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2005 Odissea nella Russia
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2005 Odissea nella Russia

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Due romani, una russa, un viaggio nella patria di Lenin e Dostoevskij, in quel dell’agosto 2005. Ad aspettarli una rete di amici e un programma di visite turistiche nelle bellissime Mosca e San Pietroburgo; l’idea, l’illusione di una vacanza rilassante, confortevole. Fabio, Maga e Masha saranno invece inghiottiti in un vortice di situazioni paradossali, in cui amici, nemici, “vittime” e “carnefici” si scambieranno i ruoli imprevedibilmente.

Un esilarante percorso tra personaggi, equivoci, luoghi e trovate: una lotta quotidiana in un contesto a dir poco inconsueto. Un’esperienza un po’ folle, un po’ illogica, che scorre veloce episodio dopo episodio, e che rimarrà nella mente e nel cuore dei protagonisti.
LanguageItaliano
PublisherFabio Paone
Release dateAug 2, 2016
ISBN9788822827753
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    2005 Odissea nella Russia - Fabio Paone

    Ringraziamenti

    Premessa

    Questo racconto è un racconto Romano, che parla di 2 Romani e una Russa riconvertita a Romana che si avventurano in un paese straniero e particolarmente ostico: la Russia; l’utilizzo della parola avventura e non viaggio non è casuale.

    Questo racconto è un racconto Romano e per questo fa spesso uso del suo dialetto (in appendice un comodo glossario per il lettore poco familiare con questo idioma) e svela sfumature culturali tipiche della romanità: troverete contrassegnati con un * i termini descritti in glossario.

    I protagonisti sono Fabio (che narra in prima persona), Massimo (detto Maga) e Masha (fidanzata, ai tempi del racconto, e oggi moglie di Fabio).

    Questo racconto non è solo un racconto Romano; il tema trattato e i personaggi sono reali e così lo sono le situazioni, anche se romanzate. Uno spaccato di vita, un misto, un cocktail di culture, di emozioni, di persone e luoghi descritte con il sorriso sulle labbra e un pizzico di cinismo, appunto…. Romano!

    Buona lettura

    Se il buon russo si vede dal mattino…

    Il viaggio per la Russia comincia sempre in Italia e precisamente quando l’ambizioso viaggiatore osa varcare la soglia dell’Ambasciata Sovietica in via Nomentana. Che già varcarla non è per tutti! Alla guardiola infatti ti aspetta un cubo di carne inscatolato in una struttura (la guardiola appunto) di acciaio pietro-fuso, ti incalza con incomprensibili domande rigorosamente in russo. Una volta, in una delle mie numerose visite all’Ambasciata, vidi di fronte a quella guardiola un addetto alle pompe funebri, il quale, disperatamente, in Italiano, spiegava che doveva fare i documenti per accogliere un deceduto russo in Italia come da richiesta dei suoi parenti. Alla fine, compreso che il cubo di carne non ne voleva sapere di spiccicare* una parola nella lingua del paese in cui (cazzo!) viveva, lo mandò spensieratamente a cagare chiosando tenetevelo voi er morto, ma vaffanculo!. Il cubo di carne pretende che tu lasci qualsiasi cosa ti stai portando appresso all’ingresso: effetti personali, borse, acqua, cibo. Poco male, direte, avrà degli armadietti nei quali depositare gli oggetti: Seeee, ma de che! Lui vuole che te denudi e punto, non ha una fava e non ti tiene una fava, devi rinunciare a tutti i tuoi patrimoni e entrare così come mamma t’ha fatto, o tu novello San Francesco… per cui non ti rimane che mollare qualsiasi cosa in macchina sperando di beccare il giorno di riposo degli zinghi di zona.

    Varcata la soglia, di fatto sei proiettato, come il mitico Michael J Fox in Ritorno al Futuro, al centro del centro della Russia Sovietica Unita. Non sei nell’ambasciata russa in Italia, sei in Russia… tipo al centro del centro della steppa siberiana, conviene che ti porti pure un fucile da caccia, non sia mai incroci un orso bruno. Nessuno parla una parola d’italiano, nessuno ti indica dove devi andare per il visto e soprattutto nessuno te lo fa il visto (sarà stato qui che Donatella Raffai avrà concepito la celeberrima trasmissione di Rai Tre?). Poco importa che tu ti sia letto tutte le istruzioni sul sito dell’ambasciata, che abbia inutilmente provato a telefonare, che sia arrivato con 2 ore di anticipo rispetto all’orario degli sportelli…. None, il visto non lo fai. Ti vedi l’addetto che passeggia beato per il giardino dell’ambasciata ma il visto non te lo fa… O meglio, il metodo ci sarebbe, ed è l’unico metodo sicuro e standard che funziona sempre in Russia: pagare. Attenzione: pagare il visto? No… quello è scontato… Qui s’intende pagare per fare il visto e in più pagare il visto... pagare per pagare… un meta-pagamento.

