Nella valle dell'Eden
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Nella valle dell'Eden - Silvana Sanna
Sanna
AGOSTO 1962
Biagio arrivò al rifugio tardi, stravolto e di pessimo umore. Non gli era stato possibile partire per tempo e l'attraversamento dei numerosi paesi e delle cittadine che costellavano il percorso - l'autostrada in zona era ancora di là da venire - lo aveva ulteriormente rallentato.
Salendo di corsa nonostante il peso dello zaino aveva recuperato parecchio, tuttavia, pur sapendo che non avrebbe avuto problemi per dormire, sapeva altrettanto bene che a quell'ora gli sarebbe stato difficile trovare un tavolo libero in sala da pranzo, dove, se possibile, rimanere da solo. E quel pensiero aumentava il suo malumore.
Non era un tipo loquace, uno di quei ragazzi disinvolti che fanno subito amicizia e si trovano immediatamente bene con tutti. Amava la sua privacy e forse proprio il suo carattere riservato e un po' solitario era il responsabile dell'amore che nutriva per la montagna.
Il piazzale antistante il rifugio era deserto, di certo gli ospiti erano già tutti all’interno per la cena.
Entrò spingendo la porta a doppio battente e il calore della stanza, unito all’aroma dei cibi e del legno di pino, lo avvolse nel suo abbraccio. Un abbraccio che Biagio amava, gli procurava sempre una piacevole sensazione di appartenenza, gli pareva, ogni volta, di essere tornato a casa.
Il custode del rifugio, che lo conosceva da tempo, gli andò incontro con un sorriso cordiale e la mano tesa.
«Oh, Biagio, benarrivato! Come va? Tutto bene? Come mai così tardi? Per fortuna hai prenotato, perché siamo al completo. Mi dispiace, ma per mangiare c'è giusto rimasto un posto libero, nell'ultimo tavolo in fondo alla sala, quello dove ci sono quelle tre ragazze. Sono arrivate appena qualche minuto fa. Se ti va puoi sederti lì.»
«Okay, se non c'è altro. Grazie Pietro. Eh sì, ho fatto tardi: mentre stavo per partire mia madre mi ha spedito a fare una commissione che mi ha rubato più tempo del previsto, poi il traffico ha fatto il resto, ma me lo immaginavo, nei fine settimana è sempre così», rispose il ragazzo ricambiando la stretta di mano dell’uomo.
Il custode lo precedette verso il fondo della sala alla volta del tavolo che gli aveva indicato, pregò le ragazze di alzarsi un momento, allontanò il tavolo dalla parete per fare spazio a Biagio e gli comunicò che ormai non era rimasto altro che polenta e salsiccia.
«Appena è pronto ti mando il tuo piatto insieme a quelli delle signorine», gli disse, e dopo aver recuperato un bicchiere e le posate avvolte in un tovagliolo di carta e averli messi accanto al suo posto si avviò verso la cucina.
Durante i traffici del custode Biagio era restato in piedi lì accanto, mentre le tre ragazze lo osservavano con insistenza mettendolo in imbarazzo. Non era abituato a suscitare un simile interesse nell'altro sesso.
Non era particolarmente bello, ma il suo fisico asciutto e scattante mostrava gli effetti delle numerose ascensioni e dei duri allenamenti cui si sottoponeva ogni volta che gli studi gliene lasciavano il tempo, e la faccia cotta dal sole d’alta quota denotava la sua assidua frequentazione della montagna.
In quel rifugio, che era raggiungibile con una semplice, anche se lunga, passeggiata, e che per molti era la meta ultima dell'escursione, un vero alpinista suscitava sempre una certa curiosità e forse anche un poco d’invidia. Che Biagio non fosse il solito turista della domenica risultava infatti chiaro anche a un profano, e non tanto per l'attrezzatura agganciata al suo zaino, quanto per la familiarità e i modi cordiali e camerateschi con cui l'aveva accolto il custode, che normalmente era un tipo scorbutico e quasi intrattabile. Che il ragazzo fosse dunque un alpinista esperto contribuiva di certo a renderlo interessante. Almeno agli occhi delle sue prossime compagne di tavolo, e specialmente a due di loro, due ragazze procaci e anche molto disinvolte, a giudicare dal modo in cui avevano accolto il suo arrivo: cordiali ciao
, grandi sorrisi e un palese entusiasmo.
Lo avevano squadrato da capo a piedi con sfacciataggine, come se volessero fotografare ogni particolare della sua persona: i capelli castani piuttosto mossi e portati un po' lunghi sul collo, gli occhi leggermente allungati, la bocca ben disegnata con la chiostra di denti bianchissimi e perfetti, il naso un po' importante, ma che donava carattere, e forse anche qualche anno in più, a quel volto ancora chiaramente da ragazzo… e poi le spalle larghe, le braccia muscolose e le lunghe gambe agili e scattanti che denotavano un esercizio costante.
