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Ucciderò Jaqueline Mercier
Ucciderò Jaqueline Mercier
Ucciderò Jaqueline Mercier
Ebook140 pages1 hour

Ucciderò Jaqueline Mercier

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About this ebook

Dalla penna di una straordinaria autrice, un romantic suspense che racconta un amore irrefrenabile: quello tra Antoine e Jaqueline. Nulla potrà resistere all’impeto della loro attrazione.

Le scuderie di una ricca famiglia francese fanno da sfondo all’attrazione travolgente che nasce tra il quarantenne Antoine e la bella studentessa universitaria Jaqueline.

Un incanto amoroso che sembra capace di superare qualsiasi avversità, trovandosi però a dover fare i conti con un passato già intriso di legami, scelte convenzionali, timori e un antico giuramento, che costringerà i protagonisti a dibattersi in un’attesa estenuante, spesso sopraffatti dall’incapacità di prendere in mano la propria vita.

In un romanzo “rosa” che si tinge di “giallo”, ambientato in una cittadina dei giorni nostri alle soglie del tracollo economico, Carolina Giorgi crea un’altalena di colpe e di desiderio, senza risparmiare ai suoi personaggi il dolore. E così, obbedendo al ritmo di una scrittura appassionata e di una storia dai contenuti estremamente attuali, Ucciderò Jacqueline Mercier si fa testimonianza di quanta atroce sofferenza possa scaturire dalla paura di amare.
LanguageItaliano
Release dateNov 2, 2016
ISBN9788868671792
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    Ucciderò Jaqueline Mercier - Carolina Giorgi

    Carolina Giorgi

    Ucciderò Jaqueline Mercier

    © 2016 – Gilgamesh Edizioni

    Via Giosuè Carducci, 37 - 46041 Asola (MN) 

    gilgameshedizioni@gmail.com - www.gilgameshedizioni.com

    Tel. 0376/1586414

    ISBN 978-88-6867-179-2

    È vietata la riproduzione non autorizzata.

    In copertina: Progetto di copertina di Dario Bellini

    © Tutti i diritti riservati.

    ISBN: 978-88-6867-179-2

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice

    Andiamo al recinto

    Le mani gelide del mio amico Kiliàn

    Dalla penombra che filtrava

    Ma dieci anni da aspettare

    Coltivavo da settimane

    Furono i giorni più belli

    Ricordo il tuo vestito turchese

    Hai visto?!

    Sei pallida, sfinita

    Non so di preciso

    Non c’era niente

    Sabato 27

    Venticinque giorni

    Faccio passare i secondi

    Mi trovo al maneggio

    Non lo sai

    Ti sei svegliata

    Passarono tre anni

    Così

    INANNA

    Collana romance

    2

    A te, Elleno, amore mio e a tutta la mia famiglia

    "C'è un canto indiano che vale la pena di ricordare.

    È intitolato: Impara la lezione dell'albero.

    Esso dice: - L'albero sopporta tutto il calore del sole e dà agli altri

    la freschezza dell'ombra - E noi, che cosa facciamo?"

    M. K. Gandhi

    Le scuderie di una ricca famiglia francese fanno da sfondo all’attrazione travolgente che nasce tra il quarantenne Antoine e la bella studentessa universitaria Jaqueline. Un incanto amoroso che sembra capace di superare qualsiasi avversità, trovandosi però a dover fare i conti con un passato già intriso di legami, scelte convenzionali, timori e un antico giuramento, che costringerà i protagonisti a dibattersi in un’attesa estenuante, spesso sopraffatti dal timore di prendere in mano la propria vita.

    In un romanzo rosa che si tinge di giallo, ambientato in una cittadina dei giorni nostri alle soglie del tracollo economico, Carolina Giorgi crea un’altalena di colpe e di desiderio, senza risparmiare ai suoi personaggi il dolore. E così, obbedendo al ritmo di una scrittura appassionata e di una storia dai contenuti estremamente attuali, Ucciderò Jacqueline Mercier si fa testimonianza di quanta atroce sofferenza possa scaturire dalla paura di amare.

    Carolina Giorgi è nata a Mantova. Dopo gli studi classici, si è laureata al Dams con una testi sperimentale in Semiotica dello spettacolo (La comprensione dello spettatore).