    Purtroppo, ai tempi del nostro racconto (2005) i vostri, pur esperti di corruzione in quanto italiani, cullavano ancora l’illusione di avere a che fare con un paese normale e quindi, non capendo il problema, optarono per altro: rivolgersi al fiorente business calabro-russo dei visti via agenzia.

    Nei dintorni dell’Ambasciata, infatti, per effetto o per via di questa effettiva impossibilità di ottenere dalla stessa quello che essa sarebbe tenuta a fare per statuto, si è insediato un nutrito gruppo di pseudo agenzie di servizi che hanno trovato, nel connubio calabro-russo, la mistura perfetta dell’efficienza. Combinando, infatti, un marito calabro cinquantenne schiavo di una moglie russa, tipicamente di lui più giovane di 20 anni e di lui più alta di 20 centimetri, si crea quell’alchimia magica per cui il visto, richiesto a tali agenzie con gentile accompagno di qualche decina di euro, si ottiene.

    Chiaramente, la domanda di visto deve essere acconciata con un buon numero di spudorate menzogne. Le regole russe, come i loro tutori, sono difatti create per essere inapplicabili e mettere lo sventurato avventore nella condizione di non essere mai pienamente regolare (nonostante abbia pagato un regolarissimo pizzo), in tal modo il vostro eroe sarà costantemente ricattabile e ulteriormente spremibile, dal primo passaggio all’ambasciata fino al sudatissimo ritorno nella Capitale. Perciò, nonostante noi si andasse a trovare sostanzialmente i parenti di Masha e nonostante esista, sulla carta, un apposito tipo di visto per questo genere di viaggio, di fatto siamo stati costretti a chiedere un visto turistico (la stessa cosa accadrà, negli anni a venire, a me e a Masha benché lei sia russa e benché ci saremo sposati). E il turista è turista! Per cui la domanda va opportunamente condita di prenotazioni finte, finti tour nei più remoti anfratti dello sterminato paese sovietico, promesse di visite a luoghi ricusati perfino dalle zanzare siberiane. Anzi che non vogliano un qualche lavoro di Photoshop che provi, al ritorno, che tu sia effettivamente stato, per finta, in questi luoghi.

    Bollata, vidimata, arrotolata e consegnata al trombatore calabro, tale domanda si tramuta in pochi giorni in un coloratissimo visto sul passaporto. E con questo noi si pensava che, dal punto di vista burocratico, il gioco fosse fatto. Questa ipotesi, insieme a tante altre, era destinata a finire nel corposo faldone intitolato illusioni. Per tutto il viaggio saremmo stati inseguiti da una delle trappole più subdole per il turista italiano medio: la vidimazione del visto!

    Pronti…via!

    Certo anche Noi ci mettiamo del nostro…Il periodo del nostro viaggio nella Federazione Russa non è dei più felici in quanto la situazione socio-politica non è delle più serene (nel mezzo delle varie, tragiche, guerre in Cecenia, gli attentati sono all’ordine del giorno). Per tale ragione, siamo stati fortemente sconsigliati dal seguire la mia futura moglie, Masha, in Caucaso, dove va a trovare i parenti. Il programma, quindi, prevede una sciagurata separazione dalla mia bella per circa una settimana. Questa settimana, che lei trascorrerà tra i cessi in giardino del Caucaso, noi la trascorreremo nella città più Europea, cosmopolita, moderna, aperta della patria di Lenin: San Pietroburgo. A tal fine ci è stato bloccato un appartamento in affitto da un tale Vladimir, amico fraterno di un amico fraterno di un nemico giurato (credo) della mia futura suocera. Nonostante tanta cautela, ci sono stati comunque dati avvisi di buon senso per il periodo che trascorreremo soli, ovvero senza l’unica componente della compagine che parla russo.

    Tra questi avvisi, il più importante è di non dare nell’occhio. Maga ha preso tale avviso alla lettera, per questo motivo

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