Conversazioni sul Cristianesimo: Ragionare sulla fede
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«Esiste un Essere infinito, a paragone del quale – generale Bertrand – non siete che un atomo; a paragone del quale io, Napoleone, sono un vero niente, un puro nulla, mi capite? Lo sento questo Dio... lo vedo... ne ho bisogno, credo in lui». Il 15 ottobre 1815 Napoleone, sconfitto a Waterloo, sbarca a Sant'Elena insieme ad alcuni ufficiali rimastigli fedeli. A questi confiderà le sue più intime convinzioni sulla fede, che saranno poi fedelmente trascritte. Da queste conversazioni emerge un'immagine di Napoleone, ben diversa da quella tramandataci da certa storiografia. Non un uomo materialista e anticlericale, ma un cattolico convinto che ha maturato la propria fede. Napoleone elabora un'efficace prova dell'esistenza di Dio che si fonda anche sulla propria esperienza di vita, riflette con animo appassionato sulla persona e la vita di Gesù Cristo, sulla Croce, sull'Eucaristia, sui rapporti tra fede cristiana e religione islamica, tra fede cattolica e protestantesimo. E infine racconta i suoi rapporti con il papa Pio VII e perché lo fece condurre in Francia e rivela che: «Quando il papa era in Francia, gli assegnai un palazzo magnifico a Fontainebleau, e 100.000 corone al mese; avevo messo a sua disposizione 15 vetture per lui e per i cardinali, anche se non uscì mai. Il papa era esausto per le calunnie in base alle quali si pretendeva che io lo avessi maltrattato, calunnie che il papa smentì pubblicamente».
Prefazione del Cardinal Giacomo Biffi
Traduzione di Vito Patella
Curatela di Giorgio Carbone
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Conversazioni sul Cristianesimo - Napoleone Bonaparte
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Titolo originale: Sentiment de Napoléon sur le christianisme, Conversations religieuses, recueillies à Sainte Hélène par M. le Général Comte de Montholon et par M. le Chevalier de Beauterne, Waillie, Paris 1843.
Indice
Prefazione
Nota editoriale
Alessandro Manzoni, 5 Maggio 1821
Prova dell’esistenza di Dio
Tutto proclama l’esistenza di Dio
L’importanza di credere in Dio
Io credo ciò che crede la Chiesa
Discussione sulla divinità di Gesù Cristo
Sul mistero della Croce
Fede e rispetto umano
Sui monaci e i religiosi
L’imperatore-vescovo e Madame de Staël
Sulla religione cattolica e sui rapporti con papa Pio VII
La Messa domenicale
La Messa affrettata
Rimprovero a proposito della prima comunione
L’Ultima Cena secondo i cattolici e secondo i protestanti
Critiche al protestantesimo
Sui sacerdoti e sui parroci
Il magro
L’immoralità di chi governa infetta tutta la società
Sul libertinaggio dei re
In che modo conoscere gli uomini
I medici materialisti e i matematici credenti
Sulla sua famiglia
Cristianesimo e Islam
La cattiva stampa
La regalità dell’anima
Sul gioco d’azzardo
Napoleone, fatalista?
Sul suicidio
Sulla coscienza morale
Il testamento e il perdono
Sulla confessione
Preparativi per la morte
La gioia della confessione e gli ultimi giorni di vita
Che consolazione se potessimo offrire a Dio le nostre sventure
La vita dopo la morte
Lettera inedita del generale de Montholon al signor cavalier Antoine de Beauterne
Informazioni sulle persone citate
E-Book delle Edizioni Studio Domenicano
Prefazione
Materialista e saccheggiatore di chiese e di conventi, miscredente e fedifrago, anticlericale e sequestratore del papa: questa è l’opinione che molti hanno di Napoleone Bonaparte, opinione tanto diffusa quanto acriticamente accolta.
Se andiamo alle fonti, e in particolare a queste conversazioni, scopriamo qualcosa di strabiliante. Napoleone grida con fierezza: «Sono cattolico romano, e credo ciò che crede la Chiesa» [infra]. Durante gli anni di isolamento a Sant’Elena Napoleone si intratteneva spesso con alcuni generali, suoi compagni di esilio, a conversare sulla fede. Si tratta di discorsi improvvisati che – come rivela uno dei suoi più fidati generali, il conte de Montholon – furono trascritti fedelmente e poi dati alle stampe da Antoine de Beauterne nel 1840. Dell’autenticità e della fedeltà della trascrizione possiamo essere certi, visto che, quando de Beauterne pubblica per la prima volta le conversazioni, sono ancora in vita molti testimoni e protagonisti di quegli anni di esilio.
