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Democrazia certificata
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Democrazia certificata

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70 ANNI D’ITALICO PROGRESSO

Partiti. Dalla libertà associativa alla prepotenza partitocratica.

Eletti? Dalla Democrazia indiretta con delega alla Democrazia interdetta con nomina.

Parlamentari. Dalla prescrizione abbreviata all’impunità prescritta (per legge).

Ideologie. Dall’ideale al venale.

Conflitto d’interessi. Dal conflitto a… se ci sono interessi non c’è mai conflitto.

Spesa pubblica. Dalla spesa programmata alla spesa cercata. Dai servizi pubblici al pubblico senza servizi.

Legalità. Dal comportarsi con onore e “giudizio” a confrontarsi col sistema giudiziario.

Normativa. Da rispettare le leggi alle leggi che rispettano i privilegiati.

Non obbligo di mandato. Dalla libertà dal partito al rifiuto di ogni controllo.

Revisione costituzionale. Da Partito Democratico a…il democratico è partito: è rimasto l’altro.

Magistratura. Da potere giudiziario a potere giudizioso (per i privilegiati).

Nuova Costituzione. Il Governo: da esecutivo a… “Eseguite!”. Da popolo sovrano a popolo sovrastato.

CONCLUSIONE

Dalla pseudo Democrazia oligarchica alla pseudo oligarchia tirannica.

SOLUZIONE

LA DEMOCRAZIA CERTIFICATA
LanguageItaliano
Release dateNov 7, 2016
ISBN9788822862815
Democrazia certificata

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    Democrazia certificata - Alfredo Pellegrini

    Alfredo Pellegrini

    Democrazia certificata

    UUID: 87da3fc8-9cd9-11e6-9012-0f7870795abd

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice dei contenuti

    Premessa

    Introduzione

    CAPITOLO I

    1. La grande beffa

    La sovranità popolare

    2. Troppo pessimismo?

    Situazione attuale italiana

    Meno male che lui c’è stato

    La rivoluzione

    La protesta

    Le proposte in circolazione

    Come ne usciamo?

    La prima Repubblica

    La seconda

    La crisi generale dell’economia

    3. La partitocrazia

    Le norme paracadute

    L’elastico

    Come mai?

    4. Le conseguenze

    Sull’immagine

    Sull’economia

    Sugli equilibri sociali

    Le privatizzazioni

    Le liberalizzazioni

    5. La relatività dei numeri, dei metodi di calcolo e…dei fatti

    CAPITOLO II

    6. Lo Stato base zero

    7. Il feed back

    L’irresponsabilità

    La responsabilità

    La responsabilità politica (Costituzione)

    8. La Democrazia indiretta

    La delega secondo il codice

    Secondo la prassi organizzativa.

    La delega costituzionale

    La delega efficace

    9. La corruzione

    La bustarella della commedia all’italiana.

    I tutori dell’ordine

    La corruzione e l’illegalità privata

    10. Il nepotismo

    11. Il conflitto d’interessi

    CAPITOLO III

    12. Corporazioni e lobbies

    Da quando

    ​La genesi del clan

    Mafie

    Logge massoniche

    Sette etico-religiose

    Partiti

    1° Rimborsi elettorali

    2° I rimborsi ai Gruppi parlamentari

    3° Rimborsi per personale dimesso

    4°. Le fondazioni

    5° I contributi non ufficiali (tangenti)

    6° I giornali di partito

    7° I servizi

    8° I debiti

    9°Il gioco d’azzardo

    10° Il controllo delle banche

    I sindacati

    Unioni industriali e commercianti

    Sistema cooperative

    Onlus e società senza scopo di lucro

    Ordini professionali

    ​Circoli, club e fondazioni a carattere etico-filosofico culturale

    13. Minoranze e corporazioni prepotenti

    14. La Giustizia

    CAPITOLO IV

    15 Guarigione o rivoluzione

    16. La gerarchia degli obiettivi

    17. Il teorema e i corollari

    La partecipazione di tutti i Cittadini

    Referendum

    Fisco

    Il fisco collaborativo

    Spesa pubblica

    La ridistribuzione del reddito

    Burocrazia e semplificazione

    I rapporti con le Autorità

    18. I parametri

    I° Sicurezza esterna e interna

    II° Salute e ambiente

    III° Economia e lavoro. Fisco

    IV° Giustizia e rispetto del Cittadino

    V° Istruzione e cultura

    VI° Trasparenza e pari possibilità

    VII° Comunicazione e scambio

    VIII° Educazione civica

    IX° Educazione sessuale. Igiene.

    X° Patrimonio artistico, naturale. Enogastronomia

    19. I riferimenti storici

    Liberté

    Égalité

    Fraternité

    CAPITOLO V

    20. Responsabilità e controllo

    La funzione di controllo

    21 La pratica realizzazione del controllo

    Gli organi

    I livelli

    I componenti

    Le competenze e la procedura

    Le decisioni

    I costi

    I rischi e le critiche

    Il controllo dei controllori e le sanzioni

    22. Gli effetti del controllo

    Gli effetti diretti e le facoltà degli O.CO.CI

    Gli effetti indiretti

    23. La dignità del Cittadino e la pace sociale

    24. Le obiezioni

    Pluripartito e monopartito

    Un programma utopico

    Complesso dal punto di vista organizzativo

    Costoso

    Pone la politica e il Parlamento in secondo piano

    Implica il cambiamento di molti protagonisti dell’attuale partitocrazia

    La fuga di partitocrati causerebbe difficoltà gestionali.

