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Un sovrano "popolare" sul trono di Toscana- saggi su Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena granduca illuminato e riformatore
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Un sovrano "popolare" sul trono di Toscana- saggi su Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena granduca illuminato e riformatore
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Un sovrano "popolare" sul trono di Toscana- saggi su Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena granduca illuminato e riformatore

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Settembre 1765 : l’avvento al trono del Granducato di Toscana di Pietro Leopoldo D’Asburgo Lorena, segnò senza alcun dubbio una svolta di cambiamento profondo in una regione che per secoli era stata faro di cultura in Europa , ma si era poi arenata quasi senza speranza nelle paludi (metaforiche e non) di una vita pubblica e imprenditoriale, organizzate su basi ormai sorpassate e asfissiate da una burocrazia ministeriale ancor più obsoleta.

La sua vita e le sue opere sono state oggetto di molteplici studi, interpretazioni e valutazioni anche molto discordanti da parte degli storici.

Come granduca è stato considerato esempio perfetto di sovrano illuminato, come imperatore quasi dimenticato, forse perché il suo regno durò pochissimo o forse perché, come dice Adam Wandruszka, “ la burocrazia (austriaca e tedesca ndr), educata dalle riforme teresiano-giuseppine in senso assolutistico, non afferrò l’idea trainante che stava alla base della concezione leopoldina : autonomie locali che in quanto più efficienti e più giuste si realizzassero mediante la collaborazione dei governati con i governanti”.

Quelli qui raccolti sono alcuni saggi storici che si propongono di presentare nelle sue varie sfaccettature la personalità complessa e non ancora del tutto analizzata pienamente di questo sovrano e la sua infaticabile opera di riformatore.
LanguageItaliano
Release dateJun 6, 2016
ISBN9786050452907
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    Un sovrano "popolare" sul trono di Toscana- saggi su Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena granduca illuminato e riformatore - Maria Pia Oelker

    Bibliografia

    Maria Pia Oelker

    Un sovrano popolare sul trono di Toscana

    saggi su Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena, granduca illuminato e riformatore

    Introduzione

    Settembre 1765 : l’avvento al trono del Granducato di Toscana di Pietro Leopoldo D’Asburgo Lorena, segnò senza alcun dubbio una svolta di cambiamento profondo in una regione che per secoli era stata faro di cultura in Europa , ma si era poi arenata quasi senza speranza nelle paludi (metaforiche e non) di una vita pubblica e imprenditoriale, organizzate su basi ormai sorpassate e asfissiate da una burocrazia ministeriale ancor più obsoleta.

    La sua vita e le sue opere sono state oggetto di molteplici studi, interpretazioni e valutazioni anche molto discordanti da parte degli storici.

    Come granduca è stato considerato esempio perfetto di sovrano illuminato, come imperatore quasi dimenticato, forse perché il suo regno durò pochissimo o forse perché, come dice Adam Wandruszka, la burocrazia (austriaca e tedesca ndr), educata dalle riforme teresiano-giuseppine in senso assolutistico, non afferrò l’idea trainante che stava alla base della concezione leopoldina : autonomie locali che in quanto più efficienti e più giuste si realizzassero mediante la collaborazione dei governati con i governanti.

    E’ curioso notare ad esempio che nessuno dei suoi nipoti o bisnipoti portava il suo nome ( a parte una figlia di Francesco I, ma notare: una principessa non un erede al trono!). Perché tanta dimenticanza? Non certo casualità, non esistono casualità nelle scelte dei nomi delle famiglie reali.

    In ogni caso ricordarlo in questa occasione mi sembra un giusto riconoscimento specialmente da parte di una regione che da lui ha avuto tanto. Premetto che non sono uno storico di professione e non ho dunque né la pretesa né la capacità di dire qualcosa di nuovo, ma la figura di questo sovrano mi affascina, Ne ho letto i carteggi con i fratelli, le relazioni scritte sul governo della Toscana, i regolamenti e le riforme, trascritti nei documenti di archivio nonché molti dei libri che di lui parlano e lo trovo un personaggio eccezionale, modernissimo da cui ancor oggi si potrebbe imparare molto sull’arte di governo.

