Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

La cronaca nera in Italia
La cronaca nera in Italia
La cronaca nera in Italia
Ebook153 pages2 hours

La cronaca nera in Italia

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

“Questi i casi di cronaca nera che Bagnoli ricostruisce con cura analitica e propone al lettore con una scrittura libera da enfasi retorica e in grado di immetterlo nella drammaticità dei fatti, mentre lo induce a riflettere sul sistema del racconto prodotto dai media e dalla curiosità del pubblico”.
Queste parole di Alessandro Bosi, docente di Sociologia Generale all'Università di Parma, racchiudono il senso di un libro che propone una duplice lettura dei fatti di cronaca che hanno appassionato e angosciato il nostro Paese. La spettacolarizzazione sfrenata a cui abbiamo assistito è figlia soltanto di logiche commerciali o anche il giornalista finisce per subire la forte attrazione di quanto racconta? Cosa prova il giornalista mentre tenta di raccontare in modo oggettivo l’accaduto? Quanto spesso è stata varcata la soglia del rispetto del dolore altrui? In questo libro è contenuta la risposta dell’autore, preceduta dall’analisi di come sono stati raccontati i fatti più emblematici della storia della cronaca nera italiana.
LanguageItaliano
Release dateJul 14, 2016
ISBN9788898894987
La cronaca nera in Italia

Related to La cronaca nera in Italia

Related ebooks

Social Science For You

View More

Related articles

Reviews for La cronaca nera in Italia

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    La cronaca nera in Italia - Davide Bagnoli

    Indice

    PREFAZIONE

    Capitolo I I CASI CHE HANNO CAMBIATO PER SEMPRE LA CRONACA NERA

    1.1 Una nazione nel pozzo con Alfredino

    1.2. Il caso Cogne: un enigma che divide il Paese

    1.3. L’Italia piange il piccolo Tommy

    1.4. L’omicidio di Meredith raccontato come un giallo

    1.5. L’omicidio di Avetrana ipnotizza i media

    Capitolo II COME E QUANDO CAMBIA IL REGISTRO DELLA CRONACA NERA

    2.1. Nuove narrazioni collettive e pseudo normalità

    2.2. Attrazione e assuefazione per il macabro

    2.3. Il fascino per la vittima

    2.4. La televisione cambia il modo di raccontare la cronaca

    2.5. Analogie e differenze tra casi narrati

    Capitolo III SPETTACOLARIZZAZIONE DI MASSA

    3.1. Il prodotto giornalismo

    3.2. Il fascino del macabro

    3.3. Perché la cronaca nera ha un grande successo

    3.4. Il processo di Scarica

    3.5. Conformismo di cronaca

    CONCLUSIONI

    BIBLIOGRAFIA

    RINGRAZIAMENTI

    NOTE

    La cronaca nera in Italia

     I perché della sua spettacolarizzazione

     Davide Bagnoli

     Temperino rosso edizioni

     Prima edizione 2016

     Grafica Afo-TR designer

     © 2016 Temperino Rosso Edizioni Fortini

     ISBN 978-88-98894-98-7

     PREFAZIONE

     Il reciproco condizionamento

     Alessandro Bosi

     Da decenni discutiamo dell’enorme potere detenuto dalla televisione e possiamo essere certi che molto si continuerà a dire in proposito anche nel futuro. Questo libro tenta di porre lo sguardo sull’altra faccia della medaglia, di provare a mettere un po’ di luce sul perché giornali e televisioni intraprendano certe scelte editoriali. Posto che a regnare sovrana, come purtroppo in quasi tutti gli ambiti della sfrenata società odierna, sia la logica commerciale, resta da capire perché il pubblico si accanisca spesso morbosamente sui fatti di cronaca nera fino a condizionare l’operato dei mass media che troppo spesso sembrano comunque aver varcato la soglia, difficilissima da fissare, del buon senso e del rispetto nei confronti di chi prova dolore

