Lo scontro dei Protetti
By Chiara Cilli
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About this ebook
Sono una stupida.
Perché la verità è sempre stata davanti ai miei occhi.
Perché il nemico più grande è la persona di cui più mi fidavo.
L'ultimo scontro è giunto.
Noi siamo pronti. Siamo inseparabili. Siamo invincibili.
Ma non si può uccidere il Fuoco.
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Book preview
Lo scontro dei Protetti - Chiara Cilli
Chiara Cilli
LO SCONTRO DEI PROTETTI
Un romanzo della saga
LA GUERRA DEGLI DEI
Lo scontro dei Protetti
© 2016 Chiara Cilli
www.autricechiaracilli.blogspot.it
Copertina by © Gaetano Di Falco
www.gaetanodifalco.com
Questo libro è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi, e avvenimenti sono frutto dell'immaginazione dell'autore o sono usati in modo fittizio. Qualunque somiglianza con fatti, luoghi o persone reali, vive o defunte, è del tutto casuale.
Al mio papà.
Non sapeva di preciso cosa scrivessi,
ma in ogni suo viaggio
consigliava ai suoi passeggeri di leggermi.
I think I might've inhaled you
I can feel you behind my eyes
You've gotten into my bloodstream
I can feel you flowing in me
Stateless
Prologo
Avevo paura.
Una paura così folle da non riuscire a respirare. Camminavo avanti e indietro nella mia spaziosa cucina. L'orologio ticchettava sulla parete, scandendo i secondi che mi sembravano lunghi vite terrene. Scostai con enfasi una sedia e mi sedetti, appoggiando gli avambracci sul tavolo e tenendo lo sguardo fisso sulle lancette.
Stava per tornare.
Era quasi ora di pranzo; sarebbe dovuto rincasare a momenti per farsi una doccia, cambiarsi e scendere giù in mensa.
Dopo che Falas aveva chiamato una squadra di pulizia per liberarci dei cadaveri lasciati sul tetto del grattacielo, c'eravamo ricongiunti con Dik e Naur. Quest'ultimo, insieme a Raigor, aveva messo in fuga il Protetto della Dea della Pazzia e l'uomo mascherato. Eravamo tornati alla base, facendo rapporto immediato a Sua Maestà, non molto contento di sapere che Falko era morto.
Sbattei le palpebre e notai con fastidio che era passato solo un misero minuto. Spostai indietro la sedia, facendo baccano, e mi alzai. Sentivo improvvisamente un forte caldo – forse perché non mi ero presa neanche la briga di togliermi la mimetica e indossare abiti normali. L'ansia generò il bisogno di mettere qualcosa sotto i denti e aprii il frigorifero in cerca di una bella mela verde. Presi un coltello per tagliarla ma, quando fui sul punto di cominciare a sbucciarla, avvertii un formicolio alle dita strette intorno al manico. La fame mi passò all'istante e posi il frutto sulla mensola della parete accanto al lavello. Mi posizionai dalla parte opposta della stanza. Chiusi gli occhi e mi misi in ascolto, captando il rumore incessante della pioggia sulle vetrate del soggiorno – finalmente il temporale era scoppiato. Sollevai il coltello e infilzai il bersaglio.
In quel momento percepii i passi che stavo aspettando. Passi che avanzavano con noncuranza verso il portone, lungo il corridoio dell'ala Est del ventesimo piano.
Mi piazzai sotto la cornice dell'ingresso della cucina, scrutando irrequieta le luci accese in tutta la casa. Bagliori appiccati per scacciare le tenebre del mondo esterno e cercare di pensare che avevamo quasi portato a termine il nostro compito.
Una chiave ruotò nella serratura e la porta si aprì. Si richiuse con troppa lentezza, e compresi che lui si era accorto di non essere solo nell'appartamento.
Appena lo vidi affacciarsi nel salotto, guardingo come una pantera nella foresta più fitta, provai una bruttissima sensazione e valutai di nascondermi, attendere che andasse in camera a spogliarsi e sgusciare via.
Ma non potevo fargli questo.
Non a lui.
Perciò mi feci coraggio e lo chiamai. «Geass.»
Si volse e i nostri sguardi si incontrarono, magnetici. Non disse nulla per un lungo attimo, gli occhi colmi di gioia e incredulità. Sorrise, un sorriso breve. «Calen! Sapevo che ce l'avresti fatta.» Si avvicinò con ampie falcate. «Sapevo che saresti tornata da me.»
Mi abbracciò così forte. Ricambiai con tutto l'affetto possibile, sfregando un lato del viso sui suoi capelli per inebriarmene.
Per non dimenticare.
«Hai mantenuto la promessa» sussurrò sulle mie labbra, mentre mi prendeva il volto tra le mani calde – più del solito.