    Il livello di cultura della popolazione non è adeguato

    Sono i Cittadini italiani a volere il Sistema esistente.

    Comporta importanti variazioni del testo costituzionale

    25. Altre soluzioni?

    In attesa di Pericle

    Un altro 1920 o 1945; un’altra Resistenza?

    I Paesi emergenti

    Gli uomini

    Le condizioni normative

    La maturità partitica

    La prova del nove

    26. Capitale e lavoro

    27. In definitiva

    Concludendo

    POST-SCRIPTUM

    A P P E N D I C I

    APPENDICE A

    APPENDICE B

    APPENDICE C

    APPENDICE D

    Bibliografia

    Note

    Premessa

    Sia subito chiaro che questo non è, e non vuole essere, un libro inchiesta. Ne esiste già una quantità tale che nessuno può giustificare la sua eventuale disinformazione. Non sarebbe, d’altra parte, pensabile proporsi un’inchiesta approfondita su aspetti diversi della gestione pubblica, come quelli qui trattati, in un solo testo.

    Dalla vasta letteratura disponi­bile ho attinto le notizie e gli spunti per fare, inizialmente, un’analisi complessiva del nostro sistema politico. In seguito, nella parte che più mi preme, avanzo una proposta che ritengo risolutiva, per eliminarne le evidenti e pericolose disfunzioni che sono ormai percepite dalla maggioranza degli italiani.

    Ne consegue che chi si aspetta nuove notizie sulla nostra classe politica, più o meno scioccanti come quelle, per intenderci, che troviamo ogni giorno sui quotidiani, è meglio non continui la lettura. Quelle informazioni e quei numeri, invece, che circolano da tempo e, quindi, si possono ritenere non contestati, né contestabili, vengono da me utilizzati per fare il punto della situazione e trarre delle conclusioni[1]..

    Il susseguirsi rapido degli avvenimenti politici di questi ultimi tre anni, inoltre, può far considerare parte dei dati e delle situazioni citate variati e/o superati. Pur ammettendo la pertinenza di tale notazione, faccio presente, anzitutto, che gli elementi evidenziati vanno considerati nel loro assieme, come costitutivi di una tendenza maturata, nel medio lungo termine, in una situazione generale altamente compromessa dal punto di vista politico e conseguentemente economico sociale. Secondariamente molti temi, quale, tra gli altri, il finanziamento ai partiti, per fare un .esempio, sono stati trattati per anni in modo incoerente, secondo la maggioranza di turno e la reazione dell’opinione pubblica. Molti altri sono, anche ultimamente, oggetto di programmi futuri, quindi da considerare non esauriti e d’incerta soluzione. In sostanza se anche mutamenti ci sono stati o ci saranno, l’esperienza ci suggerisce di non considerarli definitivi. Quello che importa soprattutto è capire perché siamo potuti arrivare al punto in cui oggi ci troviamo, secondo gran parte dei commentatori internazionali, la UE e almeno metà degli italiani, per trovare una soluzione.

    Il titolo, infatti, Democrazia certificata, esprime il dichiarato intento di questo lavoro di formulare una proposta principale, con oggetto la responsabilità politica e il controllo civico, ed alcune altre complementari, certo non di poco rilievo, per consentire nel tempo la continuità di un Sistema veramente democratico ed efficiente. L’esposizione non vuole essere dottrinale per iniziati o addetti ai lavori, ma per il Cittadino. A lui è destinato, infatti, questo scritto, come proposta di soluzione reale dello stallo democratico in cui si trova il Paese. Chi vuole avere un orientamento rapido sulla logica di sviluppo del testo, può trovare utile un’occhiata alla mappa in APPENDICE A, prima d’iniziare.

    Non so quale sarà l’opinione dei lettori che avranno la costanza di finire queste pagine. Nel timore che il mio atteggiamento, palesemente critico, nei confronti di molte, se non tutte, le soluzioni trovate da chi amministra il nostro Stato o da alcuni commentatori, possa portare a conclusioni estranee alla mia volontà, ritengo opportuno fare qualche puntualizzazione.

    Non sono contrario di principio alla politica, come certamente qualcuno sosterrà. Se per politica s’intende la teoria e la pratica che hanno per oggetto la costituzione, l’organizzazione e la gestione dello Stato e la direzione della vita pubblica, pur con la presenza di diverse opinioni. Come potrei? Certo considero letale, per lo Stato e la Democrazia, la faida partitocratica, il compromesso abituale, la facoltà di mentire o l’irresponsabilità più proterva. Sono contrario, quindi, alla politica che lenisca, raggiri, trascuri e usi il Cittadino. Ecco perché non sono un sostenitore della partitocrazia in generale, che è una degradazione della politica. Soprattutto non lo sono, della partitocrazia italiana, vale a dire di quella che si è trasformata in oligarchia autocratica e clientelare, con degenerazioni corruttive universalmente note. Un minimo numero di partiti, ognuno dei quali rappresenti una quota significativa di popolazione, certo non lo 0,x% come oggi, è nella logica delle libertà civili e costituzionali. È di tutta evidenza che attualmente il nostro Paese è ben lontano da queste condizioni. Inoltre, non è certo l’esistenza dei partiti e del loro numero la vera garanzia di Democrazia, come si vuol far credere, anzi.

    Ciò che più mi preme, però, è il ruolo del Cittadino, che per le molte ragioni analizzate nel testo, risulta ridotto in modo abnorme, sia in relazione alla Carta costituzionale sia, con più ampio e generale riferimento, alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948: art.21 La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni.