    Pietro Leopoldo non governò il suo paese dal chiuso dei palazzi o delle segreterie, ma prima di tutto girandolo in lungo e in largo con ogni mezzo ed in ogni stagione. Si dice che conoscesse per nome tutti i funzionari del granducato anche dei più sperduti paesi, voleva sapere e conoscere ogni dettaglio della vita amministrativa e di quella economica della Toscana, delle condizioni materiali e morali in cui versavano i suoi sudditi. Dunque era perennemente in viaggio per città, paesi e campagne a guardare, annotare, chiedere, curiosare, informarsi. Il granduca possiede il singolare tic di annotare tutto quello che gli raccontano ( Rosemberg dal diario di C.Zinzendorf 7 febbraio 1778) , lasciando ai posteri accurate descrizioni dei paesi e del territorio, dei problemi e delle risorse, della gente e delle tradizioni.

    Quando era a casa, girava spesso per la città o per le colline intorno a Firenze senza alcuna scorta, in modo anonimo ( forse perché non aveva l’auto blu?). Partecipava volentieri a feste anche popolari e aprì il giardino di Boboli e le Cascine alla gente comune.

    Così racconta Giuseppe Pelli Bencivenni nelle sue Efemeridi:

    "

    Piace a Sua Altezza Reale che la festa di ballo in via della Pergola non termini altrimenti alla mezza notte, m'alle 4 della mattina. Ella con la real consorte, si è presa molto piacere a girare incognita tanto al ballo, che nelle mattine sotto gli Ufizi, senza verun riguardo, e distinzione. Anzi la

    granduchessa non ha sdegnato di ballare ne' luoghi pubblici come una dama privata, con cavalieri, e cittadini: cosa che ha arrecata molta maraviglia a chi attaccato alle vecchie usanze non credeva che i sovrani far potessero quello che i privati possono fare.

    Sono stato al ballo in via del Cocomero ov'era il

    granduca in bautta, ma con abiti assai ordinari. Egli ci è stato quasi tutte le sere a veder ballare per molte ore con gran gusto, e girando e parlando a tutti non poco. Questo mostra gran genio per un tal divertimento. Quanta sorprendente tenerezza deve cagionare, nell'animo di uno che rifletta, la vista del suo sovrano mescolato nella folla con sicurezza, e sceso dal trono per accomunarsi in un certo modo, e per godere i consueti piaceri del volgo!" e ancora :

    "

    I nostri

    sovrani sono soliti di andare soli con due unici staffieri in un biroccetto a due cavalli a spasso nel giorno, onde passano per le strade senza essere osservati, ed ossequiati. Pare che ciò voglia dire che gli annoia il peso della maestà. E come non deve esser così? A' sudditi ancora deve più piacere ubbidire ad un uomo che si eguaglia ad essi, che ad un idolo che si deifica, e si statuizza nel fasto, nell'opulenza, nell'incuranza degli altri, e si rende inaccessibile, impenetrabile, insensibile.

    Non può descriversi a chi non lo ha veduto quanto si siano divertiti i

    sovrani in maschera a scorrere soli, ed incogniti per i teatri, e quanto abbia ballato il Granduca sempre in bautta mescolato fra la folla.

    La vita che menano i nostri sovrani nella villeggiatura del Poggio a Caiano è qualche cosa di molto piacevole. Una continova società con tutta la corte, una eguaglianza di trattamento nelle lunghissime gite che fanno, un genio di famigliarità nello scherzo, una dimenticanza di tutt'i comodi nell'albergare, e nel mangiare fuori del palazzo, un... Bisognerebbe esser presenti per descriver bene uno spettacolo che apre il cuore a paragonare questi principi con la folla degli altri, che si trovano descritti nella storia.

