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Nel Mondo Della Donna: Conversazioni Femministe (1906)
Nel Mondo Della Donna: Conversazioni Femministe (1906)
Nel Mondo Della Donna: Conversazioni Femministe (1906)
Ebook69 pages45 minutes

Nel Mondo Della Donna: Conversazioni Femministe (1906)

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Libello pubblicato nel 1906, all'interno di una collana destinata a lettrici aristocratiche e dell'alta borghesia.

Celato dietro uno stile elegante ma non sofisticato, l'autore affronta un tema cruciale per la società dell'epoca: il rapporto uomo/donna, e riesce a far luce su aspetti, ancora oggi, importanti.

Egli vede nella «imperfezione delle leggi e delle consuetudini e della morale», la causa principale della mancata emancipazione femminile, e alla luce delle scoperte scientifiche, arriva alla conclusione che, in natura, il maschio di ogni specie possiede un elemento biologico dell'iniziativa, ma che l'uomo, sul piano culturale, trasforma questa iniziativa in supremazia, diffondendo una cultura prevaricatrice che fa delle donne le principali vittime. Auspicando un disseppellimento della natura, immagina un futuro in cui la donna possa esprimere una femminilità che non sia sinonimo di debolezza, e la incita ad agire, affinché quella cultura basata sulla prevaricazione venga superata.
LanguageItaliano
Release dateJul 25, 2016
ISBN9788898924691
Nel Mondo Della Donna: Conversazioni Femministe (1906)

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    Nel Mondo Della Donna - Roberto Bracco

    Credits

    Roberto Bracco e i due aspetti del femminismo

    Roberto Bracco rappresenta, nel corso del XX secolo letterario italiano, uno degli intellettuali più ingiustamente dimenticati. Figura poliedrica di narratore, giornalista, paroliere e soprattutto drammaturgo, è stato più volte vicino al Nobel per la letteratura, ma anche un intellettuale intransigente, come ci ricorda Pasquale Iaccio nel suo importante volume pubblicato per Guida nel 1993, e avverso a Mussolini e al fascismo. Bracco ha dovuto pagare nel corso degli anni il suo poco provincialismo che lo ha portato a farsi propugnatore di Wagner e Ibsen in Italia (osteggiato per questo da critici come Gobetti o D’Amico che parlavano di lui come di un semplice imitatore che nulla ha di originale) e le sue scelte politiche, in particolare quella di candidarsi nelle fila amendoliane nelle ultime libere elezioni a inizio ventennio, cosa che gli procurò non pochi problemi con il Partito Fascista e con Benito Mussolini in persona.

    Vero è che la produzione di Bracco, anche solo considerando quella drammaturgica, raccolta in due edizioni complete prima da Remo Sandron di Palermo e poi da Carabba di Lanciano, è talmente sterminata che non tutti i suoi lavori sono effettivamente di livello eccelso. Alcuni, infatti, risentono dei segni del tempo e risultano al giorno d’oggi quasi illeggibili, ma altri, e penso a un dramma come Maschere (1894), sono vere opere d’arte che poco o nulla hanno da invidiare a Pirandello, paragone non casuale vista la dicotomia che Adriano Tilgher creò tra i due scorgendo in Bracco il campione del teatro vecchio e in Pirandello l’emblema del teatro nuovo.

    Nel suo insieme, l’opera di Bracco appare di indubbio interesse sia per le caratteristiche dell’autore sia perché si inserisce, tra ’800 e ’900, in un contesto di profondi mutamenti culturali dell’Italia post-unitaria. Egli è il capofila, insieme a Marco Praga, di quel gruppo di intellettuali che ambisce a portare la letteratura italiana in una prospettiva europea, anche in ottica avversa ai localismi dialettali, con lo sguardo rivolto ai grandi -ismi internazionali, così come affermato da Luigi Capuana e come ho avuto modo di indagare nel mio volume Roberto Bracco e gli -ismi del suo tempo Dal Wagnerismo all’Intimismo, pubblicato per le Edizioni Scientifiche Italiane nel 2010.

    Giusta, a mia avviso, la riscoperta critica che l’autore sta attraversando nell’ultimo decennio e che investe i vari campi di cui Bracco si è occupato: Bracco novelliere, Bracco drammaturgo, Bracco giornalista, non ancora, purtroppo, Bracco paroliere (campo nel quale usava abilmente il napoletano, si pensi a una canzone come Salamelic,musicata da Luigi Caracciolo).

    Tra gli aspetti più noti di Bracco, bene conosciuto anche quando la sua figura non aveva ancora destato lo stesso odierno interesse, è il suo cosiddetto femminismo. Ecco quindi un ulteriore -ismo come ben si evince, nel nostro caso, sin dal titolo del volume: Nel mondo della donna (Conversazioni feministe). Ovviamente Bracco non utilizza l’aggettivo femministe (e di conseguenza femminismo) nella sua accezione politica, così come invece era stato introdotto da Hubertine Auclert, venticinque anni prima, nel 1881, sul francese La Citoyenne, nell’ambito delle mobilitazioni per il diritto al voto delle donne. Pur parlando anche di emancipazione e ribellione, egli sembra invece guardare al femminismo in accezione letteraria, come in effetti era utilizzato nella letteratura medica francese, pur parlando egli di emancipazione e ribellione.

    Il rapporto tra Bracco e il mondo della donna si sviluppa, a mio avviso, secondo due direttive distinte nel corso dell’intera sua opera e della sua vita da intellettuale. Da un lato, egli guarda all’universo femminile dal punto di vista dello psicologismo. Non si dimentichi come, da drammaturgo, abbia sempre puntato sulla psicologia a teatro, sulla poetica del non detto (l’intimismo o il silenzismo, come nota Antonio Stäuble), su un particolare simbolismo, e su ritratti di personaggi, anche femminili, che vogliono essere, nelle sue intenzioni,

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