    Quale carica dello Stato può affermare oggi, e da molti anni, che l’autorità del Governo, i suoi componenti, i suoi provvedimenti (diretti od imposti al Parlamento) trovano anche solo riscontro nella volontà del popolo italiano? Si manifestano, infatti, inequivocabili sintomi di potere autoritario. Quello già subito, combattuto, superato.

    Attenzione però, per uscire da questo cul-de-sac non bastano le parole e gli scritti. Ci vogliono volontà partecipativa ed azione convinta. Azione costante, consapevole: non manifestazioni più o meno violente, eccessi ideologici e materiali, dialettica e polemiche roventi o addirittura un qualcosa che assomigli ad una rivoluzione. Così come serve a poco e per poco tempo cambiare solo gli uomini: è il Sistema che va corretto in modo permanente, secondo gli indirizzi della società civile. Non quella (le cosiddette forze sociali) solitamente intesa da tutti gli organi di comunicazione però, ma la Cittadinanza nella sua globalità. Mie opinioni? Certo, ma spero condivise da quella maggioranza che, in un modo o nell’altro, non manifesta la sua volontà o esprime contrarietà in occasione del voto (vicino e oltre il 50% degli aventi diritto). Molti protagonisti del pensiero, della politica attiva od opinionisti condividono almeno parte di queste osservazioni critiche:

    " Dobbiamo porre fine a questa politica conflittuale... (però evitando di passare con estrema facilità ad accordi di convenienza nda)"Presidente della Repubblica (Napolitano). I politici non seguano l’interesse personale... Papa Ratzinger (alla faccia dell’eufemismo! La Stampa 27 maggio 2011). Anche se non sono favorevole all’intervento della Chiesa in temi politici, quest’ultimo richiamo, per il suo chiaro riferimento all’etica e per la sua validità generale, non solo è stato accettabile, ma opportuno.

    Quelli citati, sono solo due dei molti esempi disponibili: altri si trovano in queste pagine e nelle moltissime altre, di cui sono piene librerie e biblioteche.

    Non ci si sconcerti poi di fronte alla proposta di base, qui contenuta, per una soluzione duratura dei nostri problemi. Prenderà sicuramente alla sprovvista, nell’immediato, perché nessuno l’ha mai fatta. Ma proviamo a rifletterci. D’altra parte come potrebbe chi è legato al sistema partitico attuale, da cui trae innegabile vantaggio, suggerire modi d’intervento che lo pongono fuori gioco o comunque gli creano difficoltà. Non è un’illusione, però, quella che voglio esporre, è l’unica possibilità. Cercherò di dimostrarlo.

    Le citazioni d’episodi squallidi, inseriti dove serve nel testo, l’eventuale elencazione d’iniziative scellerate (si veda la tabella Le norme paracadute in APPENDICE B) non hanno lo scopo, un po’ sadico, d’infierire una volta ancora sul lettore, dopo l’ampia e documentata letteratura di questi ultimi anni sull’argomento. Vogliono essere solo un sintetico panorama, per i meno aggiornati, indicativo del punto a cui ci ha ridotto la classe dirigente del Paese. Per poterci porre delle risolutive domande sul nostro futuro, una conoscenza del livello di mistificazione della Democrazia a cui siamo arrivati oggi, nella gestione della Cosa Pubblica, è decisivo, volenti o nolenti. In ogni caso, evito di entrare nel dettaglio e rimando alle numerose fonti esistenti, in particolare a quelle citate in bibliografia. In altre parole, quello che m’interessa è la conclusione a cui dobbiamo giungere tutti quanti, dopo una panoramica generale sulle nostre Istituzioni. Detto più esplicitamente: non possiamo più lasciare agire i nostri delegati senza un controllo efficace. La loro irresponsabilità, che va a braccetto con la loro avidità, è tale che ci porterà al disastro, già sfiorato e che ancora incombe. Salvo chiedere l’intervento dei soliti, già sovraccarichi di oneri fiscali e pletorici adempimenti: i Cittadini.

    Uno Stato così gestito non può svolgere le sue funzioni peculiari, né competere in alcun modo con gli altri Stati; già oggi e mai e poi mai nel futuro anche prossimo. In ogni caso poi, ciascun giorno di sopravvivenza strappato al default del debito pubblico o a qualche italica versione di fallimento statale è a carico solo dei Cittadini corretti: quelli che lavorano e tirano avanti nonostante tutto. I parassiti godono i loro privilegi e i patrimoni, ingiustamente e perfino illecitamente accumulati.

    Queste considerazioni valgono ovviamente per buona parte dei nostri delegati, pur esistendo eccezioni che però non riescono a modificare la tendenza ed anzi incontrano contrasti, critiche o, nel migliore dei casi, sufficienza e compatimento.

    Sono contrario per principio ai luoghi comuni, e criticare la classe dirigente è ormai un ritornello quotidiano di molti. Purtroppo sono i fatti che spingono a questo, che, da un punto di vista sovrannazionale, è un atteggiamento masochista. Non è possibile però concepire cambiamenti efficaci, oltre le solite false promesse, se non si è consapevoli del reale degrado nel quale è stato spinto il Paese. In altre parole per una terapia risolutiva servono una diagnosi ed una prognosi corrette e complete, anche se sgradevoli.

    Ah! Dimenticavo. Un paio di precisazioni non di primaria importanza.