La terza ragazza invece, più minuta e meno appariscente, di certo anche più giovane, quasi ancora una ragazzina, lo aveva guardato solo per un istante per poi distogliere lo sguardo, come se volesse mantenersi sulle sue e non intendesse familiarizzare troppo.
Anche se aveva provato un immediato moto di insofferenza agli sguardi insistiti delle prime due, Biagio in definitiva se ne era sentito anche lusingato. Era chiaro che aveva fatto colpo e il suo orgoglio e la sua autostima di giovane maschio avevano fatto un balzo in avanti.
Tuttavia l'idea di dover cenare allo stesso tavolo con le tre ragazze che di certo lo avrebbero subissato di chiacchiere, non era di quelle fatte per recuperare il buon umore perduto durante il disgraziato viaggio verso il rifugio. In ogni caso non poteva certo mostrarsi maleducato e si sentì costretto a presentarsi prima di sedersi a sua volta.
«Biagio», disse allungando la mano. «Grazie per aver accettato di ospitarmi.»
«Oh, il piacere è tutto nostro. Io sono Greta», gli rispose una delle ragazze con un sorriso esagerato.
«E io Carla», le fece eco la compagna, con un evidente brillio di piacere negli occhi, stringendo energicamente la mano che Biagio le porgeva.
«Io sono Anna…»
Quando Biagio prese nella sua la mano della ragazzina si stupì di sentirla tanto piccola e morbida, quasi come quella di una bimba, ma non molle né arrendevole. Dava anzi l'impressione di essere la mano di una persona ben allenata, che pratica sport regolarmente. Ma anche di una persona piuttosto timida, perché dopo un istante Anna la ritrasse di colpo, come se il contatto con quella di lui l'avesse infastidita. O forse turbata…
Biagio non ci fece caso più di tanto: la vista delle sue compagne era… abbagliante, al punto da permettergli di sopportare le loro chiacchiere. Che iniziarono appena si ritrovarono seduti in attesa dei piatti colmi, che non tardarono ad arrivare.
Era chiaro che Carla e Greta erano curiose di sapere chi fosse il loro compagno di tavolo, da dove venisse, che cosa facesse. Il loro interesse era insomma volto a conoscere più lui come persona che il motivo per cui era lì, la montagna e l'escursione che intendeva compiere il giorno successivo, come sarebbe stato logico aspettarsi visto che se ne stavano seduti al tavolo di un rifugio alpino.
Allo stesso tempo parevano assai desiderose di mettere Biagio al corrente delle loro situazioni personali. Parlavano in modo vivace, a volte persino ammiccante, consapevoli di essere due gran belle ragazze, di quelle che non passano inosservate, di quelle molto sicure di sé che possono permettersi di civettare senza rendersi ridicole. Del resto nel gruppetto dei commensali erano le più anziane
, e dunque le più esperte nell'arte sottile della seduzione. In pochi minuti riuscirono a sapere tutto, o quasi, quello che c'era da sapere sul giovanotto e a informarlo in modo dettagliato di ciò che riguardava loro stesse.
E le esclamazioni di gioia e di soddisfazione si sprecarono quando scoprirono che vivevano tutti e quattro nella stessa città, e che le due ragazze più grandi frequentavano anche la sua stessa università, entrambe al terzo anno di lettere, mentre Biagio era al secondo di ingegneria. Anna invece aveva appena dato l’esame di maturità e si era iscritta a matematica. Notizia quest'ultima che la ragazzina riuscì a inserire fortunosamente tra una chiacchiera e l'altra delle compagne.
«Possibile che non ci siamo mai incontrati? Dove ti nascondevi?» chiese Greta piantandogli in faccia i suoi occhioni azzurri da bambola di porcellana.
«La città è grande e gli studenti una specie di esercito…»
«Oh, ma adesso che ci conosciamo avremo mille occasioni per rivederci. Magari potremmo trovarci in mensa…»
«Non mi fermo in mensa, preferisco tornarmene a casa.»
«Da mammina?»
«Precisamente! Mia madre cucina da dio e così non mi tocca mangiare le schifezze che propinano alla mensa», ribatté Biagio ridendo, sebbene il tono ironico di Carla lo avesse infastidito.
Aveva l'impressione che le due lo stessero trattando come un ragazzino un po' ingenuo e sprovveduto, divertendosi persino un poco alle sue spalle. E in fondo avevano ragione: coi suoi ventun anni Biagio un ragazzino lo era davvero, ed era pure un tantino timido e poco esperto nei rapporti con l'altro sesso, anche se gli bruciava ammetterlo.
