Alieni e chiacchiere: e comunque niente di importante
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Book preview
Alieni e chiacchiere - Federico Miragliotta
ISBN 978-88-6902-046-9
Prima edizione: Ottobre 2016
® Tutti i diritti sono riservati.
È vietata ogni forma di riproduzione dell’opera, senza il
permesso esplicito dell’Autore e della Casa Editrice.
© Copyright 2016 Armenio Editore
Via C. Colombo, 38 − 98061 Brolo (Me) − Italy Tel. +39 0941.565334 − Fax +39 0941.563794
armenio@armenioeditore.it
www.armenioeditore.it
Progetto Grafico: Ramona Russo − https://www.behance.net/RamonaRusso
NOTA D’AUTORE
Rilancio. Mi intrufolo da qualche parte mentre
impalpabili bolle di sapone danzano, disegnando
traiettorie impossibili. Si muove un tempo. Piccole
cose. Lo specchio è appannato da umidità e calore,
cadute e speranza, micro eternità, tentativi pungenti
e sfiancanti. Tutto questo è già successo, è già altro.
Alieni si accalcano, spingono, urlano la loro
esistenza. Le stanze si affollano. Nessun inchino,
niente da aggiungere e tutto da scoprire sotto voce.
Proiezioni, scarabocchi e confortanti immagini.
Fluttuo nel cammino. C’è l’urgenza di non lasciare
andare, arginare la ferita, ricapitolare, inventariare.
Si smarrisce un’illusione, sboccia un sorriso e un
pugnale, vecchie parole, virgole nuove, pensieri e
sospiri scintillanti o riverniciati e pronti all’uso.
Tutta questa umanità sotto un tetto appena intravisto.
Qualcosa e qualcuno, ora, sono parte di me.
Comunque niente di importante.
Federico Miragliotta
Lettera
Frinio
assoluto.
Il cigolio di una porta qualunque,
un vento,
un occhio e il sogno.
Deglutire lentamente
e passare oltre.
Abbiamo perso quando eravamo bambini
Abbiamo perso le spalle strette
e il latte tiepido,
nel mediocre girone di falsi profumi
e accelerazioni continue.
Abbiamo perso l’accennato
e il delicato non detto,
nel vortice di pensieri superflui
e fantastiche storie.
Abbiamo perso per saziare
i fantasmi, le pance di cicale
e gli specchi deformanti.
Abbiamo perso
il solleticante ticchettio di orologi notturni,
l’odore del legno e delle nuvole basse,
delle albe alcoliche e della sabbia.
Nelle mani sbagliate
tra scarabocchi e fiori di cartapesta,
soli
nel tempo.
Abbiamo dato e subito ripreso,
venduto a noi stessi
un po’ d’ingenuità.
Abbiamo perso quando eravamo bambini.
Mr. Stern
Premette ripetutamente il tasto d’avorio
con l’indice della mano destra.
Le spalle leggermente reclinate in avanti
e un sentore di nostalgia attorno alle orecchie.
Assolutamente consapevole
che il tempo scorreva piano,
troppo lentamente
per sé e i suoi capelli.
Eseguiva spesso estemporanei inventari
del fatto e del da farsi.
Poggiò entrambe le mani sul pianoforte
e una rete di note rimbalzò
nell’aria della stanza colma di mobilia.
Rimase sullo sgabello
per un tempo interminabile.
Lo spartito sonnecchiava
e il pentagramma,
allo sbatter delle ciglia,
sembrava prender vita.
Nell’orto le melanzane stavano ingrassando
giorno dopo giorno,
sotto il getto dell’impianto a pioggia
che inumidiva ogni angolo del giardino
attorno alla grande casa.
Adesso o forse da un bel po’
i suoi capelli erano più radi e sottili,
grigi e stanchi
Soffriva di emorroidi.
Il riposo notturno era divenuto impresa ardua.
Il medico
aveva consigliato un unguento
da applicare due volte al dì.
Voltando lo sguardo a destra
notò una luce biancastra
che, attraversando il grezzo tessuto delle tende,
si spalmava sulle enormi mattonelle bianche
accanto ai suoi piedi ancora ancorati ai pedali,
sotto lo strumento a coda.
Si alzò rincorso dalla sua ombra
posizionandosi sotto il grande lampadario
al centro della stanza.
Tirò fuori dal taschino della camicia
il pacco di sigarette.
Dall’età di quindici anni,
ogni qualvolta infiammava un cerino,
ripeteva a se stesso
di sentirsi piccino.
Piccino.
Aveva impiegato del tempo
pensò,
con la parola piccino.
Abbandonando il lampadario
e le contorsioni mentali,
si sedette nuovamente sullo sgabello.
La cenere piombò sul pavimento,
piccoli neri petali di rosa.
Oggi, in quest’oggi,
non aveva molto da raccontarsi.
Continuava ad aggirarsi
nei pressi di una noia soffocante,
tra le risa gioiose dei bambini del vicinato
e i claxon isterici delle automobili
che invadevano il suo cuore.
Suonò svogliatamente Petrucciani,
ma il sole e la freschezza delle soffici nuvole,
quel