    Non uso il noi, quando espongo direttamente un mio pensiero. Il plurale maiestatis, come si definiva, mi sembra un po’ ipocrita ed un po’ ridicolo. Qui, non ci sono maestà, né il lavoro è di gruppo, dunque i meriti o i demeriti riguardano solo l’autore. Salvo, ovviamente, riconoscere subito il contributo di notizie tratto dalle molte opere citate nelle note ed in bibliografia.

    L’uso frequente nel testo del termine Cittadino è inevitabile, anche se favorisce le facili e scontate accuse di populismo. La reazione più prevedibile di chi è in disaccordo oggi, come accennerò in seguito, è proprio l’etichetta applicata senza spiegazioni.

    Introduzione

    Avrei voluto intitolare il volume semplicemente: Democrazia. Solo di Democrazia, infatti, voglio trattare, il sistema di governo del popolo, così come inteso da quando è stato ideato.

    Molti, però, hanno già rimescolato le carte, utilizzando il termine con aggettivi, quasi fosse necessario qualificarlo. Di fatto poi, dalle idee alla realizzazione pratica, è accaduto che si siano verificate notevoli manipolazioni e conseguenti diversificazioni. Il concetto autentico, perciò, è andato confondendosi nel tempo. Per queste ragioni la precisazione Democrazia certificata mi è parsa utile. Il sostantivo , infatti, è divenuto di per sé quasi privo di un proprio significato intrinseco in quanto oggetto di diffusa, costante e generalizzata banalizzazione e strumentalizzazione… Così dall’opera citata in nota.[2].. Si ricordi, a solo titolo d’esempio, la Deutsche Demokratische Republik (DDR). Mentre scrivevo poi è nato in Parlamento il gruppo dei Responsabili, definizione che richiama in parte il concetto di responsabilità, informatore di questo lavoro. Il titolo originario, infatti, era Democrazia responsabile". L’episodio non mi ha meravigliato, per il gran numero di gruppi parlamentari che si formano e durano qualche mese o cambiano denominazione. Esso conferma un’altra caratteristica dei nostri tempi: una delle non poche abitudini errate, diffuse da molti anni. È sufficiente far circolare un concetto, in genere costituito da un aggettivo, più che altro un epiteto per gli avversari e un termine falsamente elogiativo per se o per gli amici. Il destinatario è classificato a vita, prescindendo da ciò che in realtà è. In altri tempi si sarebbe chiamata calunnia (la calunnia è un venticello...) in caso negativo o encomio in caso positivo. Oggi ormai l’abitudine si è consolidata con naturalezza ed è divenuta vero e proprio nominalismo: vale a dire la prevalenza della definizione sul concetto. Ne sono stretti parenti la chiacchiera sull’azione, la forma sulla sostanza, l’apparenza sulla realtà, la promessa e l’esibizione sul contenuto, lo spettacolo purché sia, lo sport seduti davanti alla televisione od in tribuna, il sesso virtuale e a tassametro. In definitiva il fasullo.Il nominalismo è parente del mito e della menzogna, quindi dell’inganno. La forma di violenza più subdola e più diffusa nei Paesi avanzati. L’umanità, poi, preferisce la leggenda alla realtà: i partitocrati lo sanno. La realtà vera interessa poco, ci affascina meno. D’altronde è un problema vecchio come l’uomo. Le balle che ci ha raccontato Omero! Lui però aveva un buon alibi: era un poeta. Il gioco è semplice si incolla un’etichetta, come si fa sui tabelloni di sughero per i grafici a muro, e il destinatario è marchiato a vita. Qualcosa di simile alla gogna medioevale, ma con molta più efficacia per l’effetto moltiplicatore della comunicazione. Anche dopo la dimostrazione che si è trattato di un errore, a rimediare si pone poca attenzione: l’ultima pagina, un inciso nel discorso. Insomma chi ha avuto ha avuto... (si veda il par. La responsabilità politica: i sicofanti). In molte attività si ripete il gioco sleale dell’inganno in varie forme: in azienda il superiore si arroga i meriti del collaboratore plagiandone le idee; in arte si costruiscono nomi famosi dietro i quali c’è poco o nulla; nella pubblica amministrazione il supporto del partito crea personalità fantoccio; nel mondo dello spettacolo...Potrei continuare a lungo.

    Fascista, democratico (il più usato), ambientalista, comunista, riformista, capitalista, venduto, foraggiato, schierato, progressista, reazionario, conservatore, responsabile, populista appunto, intendono dire tutto anche se la realtà è opposta, senz’altre spiegazioni. Il problema è che si parte dagli aggettivi, dalle definizioni, più o meno offensive e si arriva alle aperte ingiurie perfino, e soprattutto, in Parlamento. Capita anche di vedere scontri gladiatori, seppure tra soggetti più adatti alla poltrona che a manifestazioni di fisica esuberanza. Probabilmente è l’uso abituale, nella stampa e nei media in genere, di espressioni sintetiche per la titolazione di articoli, per la presentazione di talk shows o nel gergo pubblicitario. Un derivato dalla diffusione di slogans nelle manifestazioni, negli stadi e ovunque dove il colloquio e la discussione non esistono, così come la Democrazia. Il linguaggio dei media è un gergo: cellulari e Web sono esempi canonici. Ma anche nei dibattiti, più che argomenti si sentono definizioni del contradditore, non raramente insulti veri e propri. Eppure dovrebbe essere chiaro a tutti che le idee non si demoliscono né si costruiscono, con i soli aggettivi: altro concetto che sarebbe meglio avere chiaro come elettori. Infatti la componente pricipale di questa cattiva abitudine è la mancanza di argomenti.

