improvvisamente, senza fiato.

    Ora sapevo chi glielo aveva detto: una donna che avevo conosciuto mentre indagavo su un caso alcuni mesi prima. Era la moglie dell’uomo che aveva ucciso Tara, la madre di Dan. Come risultato, alla fine avrei ucciso il marito. 

    Era stata una faccenda complicata.

    <> dissi. <>

    Alzò nuovamente la pistola. La sua piccola O si posò su di me. Guardare la canna di una pistola è sempre un’esperienza mistica, qualunque siano le tue credenze, ti porta rapidamente alla fede.

    <> disse. <>

    <>

    <>

    <>

    <>

    <>

    <>

    <<...che succede se non vuole tornare? E se stesse scappando da te?>>

    <>

    Lo guardai e di nuovo mi sentii in colpa. Nei suoi occhi si leggeva il bisogno di essere rassicurato, come un ricordo che non poteva essere cancellato.

    <> mentii. <>

    <>

    <>

    <verrà fuori.>>

    Ci fissammo attraverso la scrivania mentre la pioggia batteva contro la finestra. Ammiravo la sua tenacia, forse sapevo anche da dove proveniva.

    Alzai una mano. <> dissi. <>

    <>

    <>

    Girò la pistola verso di sé e guardò la canna. Mi lanciò un’occhiata, poi lentamente premette il grilletto finché il percussore non fece quel suono di plastica: phut.

    Disse: <>

    <>

    Non gli dissi che se fosse stata una Desert Eagle vera, e carica, non sarebbe mai riuscito a impugnarla così a lungo senza tremare. È troppo pesante.

    Bisogna mantenere per se stessi alcuni segreti da investigatore, altrimenti tutti avrebbero una licenza e in giro non ci sarebbe abbastanza lavoro.

    CAPITOLO DUE

    Eravamo seduti in quel catorcio della mia Cavalier fuori della stazione ferroviaria di Crewe, evitando le occhiatacce dei tassisti a cui avevamo rubato il parcheggio. Avevo il motore acceso per mantenere caldo l’abitacolo. I viaggiatori che entravano o uscivano dalle porte scorrevoli della stazione ci lanciavano brevi sguardi. Una volta era un centro movimentato della rete ferroviaria, ora stava diventando sempre più modernizzato, il che significava meno personale e più macchine a fare il lavoro.

    Guardai Dan sul sedile del passeggero. Di tanto in tanto coglievo sul suo viso delle espressioni di sua madre, uno sguardo leggermente amaro quando notava qualcosa e nello stesso istante la giudicava.

    <> chiesi.

    <>

    <>

    <>

    <>

    <> disse. <>

    Mi fissò come se si aspettasse una replica, poi si rigirò nel sedile e guardò alle porte della stazione. Un altro taxi strombazzò il clacson quando passò.

    <> dissi. <>

    Scrollò le spalle. <>

    Dissi a Dan: <>

    <>

    <> dissi. <>

    <>

    <>

    <> ribatté Dan. Guardai il suo profilo, vidi il mio naso dritto e riconobbi in lui la goffaggine che avevo avuto alla sua età. La corsa e i pesi avevano cambiato il mio corpo, ma c’era stato un tempo in cui, come lui, avevo avuto lo stomaco concavo e i polsi sottili.

    Gli detti un minuto ma non fece domande su sua madre. Finora non sembrava minimamente interessato a lei.

    <> dissi. <>

    <>

    <>

    Si girò dall’altra parte. <> chiese. <>

    <>

    <>

    <>

    <>

    <<È il mio modo per superare il dolore dell’esistenza umana. Come vi siete conosciuti?>>

    I suoi occhi guizzarono verso di me. <>

    <>

    <> disse. Si rigirò sul sedile. Quasi immediatamente borbottò, <<È qui.>> e schizzò fuori dall’auto.