    Giornalista pubblicista, ha collaborato con il settimanale La Cronaca di Mantova e con il mensile nazionale A tavola. Una raccolta di sue poesie è stata pubblicata nel volume Hemeros (Verona, 2004), è quindi entrata a far parte del consiglio editoriale della collana Opera Prima. Suoi testi poetici sono apparsi sulle riviste Poesia, Hebenon e sul webzine Transfinito, e citati su Il segnale.

    Ha pubblicato il romanzo Le spine di Venere (Firenze, 2005), medaglia d’argento al Premio Letterario Internazionale Maestrale - San Marco (Sestri Levante). Nel 2007 ha fatto parte della giuria del concorso di scrittura erotica indetto da Loveline, talk show di Mtv Italia. È arrivata finalista al XXIV Premio Lorenzo Montano, sezione Raccolta inedita, con la raccolta Leggendo Emily Dickinson, pubblicata nel 2013 con il titolo Tre volte Emily. Interpretazioni poetiche e visive dalla lettura di Emily Dickinson.

    Con Gilgamesh Edizioni ha pubblicato il giallo La rosa di Ledmore-Vale – Rovi di sangue per l’ispettore Trollope (2014).

    Andiamo al recinto

    Andiamo al recinto?

    Preferisci?

    Sì.

    Erano passati dieci minuti. Camminavo davanti a lei. Nella superficie graffiata della porta a vetri che conduceva al campo coperto, riuscivo a scorgere sempre più nitidamente la sua figura. Dietro di me, appena un po’ più a sinistra della mia spalla, a calpestare la ghiaia era quella giovane donna bionda, ammaliante. Mi seguiva con la sfiducia del gatto, che valuta passo dopo passo l’entità del pericolo, ma non appena mi voltavo verso di lei per rassicurarla con un sorriso, sorrideva. Sempre. Lasciando che a vincere sui suoi muscoli per mesi fossi io.

    Ma quello che Jaqueline non riuscì mai a capire era che mettendomi contro il magnetismo involontario dei suoi occhi, il naso in su, i brividi, le sue labbra sottili abituate a manifestare solo urli di ribellione sommessi, perché immancabilmente coperti dalla docilità del viso di una ragazza di ventun’anni, avevo perso.

    Perso tutto, a dire il vero, tutto… ma l’avrei compreso solo molto più tardi. Posai il ferro di cavallo come una pietra sul cuore. Rallentai per aspettarla sul portoncino.

    Eppure, anche negli istanti di maggiore sconcerto, intravederla al mio fianco nel ritaglio di una vetrata rifocillava il mio attaccamento, rimpiazzava per un attimo la mancanza di senso.

    Premendo sul gradino d’ingresso, mentre Jaqueline si era fermata per rispondere al cellulare, ripensai a com’ero arrivato a tutto questo. All’accanimento amoroso, alla cecità dinnanzi a qualsiasi altra cosa che non fosse lei, al grado altissimo di turbamento con cui, da circa un mese, facevo ingresso al numero 16 di Rue de Eluard.

    E allora precipitai con la mente a quattro anni prima…

    Le mani gelide del mio amico Kiliàn

    Le mani gelide del mio amico Kiliàn mi stringono la faccia. Bello il mio Antoine! esclama beffeggiandomi. Ma non lo vedi?

    Vedo cosa?

    È troppo ricca, troppo giovane per te… sussurra indicando lo strascico di ciglia che mi hai lasciato addosso passando, sei stata qui, a meno di un metro, poi hai proseguito con gli amici senza nemmeno notarmi.

    Quella ragazza mi ha folgorato bisbiglio maledizione…. Portandomi la mano sulla fronte resto girato verso di te. Sento che sudo, continuo a fissarti mentre passeggi in direzione del molo a Bougie sur Mer.

    Dai, vieni, ho io una da presentarti!, replica Kiliàn trascinandomi via.

    E per la miseria lo seguo. Ma dentro seguo te. Lungo le stagioni. Lì, sul marciapiede dissestato del Quiétude Café, impulsivo e assetato con due gradi che mi gelano le mani, vorrei afferrare il tuo braccio sottile avvolto nel loden per poi baciarti con la sfrontatezza che mi prende quando vivo da solo. E invece ogni volta ti lascio andare. Prima Céline, poi Suzanne, sempre incrociandoti per qualche strada di città, sempre rinunciando a esplorare da vicino la tua faccia, magari stringendoti la mano, sono Antoine Chevalier è un piacere conoscerti Jaqueline… Niente di tutto questo.