    Questa poi dei Responsabili è una trovata tipicamente nominale.

    Difficile aver meno responsabilità di un parlamentare! La politica in genere, ormai è basata sulle parole, sugli annunci a cui segue il nulla o il peggio.

    Sono Onorevoli, per esempio, coloro che sarebbe meglio definire Deputati per due buone ragioni. Prima: l’aggettivo onorevole venne usato, nel lontano passato, quale riconoscimento per l’esercizio gratuito dell’ufficio. Oggi siamo agli antipodi. Seconda ragione: all’epoca, non esisteva il vergognoso elenco attuale di condannati ed indagati. Chiamiamoli Deputati, ci capiamo ugualmente e non diffondiamo miti illusori. Altro esempio. I Saggi nominati dall’ex Presidente della Repubblica per lo studio di proposte di modifica della Costituzione. Forse erano esperti, professionisti più che qualificati. La saggezza non è una qualifica e, se del caso, gli sarebbe stata attribuita a fine incarico. Oppure avevano tutti già ottenuto questo riconoscimento indiscusso? E da chi? Da altri saggi? Se poi teniamo conto che la loro saggezza non gli ha impedito (qualcuno si è dissociato) di partecipare, anche se non direttamente, alla modifica del testo costituzionale con modalità in contrasto con il medesimo...

    La Democrazia non ha l’obiettivo di combattere i ricchi, né di sfruttare i poveri, non vuole eliminare alcuna classe sociale a favore di altre, né pilotare l’economia a beneficio esclusivo di una classe, piuttosto che di un’altra. Soprattutto non implica che i Cittadini si contrastino dopo essersi divisi in fazioni. Essa rende possibile ad ognuno di esprimere i propri giudizi e di affermare le proprie idee, direttamente o tramite rappresentanti allo scopo incaricati. La Democrazia! Le sue degenerazioni invece possono creare problemi di varia natura.

    Partiti, clans, corporazioni e gruppi di opposizione più o meno violenta, occulti o non, sono connaturati all’esistenza di regimi oligarchici, autoritari, autocratici, tirannici e comunque non democratici. La storia ce lo conferma. Il fatto che esistano tuttora anche in Democrazie non recenti e che comunque tali si proclamano, depone male sull’ autenticità delle medesime.

    Il potere, da quando esiste, si è sempre preoccupato di manipolare la mente dei suoi amministrati. I ferri del mestiere sono molti e diversi a seconda delle epoche e dei caratteri del soggetto o del gruppo che lo detiene. La superstizione, la religione, la tradizione, il patriottismo retorico, l’ideologia, la ribellione, il pregiudizio, la demagogia sono, di volta in volta, strumenti che possono divenire, e in realtà sono divenuti, utili più che alla civile consapevolezza, a mantenere la sudditanza psicologica e di fatto dei governati. Strumenti con i quali si educa, circuendolo, il popolo, agendo sui suoi sentimenti, lasciando dormire, anzi addormentando la sua ragione. A questo difficile, ma ben remunerato compito attendono oggi i molti, troppi, intellettuali al seguito dei diversi partiti. Quelli che tagliano e cuciono con la stessa noncuranza. Che scolpiscono verità nella pietra oggi e le negano domani. Che non azzeccano una previsione (al pari degli economisti). Che fabbricano le imposture, con una naturalezza tale da farle sembrare Vangelo e le difendono all’arma bianca con tutti i mezzi, in particolare di fronte ai telespettatori. Lì, assieme a partitocrati, opinionisti e personaggi popolari anche estranei alla politica, simulano duelli, fanno recite tragiche con insulti e uscite di scena, salvo ritrovarsi al bar con gli antagonisti a berci sopra. E la recita continua!

    "Nessuno può ignorare che la tentazione di gestire il potere senza controllo è connaturata al potere stesso [3] "

    Quello che è importante capire però, e che voglio mettere in rilievo, è che per la permanenza nel lungo termine di un’oligarchia costituita dai pochi che rappresentano i molti, nella Democrazia indiretta cui si ricorre per necessità pratica, non basta la volontà prevaricatrice dei pochi per strumentalizzare i molti, ci vuole anche l’acquiescenza di quest’ultimi.

    In modo più chiaro: cosa aspettiamo a comprendere che da decenni ci stanno usando, sventolando bandiere e cantando inni e che qualunque sia il colore delle bandiere e il motivo degli inni, la fregatura è sempre scontata?

    Altro fattore non secondario che snatura, in più Paesi ed in particolare nel nostro, il concetto di Democrazia, impedendone la piena realizzazione, è la prevalenza mal celata del volere della minoranza dei Cittadini sulla maggioranza. Il che accade in particolare con le minoranze organizzate in clans, lobbies, corporazioni. La tutela delle minoranze è una giusta aspirazione di tutte le Democrazie evolute ed ha un suo valore ed un significato ben precisi, che non sono certo quelli di assegnare loro il potere decisionale. Siamo certi che sia Democrazia considerare validi risultati elettorali frutto di meno del 50% di voti degli aventi diritto, senza tener alcun conto di coloro che non hanno manifestato alcun interesse per i partiti ed i candidati da loro proposti? Si tratta di poco interesse o di aperta disapprovazione? Possibile che nessuno si sia posto il problema di considerare anche l’opinione di questo gran numero di dissenzienti? Se per ipotesi si arrivasse a percentuali dimezzate rispetto a queste, in base alle quali sarebbe poco più di un quinto della popolazione con diritto di voto a determinare i destini degli altri quattro quinti, accetteremmo supinamente che l’interesse dei partiti a sopravvivere mortificasse fino ad annullarli i principi democratici?

