Crisi d'identità: Costruire un’identità visiva senza sapere da che parte iniziare
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Book preview
Crisi d'identità - Roberto Kalamun Pasini
© 2016 Zandegù di Marianna Martino
ISBN 978-88-89831-68-7
Copertina di Davide Canesi
www.zandegu.it
info@zandegu.it
facebook.com/zandegu
@Zandegueditore
instagram.com/zandegueditore/
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Crisi d’identità
Costruire un’identità visiva senza sapere da che parte iniziare
Roberto Kalamun Pasini
Zandegù
Al poco che so,
e alla fatica con cui l’ho messo insieme.
Per chi è questo libro
È per chi sceglie il vino dall’etichetta, la palestra di yoga dal sorriso dell’insegnante, il ristorante dall’arredamento.
Per chi, sfogliando le riviste in aeroporto, gli viene voglia di partire ancora.
Per chi, insomma, apprezza l’aspetto oltre alla sostanza, la presentazione oltre alla qualità.
È per i freelance che vorrebbero un’immagine pubblica che li rispecchi, per quelli a cui serve far percepire la propria professionalità o distinguersi dagli altri concorrenti senza giocare solo sul prezzo.
È per chi lavora nel marketing e si trova sempre più spesso a doversi improvvisare copywriter, grafico, illustratore, fotografo. Non c’è niente di male, è un’opportunità bellissima per rendere meno noioso il proprio lavoro e per non dover dipendere dai capricci dei grafici esterni, ma torna utile avere qualche nozione di base e qualche trucco per facilitarsi la vita: qui ne troverete in abbondanza.
È per gli aspiranti grafici che stanno muovendo i primi passi in questo mondo e sperano che un matusa come me abbia qualcosa di buono da dire. E lo spero anch’io.
È per le piccole aziende che stanno crescendo e sentono il bisogno di migliorare la propria immagine, di dotarsi di un nuovo logo che li rispecchi meglio rispetto a quello disegnato dal boss cinque anni fa con PowerPoint. E per quelle che hanno una nuova linea di prodotto su cui puntare e vogliono capire come orientarsi per promuoverla meglio della precedente.
In genere, è per chi non è soddisfatto della propria immagine coordinata ma non sa come migliorarla.
Per chi vuole provarci da solo e per chi deve decidere a chi delegare questo compito.
Il libro che state leggendo non sostituirà cinque anni di studio di arti grafiche, ma vi permetterà di orientarvi basandovi sulle regole principali della grafica e su alcune buone pratiche, e vi darà anche qualche spunto da cui copiare.
Non spaventatevi se a volte mi riferirò a colossi del mercato come Google o Apple: le grandi aziende sono degli ottimi casi di studio perché hanno molte risorse da investire in comunicazione, e possono quindi indicarci la strada da seguire. Ma, come dicevo, niente paura: questo libro è pensato per voi.
Introduzione
Il tentativo disperato di rendersi riconoscibili agli altri individui della nostra specie è sempre esistito e, visto con gli occhi di un figlio, suscita tenerezza. I nostri nonni, e prima di loro i bisnonni e tutti gli altri antenati, hanno sempre cercato di farsi ricordare, e come loro anche noi.
Sintetizzo così il senso dell’identità visiva, nata molto tempo prima di diventare comunicazione, pubblicità e disciplina. Poco sappiamo di come i primi sapiens provassero a mettersi in mostra, ma di certo le tribù si distinguevano per disegni e colori applicati a costumi, armi e pelli e, dopo di loro, per differenziarsi, le religioni hanno trovato i propri simboli di riconoscimento e, oltre a loro, regni, imperi, casate e università si sono dati bandiere e stemmi per affermare il loro potere e la loro volontà di emergere.
Quest’unico filone ci ha portato, attraverso Gutenberg e Niépce, Freud e Volta, all’industrializzazione della comunicazione visiva, avvenuta insieme all’industrializzazione di tutto il resto: oggi produciamo loghi, impaginazioni e animazioni con la stessa facilità e serialità con cui fabbrichiamo merendine e penne di plastica. Realizziamo grafica per ogni cosa.
Ve l’immaginate Colombo, prima di salpare, recarsi nella bottega di un pittore e chiedergli «lei che è bravo a disegnare, me lo farebbe mica un loghino per una spedizione navale? Una cosa semplice, ma che si veda bene, tanto ci mette cinque minuti. Poi se l’impresa va bene, il suo logo lo vedranno tutti!».
Per descrivere la comunicazione visiva post-industrializzazione abbiamo coniato decine di termini di cui ormai non si capisce più la relazione e la distinzione. Ve ne dico alcuni: visual identity, immagine coordinata, branding, corporate identity, personal identity, comunicazione visiva, logo design, color guidelines, integrated marketing communication…
Chiaramente ciascuno di questi termini ha una sua specificità, anche se per molti sarà una semplice sfumatura nel fumoso mondo della comunicazione, come quando ci rapportiamo ai cento nomi della neve nella lingua Inuit [1].
Questo libro però vuole semplificare, nel tentativo modesto di comprendere princìpi e pratiche comuni della grafica contemporanea e di come questi tornino utili nella comunicazione della propria identità visiva.
Non troverete perciò discorsi sulla semiotica o sulle proporzioni auree, discorsi che ho sempre ritenuto vezzi da universitari e che, stringi stringi, hanno bisogno di molti compromessi per essere applicati concretamente alla realtà.
Lo giuro, io non voglio sminuire o farla facile. Voglio solo ridare dignità agli sguardi a volo d’uccello, alla semplicità del falegname, al buon senso dei gusti semplici.
Andiamo a fare due passi giù in strada.
[1] Gli Inuit sono una tribù eschimese che abita principalmente in Alaska, Groenlandia e Canada. Nella loro lingua esistono molte parole per riferirsi a differenti tipi di neve: una per la neve morbida, una per la neve cristallizzata, un’altra per la neve appena caduta, un’altra ancora per la neve farinosa, o per quella bagnata dalla pioggia o per quella adatta a costruire igloo. Anche se in realtà si tratta di parole composte, più che di vere e proprie parole, la sostanza è che ciascuna lingua fornisce una terminologia più precisa per descrivere gli oggetti e gli eventi con cui le persone che la parlano hanno a che fare più frequentemente.
Cos’è la visual identity
Dalla nascita della pubblicità industriale, la comunicazione aziendale è diventata sempre più complessa. Non intendo complessa da un punto di vista visivo, dove anzi è diventata paradossalmente molto più minimale, ma da un punto di vista organizzativo.
La struttura della comunicazione oggi è circa questa:
Corporate identity: l’insieme di tutte le linee guida che regolano la presenza pubblica di un’azienda, dal logo al vestito che l’amministratore delegato deve indossare in pubblico (le t-shirt grigie di Mark Zuckerberg o i maglioni neri girocollo di Steve Jobs o il ciuffo biondo di Donald Trump), dalla scelta del nome dell’azienda e dei suoi prodotti all’approccio dialettico che devono tenere in pubblico i dirigenti (l’arroganza di Jeff Bezos o l’umiltà di