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Bomba al cioccolato
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Bomba al cioccolato

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Con leggerezza e soavità, questo romanzo suggerisce un metodo per dare risposte ad alcune domande, immense quanto impossibili da evadere, sul perché l'esperienza dell'essere figlio e dell'essere genitore sia talvolta così intricata e dolorosa. L'originalità di questo racconto consiste innanzitutto nell'evitare qualsiasi retorica che, quand'anche accidentale, può diventare dominante, nel senso di cedere alla tentazione di classificare l'adozione come un gesto di unilaterale generosità. Al contrario, senza metterne in discussione il valore e l'impegno e senza negare complicazioni e difficoltà, in questo racconto l'adozione è "soltanto" un "semplice" gesto d'amore.
LanguageItaliano
Release dateSep 21, 2016
ISBN9788822847331
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    Bomba al cioccolato - Francesca Romana Pistoia

    Bomba al cioccolato

    di Francesca Pistoia

    Titolo originale: Bomba de Chocolate

    Traduzione di Luciano Giusti

    Foto di copertina di Pietro Marsili

    Foto del clown di Antonio Di Fuccia

    Foto di Roma, dell'ala dell'aereo e dei ragazzi al fiume di Alessia Cacciarelli

    Foto Bielorussia di Francesca R. Pistoia

    Diritti acquisiti

    Volume a cura di Rosso China Servizi Editoriali

    www.rossochina.it

    Ad Alessia e Corrado,

    che abitano nel mio cuore e lì vivranno per sempre.

    Prefazione

    L'aspetto più interessante del romanzo di Francesca Romana Pistoia è la prospettiva della narrazione, ossia il fatto che il lettore entri in contatto con il significato di una scelta così importante e complessa come l'accoglienza, tramite gli stati d'animo, gli umori, i tormenti e i dubbi del protagonista, un adolescente bielorusso che, a diversi anni di distanza, riflette sulla propria esperienza e, più in generale, sul senso della genitorialità. Con leggerezza e soavità, questo romanzo suggerisce un metodo per dare risposte ad alcune domande, immense quanto impossibili da evadere, sul perché l'esperienza dell'essere figlio e dell'essere genitore sia talvolta così intricata e dolorosa. L'originalità di questo racconto consiste innanzitutto nell'evitare qualsiasi retorica che, quand'anche accidentale, può diventare dominante, nel senso di cedere alla tentazione di classificare l'accoglienza come un gesto di unilaterale generosità. Al contrario, senza metterne in discussione il valore e l'impegno e senza negare complicazioni e difficoltà, in questo racconto l'accoglienza è soltanto un semplice gesto d'amore. Prima di ogni valutazione sulla generosità e l'altruismo, per l'Autrice è l'amore la chiave per poter gestire insidie e problematiche che non riguardano soltanto la famiglia d'arrivo (chi decide di fare domanda di accoglienza) ma, in tempi diversi, tanto i soggetti accolti – nel caso della Bielorussa per la maggior parte adolescenti – quanto, necessariamente, anche chi, in situazioni più o meno di bisogno e libertà e con presumibili differenti gradi di consapevolezza, decide di consegnare un proprio figlio alle cure di un istituto e/o di un'altra famiglia. Proprio la triangolazione dell'ottica e delle visioni, nonché delle gradazioni emotive ed emozionali, compone un paesaggio sentimentale entro il quale il panorama razionale prende forma e si sostanzia, offrendo al lettore una proiezione del percorso di vita del protagonista che, non descritto in queste pagine, è intuibile. L'intuizione, piuttosto che immaginazione narrativa, diventa la rappresentazione di una dimensione umana possibile che incalza il lettore ponendolo in una posizione di assoluto apprendimento.

    Lo spazio dell'immaginazione, sebbene apparentemente poco presente nella struttura narrativa, è dunque preponderante. Assai ben congegnata, l'immaginazione fornisce elementi che in maniera quasi indiretta completano e rendono denso il racconto. Quale scelta stilistica, è proprio grazie all'immaginazione che l'empatia parte dal lettore e arriva ai personaggi innescando un processo di riconoscimento anche in coloro che non hanno mai avuto alcun approccio o contatto diretto con il variegato universo delle accoglienze.

    Nel prendere in considerazione esclusivamente il punto di vista del protagonista principale, questo romanzo ha il merito di affermare una posizione alternativa rispetto alla maniera tramite la quale generalmente il tema delle accoglienze viene affrontato nel nostro Paese.

    Apparentemente poco intenzionato a suscitare il dibattito, scatena invece una sorta di confronto dialettico tra l'io lettore e i personaggi del racconto. Tale confronto ha l'obiettivo di interdire il giudizio di valore fine a se stesso e di recuperare un profondo senso di realtà e di normalità. Una normalità che trova nel titolo del romanzo la sintesi e al tempo stesso la cifra di ciò che può rappresentare un'accoglienza: una scommessa sui sentimenti, un patto di riconoscimento tra anime che hanno voglia di trovarsi e che, per mezzo di questa circostanza, possono anche provare a ritrovarsi, cogliendo opportunità nuove per dare concretezza al senso dell'umano tramite l'esperienza della genitorialità, anche allargata e diffusa.

    Dal punto di vista dell'analisi sociale, il capovolgimento prospettico che questa storia propone innesca una riflessione sui rischi che l'accoglienza comporta. Il riferimento non è però ai rischi connessi all'incertezza dell'esito finale dell'iter burocratico e nemmeno al legittimo bisogno di sicurezza sulla riuscita dello sviluppo emotivo del figlio o della figlia accolta. I rischi non riguardano quindi la fondatezza o meno del binomio figlio accolto-figlio riconoscente, così come non sono riconducibili alle garanzie sui ripensamenti che gli accolti potranno avere in futuro o sulla loro determinazione a ricercare i genitori biologici per capire meglio se stessi.

    I dubbi di cui questo libro tratta riguardano invece il dissidio interiore degli accolti allorquando devono fare una scelta. Una scelta d'amore ma a scatola chiusa; una scelta che fa paura e a cui obiettivamente non si dedica la necessaria attenzione.

    Nella sottovalutazione della fatica che ogni accolto deve compiere per ricomporre un proprio profilo identitario, le società occidentali post-industriali manifestano la loro scarsa apprensione nei confronti degli sforzi che devono sostenere coloro che vengono accolti per costruire una quotidianità partendo da zero. Limitandosi semmai a classificazioni di ordine etnico, le nostre società cedono alla tentazione di utilizzare i pregiudizi per elaborare

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