    Anche in altri Paesi accade la stessa cosa e mai nessuno, si dirà, ne ha fatto un problema. Bene, è ora che ci si pensi, se lo scopo è quello di realizzare la volontà degli elettori. Basterebbe iniziare con qualche inchiesta giornalistica o qualche sondaggio, per appurare le ragioni che hanno determinato il disinteresse verso i candidati o i loro programmi, o le liste bloccate o semi bloccate proposte dai partiti, come nel nostro caso. Avute le prime indicazioni di massima, non sarebbe difficile formulare un referendum propositivo che accogliesse le richieste della maggioranza effettiva degli aventi diritto al voto, per una più convinta partecipazione.

    La questione è di grande rilievo anche nell’ambito del diritto del lavoro e delle regole sindacali. Accade spesso, infatti, che minoranze ridottissime tengano in stallo il resto dei lavoratori e servizi essenziali per i Cittadini. Anche le forze sociali con cui il Governo discute le nuove leggi o le riforme sono una minoranza altrettanto ridotta di Cittadini, per di più organizzati in corporazioni. Siamo certi che si tratti di un metodo democratico? Qualcuno pensa, con ragione, che si tratta più di resa a gruppi di pressione, quasi sempre rappresentati da privilegiati, spacciata per metodo democratico. È possibile trovare una soluzione per ascoltare anche chi, in vario modo, non si esprime col proprio voto o non ha rappresentanti organizzati e ben remunerati.

    A chi si guadagna da vivere

    onestamente e con dignità.

    CAPITOLO I

    1. La grande beffa

    Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l’illusione di essere sovrano.

    Un pensiero di Benito Mussolini da Dottrina del fascismo Vol. VIII.

    Allora almeno lo si affermava con chiarezza. Oggi lo si nega esaltando la Democrazia della libertà di parola (senza risultato), della libertà di stampa (allineata volontariamente agl’interessi partitici), della libertà di manifestazione (che non cambia nulla, salvo danneggiare altri Cittadini). I fatti dimostrano che il pensiero è tuttora condiviso e sopravvive, contro il mare di chiacchiere che gli fanno da paravento.

    Da secoli i popoli inseguono il miraggio della Democrazia. Ancora oggi, solo pochi la vivono in una forma vicina a quella ideale; nessuno l’ha completamente realizzata. Il problema è quello dei rappresentanti. In definitiva, sono sempre la loro competenza ed onestà che condizionano il risultato. La maturità dei Cittadini fa il resto.

    Fino alla rivoluzione francese, il potere teocratico impose la sua autorità assoluta tirando in ballo il Padreterno, come suo mandante, la Chiesa infatti ne fu la celebrante. Le conseguenze sui Cittadini, di questo tipo d’organizzazione dello Stato, sono universalmente note ed hanno caratterizzato gran parte del percorso storico di molti Paesi occidentali e non. Prima ancora Lutero[4], che contestò la vendita delle indulgenze per costruire San Pietro in Roma e produsse la rottura del protestantesimo, mettendo in discussione tutta la struttura del potere ecclesiastico, poi la rivoluzione francese e più esplicitamente Napoleone, che si pose in capo personalmente la corona imperiale, segnarono un limite inequivocabile per la teocrazia. Di fatto però, il passaggio decisivo non venne sempre confermato dalla storia degli anni successivi. Da noi, il potere militare e territoriale della Chiesa venne realmente circoscritto solo nel 1870, dopo la costituzione del regno d’Italia[5]. La sua influenza, però, è tuttora presente, anche a livello politico.

    Anche in altri Paesi a regime democratico, sono presenti partiti che si fanno raccomandare da Cristo[6], negando ovviamente qualsiasi speculazione, ma anche leaders che, tra il serio ed il faceto, si dichiarano benedetti o perfino prescelti dall’Altissimo. Sicuramente non hanno presenti le parole che Cristo stesso rivolse agli apostoli Sapete che coloro i quali hanno parvenza di regno sui popoli spadroneggiano su di essi, e da loro i magnati ottengono il potere (Marco X 43-44).

    Il dominio sui Cittadini ha assunto, dunque, forme e travestimenti diversi. Dopo più di ventiquattro secoli dall’invenzione della Democrazia in Atene, essa è ancora un obiettivo non raggiunto di chi affida incarichi di governo e, più o meno lontano, secondo la lealtà degli uomini che assurgono ai ruoli di potere e la maturità critica dei Cittadini che li giudicano.

    La constatazione viene spontanea se si ripercorre nel tempo la storia dei delegati al comando, ma evidenzia anche un crinale sottile su cui cammina una forma di governo, in cui la fiducia assume un ruolo decisivo nel mandato agli eletti. Da una parte e dall’altra stanno regimi completamente diversi ed il pericolo di scivolarvi è incombente. La fiducia attualmente poggia soprattutto sull’individuo. Nel nostro caso solo indirettamente e confusamente a causa delle liste manipolate. È vero che in sede elettorale conta anche il programma che propone il partito cui appartiene. Ma dopo? Perfino i nuovi partiti di protesta hanno qualche difficoltà a mantenere un minimo di coerenza con le novità proposte che sono state all’origine della buona accoglienza dell’elettorato.

    A complicare ulteriormente la nostra condizione è l’abbraccio perverso del potere partitocratico con la parte peggiore del Paese, che lo nutre, tramite la corruzione, i conniventi, i clans e le lobbies, la delinquenza organizzata ed accettando la concussione.

