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La preghiera cristiana: Il Padre Nostro, l'Ave Maria e altre preghiere
La preghiera cristiana: Il Padre Nostro, l'Ave Maria e altre preghiere
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La preghiera cristiana: Il Padre Nostro, l'Ave Maria e altre preghiere

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«Tra tutte le preghiere il Padre Nostro occupa certamente il primo posto, perché possiede i cinque più importanti requisiti che ogni preghiera deve possedere. Innanzitutto infonde molta fiducia perché ci è stata consegnata da Gesù Cristo, che è intercessore sapientissimo nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza (Col 2,3) e che è nostro avvocato presso il Padre (1 Gv 2,1). È una preghiera retta perché in essa chiediamo a Dio le cose che lui stesso ci ha insegnato a chiedere. È umile perché chi prega non presume assolutamente nulla, ma aspetta di ottenere tutto dall'onnipotenza divina».
«Prima che Gabriele rivolgesse il suo saluto alla Beata Vergine, non si era mai inteso dire che un angelo rendesse omaggio a un essere umano. Ma chiamandola "piena di grazia" le volle dire: Io ti rendo omaggio perché mi superi per la pienezza della grazia».
Nell'ultimo anno della sua vita, cioè nel 1273, a Napoli, san Tommaso d'Aquino ha commentato le due più importanti preghiere cristiane. Questi testi sono stati per molti secoli un vero best seller: sono centinaia e centinaia i manoscritti diffusi in tutta Europa che li contengono. Il commento di Tommaso a queste preghiere si distingue per il metodo, allo stesso tempo rigoroso e semplice – commenta la Sacra Scrittura mediante la stessa Sacra Scrittura – e poi anche per l'efficacia del linguaggio lineare e di facile comprensione.

Il volume si chiude con la traduzione di alcune preghiere che Tommaso ha scritto per varie necessità dell'esistenza.

Il presente volume contiene le seguenti opere di Tommaso d'Aquino, il cui titolo latino tradizionale è:
Collationes (expositio) in orationem dominicam;
Collationes (expositio) in salutationem angelicam;
Piae preces.

Presentazione e traduzione di Pietro Lippini O. P.
LanguageItaliano
Release dateMar 8, 2016
ISBN9788870949025
La preghiera cristiana: Il Padre Nostro, l'Ave Maria e altre preghiere

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    La preghiera cristiana - Tommaso d'Aquino

    d’Aquino

    Sul Padre Nostro

    In orationem dominicam videlicet Pater Noster expositio

    Presentazione

    Il Padre nostro è detto anche Oratio Dominica o Preghiera del Signore perché insegnato personalmente da Gesù, ma comunemente è conosciuto con le sue due parole iniziali Pater noster. Questa preghiera ci è giunta in due formulazioni diverse, quella dell’evangelista Matteo, o forma lunga, e quella di san Luca, o forma breve, inserite in due contesti diversi.

    In san Matteo (6,9-13) Gesù, dopo aver criticato il modo di pregare degli ipocriti che pregano pubblicamente per farsi vedere dagli uomini, e quello dei pagani che credono di venire ascoltati a forza di parole, insegna ai suoi discepoli come deve essere la loro preghiera:

    Voi dunque pregate così:

    Padre nostro che sei nei cieli

    sia santificato il tuo nome;

    venga il tuo regno;

    sia fatta la tua volontà,

    come in cielo così in terra.

    Dacci oggi il nostro pane quotidiano,

    e rimetti a noi i nostri debiti

    come noi li rimettiamo ai nostri debitori,

    e non ci indurre in tentazione,

    ma liberaci dal male.

    Nella versione di san Luca (11,2-4), il Signore insegna agli apostoli a pregare poiché gliene hanno fatto richiesta:

    Quando pregate, dite:

    Padre, sia santificato il tuo nome,

    venga il tuo regno;

    dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,

    e perdonaci i nostri peccati,

    perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore,

    e non ci indurre in tentazione.

    Come si vede, le due formulazioni, la prima con sette domande, la seconda con cinque solamente, presentano sfumature diverse. E gli esegeti si chiedono quale delle due sia l’originaria: quella di Matteo, più lunga, più armonica, più sistematica, con accenti anche di lingua aramaica, oppure quella di Luca, più breve ma ugualmente essenziale? Oppure è stato Gesù stesso a insegnare la preghiera due volte, in maniere diverse? Gli studiosi se lo chiedono, ma forse non ha grande importanza avere la risposta. Lo Spirito Santo che ha ispirato ambedue le formulazioni, forse con questo fatto ci voleva esortare ad andare oltre la lettera, per considerare il contenuto.

    La Chiesa, comunque, ha di fatto privilegiato la formula più lunga di Matteo, dando ad essa fin dagli inizi la preferenza nella liturgia ed ancor oggi nella Messa, insegnandola attraverso la catechesi, fino a renderla la preghiera più comune e abituale di ogni cristiano, in ogni tempo.