    La portiera posteriore si aprì e in pochi secondi l’odore pungente di sudore riempì l’abitacolo.

    Ci fu uno scricchiolio come se il CD che avevo lasciato sul sedile di dietro venisse buttato distrattamente da una parte, e quando guardai nello specchietto retrovisore vidi un folletto che mi guardava, un ampio sorriso divideva quel viso triangolare. <<’sera, papà>> disse. <>

    Si appoggiò e distese le braccia sullo schienale consumato e sbiadito. <> disse, senza nessuna ironia apparente.

    Dan sbatté la portiera posteriore e salì accanto a me.

    <> disse.

    John l’Ambulante era l’opposto di Dan: tanto Dan era taciturno, tanto John era curioso e loquace, tanto Dan era pungente tanto John era ingenuo e semplice. Sembrava avesse il desiderio di spiegare qualunque cosa lo riguardasse. Continuò a parlare mentre ci dirigevamo verso nord. L’abitacolo riprese un po’ della sua freschezza quando feci entrare un po’ di aria dall’esterno. Notai anche che a differenza di John l’Ambulante, Dan profumava di fresco e i suoi capelli sembravano puliti.

    Sam Dyke, consulente di bellezza.

    Quando John l’Ambulante smise di parlare per respirare, chiesi: <>

    Sembrò soddisfatto, poiché raramente gli venivano poste delle domande. <> disse. <>

    Catturò la mia occhiata nello specchietto retrovisore. <> ammiccò. <>

    Dan rise. Io tenevo gli occhi sulla strada.

    John l’Ambulante stava raschiando il sedile di dietro.

    <>

    Feci un profondo respiro e mi chiesi se valeva la pena educare un filisteo sulle meraviglie della musica alternativa americana degli anni novanta. L’auto era stracolma di CD rari o quanto meno difficili da trovare a meno che non fossi disposto a pescarli su internet.

    <> disse. <>

    <> dissi. <>

    <>

    Spinse Wilco’s Being There sulle mie ginocchia. Lo presi e lo passai a Dan. <> dissi. Avevo sostituito il mangianastri della Cavalier con un lettore CD della Blaupunkt, ma pensai che la sua chiarezza sarebbe stata presto disprezzata dai miei passeggeri. Dopo un momento lo strano riff della batteria di ‘Misunderstood’ e il canto commosso di Jeff Tweedy riempirono l’abitacolo della Cavalier.  Mi accorsi che Dan e John l’Ambulante si lanciavano sguardi al di sopra delle mie spalle, ma non riuscii a capire cosa volessero dire quelle occhiate.

    Mi concentrai sulla guida e decisi che essere genitore era troppo duro. Non lo avrei mai più fatto finché non avessi ricevuto l’addestramento necessario.

    CAPITOLO TRE

    La pioggia scrosciava ancora dal cielo buio quando arrivammo a Manchester e parcheggiammo dietro a Piccadilly Gardens. Sebbene fossero solamente le 4.15 le luci del centro città cominciavano ad accendersi. Pendolari e altri viaggiatori si affrettavano intorno a noi verso la stazione ferroviaria, incurvando i colli nei cappotti come delle tartarughe.

    <> dissi togliendo l’acqua dalla mia giacca di pelle. Devi essere sempre pulito se vuoi conservare la buona reputazione di investigatore privato.

    Dan sembrava esasperato. <> ribatté.

    <> dissi. <>

    <> disse John l’Ambulante. <>

    Dan sospirò. <>

    <> aggiunse John l’Ambulante.

    <>

    <> chiesi. <>

    <>

    <io ho telefonato a Dan e gli ho raccontato tutto>> disse John l’Ambulante, in apparenza molto soddisfatto di se stesso.

    <aveva in mente?>> chiesi.

    Dan non disse nulla ma si guardò intorno agli angoli delle strade. Seguii il suo sguardo. Improvvisamente capii. Eravamo in quella parte di

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