    "Mentre negli altri Paesi europei la criminalità non fa storia, riguardando solo le fasce meno integrate e acculturate della società, in Italia la storia nazionale, quella con la S maiuscola, è inestricabilmente intrecciata con quella della criminalità di settori significativi della sua classe dirigente … "

    Gli autori citati evidenziano anche come Stato e Democrazia siano

    Strettamente legati, dall’Unità d’Italia, alla criminalità. Infatti ne sono protagonisti i Potenti che tali diventano, in buona parte, proprio con la leva del crimine, coniugato nelle sue infinite varianti, riassumibili nella corruzione delle risorse umane soprattutto della pubblica amministrazione e nel contagio mafioso crescente.[7]

    Nemmeno in Parlamento sono in molti a negare questa verità: "Ci sono parlamentari che difendono camorristi e mafiosi[8]". Anche se, magari, come avvocati.

    Ancora oggi i dubbi, più che giustificati dalle ammissioni dei pentiti e di altri testimoni, sulla trattativa Stato mafia non sono stati cancellati. Nel maggio 2013 si è parlato ancora dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, ma c’è chi non dimentica anche gli appunti di Alberto Dalla Chiesa, l’agenda elettronica di Giovanni Falcone, la videocassetta di Mauro Rostagno o il contenuto della scrivania di Mauro De Mauro. Tutte vittime della mafia, del lavoro delle quali non si riuscì mai a ritrovare i risultati riservati, sottratti da mani provvidenziali sul luogo dell’omicidio o, peggio, del lavoro stesso. Mani che, date le circostanze, non possono ritenersi dei mafiosi omicidi.

    Bazzecole, quisquilie e pinzillacchere! Diceva Totò.

    La sovranità popolare resta tuttora un obiettivo più o meno distante secondo i Paesi considerati, anche nel caso che, come in Italia, sia la Carta costituzionale a porla come principio base delle norme primarie. I fattori in gioco sono molti e provo a definirli. Quello che importa, in ogni modo, è proprio trovare la strada più diretta per ottenerla, come mi preme qui chiarire, sin dalle prime battute.

    La sovranità popolare

    Ma come va inteso il dettato costituzionale e quali sono i confini della sovranità indicata nell’art. 1 da cui iniziano I principi fondamentali?

    "I principi fondamentali inseriti nel testo italiano, (scrive l’autore[9] dopo aver citato la -Declaration of Indipendence- degli originari tredici Stati Uniti d’America e la -Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen-francese del 1789) così, non sono assimilabili ad un preambolo, parte a cui si attribuisce carattere solo simbolico e programmatico, ma sono stati da (quasi) subito considerati componente essenziale della Costituzione e,...potente ausilio interpretativo oltre che parametro decisivo in molti giudizi di legittimità costituzionale ...".

    E in altra parte sempre Casonato, precisa che fu la volontà popolare a definire la composizione della Costituente e, successivamente, la forma di regime istituzionale repubblicano con il referendum del 2 giugno 1946. Furono i Cittadini stessi, dunque, a decidere il proprio destino dopo rivolgimenti storici come la caduta del regime fascista, la dissoluzione della monarchia e delle sue regole (Statuto Albertino) e la fine di una guerra sanguinosa. Lo decisero consapevolmente pur trovandosi in gravi difficoltà economiche e in presenza di una guerra civile localizzata ma strisciante.

    E poco di seguito"...Orlando spiega con dettagli importantissimi per capire la realtà dell’art. 1 della Costituzione e soprattutto del suo 2° comma, onde evitare che si desse alla futura Assemblea un potere pieno ed assoluto. Si volle cioè che la Costituente avesse già davanti a sé, all’inizio dei suoi lavori, la decisione del sovrano, dal popolo sovrano: l’Italia <è una Repubblica democratica> ...perché a sceglierla furono gli Italiani stessi, il popolo italiano chiamato a manifestare la sua volontà sovrana.[10]"

    La sovranità del popolo non è solo consacrata, dunque, dall’art.1 inequivocabilmente, ma lo precede, in quanto concetto base giuridico, ispiratore di tutto il testo costituzionale che lo definisce nei singoli aspetti applicativi. Il fine determinato di consacrare il popolo come fonte primaria del potere, al di là dei lunghi ed approfonditi dibattiti dell’epoca, risulta già evidente dal processo di avvicinamento al nuovo ordinamento statale, che vede un doppio interpello popolare. Prima per l’elezione dell’Assemblea Costituente, poi per il referendum sulla scelta tra monarchia e repubblica. L’intenzione, per chi avesse ancora qualche dubbio, è apertamente dichiarata da Vittorio Emanuele Orlando nella sua relazione al d.lgs.lgt. 16 marzo 1946 n.98, emanato per affidare al referendum popolare la storica decisione. Relazione volta a sostenere l’intervento dei Cittadini per la seconda volta, appunto, per la definizione della forma istituzionale. Proprio l’illustre giurista, ne sostiene l’opportunità in quanto definisce la sovranità popolare come origine suprema di tutti i poteri e ne motiva la necessità in relazione alla contraddizione ed all’insuccesso dello Stato di diritto ottocentesco, che accettava di buon grado le regole solo perché ne era l’indiscusso artefice.

    Il principio della sovranità popolare, dunque, appare inequivocabile anche al meno esperto lettore della Costituzione ed è confermato in chiari termini anche da studiosi che sul testo della medesima si sono cimentati per anni in interpretazioni e dibattiti.