    Ma adesso tu sei qui… Sollevasti lentamente la sbarra di legno. Spingesti il cancelletto della recinzione e ti voltasti verso di me, mentre io, smarrito, ripiombavo nel passato più recente, ricordando la prima volta che ti avevo rivolto la parola.

    Aveva piovuto con insistenza per alcuni giorni e l’umidità aveva danneggiato un prezioso affresco del Cinquecento, in un palazzo di Decadieux. Era stato chiamato per un sopralluogo il mio amico Kiliàn, che da anni lavorava come perito assicurativo, e lui aveva insistito perché lo accompagnassi, prospettandomi un’interessante occasione di guadagno. Una volta arrivati sul posto, mi presentò ai facoltosi clienti come uno che conosce i cavalli meglio di quanto le api conoscono i fiori!, niente di meno. Allora io mi ero affrettato a precisare che in passato, sì, avevo ferrato anche dei campioni nazionali, ma che ora le cose erano cambiate e per mantenere la famiglia facevo un po’ di tutto, sellare, ferrare, addestrare… e mi occupavo anche di manutenzione di campi con qualsiasi fondo! A quelle parole, la signora Mercier mi aveva stretto la mano compiaciuta, esclamando a gran voce che ero la persona giusta, l’uomo di cavalli si dice in gergo, per curare il maneggio di famiglia a Rue de Eluard, tanto caro a sua figlia Jaqueline. E io, soddisfatto per la nuova collaborazione, in quello stesso istante, mentre le allungavo il biglietto da visita, scendendo dalla macchina sconvolto, avevo visto te.

    Spalanco la portiera. Sistemo i capelli grigi nello specchietto, tremo, sì, è vero. Restando di spalle lentamente con il fazzoletto premuto sulla fronte scendo giù. E, dal tappetino di gomma sotto il sedile, scende insieme a me quel macigno fatto di rimpianto e desiderio cocente che non mi avrebbe lasciato mai, lo sento nei piedi che toccano terra, lo sento nel cuore.

    Che mi avresti morso, scavato dentro, rovinato, se solo mi avessi rivolto la parola o sfiorato il braccio per indicarmi come raggiungere il maneggio, mi ripeto mentre cerco di nascondermi dietro la schiena larga di Kiliàn fingendo di non vederti. Ma ogni tanto alzo lo sguardo.

    Ti eri mai accorta di me? Della mia infatuazione fortissima, degli occhi viola che per anni ti ho puntato addosso, del modo insolente di urtarti entrando al Quiétude Café con una spallata, Oddio scusami… davvero, non volevo…, per poi immaginarti nuda nel mio letto mentre tu ti volti scuotendo il capo come per dire Non fa nulla!, con quel collo di gelsomino che sentivo tutte le volte che ti ho respirato contro…?

    Pericolo, pericolo, pericolo, pericolo, pericolo, mi ripeto allora stringendo i denti, mentre risalgo velocemente in auto salutandoti da lontano, serrando nello stomaco questo allarme dal suono incantevole che sarebbe diventato la nostra colonna sonora.

    Entrammo. Seguendoti lungo la staccionata intravidi Lunar, il primo cavallo che avevamo ferrato insieme, e mi domandai quanti momenti tu e io avevamo trascorso gomito a gomito tra le spazzole, i curasnette e le striglie con le tue mani sottili che aiutavano le mie – senza sfiorarsi – fino a oggi. Innamorandoci. Jaqueline… ti ho mai detto che per me era stato fatidico e inevitabile, come la sabbia che scivola nella clessidra, tutto quel nostro incontrarci per le strade di Decadieux fino al mese di marzo?

    Fu proprio allora che il mio ingresso nel maneggio in Rue de Eluard numero sedici ti aveva costretta a dirmi Buongiorno, Chevalier, le mostro cosa piace ai nostri cavalli. E ti eri messa ad accarezzare uno splendido purosangue e sfioravi con le dita il suo mantello disegnando con l’indice una serie di cerchi. Il tuo corpo… Faceva lo stesso. E a me sembrava impossibile che quella ragazza che mi aveva fulminato quattro anni prima senza scampo a Bougie sur Mer fosse

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