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Ho toccato il cielo
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Ho toccato il cielo

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About this ebook

Jennifer è una giovane donna che ha le idee chiare su ciò che vuole. È coraggiosa, piena di vita e sempre assorta nei suoi pensieri. Determinata e pronta ad affrontare nuove sfide. Ma non sa che la sua vita sta per cambiare, che ogni certezza sta per essere messa in discussione. Will è un musicista famoso, la sua vita è un sogno ed è sempre in giro per il mondo. È felice, non gli manca niente e non potrebbe chiedere di più. Uno scontro in aeroporto è solo il principio. Le loro vite si intrecceranno fino a formare una sola corda, un filo invisibile, come una sorta di magia. La loro storia, carica di prove e sfide, ma anche ricca di coraggio e complicità, li porterà a crescere, a scoprirsi e a scegliersi ogni giorno, a comprendere quali sono le cose davvero importanti nella vita, a lottare. Scopriranno la potenza che ha il cuore quando è libero di scegliere. La passione, l’amore, quella sensazione di sentirsi in pace, completi, come se avessi le ali sotto i piedi. Quella voglia che hai di sorridere, di star bene. La vita che ti sorprende e ti dona voglia di vivere. Di vivere un amore, un’amicizia, un sogno. Tutto quello che non conoscevi si affaccia nella tua vita e te la sconvolge.
LanguageItaliano
Release dateNov 23, 2016
ISBN9788893690300
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    Ho toccato il cielo - Marika Persichilli

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    Prologo

    Chi di voi non ha mai sognato una storia d’amore come quella delle favole? Una di quelle in cui l’amore è più forte di tutto.

    Lei timida e sognatrice. Lui determinato e lunatico.

    I loro sguardi un giorno s’incontrarono per dar vita a un tornado di emozioni senza fine, contrastanti, uniche. Ognuno portava con sé la propria vita, ma il destino ha voluto metterli alla prova.

    Ha voluto mescolare il cuore di lei e il sorriso di lui. Gli occhi di lei e l’amore di lui. Due vite così diverse ma che s’incastravano perfettamente.

    Due pezzi di uno stesso oggetto finalmente ricongiunti.

    I due si appartenevano. Era bastato uno sguardo per capirlo.

    Quel giorno nessuno dei due poteva immaginare che la loro vita sarebbe cambiata. Nessuno poteva aspettarsi un miracolo simile. Tanto meno che le loro vite si fondessero.

    Le aspettative di lei con la continua speranza di lui.

    Se si trattava d’amore, quello vero, avrebbero trovato il modo per viverlo.

    1

    Jennifer

    Era una giornata come tante.

    La fine delle vacanze era alle porte e avevo trascorso una delle estati più belle. La più bella che una ragazza potesse vivere.

    La mia prima vacanza da sola, senza genitori.

    Solo io, le mie amiche e il divertimento più totale.

    Passò in fretta quella settimana, forse troppo.

    Avete presente quando vi sentite in cima al mondo e state bene? Vi sentite leggeri e senza troppi pensieri per la testa.

    Ecco, io mi sentivo così durante quella vacanza.

    Sentivo che non avevo bisogno d’altro per essere felice, perché la mia vita mi piaceva così com’era.

    Semplice, senza complicazioni.

    Solo io.

    Perché avevo capito quanto importante fosse amare se stessi.

    Soltanto questo aveva ormai importanza.

    Senza neanche rendercene conto, eravamo di nuovo su un volo che ci avrebbe riportate nella nostra città di sempre, con le persone e gli impegni di sempre.

    Quelli a venire sarebbero stati i miei ultimi giorni di vacanza, poi avrei ripreso a lavorare.

    Mi piaceva il mio lavoro, ma chi non vorrebbe qualche giorno di libertà in più?

    Quel giorno, però, sentivo qualcosa di strano, qualche strana sensazione si era impadronita di me.

    Come se stessi aspettando che accadesse qualcosa.

    Qualcosa che mi avrebbe cambiato la vita, che avrebbe fatto sì che io non fossi più la stessa. Qualcosa di meraviglioso che sarebbe entrato a far parte della mia vita, sconvolgendola.

    Dovevo solo saper aspettare.

    Anche se io e la pazienza non andavamo d’accordo.

    Ero sempre stata una ragazza curiosa e impaziente, testarda e fiduciosa, timida e sognatrice. A volte passavo così tanto tempo a sognare che mi dimenticavo della realtà. Curioso per una che vive con i piedi per terra.

    Non mi aspettavo niente dalla vita, avevo imparato a non farlo.