    Quindi l’art.1 che recita

    "L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.

    La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione" chiarisce, con certezza, che al popolo è attribuito un potere originario e superiore ad ogni altro.

    La precisazione non è di secondaria importanza, come la sua conferma da parte d’esperti della materia, in quanto da essa conseguono molte, se non tutte le considerazioni che seguiranno.

    La beffa dunque consiste nel fatto che, in particolare nel nostro Paese, tutti i partitocrati leniscono i Cittadini in previsione delle elezioni, si appellano alla sovranità popolare pur sapendo che, subito dopo eletti, non si limiteranno a dimenticarla, ma ne faranno scempio[11]. Ormai si utilizza solo per slogans di cui, però i più avveduti avvertono l’ipocrisia. Se poi si aggiunge che, oggi ancora, la lista degli eleggibili è decisa dal partito e quindi dai suoi leaders (salvo i conati di modifica d’inizio 2014), il quadro diventa anche più allarmante. Così come, la procedura già avviata di variazioni al testo costituzionale, senza partecipazione popolare, ne rispetto delle modalità previste dalla Costituzione stessa per le norme di modifica (art.138). Così, non si può parlare della forma democratica del primo articolo della Costituzione (Roberto Toniatti) senza fare riferimento ai limiti al potere di revisione costituzionale riassunti nell’ultima disposizione o al procedimento di revisione (art.138)...[12]

    Ma non è tutto, perché il Cittadino si ritrova alla mercé di molte forze avverse dalle quali deve difendersi, impegnando buona parte delle energie e delle risorse personali. I partitocrati sono in testa ad un sommario elenco di chi attua la beffa, per la semplice ragione che da loro sono designati i soggetti che approvano le leggi e quelli che le applicano: quindi distribuiscono il potere.

    Di leggi ne approvano di continuo, provocando disagio e notevole impegno per chi le subisce. Le approvano in quanto nuove o a completamento, modifica, abrogazione di quelle precedenti. Così rendono la materia del diritto, in tutte le sue specializzazioni, la più incerta ed instabile di tutto lo scibile. Mentre dovrebbe essere un riferimento chiaro, inequivocabile e stabile. Ciò che è giusto rimane tale, almeno nel medio periodo. Nossignori, con i partiti, la giustizia diviene relativa e quindi mutevole: ogni colore, ogni corrente ha la sua. I Cittadini italiani, di conseguenza, sono i più vessati del mondo occidentale, già per questo solo aspetto della gestione pubblica. Devono ricorrere quasi sempre a consulenti, con i conseguenti oneri di tempo e denaro, anche per specifico divieto della legge, di agire direttamente in molte situazioni. La normativa è ormai diventato terreno infido e mutevolmente contraddittorio anche per gli addetti.

    Lo stile vessatorio si è talmente fissato nella consuetudine che è divenuto spontaneo in molti di coloro che trattano con i Cittadini o li assistono (dovrebbero assisterli) con pubblici servizi, aziende pubbliche o private che siano.

    Chi non si è trovano in difficoltà nello scovare un interlocutore disponibile e chiaro per risolvere un problema posto dalla Pubblica Amministrazione o capire come agire per risolverlo? Bene che vada si trova a comunicare con un call center, o più facilmente con una registrazione che ripete con voce metallica istruzioni non sempre comprensibili. Controparti di fatto, anche private, sempre più inavvicinabili, che sanno benissimo quello che interessa l’azienda, come l’ultima bolletta pagata dall’utente o i servizi di possibile abbonamento. Diventano sicuramente meno capaci, quando si tratta di risolvere un problema di chi le interroga. Assolutamente irrisolvibile se si tratta di un rimborso ritardato o di qualcosa che il sistema informatico non tiene presente (alibi frequente).

    È difficile qui stabilire un primatista. Alla tenzone partecipano con gran combattività banche, poste, enti locali alla perenne ricerca di quattrini, ASL, assicurazioni, aziende dell’energia e dell’acqua, telefoniche, concessionari autostradali e qualunque organizzazione pubblica e non, che ha rapporti col Cittadino.

    Quando poi ci si trova di fronte ad un individuo in divisa[13] o che siede dietro uno sportello difeso da un complicato gioco di vetri, a causa dei quali sente male e non viene sentito, si diventa perdenti in partenza. Oh! Naturalmente, anche il Cittadino utente, o meglio consumatore, si può aggregare ad una corporazione, per difendere meglio i suoi diritti. Infatti, stanno moltiplicandosi a dismisura le associazioni consumatori e i comitati vari, a giudicare dai messaggi pubblicitari e pieghi promozionali che ci arrivano con la posta. Il problema è che per farsi difendere, il popolo sovrano deve mantenere altre strutture che si aggiungono a quelle pubbliche, con dirigenti ben pagati e sovrabbondanti. Il tutto dopo aver devoluto il 44% e oltre come contribuente persona fisica (nominale, e ormai attorno al 53% medio effettivo[14]) del suo reddito. Dietro queste provvidenziali e filantropiche organizzazioni, se si ricerca con cura, ci s’imbatte immancabilmente in una corporazione di carattere sindacale, religioso o partitico che amministra risorse ingenti provenienti dai Cittadini al di là e oltre i prelievi fiscali già intollerabili. Se si prosegue nell’analisi risulta chiaramente che gli interessi meglio, se non esclusivamente, tutelati sono quelli dei dirigenti, funzionari, incaricati dell’associazione o dei suoi soggetti economici. In pratica più i Cittadini sono

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