Ma, al di là di queste considerazioni, tutto sommato si stava divertendo alle chiacchiere di quelle due ragazzotte sfacciate e avvenenti, nelle quali aveva suscitato tanto interesse. Anche se il terzo grado che aveva dovuto subire, e durante il quale era stato costretto a confessare che non era fidanzato e che al momento non aveva nemmeno un filarino, lo aveva un pochino irritato, a causa dell'invadenza esagerata delle due.
Anna se ne era stata in silenzio per quasi tutto il tempo, osservando alternativamente le amiche e il loro ospite. Quando era con Carla e Greta, per lei sulla scena c'era ben poco posto, loro erano le protagoniste e Anna doveva accontentarsi di una particina secondaria, a volte nemmeno di quella.
Era stato così fin da quando erano bimbette e si ritrovavano nel pomeriggio a giocare nel cortile del palazzo dove abitavano da sempre. Al di là del fatto che erano più grandi, e soprattutto più belle e appariscenti di lei, era la loro disinvoltura che rasentava a volte la sfrontatezza a farle brillare, mettendo in ombra la compagna più piccola. Se poi nel gruppo c'era un maschio… le due cercavano sempre di dare il meglio di sé…
Anna non se ne era mai crucciata. Era una ragazza intelligente, ma anche piuttosto riservata e pure un poco timida e, in fondo, meno superficiale delle due amiche. E aveva sempre osservato il loro modo di comportasi con una certa ammirazione mescolata a una sorta di indulgenza, ma mai con invidia.
Erano due buone amiche ed era merito loro se sua madre le lasciava fare quelle belle gite che non le avrebbe certo permesso di intraprendere da sola. E pazienza se andare in montagna era per le due una semplice scampagnata, scevra di quell'amore che invece Anna provava nei confronti delle alte quote.
Tutto bene, dunque, tutto regolare. Perché allora il modo di fare delle amiche quella sera la infastidiva? Perché era seccata dal fatto che riuscissero ad accaparrarsi completamente l'attenzione del ragazzo che si era seduto al loro tavolo? Perché le dispiaceva il tono ironico con cui gli si rivolgevano?
E quanto ce l'aveva con se stessa per essere riuscita a dire solo due parole in croce, introducendosi a fatica nel profluvio di chiacchiere delle altre due, per poi rinchiudersi di nuovo come un riccio. Biagio avrebbe avuto tutto il diritto di pensare che lei fosse un tipo superbo, una con la puzza sotto al naso, oppure una ragazzetta senza un minimo di carattere e di personalità. Sempre che si fosse accorto che al tavolo c'era anche lei. Cosa di cui dubitava visto che non la degnava di uno sguardo e aveva occhi solo per le sue due amiche.
Il pensiero che lui nemmeno la vedesse le provocò un tale pungiglione dentro al petto che per un attimo non riuscì a respirare, e fu costretta ad ammettere che conosceva benissimo il motivo per cui si sentiva così: Biagio l'aveva colpita in modo straordinario.
Fin dal momento in cui l'aveva visto attraversare la sala alla volta del loro tavolo accompagnato dal custode, il grosso zaino con la corda in vista e i ramponi tintinnanti aggrappati alla correggia, il volto spigoloso serio e abbronzato, aveva sentito uno strano vuoto dentro lo stomaco. Quando poi lui aveva allungato la mano per presentarsi e aveva stretto la sua, qualcosa si era mosso dentro di lei, un rimescolio sconosciuto, un batticuore, un'ansia particolare e del tutto nuova. Aveva sentito i peli delle braccia drizzarsi come quando si ha freddo e viene la pelle d'oca. Ma non era freddo quello che aveva provato, anzi, la strana sensazione che l'aveva invasa era stata accompagnata da una profonda, segreta vibrazione, insolita e sconosciuta e che l'aveva costretta a ritirare al volo la propria mano da quella di lui.
Non le era mai accaduto che un giovanotto le facesse quell'effetto alla prima occhiata, o meglio, non le era mai accaduto in assoluto di sentirsi coinvolta a tal punto nello spirito e nel… fisico!
È questo dunque il famoso colpo di fulmine? si chiese disorientata, mentre Biagio rispondeva con una certa reticenza al fuoco di fila di domande delle sue amiche. Le pareva impossibile. Non era tipo da innamorasi al primo sguardo, anzi, non si era proprio mai innamorata, salvo un paio di banali, tiepide cotte per dei compagni di liceo.
Ma allora perché era stata preda di un incontrollabile moto di esultanza quando Biagio aveva detto di non essere fidanzato e che viveva nella sua stessa città?
Assorta nei propri pensieri, Anna seguiva ormai con una certa distrazione le chiacchiere leggere delle amiche, ma si fece attenta quando Biagio, dopo essere riuscito a prendere la parola e a tenersela stretta, prese