     Questo ingresso al libro La spettacolarizzazione della cronaca nera, mi colpisce almeno quanto mi colpì, nel 2014, la chiarezza con cui il suo autore esponeva, in poche pagine, il progetto di una tesi in Giornalismo e cultura editoriale di cui sarei stato relatore l’anno dopo all’università di Parma. Ero già stato suo insegnante in un corso di Sociologia del giornalismo e ne avevo apprezzato la preparazione e chiarezza di idee. Ma la scrittura è sempre una prova diversa rispetto a quelle di capire, studiare, rielaborare criticamente. Davide Bagnoli rivelava, in quella prima prova di scrittura per una tesi di laurea magistrale, la capacità di mantenere, in una sintesi stringata, la vivezza di questioni assai complesse esposte in modo diretto, al limite del colloquiale, pur esprimendosi con un linguaggio formalmente corretto e spesso elegante. E come me, credo che anche il lettore possa trovare in questo incipit la chiarezza dell’argomento proposto - la scandalosa spettacolarizzazione che i media fanno del dolore personale - intrecciata alla questione del vincolo che unisce, in un reciproco condizionamento, televisione e pubblico. Proprio quella televisione di cui tutti riconosciamo l’enorme potere che Bagnoli richiama e proprio quel pubblico che abita una società sfrenata e del quale lo stesso autore si chiede perché si accanisca spesso morbosamente sui fatti di cronaca nera. Poche pagine dopo, queste anticipazioni si sciolgono in una esplicita domanda: Chi condiziona chi? e di nuovo, nel suo procedere, l’autore riannoda una matassa che del resto non è mai stata dipanata: E’ la domanda del pubblico a condizionare l’operato dei media o è la vasta offerta a sospingere l’interesse del pubblico?

     Ma ormai occorre passare ai casi analizzati perché il lettore possa rivivere, nelle pagine del libro, i termini di una questione che, essendo stata cronaca nera e sua spettacolarizzazione, è ora storia e riflessione sulle responsabilità, non certo dell’accaduto, ma della narrazione e dell’ascolto che ne è stato fatto.

     A partire da quell’11 giugno del 1981 quando giunse nelle case degli italiani la voce di Alfredino, proveniente dal centro della terra. Di questo si trattò in effetti. Un bimbo era caduto in un pozzo artesiano a Vermicino, un paese, sconosciuto ai più, nei colli romani e gli italiani s’imbatterono in quella cronaca televisiva come accade ordinariamente che si accenda l’apparecchio per ascoltare le informazioni e poi spegnerlo. Ma quella volta fu un contagio sociale e nessuno seppe più staccarsi da quel fatto angoscioso che Davide Bagnoli ripercorre con sapienza per mostrarci ciò che costituisce l’obiettivo della sua ricerca: la cronaca che si fa spettacolo. E in questo caso, la cronaca vampireggia gli spettatori che ben presto vampireggiano i cronisti, ma anche l’opinione pubblica e il tipo stralunato che vuol sapere cos’è successo quando ormai non ci sono più parole per dirlo e perfino il critico a oltranza impegnato a deplorare il caso che si sta montando, ma anche quelli che lo legittimano prestandogli attenzione. E intanto lo segue minutamente, ma solo per meglio criticarlo, dice. Così, lo spettacolo della cronaca oscura la politica e tutto quel che accade in quei tre giorni di inutile attesa del bambino. Bagnoli ce ne offre uno scorcio suggestivo richiamando alcuni fatti di prima grandezza per la storia del paese e ci offre un puntuale ritratto di Sandro Pertini, il presidente della repubblica presente, sempre in piedi, mai ai microfoni della televisione di cui stigmatizza l’esibizionismo che promuove. Dal canto suo, la televisione si difenderà dicendo di esservi stata costretta, a quella prova di esibizionismo, dall’insistenza con cui il pubblico l’assediava intimandole di non interrompere quella diretta alla quale era appeso, nel groviglio di sentimenti, non tutti nobili, che ogni tragedia suscita.

     A Cogne, in Val D’Aosta, il 30 gennaio 2002, la cronaca parla ancora di un bambino. Che muore ammazzato. Qui la cronaca si fa spettacolo negli studi televisivi dove sono dimenticati, scrive l’autore, il ruolo della magistratura nelle indagini e il rispetto per una famiglia travolta dal dolore.

     In un Comune bellissimo, ai piedi del Gran Paradiso, dove si può credere che la vita delle persone sia condotta in pace e serenità, Samuele Lorenzi, tre anni, è ucciso nel suo letto dove la madre Annamaria Franzoni sostiene di averlo lasciato per gli otto minuti in cui è uscita da casa. Il 13 marzo Annamaria Franzoni è arrestata con l’accusa di aver ucciso lei stessa il figlio e il 21 maggio del 2008 la Cassazione esprime il giudizio definitivo: la madre è condannata a 16 anni e non a 30 come era stato stabilito in primo grado. Sul giudizio per un delitto di cui non fu chiarito il movente, né fu trovata l’arma, pesa la considerazione che Annamaria Franzoni agì in uno stato di alterazione emotiva tale da provocare la rimozione di ogni ricordo dell’accaduto. 