Napoleone ammette con candida onestà che quando era al trono ha avuto troppo rispetto umano e un’eccessiva prudenza per cui «non urlava la propria fede». Ma dice anche che: «Allora se qualcuno me lo avesse chiesto esplicitamente, gli avrei risposto: Sì, sono cristiano
; e se avessi dovuto testimoniare la mia fede al prezzo della vita, avrei trovato il coraggio di farlo» [infra]. Soprattutto attraverso queste conversazioni impariamo che per Napoleone la fede e la religione erano l’adesione convinta, non a una teoria o a un’ideologia, ma a una persona viva, Gesù Cristo, che ha affidato l’efficacia perenne della sua missione di salvezza a «un segno strano», alla sua morte sulla croce. Perciò non ci stupiamo se Alessandro Manzoni nell’ode Cinque Maggio, composta pochi mesi dopo la morte di Napoleone, dà prova di conoscere la sua fisionomia spirituale quando scrive:
Bella Immortal! Benefica
Fede ai trïonfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
che più superba altezza
al disonor del Golgota
giammai non si chinò.
L’Imperatore si sofferma a lungo con il generale Bertrand, dichiaratamente ateo e ostile alle manifestazioni di fede del suo superiore, regalandoci un’inaudita prova dell’esistenza di Dio, fondata sulla nozione di genio, e una lunga conversazione sulla divinità di Gesù Cristo. Degni della nostra ammirazione sono anche le considerazioni sull’ultima Cena di Gesù e i confronti tra la dottrina cattolica e le dottrine protestanti. Alcune affermazioni di Napoleone mi trovano singolarmente consonante. Ad esempio, quando dice: «Tra il cristianesimo e qualsivoglia altra religione c’è la distanza dell’infinito» [infra], cogliendo così la sostanziale alterità tra l’evento cristiano e le dottrine religiose. Oppure la convinzione che l’essenza del cristianesimo è l’amore mistico che Cristo ci comunica continuamente: «Il più grande miracolo di Cristo è stato fondare il regno della carità: solo lui si è spinto ad elevare il cuore umano fino alle vette dell’inimmaginabile, all’annullamento del tempo; lui solo creando questa immolazione, ha stabilito un legame tra il cielo e la terra. Tutti coloro che credono in lui, avvertono questo amore straordinario, superiore, soprannaturale; fenomeno inspiegabile e impossibile alla ragione» [infra].
Alla luce di queste pagine non possiamo non ammettere che Napoleone non solo è credente, ma ha meditato sul contenuto della sua fede maturandone una profonda e sapienziale intelligenza. Questa a sua volta si è tradotta in fatti molto concreti: ha domandato con insistenza al governo inglese di ottenere la celebrazione della Messa domenicale a Sant’Elena; ha espresso gratitudine verso sua madre e de Voisins, vescovo di Nantes, perché da loro è stato «aiutato a raggiungere la piena adesione al cattolicesimo»; ha concesso il suo perdono a tutte le persone che lo hanno tradito (cf. Parte Seconda, p. 116 ed. fr.).
Infine, le conversazioni riferiscono le convinzioni di Napoleone sul sacramento della confessione e i suoi rapporti con il papa Pio VII, rivelando che: «Quando il papa era in Francia, gli assegnai un palazzo magnifico a Fontainebleau, e 100.000 corone al mese; avevo messo a sua disposizione 15 vetture per lui e per i cardinali, anche se non uscì mai. Il papa era esausto per le calunnie in base alle quali si pretendeva che io lo avessi maltrattato, calunnie che il papa smentì pubblicamente» [infra] .
Queste conversazioni non solo hanno lasciato un segno indelebile nella memoria dei generali compagni di esilio, ma hanno anche concorso alla loro conversione. Lo stesso generale de Montholon ammette che: «L’Imperatore era cristiano; presso di lui, la fede era