    Avevo imparato che se qualcosa doveva accadere, sarebbe accaduta. Magari ci sarebbe voluto del tempo, ma quello che aspetti prima o poi arriva. Lo trovi. E proprio quando meno te lo aspetti.

    Trovi lui, che ti stravolge la vita, trovi lui che ti sorride, trovi lui. La persona che attendi da sempre, quella per cui sai che ne vale la pena. Trovi l’amore, quello che ti fa sorridere senza motivo, quello che ti fa sentire le farfalle nello stomaco, quell’amore che ti consuma e per il quale vivi.

    Quell’amore che pensavi non esistesse o che non ti avrebbe mai trovata. Pensavi che mai avresti trovato una persona che ti potesse far battere così forte il cuore. Perché pensavi di bastarti. Pensavi di non essere in grado d’amare così, e invece proprio lui, con quel cuore grande, ti ha ridato la vita.

    Dovevo saper aspettare. Quanto? E per cosa?

    Ne sarebbe valsa la pena?

    Erano queste le domande che spesso mi ponevo quando pensavo all’amore.

    In realtà mi domandavo sempre se valeva davvero la pena aspettare qualcuno o qualcosa, perché sapevo che, mentre aspettavo, mi perdevo tante belle cose.

    Ma lo facevo comunque, aspettavo.        

    Sapevo che alla fine sarebbe arrivato e ho sempre saputo che non sarebbe stato facile.

    Nella mia vita niente lo è stato, soprattutto se c’è stato di mezzo il cuore.

    Niente è mai semplice, se si parla d’amore.

    Sapevo che mi sarei trovata di fronte a problemi che andavano affrontati. Problemi che andavano affrontati insieme.

    Sarebbe successo qualcosa di incredibilmente sorprendente, ma non credevo sarebbe accaduto così in fretta.

    Ero in attesa delle mie valigie quando arrivò quel messaggio che cambiò tutto.

    Quel messaggio che mai mi sarei aspettata arrivasse.

    La vita è veramente imprevedibile e bisogna essere davvero bravi a non farci sfuggire nulla, perché poi ti resta solo il rimpianto.

    La batteria del cellulare si era quasi esaurita, ma ce n’era ancora abbastanza per farmi restare senza parole.

    Mi sembrava un sogno. Sì, probabilmente lo era.

    Era sicuramente un sogno, solo di questo poteva trattarsi.

    Ero talmente presa dalla situazione che non mi accorsi delle valigie appena arrivate insieme alle mie amiche, che mi osservavano con aria alquanto strana. Mi guardavano e continuavano a chiedermi cosa mi fosse successo.

    Ero ancora lì, con loro davanti e il mio cellulare tra le mani. Continuavo a fissare quel messaggio e solo dopo avermi strappato letteralmente il telefono dalle mani le altre capirono la mia reazione.

    Grazie a loro capii quanto reale fosse la situazione.

    «Il tuo sogno sta per realizzarsi. Tutto quello che speravi da tempo sta per accadere. Sono così felice per te, amica mia» disse Marta porgendomi il telefono e la valigia.

    Marta era una delle amiche con cui avevo trascorso quelle vacanze. Non la conoscevo da molto, ma tanto quanto bastava per volerle bene. Una persona altruista, solare e piena di vita.

    Erano state le vacanze più belle soprattutto grazie a lei. Lei sosteneva sempre le mie idee, m’incoraggiava a crederci e a non farmi abbattere dalle difficoltà. Mi diceva sempre che un giorno avrei realizzato i miei sogni. E aveva ragione, uno di quelli si stava per realizzare.

    Il messaggio era suo. Era la mia amica. La mia migliore amica. Sofia. Lei sarebbe andata a vivere a Londra e nessuno poteva immaginare quanto mi sarebbe mancata. Mi sarebbe mancata da morire.

    Era solo un’idea passeggera, ma la conoscevo e sapevo che l’avrebbe fatto.

    Ci saremmo allontanate, era inevitabile. La distanza, la odiavo.

    È sempre così che i rapporti cambiano. Alcuni finiscono, altri maturano e crescono sempre più.

    Io non volevo perderla.

    Lei c’era sempre stata.

    Il sogno che si stava per realizzare, quel sogno ci legava, era fatto di noi.

    Nacque un po’ per caso la nostra amicizia, mai sarei riuscita a immaginarmi senza di lei.

    Fu proprio suo quel messaggio.

    Ero intenta a uscire dall’aeroporto per raggiungere finalmente casa mia quando il cellulare prese a squillare.

    Era lei, in preda a una crisi isterica.

    «Spiegami tutto con molta calma» le dissi, cercando io stessa di mantenerla.

    «Stanno arrivando, il nostro sogno si sta per realizzare» disse lei tra una lacrima e l’altra.