     Negli anni che intercorrono fra l’omicidio, l’arresto della madre e i due successivi giudizi è difficile fare un calcolo esatto - scrive Bagnoli - di quanto spazio abbia avuto in televisione questo delitto, letteralmente impossibile stimare quante pagine di giornale siano state scritte. E prosegue ricordando il record auditel conseguito dalla trasmissione Porta a Porta di Vespa: 8 milioni e 380 mila telespettatori con punte di oltre 10 milioni il 14 marzo 2002 quando la trasmissione, che fu soltanto un ingranaggio della macchina messasi in movimento andò in onda in prima serata. 

     Questa mobilitazione di popolo intorno agli studi televisivi provocò un aspro dibattito tra giornalisti, intellettuali, vertici della Rai e il presidente dell’Autorità per la privacy. La stessa Annamaria Franzoni, dopo essere stata un’assidua frequentatrice degli studi televisivi che analizzavano la vicenda, espresse un commento severo su come era stata messa al centro della sua tragedia. 

     E ancora un bambino è vittima del terzo caso di cronaca nera. 

     Il 2 marzo del 2006 Tommaso Onofri, 17 mesi, è rapito a Casalbaroncolo nei pressi di Parma. La sera dopo, Giorgio Panariello interrompe il Festival di San Remo per ricordare ai rapitori che il bambino, strappato dalla sua casa dopo aver immobilizzato i genitori, ha la febbre e necessita di alcuni medicinali. Il paese è di nuovo col fiato sospeso per le sorti di un bambino che subito si intrecciano ai racconti dei media sul passato del padre e della sua prima moglie, sugli appelli a favore del piccolo Tommy, sulle testimonianze di chi crede d’aver trovato utili indizi, sulle fiaccolate del comitato Tommaso Libero, sulle immancabili prove di sciacallaggio e sulle ipotesi di un altrettanto immancabile medium. 

     Quando, in una rapida sequenza di eventi, si viene a capo della morte inflitta, per una ragione inqualificabile e in modi raccapriccianti, al piccolo Tommy, il clima di eccitazione emotiva si traduce in uno scontro politico di basso profilo dove le parti contrapposte usano in modo pretestuoso un crimine odioso per affermare i loro diversi modi di intendere i valori di quella Carta Costituzionale alla quale tutti si richiamano. Non meno criticabile è il ruolo della televisione che anche in questo caso dimostra la propria tendenza a spettacolarizzare i fatti di sangue costruendo, in assenza di prove, ipotesi destinate a rivelarsi infondate.

     Il 1° novembre 2007 muore ammazzata Meredith Kercher, la studentessa inglese che all’università di Perugia seguiva i corsi nell’ambito del progetto Erasmus. 

     Rispetto ai precedenti, questo fatto di sangue coinvolge più persone e, nell’insieme, la situazione è assai più complessa avendo come protagonisti persone di nazionalità diverse che hanno dilatato l’interesse dell’opinione pubblica in altri paesi. Il movente del delitto viene cambiato nei diversi gradi di giudizio e la sentenza prevede la condanna definitiva, con rito abbreviato, all’ivoriano Rudy Guede mentre la studentessa statunitense Amanda Knox e l’italiano Raffaele Sollecito, condannati in primo grado come coautori del delitto, sono assolti nel 2011. 

     Come nei casi precedenti, Bagnoli ricostruisce il ruolo avuto dai media nel raccontare e interpretare i fatti avvalendosi anche dell’intervista rilasciatagli, nel 2014, da Guido Ruotolo che quei fatti aveva seguito come inviato della Stampa. Dopo aver tracciato una puntuale distinzione fra il giornalismo italiano e quello anglo-statunitense, Ruotolo conclude con un’osservazione dilemmatica sulle interferenze dei giudici improvvisati delle trasmissioni italiane, così li chiama, che stravolgono il lavoro di chi deve emettere sentenze. In Italia, sostiene Ruotolo, siamo tutti allenatori, giudici e avvocati e questo è un grave danno per la democrazia perché il diritto è un’architettura che conferisce ad uno Stato la sua capacità di esercitare giustizia a nome del popolo e non in nome dello share o dei talkshow.  

     Il 26 agosto 2010 è la data del giallo di Avetrana, in provincia di Taranto, avvenuto tra il 6 e il 7 di quel mese, quando è ritrovato il corpo di Sarah Scazzi in un pozzo dove aveva confessato di averla gettata lo zio Michele Misseri dopo averne abusato sessualmente. Anche in questo caso, i media confezionano, nei giorni in cui si ricerca la ragazza scomparsa, una verità che si rivela infondata. Il disegno che emerge dalla ricostruzione dei media è declinato sul profilo dell’adolescente inquieta e dei rapporti con la madre autoritaria. Ma quando lo zio si autoaccusa del delitto, consentendo agli investigatori di trovare il corpo della

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1