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Nuovo documento Microsoft Word - Andrea Fantino
978-88-9369-021-8
Che ieri t’illuse, che oggi mi illude
1
Il dolce sapore di una sigaretta. Cioè non dolce, diciamo che ti addolcisce, rilassa. Per non parlare dell’incantevole volteggiare di quel filo di fumo che inizia dalla punta e che continua a danzare fino a dissolversi nell’aria, meraviglioso. Non come il fumo che esce dalla bocca una volta respirato. Quello è pessimo, ha la stessa bellezza di una cloaca che spinge con forza i liquami fuori dalla rete fognaria andando a inquinare qualche altro posto. Sembrerebbe quasi che sia l’uomo a farle del male alterando il suo stato di quiete, l’uomo fa venire il cancro alla sigaretta.
Penso a queste cazzate immaginando già di etichettare tutti i fumatori con le persone creano dipendenza, danneggiano la salute a te e a chi ti sta intorno, oppure le persone uccidono, smettila di farti fumare. Tanto non cambierà nulla, non le leggeranno. Intanto mi accendo un’altra Winston e mi chiedo seriamente se dovrei andare dallo psichiatra dato questo genere di pensieri. I miei mi uccidono se mi beccano, questo è già un pensiero più serio contando che sto fumando in camera, sto aspettando che arrivi lei a citofonarmi.
Non è stata così dura come pensavo conquistarla, meglio così, almeno questa pausa finirà. Già, una pausa. Mi sto ancora chiedendo cosa significhi prendersi una pausa da una relazione. Però non mi pento di aver acconsentito a questa cosa. Stare un po’ da solo con i propri pensieri fa bene, ti fermi a ragionare su qualsiasi cosa. Direi che si capisce dalle riflessioni sulle sigarette di prima.
Era così bello stare insieme, non c’era un reale motivo perché stessimo insieme, non avevamo nulla in comune ma ogni volta che eravamo solo noi due c’era come una magia che ci faceva stare bene. Una sorta di gravità che ci teneva vicini nonostante fossimo poli opposti di pianeti diversi. Litigavamo raramente, anche questo è strano. Due persone che ragionavano diversamente senza avere conflitti intellettuali, cioè ne avevamo e parecchi ma non litigavamo. Lei dice che è colpa mia, che non volevo litigare. Aveva ragione.
Eravamo come un iPhone e un Nokia3310, naturalmente io sono il Nokia, non riuscirei proprio a litigare con un iPhone con tutte le sue fottutissime applicazioni quando io non ho neanche lo schermo a colori. Non perché non voglia ma perché non sono stato progettato per farlo!Forse è anche per questo che si è spenta la nostra relazione, andava tutto bene ma era anche tutto così monotono. Finché un giorno lei arriva e ti chiede una pausa, chiedendoti se stiamo insieme giusto perché è da tanto tempo che stiamo insieme e quindi dobbiamo continuare a stare insieme. È cacofonica questa frase, una volta non sapevo neanche cosa volesse dire cacofonico, in effetti dire semplicemente suona male è meglio. Queste riflessioni sulla grammatica dovrei evitarle, ho ancora troppi problemi nella coniugazione dei verbi e troppi pensieri che riguardano lei. Mi viene il dubbio che tutto quello che ho passato con lei era solo un’illusione. Quale amore si spegne così, dal nulla. Posso capire il matrimonio ma il nostro era un amore così giovane. Eppure quando mi ha chiesto quella pausa non ho esitato, perché non ho esitato?! È stato tutto così veloce e allo stesso tempo così semplice. Perché ho come l’impressione di aver preso questa frase da una stupida serie televisiva della Rai o della Mediaset... Mai che mi venga in mente una meravigliosa battuta di Scrubs, quella si che è una serie.
2
Quanto tempo è passato da quella prima volta che l’ho vista. Erano le prime volte che uscivo con gli amici il sabato sera, lei era semplice e bellissima. O almeno così la vedevo io, non era e non è il prototipo di strafiga che quando passa tutti si girano a guardarla, o più precisamente che tutti le guardano il culo. Era semplicemente lei, niente di più niente di meno.
Un viso pulito e semplice, i capelli un po’ ribelli di un biondo scuro, strano, difficile da descrivere, lei li definiva biondo cenere. Ho ancora dubbi sulla reale esistenza di questo colore però descrive bene quel colore.
La sua parte migliore erano gli occhi. Perché, tu in una ragazza guardi gli occhi?! Ma vaffanculo! Non posso fare a meno di immaginare questa risposta uscire dalla bocca dei miei amici quando affermo una cosa simile. Però è vero, quella sera aveva gli occhiali che li nascondevano un po’ ma l’incantesimo c’è stato comunque. Quell’azzurro lucente con quella pupilla che guarda intorno stupendosi di tutto e facendosi domande. Quello sguardo timido a volte indecifrabile ma bello, incredibilmente bello. Mi piacerebbe usare più parole per descriverlo, dovrei conoscere più aggettivi per poter trascrivere su carta cosa riuscivo a provare solo guardandole il volto dove risaltavano quegli occhi. Ma non conosco le parole giuste, un’ignoranza che andava bene all’inizio insieme a lei, non avevo bisogno di descrivere ciò che stavo provando. Che senso avrebbe avuto? Lo stavo già provando perché avrei dovuto descriverlo. Ma perché dovrei descriverlo adesso? Ora che non provo più quel sentimento o almeno non è più così intenso. In quella serata non è successo nulla, mi è bastato vederla. Non so se lei ha provato la stessa cosa, non gliel’ho mai chiesto. Probabilmente il giorno dopo mi aveva già dimenticato, contando che le avevo insultato i suoi preziosi guanti comprati a New York, in effetti non è una gran mossa insultare i guanti di una sconosciuta che ti piace. Quei guanti li ho rivisti tempo dopo quand’eravamo fidanzati, ed erano sempre orribili, meglio se penso ad altro, magari apro la porta del balcone per far andare via l’odore di fumo.