    Non credo che vi possa essere principe il quale si allivelli più ai sudditi di Pietro Leopoldo. Lontano dal fasto si è emancipato da tutte le piccolezze dei sovrani, delle quali sono schiavi, ma di più si è posto da molte settimane in qua ad andare incognito a passeggiare per la città a piedi …"

    Oggi la sua figura pare quasi appartenere al mondo onirico o della mitologia, ma non lo vedevano così i suoi collaboratori, né gli intellettuali del tempo né ( probabilmente) i suoi sudditi ai quali poteva capitare di incontrarlo sul più bello per qualche strada o borgo o al teatro o ad un ballo di carnevale per le vie di Firenze.

    Con appena un po’ di fantasia potremmo riuscire a sentirlo un contemporaneo. E forse, vista la sua predilezione per gli atteggiamenti e gli abiti poco formali, lo vedremmo girare per le strade in jeans!

    Parte I^

    L’uomo , il sovrano

    " Neppure per un gran regno vorrei mai più assistere a una tale cerimonia" così scriveva dopo aver assistito alla consegna della sorella Maria Carolina ( appena quindicenne) che andava sposa al re di Napoli Ferdinando e che, al momento dell’addio era scoppiata in un pianto dirotto e convulso.

    Non è certo facile scindere in un sovrano gli aspetti più intimamente umani da quelli pubblici: gli uni e gli altri si intrecciano strettamente, ovviamente completandosi e influenzandosi a vicenda. Anche un sovrano è prima di tutto un uomo, con una sua storia personale, fatta di educazione, di crescita culturale e psicologica, di rapporti affettivi con i genitori, i fratelli, gli educatori. Una storia che si sviluppa negli anni, arricchendosi e complicandosi a causa dell’azione di governo, del rapporto con i ministri e i consiglieri: le riforme, gli errori, le vittorie e gli insuccessi. Il che significa anche essere circondati da pochi veri amici sinceri e molti nemici; avere un potere assoluto, almeno formalmente, ma doverlo riaffermare ogni giorno.

    Anche la vita di un sovrano può essere, nell’intimo , difficile e infelice, al di là del fasto e del potere.

    Insomma che tipo di uomo era Pietro Leopoldo, arciduca d’Austria e granduca di Toscana, arrivato a Firenze a 18 anni, ripartito per Vienna a 43 e morto appena due anni dopo nel pieno della bufera della Rivoluzione francese, alla vigilia dell’esecuzione della sorella e del cognato, sovrani a Parigi?

    Il carattere

    La prima testimonianza ci viene dalla madre, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria, in una lettera scritta nel 1761 a Francesco Thurn, appena nominato responsabile dell’educazione del giovanissimo arciduca. Leopoldo aveva allora appena 14 anni e l’imperatrice, analizzando il carattere del figlio, così scrive nelle sue Istruzioni :

    " E’ indolente e pigro … ora egli ha molte cattive abitudini … non gli venga consentito di trattare la gente con troppa familiarità, pur raccomandandogli di essere cortese con tutti. Né gli sia permesso di spettegolare su quanto avviene in città e nella famiglia, né di attaccare lite o prendere in giro la gente o scambiare con chicchessia parole vivaci. Prendendo in giro la gente la cortesia facilmente scompare ed è difficile poter dire cose amabili. E’ un punto su cui occorre fare molta attenzione. Egli ha tendenza a formarsi delle idee preconcette: vi rinuncia poi con difficoltà perché ha troppo alta opinione di se stesso e non ama né chiedere consiglio né seguire i consigli che gli vengono dati. Leopoldo ha avuto dalla natura un cuore buono, generoso e sensibile. Ha sete di sapere ed è portato a concentrarsi nello studio delle materie anche più astratte. E’ molto abile nella esecuzione dei suoi lavori, ma prova al tempo stesso di frequente un falso pudore, che gli fa infinitamente torto. Egli cerca di raggiungere i suoi fini con astuzia e per vie traverse; il che non gli deve essere consentito. Vorrei che nell’aspetto e nel contegno egli divenisse più libero, più franco e più sicuro; meno rozzo nell’accento e nella voce, più avvincente nel modo di contenersi e di esprimersi. Ha una grande preferenza per la piccola gente e gusto per quello che è piatto e insipido. Vorrebbe essere cortese, ma difficilmente sa esserlo."