    Ormai era impossibile mantenere la calma.

    Una notizia come quella era una vita che l’aspettavo, finalmente la mia occasione.

    Sapevo che alla fine sarebbe toccato anche a me, ma non avrei mai immaginato così presto e in questo modo.

    Immersa nei miei pensieri mi ricordai di essere ancora in chiamata con Sofia. La sentii urlare, tra lacrime e aria incredula, parole senza senso. Era davvero sconvolta.

    La nostra occasione era lì, finalmente.

    «Sì, sono ancora qui, ma calmati e dimmi che dobbiamo fare» le dissi, anche se sapevo già quello che avremmo fatto.

    Lo avevamo sempre immaginato. Immaginato e pensato nei minimi dettagli, ma ora che era realmente arrivato il momento non sapevamo che fare. Era tutto così surreale.

    «Ho saputo dove saranno, potremmo provarci sul serio stavolta, ci stai? La affrontiamo insieme quest’avventura?» mi disse lei tutto d’un fiato.

    Era incredibile, non si stancava mai di sorridere e crederci.

    Appoggiavo sempre ogni sua idea. Erano grandi idee. Folli ma geniali.

    «Certo che ci sto! Non sono mai stata più sicura in vita mia» le risposi, non sapendo in cosa ci saremmo imbattute.

    Avevo la testa sulle nuvole.

    Parlavo al telefono con Sofia quando andai a sbattere contro qualcosa, o meglio, contro qualcuno.

    1

    Will

    Era arrivato il giorno della partenza.

    C’ero abituato ormai, passavo più tempo in giro per il mondo che a casa.

    Era la mia vita, ci avevo fatto l’abitudine.

    I ragazzi erano la mia famiglia, non c’erano segreti tra noi.

    Eravamo come fratelli, non esisteva niente capace di separarci.

    A volte litigavamo, ma capita a tutti.

    Quel giorno saremmo atterrati in una nuova città, nuova per tutti.

    Ero emozionato al solo pensiero.

    Ero abituato a viaggiare ma ogni volta era come la prima, euforico come quando a Natale un bambino riceve quel giocattolo che ha desiderato tutto l’anno. Non stavo più nella pelle.

    Volevo conoscere nuove abitudini, una nuova lingua, nuove persone, e vivere forti emozioni.

    Volevo accadesse qualcosa di speciale in quella città, ne avevo sentito tanto parlare. Si diceva fosse una città magica e io volevo essere travolto da tale magia.

    Volevo che accadesse qualcosa che mi cambiasse la vita, che me la stravolgesse, che mi facesse provare nuovi sapori.

    Con quelle parole nella mente avevo finito di preparare la valigia. Andai all’aeroporto. Gli altri ragazzi erano già tutti lì, e mi aspettavano.

    Ero il più lento del gruppo nel fare le cose, avevo bisogno dei miei tempi, ormai non ci faceva più caso nessuno.

    Ero immerso nei miei pensieri durante il volo.

    Mi perdevo spesso. Mi staccavo dal mondo quasi ne sentissi un forte bisogno.

    I ragazzi capivano sempre quando avevo bisogno del mio spazio e me lo lasciavano. Capivano tutto di me, erano persone fantastiche e stavamo vivendo quel sogno insieme. Non potevo chiedere di meglio dalla vita.

    Mi piaceva la mia vita, vivevo col mio sogno. Ce l’avevo fatta e volevo che durasse quanto più possibile.

    La mia vita era cambiata così tanto e non credevo fosse possibile un cambiamento del genere.

    Era successo tutto velocemente, ero cresciuto e senza neanche accorgermene dovevo fare i conti con la vita vera.

    La mia famiglia mi mancava tanto, il mio sogno mi aveva allontanato da loro, inevitabilmente. Li portavo sempre nel cuore, stavano sempre con me.

    Eravamo quasi atterrati.

    Presi le mie cose e insieme ai ragazzi ci dirigemmo al centro dell’aeroporto.

    Eravamo in attesa delle valigie quando sentii qualcosa di strano nascere dentro di me, come se la magia di cui parlavano mi avesse già contagiato.

    Sentivo come se qualcosa mi stesse per accendere. Qualcosa che mi avrebbe segnato, per sempre.

    Ho subito sperato che non fosse niente di brutto.

    Ero una di quelle persone che spesso guardano il bicchiere mezzo vuoto invece che immaginarlo pieno. Una di quelle persone che non si sentono in dovere di giustificare ogni cosa ma che tengono a quello che pensano gli altri.

    Mentre mi perdevo di nuovo nel mio mondo, mi scontrai con una ragazza.