Percepii il suo fiato sulla mia bocca tremante e mi sentii sopraffatta dalla sua presenza. Una parte di me lo voleva ardentemente, voleva sentire il suo tocco sulla mia pelle sudata e desiderosa della sua, voleva scoprire quanto potevo rimanere turbata da una sola notte di passione tra le sue braccia. Ma l'altra gli ringhiava contro, lo respingeva con cattiveria, gridava nella mia testa che appartenevo a Falas e che era impossibile sovrastare il sentimento che nutrivo per lui.
Fu per questo che mi tirai indietro, fissandolo con gli occhi lucidi, stretta nelle spalle come se avessi freddo, le braccia incrociate sul petto. «Geass…»
No, non riuscivo a dirglielo. Avvertivo una fitta al cuore troppo dolorosa per parlare. Non respiravo, boccheggiavo, annaspavo in cerca di ossigeno. Lo guardavo dritto negli occhi d'acquamarina, certa che i miei pensieri sarebbero arrivati a lui, violenti come uno schiaffo.
Geass si irrigidì. «Hai scelto lui» dedusse con un filo di voce.
Quella verità mi trafisse da parte a parte, e rimasi in silenzio, nel mio dolore. Avrei dovuto dire qualcosa, lo sapevo, ma il nodo che avevo in gola era difficile da sciogliere. Singhiozzavo come una bambina, ma senza piangere, chiusa in me stessa per timore di quello che sarebbe accaduto.
Invece Geass non fece niente.
Chinò il capo, sottomesso, sconfitto, perdente, e serrò i pugni. «Preparo le mie cose» fu tutto quello che mi disse, prima di darmi le spalle e dirigersi in camera.
Mi sedetti sul divano in cui inciampai, incapace di fermare i singhiozzi che non mi aiutavano a respirare. Mi misi in piedi – anche se le ginocchia mi suggerirono che era meglio rimanere seduta – e mi avvicinai alle vetrate. Scrutai il temporale che imperversava sulla capitale, pensando a quanto eravamo stati fortunati a essere ritornati all'Academīa proprio quando stavano cadendo le prime, innocue gocce. Mi guardai le mani, ancora sporche del sangue ormai secco di Falko.
Avevo ucciso tante di quelle persone, nella mia vita di Emissarius, da non badare più al sangue che mi macchiava. Ma avevo sempre ammazzato persone che lo meritavano. Potevo dire lo stesso di Falko? Perché non avevo mirato a una gamba per fermarlo? Perché il mio cervello era impostato sulla modalità KILLER, da sempre. Non era valso a nulla quello che avevo provato per lui: era uno dei miei acerrimi nemici, avevo solo creduto di averlo visto sotto un'altra luce. E lo avevo eliminato.
Ero proprio un soldato eccellente.
Qualcosa di pesante venne adagiato a terra, e mi volsi di scatto verso Geass. Oh, era già pronto? Aveva fatto presto, troppo. Perché era stato così veloce? Non mi aveva neanche dato il tempo di pensare a cosa dire, come comportarmi.
Resta, avrei voluto supplicarlo, resta ancora un po'. Qui. Con me.
Perché doveva per forza andarsene?
Che stupida… Come potevo anche solo pensare che sarebbe rimasto? Ero così egoista da volerlo vicino nonostante quello che provavo per Falas? Nonostante quello che lui provava per me? Quanto ero crudele a volerlo veramente.
Si mise le mani in tasca e alzò le spalle. «Credo di aver preso tutto.» Forse si aspettava che gli chiedessi dove sarebbe andato a vivere, ma ero una statua. «Andrò dal Re adesso, e… spero che l'alloggio che mi aveva assegnato la volta scorsa sia ancora disponibile.»
Dilatai le narici per incamerare più aria, ma fallii. Tenevo gli occhi puntati su di lui, stravolta. Non parlai.
Geass distolse lo sguardo e agganciò una mano alla maniglia della valigia. Rassegnato, si avviò verso il portone.
Sognai a occhi aperti di correre da lui e baciarlo, mentre un incendio divampava intorno a noi e lottava per strapparlo da me. Immaginai di accarezzare il suo viso come non avevo mai fatto, disegnargli le labbra con un dito, sfilargli la maschera di bontà che aveva indossato fino a quel momento e godere del suo lato oscuro, quello che avevo visto affiorare sul suo volto rare volte, impossessandomene e lasciandomi possedere.
Ma nulla di tutto ciò sarebbe successo, perché ero di Falas.
Proprio quando abbandonai ogni speranza di riuscire a dire qualcosa e mi preparai a scoppiare in un pianto disperato non appena lui fosse uscito, Geass si fermò e si volse.
«Che tu scelga lui, o me, non ha importanza.» Esitò, deglutendo. «Ti amo, Calen.»
Se ne andò.
Se ne andò.
In preda allo shock, cercai tentoni qualcosa su cui sedermi. Su cui morire velocemente. Odiai Geass con tutta me stessa per aver scelto proprio questo momento per rivelare ad alta voce i suoi sentimenti. Lo odiai per non essersi infuriato, per non avermi urlato contro, per aver accettato la mia decisione, quando invece avrei voluto che le tentasse tutte per