Save the last dance-Cuori nella milonga
By Olivia Kamp
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Al "Corazon de Buenos Aires” si balla il tango. Non è un locale moderno, di tendenza, ma chi lo frequenta fa sul serio. Sul serio col tango, con la vita e con l'amore. Le persone s'incontrano, si scelgono, si ritrovano, sempre scivolando sulle assi di legno tirate a lucido. È la milonga a fare da sfondo alle loro vite, che smettono di essere quotidiane e ordinarie ogni volta che varcano l'ingresso della sala da ballo.
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Save the last dance-Cuori nella milonga - Olivia Kamp
Save the last dance-Cuori nella milonga.
Marco&Opal
La luce illuminava la sala da ballo solo per modo di dire e l’effetto era piuttosto deprimente. D’altra parte, poche cose sapevano essere più tristi di un luogo che doveva gran parte del proprio fascino al volteggiare di coppie cariche di lustrini, quando questo risuonava solo dei passi di un facente funzioni. Quale funzioni? Praticamente tutte. L’uomo si era dato un gran da fare in quell’ultimo periodo, e non certo per sua libera scelta. D’altra parte, qualcuno aveva detto che il modo migliore per far ridere Dio era parlargli dei tuoi progetti.
Il vecchio equalizzatore continuava a farlo dannare e presto avrebbe avuto difficoltà a trovare pezzi di ricambio: quella era una sera dove l’idea di cacciare tutto fuori dalla finestra per far finalmente entrare il nuovo secolo era più forte che mai. Colpa di suo fratello. Non gli bastava riempire casa di cianfrusaglie elettriche che non funzionavano (a giudicare dal loro aspetto, si faticava a credere che lo avessero mai fatto), doveva anche portare quel suo fottuto passatempo al Corazon de Buenos Aires.
La sala da ballo era davvero un disastro, ma lui ormai aveva rinunciato a combattere.
"Non voglio sentir parlare di domotica qua dentro, ne ora ne mai!"
Domotica? Ma che cazzo è la domotica! Mi basterebbe poter usare il portatile per gestire i livelli di suono delle casse…Casse leggermente diverse da quelle che abbiamo ora e da cui mi aspetto sempre di ascoltare i messaggi in codice di Radio Londra!
E l’atmosfera? Dove la metti l’atmosfera?
Dove metterei un sacco di cose che ti riguardano!
Era ancora nel bel mezzo di una crisi tecnica che vedeva coinvolte parti dell’apparecchio che, ne era certo, la maggior parte delle persone non aveva mai avuto occasione di sentir nominare, quando la sentì arrivare.
E sentire era proprio il termine giusto, visto che cominciò a gridare appena varcata la porta al piano superiore. Una porta dotata di un grazioso suono d’avvertimento quando veniva aperta, scala armonica del tutto coperta da quel Sebaaaaaaastian!!!
.
Scese le scale col passo leggero e poco disposto a restare incollato al suolo che hanno coloro che ospitano la scimmia del ballo sulla spalla. A fare la propria comparsa una bella donna, la cui età veniva celata dalla poca luce disponibile della lampada da tavolo puntata sul reperto tecnologico. L’uomo pensò che sarebbe stato carino arrivare al quadro elettrico e ripristinare l’illuminazione: peccato che lui non avesse nessuna intenzione di mostrarsi tale con la tipa che era entrata solo perché qualcuno
aveva dimenticato di chiudere la porta a chiave. Era invece sicuro di aver appeso il cartellino con la scritta chiuso
verso l’esterno, quindi godeva del pieno diritto di scegliere se essere burbero o meno.
Decise che non avrebbe sparato all’intrusa, ma non si sarebbe certo sbattuto per raggiungere l’interruttore principale.
Lei lo guardò con l’aria perplessa di chi a Natale riceve un regalo di cui ignora l’utilità.
«Posso fare qualcosa per lei?» Ovviamente non gli importava un accidente di essere utile alla nuova arrivata che possedeva una voce in grado di sovrastare la scala armonica del campanello, ma d’altra parte chi aveva dimenticato di chiudere la porta per bene era lui.
«Sto cercando Sebastian.»
«Chi?» Era una domanda di proforma, ma in qualità di burbero autorizzato poteva porne quante voleva.
«Bastiano. Il proprietario di questo posto, nonché insegnante di ballo, nonché… Beh, insomma, lo conosce oppure no?»
«Stai parlando di un tipo non troppo alto… No, anzi, per meglio dire basso, magro in maniera imbarazzante, erre francese che si sente anche quando pronuncia le altre lettere e un parrucchino stile Donald Trump?»
