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Così parlò un Caltagirone
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Così parlò un Caltagirone

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Il presente libro ha due precisi obbiettivi nei confronti del lettore e non so se sono riuscito a raggiungerli entrambi; il primo cercare di far capire al lettore che non tutti siamo eguali, anche se abbiamo lo stesso cognome, e che quindi non bisogna giudicare tutti allo stesso modo; e per fare questo racconto la mia vita; il secondo è che quando si guida la macchina è inutile correre ed è pericolosissimo stare attaccati a chi ci precede, specie se si va forte!
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateApr 19, 2016
ISBN9788892605015
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    Così parlò un Caltagirone - Aldo Caltagirone

    INTENDA.

    CAPITOLO 1

    LA FAMIGLIA

    Come ho già scritto, il mio nome è Aldo Caltagirone: sono figlio di Vincenzo e di Rachele Profeta. Mio padre era fratello di Ignazio, il padre dei tre fratelli famosi: quindi nonno Gaetano, di cui si parlò in un libro uscito agli inizi degli anni ‘80, era anche mio nonno: so che anche lui era costruttore a Palermo, dove costruì un palazzo, a Via Roma, agli inizi del secolo scorso, davanti al quale la gente si fermava perché lui, forse per primo in quella città o fra i primi, mise l’ascensore, e sto parlando, ripeto, dei primi anni del Novecento e pure il riscaldamento; il palazzo esiste ancora a Via Roma che, come sa chi conosce Palermo, è una delle vie principali di quella meravigliosa città, nel cui stupendo Duomo io fui battezzato, perché mio padre, non so per quale motivo, dovette tornarvi per un breve periodo, dopo la mia nascita il 1°Luglio 1945.

    La famiglia però non era solo nonno Gaetano ed i due figli Ignazio e Vincenzo, perché in realtà i figli furono tanti e non tutti costruttori ed ecco i nomi:

    IGNAZIO, padre dei tre fratelli Gaetano, Camillo e Francesco: dello zio ricordo un giorno del novembre 1965 in cui noi tre fratelli e mio padre andammo a casa sua a pranzo: abitava, OVVIAMENTE, ai Parioli, più esattamente vicino Piazzale delle Muse: quella fu l’ultima volta che i due fratelli si videro perché mio padre mori il 10 gennaio del 1966 e fu anche per noi l’ultima volta che vedemmo lo zio che morì nell’agosto del 1967:lui oltre ai tre maschi ebbe figlie femmine che non hanno mai fatto l’imprenditore (per l’esattezza cinque) Una di queste ebbe una profumeria ed abita nello stesso complesso dove abito io e, per qualche anno ci siamo pure frequentati ed ora invece non più ed ha una figlia sposata che abita con lei: un’altra figlia, invece, abita nel quartiere africano, vicino viale Libia, e si sposò con un ingegnere, ora morto, che, quando noi eravamo piccoli, frequentava spesso casa nostra perché lavorava anche per mio padre: con lei ogni tanto ci sentiamo per telefono, ed una volta ci siamo anche visti a casa sua, perché fu lei che qualche anno addietro, tramite la sorella, ebbe il mio telefono e mi chiamò: ed una volta le chiesi notizie di Gaetano e mi disse che stava all’estero e non lavorava più: ma aggiunse anche che non si sentivano molto spesso: di Francesco, invece, mi disse che lavorava ancora.

    SAVERIO, costruttore che ebbe 8 figli di cui ovviamente non riporto i nomi perché non so se potrebbe loro dare fastidio visto che sono tutti vivi: però non tutti fanno il mestiere di famiglia, cioè non tutti sono costruttori, in quanto, per esempio le figlie femmine si sono sposate con uomini che hanno altre attività ed a loro volta hanno avuto figli di cui io non conosco i nomi né il sesso né, soprattutto il numero, proprio perché non li frequento: di mio zio posso dire che gli volevo molto bene, che era un ottimo giocatore di scacchi e mi raccontava di partite fatte con mio padre che duravano giorni perché, come sa chi conosce questo gioco, le mosse si possono dire pure per telefono perché ogni casella della scacchiera ha un numero ed una lettera: lo andavo a trovare spesso negli anni 80 e 90 nella sua enorme casa ai Parioli ormai vuota perché tutti i figli si erano sposati od erano andati via ed ogni volta che mi vedeva mi diceva .ti do £ 5000 se ti tagli la barba, che io tengo dal 1985 e che non intendo tagliarmi, ma che una volta alla settimana accorcio: passavamo pomeriggi o serate a giocare a scacchi (e lui, ovviamente, mi dava la regina di vantaggio come aveva fatto mio padre quando, da piccoli, insegnò questo gioco a tutti e tre): io mi impegnavo talmente tanto che mi veniva il mal di testa, ma lui per me era imbattibile: ma lui era talmente bravo che, come mi raccontò lui una volta, gli capitò pure di giocare col campione italiano di scacchi ed ovviamente perse: successe che un giorno, mentre era in un bar a Porta Pia a Roma e stava guardando una partita a scacchi fra due persone, gli venne spontaneo dire la sua opinione su una mossa ; ma dato che uno dei due giocatori era il campione d’Italia, e lui non lo sapeva, lo sfidò a giocare con lui che ovviamente, come ho già scritto, perse, ma fu per lui un grande onore.

    FRANCESCO (comunemente da noi chiamato Ciccio) che agli inizi degli anni ’40 andò in Argentina, credo per costruire, ed ivi morì dopo la guerra, credo di infarto. Questi ebbe tre figli, di cui uno è proprietario di un quotidiano e di varie imprese, e che fanno tutti e tre gli imprenditori anche di loro non so quanti figli hanno, né tanto meno i nomi.: di questi figli di zio Ciccio e di Zia Pina, la moglie, ho solo un ricordo molto forte

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