Non riesco a fare a meno di pensare alla serata al bowling, era poco dopo capodanno. Il pensiero di chiamare lo psichiatra ritorna, chiedendomi come cazzo ho fatto a collegare faccio andare via l’odore di fumo con serata al bowling dove l’ho rivista. Meglio non pensarci, ricordo solo che in quella serata era molto più attraente di come la ricordassi. Aveva le lenti, un po’ di mascara e si notava molto la matita nera intorno agli occhi, solo questo può far immaginare come quella sera i suoi occhi risaltassero molto di più, ero estasiato da lei. Quella sera le ho parlato, solo cazzate naturalmente, non avevo idea di cosa dirle. Fortunatamente non aveva quegli orribili guanti, sarei stato capace di sfotterla per tutta la sera. Aveva un maglione di lana e i jeans, era bellissima. Doveva andarsene via prima quindi non ho perso tempo a farmi dare il suo numero, tutti hanno notato il mio sguardo goduto quando me l’ha dato, probabilmente anche lei.
Purtroppo passò molto tempo prima di rivederci, frequentando scuole diverse e diversi gruppi di amici era difficile incontrarsi anche solo per caso. Fortunatamente un certo Zuckerberg ci diede il modo di sentirci spesso senza spendere nulla, all’epoca Facebook non era ancora una stronzata, almeno non per noi. Ci sentivamo quasi tutti i giorni anche se per poco tempo, poi naturalmente ci sentivamo anche per telefono messaggiando. Durò così per parecchio, le chiedevo sempre di uscire con lei ma non poteva mai. Pensavo di non interessarle allora a volte non mi facevo sentire apposta, non credo che lei l’abbia mai notato contando che neanche lei mi cercava. Poi finalmente arrivo quel Sì, quella sera sono libera.
Provai una gioia inimmaginabile, no non è vero. Il mio primo pensiero fu: finalmente, cazzo! Ero agitato: non sapevo cosa avrei dovuto dire, non sapevo cosa avrei dovuto fare, insomma non sapevo cosa aspettarmi. Era un sabato sera e pioveva, lei era in ritardo e io sotto un portico ad aspettarla. Tardò perché era da cena dai suoi nonni, mi piace pensare che in realtà non poteva uscire ma voleva assolutamente vedermi, avrei potuto chiederglielo ma non l’ho mai fatto. Indossava un piumino bianco, di quelli con una pelliccia sul bordo del cappuccio. Le andai incontro e ci avviammo verso il cinema, è stata bella quella passeggiata anche se non è successo nulla di particolare. Semplicemente camminavamo sotto lo stesso ombrello, non ricordo di cosa parlavamo ricordo solo che era semplice parlare con lei, cosa molto strana contando che non sono un tipo loquace. Prima di andare al cinema passammo a prenderci qualcosa al bar del bowling dato che era nelle vicinanze. Un posto significativo, anche se quel suo sguardo di disapprovazione alla mia birretta piccola significava palesemente che avrei già saputo cosa avrebbe avuto da ridirmi sul mio comportamento qualora ci fosse stato qualcosa tra di noi.
Il film non era male, anche se un acido vecchietto seduto davanti a me si girava ogni cinque minuti dicendo che gli tiravo ginocchiate nella schiena. Io non me ne accorgevo e mi chiedo ancora adesso se ero io coglione o lui stronzo, probabilmente tutti e due. Mi piace pensare che averla accanto mi innervosiva, anzi mi metteva a disagio. Una sensazione nuova quel disagio, mi sentivo inadatto ma non volevo esserlo. Non posso negare che la parte più bella del film è stata l’intervallo, quando si sono riaccese le luci e ho rivisto il suo volto accanto a me. Quando siamo andati a prenderci qualcosa al bar del cinema il mio sguardo si è posato sui suoi jeans, cioè una parte dei jeans, forse è più corretto dire una zona del corpo coperta dai jeans, va bene le stavo guardando il sedere. Quelle curve dei fianchi che si allargavano dolcemente disegnando un sedere che trovavo terribilmente bello. La riaccompagnai a casa, ormai la serata era finita e già mi mancava. Speravo in un bacio ma non c’era stato; mi andava bene lo stesso, la serata era stata piacevole. Anche se un bacio sotto quella pioggia sarebbe stato molto cinematografico. Dopo averla salutata e aver girato l’angolo della sua strada di casa, il mio primo pensiero fu: Cazzo... perché non l’ho baciata!? Questo pensiero mi oscillò nella mente per tutto il tragitto di ritorno. Mi sentii un coglione, però potevo scoreggiare.
I giorni seguenti continuammo a sentirci via messaggio, continuavo a pensare che ero stato un coglione a non baciarla. Dovevo vederla, dovevo darle quel bacio anche se non sapevo cosa sarebbe successo. Non sapevo se l’avrebbe accettato o cosa sarebbe nato dopo, sarebbe scattata quella scintilla di cui molte persone parlano ma che io non avevo