«Detto così lo fai sembrare davvero ripugnante… Comunque sì, sto parlando di lui. Allora, lo conosci?»
«Mi piacerebbe risponderti di no, ma in realtà so chi è da quando sono nato… È mio fratello, e non riesce proprio a resistere alla tentazione di internazionalizzare il suo nome. A proposito, io sono Marco.»
Tese la mano convinto di scambiare una stretta, se non proprio vigorosa, almeno normale, ma l’intrusa ignorò il gesto, offrendo poi platealmente il dorso delle dita unite per ricevere un baciamano.
«Molto lieta. Mi chiamo Opal e adesso sono obbligata a chiederti dove posso trovare Sebastian.»
«Non c’è problema. Direi da qualche parte a Buenos Aires.»
«Ma di cosa stai parlando?»
«Della capitale dell’Argentina, se non è stata modificata a mia insaputa.»
«Sì, so dove si trova e no, è ancora a tutti gli effetti la capitale. A parte questo…Cosa cazzo è andato a fare Sebastian a Buenos Aires?»
Marco gonfiò il petto, con l’intenzione di pavoneggiarsi. Era tutto merito dell’opera di convincimento che aveva messo in atto con pazienza certosina, e non gli riusciva spesso di segnare punti a proprio favore quando c’era di mezzo suo fratello.
«L’ho spedito là per perfezionare un’idea messa a punto solo sulla carta. Beh… Solo
non rende l’idea: ho sputato l’anima per quel progetto e, una volta fatti quadrare tutti conti, mi sono accorto che non avevo nemmeno cominciato ad affrontare la parte più rognosa della faccenda, ovvero convincere Bastiano. Mi ha guardato con la sufficienza riservata a qualcuno che s’impegna tanto, ma che non raggiungerà mai il traguardo che si prefigge. Mi sono sorbito l’elenco particolareggiato dei punti deboli del mio piano, e non è stato per niente bello. L’ha piantata solo quando gli ho dato ragione su tutto e ho accettato il suo aiuto in loco. Lui è là a supervisionare il progetto e io sono qui a insegnare tango.»
Che avesse accettato il suo aiuto era una balla di dimensioni colossali. Marco si era messo praticamente in ginocchio, pur di convincere Bastiano a impegnarsi nel far decollare la nuova scuola.
Il fatto era che suo fratello riusciva meglio in qualunque cosa avesse a che fare con gli aspetti pratici del vivere quotidiano: poca capacità d’improvvisare, ma ordine e precisione che si manifestavano full-time.
A Marco era toccato un bel fisico, un sorriso invidiabile e occhi azzurri che catalizzavano l’attenzione di chiunque e ovunque. Non un vantaggio da poco, che però non funzionava sempre. Tipo con Opal in quel momento, interessata solo ad avere informazioni su Bastiano. Anzi, Sebastian.
L’intrusa non era giovanissima, nonostante la bellezza da copertina. Merito del ballo, probabilmente. Teneva il collo perfettamente diritto, le spalle allineate, i capelli raccolti in uno chignon eseguito a regola d’arte. Marco sapeva per esperienza che le ballerine a letto offrono emozioni senza eguali. Fare sesso con loro andava oltre il solito fuori e dentro: tutte quelle ore passate a piroettare tenendo le natiche contratte, la colonna vertebrale come un filo a piombo, le braccia perennemente sollevate…
Non si fa semplicemente l’amore con una ballerina. Si lotta, si gioca un braccio di ferro molto intimo e poi si cedono le armi, ecco come funziona.
Gli venne naturale pensare che Opal doveva aver condotto delle vere e proprie campagne di Russia tra le lenzuola. Impossibile evitare di soffermarsi su certe fantasie, ma per fortuna non si lasciò distrarre in maniera imbarazzante: lei pretendeva risposte, e il battere nervoso sul pavimento del suo piede ne sottolineava l’urgenza.
«Scusa, hai detto qualcosa?»
Lei alzò gli occhi al cielo. Sì, aveva detto qualcosa.
«Ti ho chiesto se sei tu, allora, il nuovo insegnante di tango…»
Marco si esibì in uno dei suoi sorrisi irresistibili, quelli che riservava alle signore ancora indecise in merito ai corsi della sala Corazon de Buenos Aires.
«Insegnante di tango, salsa, merengue, lambada… Pronuncia il nome di un latino-americano e te ne offrirò un assaggio. Secondo mia madre, sono nato ballando. E lei è una che ha sempre saputo il fatto suo.»
«Deve essere stato un piacere mettere al mondo un bambino che indossava già i lustrini… Comunque, a