    Ovviamente san Tommaso per la sua catechesi al popolo di Napoli in quella quaresima del 1273[1], non poteva scegliere che la forma lunga di san Matteo, perché era la più nota ai suoi ascoltatori. Il Commento al Padre Nostro, di Tommaso d’Aquino, è una reportatio, cioè una trascrizione di ciò che si è ascoltato, dovuta a fra Reginaldo da Priverno, classificata nelle edizioni a stampa tra gli Opuscoli Teologici subito dopo il Commento al Credo e prima di quello sul Decalogo. E logicamente, perché – come l’autore stesso dirà in seguito nel suo Prologo al Decalogo – dopo la scienza delle verità da credere e prima della scienza delle azioni da compiere è giusto parlare della scienza delle realtà da desiderare, cioè delle richieste che vengono fatte a Dio nel Pater noster.

    Ed è interessante notare come il Santo Dottore, dopo il suo breve ma utile Prologo sulla eccellenza della preghiera insegnataci dal Signore che si accinge a commentare, e sui vantaggi della preghiera in genere, premetta al suo commento alle sette petizioni del Pater noster due meditazioni per spiegare il significato della parola Padre e in che senso ci rivolgiamo a lui con l’appellativo che sei nei cieli. Siccome poi le petizioni del Pater noster sono sette, come già aveva fatto nella Somma Teologica con le virtù, anche qui a ciascuna delle sette petizioni del Pater noster ricollega uno dei sette doni dello Spirito Santo e una delle beatitudini secondo l’enumerazione che ne fa l’evangelista Matteo (Mt 5,1-12). Solo la prima petizione esce da questo schema, cioè non viene ad essa collegato un dono. In effetti essa, come si vedrà meglio più avanti, non è di san Tommaso. Tuttavia al dono che ad essa dovrebbe corrispondere, secondo l’impostazione generale, cioè quello del timore, si accenna all’inizio del commento della seconda petizione.

    Nel suo commento san Tommaso, come sempre, fa leva su innumerevoli citazioni della Sacra Scrittura. Tra quelle dell’Antico Testamento predominano i Salmi, che sono citati ben 37 volte, seguiti dai Libri Sapienziali citati globalmente 27 volte. San Paolo è invece il più citato tra gli autori del Nuovo Testamento (49 volte), seguito dagli evangelisti (37 volte), tra i quali Matteo è citato 21 volte.

    Tra i Padri il più citato è sant’Agostino (10 volte). Ma, dato che ha trattato del Pater noster ripetutamente in molti suoi Sermoni[2], ci saremmo aspettati che san Tommaso lo citasse con più abbondanza. E anche a Cipriano, che ci ha lasciato un suo buon trattato De Oratione dominica, Tommaso ricorre solo due volte nel Prologo. E mai egli cita l’opera di Tertulliano De Oratione, che del Pater noster sintetizza meravigliosamente tutta l’importanza quando scrive che «esso non solo comprende il dovere di pregare, sia come adorazione di Dio, sia come implorazione da parte nostra, ma abbraccia quasi per intero tutto l’insegnamento del Signore e della disciplina. In esso è contenuto, come in un breviario, tutto il Vangelo»[3]. Evidentemente, per il fatto che non la cita, quest’opera non doveva essere nota a san Tommaso.

    Il testo latino del commento di san Tommaso è riportato sia nell’Edizione Piana (Romae 1570-71, opusc. 7), sia nella Parmense (Parmae 1852-1873, t. 16, opusc. 5, 122-132), nella Edizione Mandonnet (opusc. 7, 389-411) e nell’Edizione Marietti (Opuscula Theologica, Taurini-Romae 1954, t. 2, 221-235).

    Ne abbiamo anche varie traduzioni italiane, più o meno fedeli: nel Pater noster, commento e versione adattata del padre Samuele Giuliani, Edizioni Il Rosario, Firenze 1964, 5-81; in Opuscoli Teologici Spirituali, Introduzione, traduzione e note del padre Raimondo Sorgia, Paoline, Alba 1976, 119-166; in Fede e Opere. Testi ascetici e mistici, a cura di E. M. Sonzini, Città Nuova, Roma 1981, 101-141; in Il Catechismo di san Tommaso, a cura di G. Rassello, San Paolo, Cinisello Balsamo 1998, 87-124.

    Il testo preso a base per la nostra traduzione italiana è però quello preparato provvisoriamente, in vista di una futura edizione critica leonina, dal padre B. G. Guyot, gentilmente fattoci consultare dal padre Adriano Oliva, membro della Commissione Leonina: testo che non differisce in molti punti da quello che ci forniscono le edizioni a stampa che lo hanno preceduto. Tuttavia – cosa che balza subito agli occhi – esso non riporta, a differenza delle edizioni precedenti, la Collatio III, ossia il commento alla prima domanda del Padre nostro: Sanctificetur nomen tuum, indicandocene il perché con l’affermazione riportata in alcuni codici: De hoc non fuit notatum.

    Di questa omissione il padre Guyot ci dà poi un’ampia e documentata spiegazione in un suo studio, apparso

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