    Dal canto suo Francesco Thurn , appena qualche mese dopo, traccia un ritratto del suo giovane allievo che non si discosta molto da quello delineato da Maria Teresa, pur sottolineando i primi indubbi progressi dovuti alla sua azione educativa. Il rapporto di Thurn è del 15 maggio 1762 ( Fidele tableau de SAR l’archiduc Leopold dans le temps qu’on me charge a la direction de sa condite) e mostra un ragazzo chiuso in se stesso, spesso di cattivo umore, con tendenza ad interessarsi a cose futili e puerili ormai non più confacenti alla sua età; indolente e impacciato, incapace di emozioni di ordine elevato, piuttosto litigioso, poco sincero, intenzionalmente trascurato nell’aspetto nel timore di farsi la fama di piccolo bellimbusto, con spiccata preferenza a frequentare il personale di servizio e domestico, con tendenza a parlare il tedesco delle classi inferiori , l’aspetto della persona è trascurato , assume scorrette posizioni del corpo ed il contegno è spesso deplorevole: ha l’abitudine di sputare, di mangiarsi le unghie di parlare con tono di voce sgraziato e altro.

    Pietro Leopoldo era un ragazzo abbastanza delicato di salute, cresciuto in ambienti di corte spesso soffocati da un’etichetta rigidissima, che lasciava ben poco spazio all’iniziativa personale e ai rapporti spontanei e molto ai pettegolezzi e alle gelosie , all’adulazione e alla corruzione.

    Quando Pietro Leopoldo era ancora un bambino scoppiò la guerra dei sette anni contro la Prussia e Pietro Leopoldo, nato nel maggio del 1747, nono di 16 fratelli, alcuni dei quali morti giovanissimi di vaiolo, dotato di intelligenza e sensibilità precoci, dovette sentire negativamente questo clima di guerra tanto da divenire poi da adulto nemico acerrimo di ogni conflitto .

    Crescere nella Hofburg o nel palazzo di Schoenbrunn insieme a tanti fratelli e alle loro piccole corti di istruttori, balie, domestici, dame , gentiluomini e maggiordomi non doveva essere facile per chi, come lui, amava molto rimanere solo con se stesso :

    " … qui a Laxemburg infatti non mi sembra che la compagnia finora sia molto divertente: nessuno è divertente e nella società che ho intorno il meno che mi possa capitare è di non sentire che maldicenze e pettegolezzi … sono qui per dovere, felice se potrò anch’io contribuire a che la compagnia si diverta. Il dovere è reso più dolce dalla fortunata possibilità, mai abbastanza apprezzata, di vedere spesso le Loro Maestà; dalla libertà di potersi ritirare in se stessi e di pensare ai casi propri; e infine dal bel tempo se e quando c’è …. grazie alla linea di condotta che ora intendo assumere spero che tutti quelli che hanno concepito delle opinioni errate sul mio conto cambino parere. Se mai, sia pure involontariamente, ho arrecato col mio contegno pregiudizio a qualcuno, spero così di riparare al mal fatto: sarei desolato se avessi in questo caso qualche cosa da rimproverarmi veramente"

    (Lettera di Pietro Leopoldo del 2 maggio 1765 a F.Thurn)

    Era sensibile e buono, non presuntuoso, amava evidentemente il rapporto anche con la gente semplice o comunque non appartenente al rango della nobiltà di corte ( la petite gente la definisce Maria Teresa), forse gli piaceva spettegolare un po’ ( è sintomatico che questo gli venga imputato da più parti e che lui se ne discolpi con tono offeso), fare qualche dispetto ai fratelli, litigare, assumere posizioni poco corrette nel sedersi o nel camminare, era un po’ sgraziato e goffo, anche per la corporatura esile a alta. Si mangiava le unghie, evidente sintomo di timidezza e nervosismo, aveva un tono di voce non gradevole, un po’ rozzo e un eloquio da affinare: insomma un adolescente

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