    2

    Jennifer

    «Sono la solita imbranata, scusami» dissi, cercando di salvare la situazione e raccogliendo da terra l’intero contenuto della mia borsa, che si era rovesciato.

    Ero intenta a riporre tutto nella borsa quando vidi un ragazzo passarmi le ultime cose che erano sparse lì, sul pavimento dell’aeroporto.

    Ero talmente euforica per la notizia che mi aveva appena dato Sofia che non guardai nemmeno il ragazzo che mi diede una mano.

    «Il cellulare, chissà dove sarà finito» dissi quasi disperata, cercandolo invano.

    Quel telefono era tutto per me, e in quel momento ne avevo bisogno. Probabilmente in chiamata c’era ancora Sofia che farfugliava chissà quali parole.

    «Maledizione, ho bisogno di quel telefono» urlai quasi in preda al panico.

    Si era creata un po’di confusione. Lo ammetto, entravo nel panico facilmente.

    Giulia, un’altra delle amiche vacanziere che erano con me, mi fece notare che il ragazzo con cui mi ero scontrata aveva un non so che di familiare, quasi fosse qualcuno famoso.

    La ignorai, avevo ancora il mio telefono da ritrovare e Sofia da sentire.

    Sofia viveva non distante da dov’ero atterrata e decisi che l’avrei aspettata lì, così avremmo potuto parlare di questa nuova esperienza che ci attendeva.

    Salutai le ragazze ringraziandole per la vacanza, le abbracciai e lasciai che si dirigessero verso le loro case.

    Poco dopo lo scontro col ragazzo misterioso sentii delle urla.

    Urla di gioia ed eccitazione, come se ci fosse davvero qualcuno di famoso e delle fan stessero aspettando.

    Forse sì, per gli aeroporti ne gira di gente famosa, sarà sicuramente qualche attore.

    Mi diressi verso l’uscita per ingannare il tempo quando sentii squillare di nuovo il cellulare.

    Non sapevo quanto sarebbe durata ancora la batteria.

    Era di nuovo Sofia.

    Speravo stesse per arrivare, l’ansia mi stava divorando.

    «Dimmi che sei ancora lì, in aeroporto?» disse lei, preoccupata e col fiatone.

    Sembrava stesse partecipando a una maratona.

    «Stai correndo? Comunque sì, sono ancora qui. È successo qualcosa?» le risposi, cercando di capire cosa stesse succedendo.

    «Sono appena atterrati, sono in aeroporto. Probabilmente ci saranno già delle ragazze ad aspettarli. Vedi qualcosa di sospetto? C’è gente? Qualsiasi cosa può esserci utile» mi disse.

    Era nel panico. Si capiva dalle parole che diceva.

    «In realtà sì, Sofi. Sai, sono in aeroporto, ne gira di gente» le dissi ridendo.

    Sapevo che sarebbe andata su tutte le furie sentendomi scherzare.

    «Non scherzare, sono agitata e dovresti esserlo anche tu» mi disse.

    Lei non poteva immaginare in che condizioni era il mio cuore in quel momento.

    Decisi di spostarmi ma non riuscivo a vedere niente.

    «Aspetta che provo ad avvicinarmi» le dissi.

    Avevo paura. E se fossero stati davvero loro?

    E se quel ragazzo dal volto noto che mi aveva fatto notare Giulia fosse stato uno di loro? No, era impossibile.

    Mi sarei resa conto se mi fossi scontrata con loro, ne ero sicura.

    Ancora al telefono con Sofia che stava facendo di tutto per arrivare, mi avvicinai a quelle ragazze. Mi avvicinai tanto da avere la conferma di quello che temevo.

    Vedevo ragazze attorno a me che piangevano, si abbracciavano ed erano incredule.

    Forse io più di loro.

    Non mi resi conto realmente della situazione finché non successe qualcosa che mi toccò il cuore.

    Mi guardò. Lui si accorse di me, tra la folla.

    Volevo sparire, polverizzarmi all’istante.

    Quegli occhi... divenni rossa.

    La situazione era imbarazzante e non sapevo cosa fare.

    Mi guardava e io incrociavo il suo sguardo timidamente, distogliendolo in fretta.

    Ero diventata vulnerabile, cercavo di far finta di niente.

    Non volevo farmi vedere impacciata, perché è così che sarei apparsa ai suoi occhi, così decisi d’allontanarmi.

    Mi misi in un angolo non molto distante da lì, in modo da poterlo osservare. Lui se ne accorse.

    Sì, si era accorto che lo stavo guardando.

    Era strano, ci guardavamo, distoglievo lo sguardo e sorridevo. Alzavo gli occhi e lui era lì che faceva lo stesso.

    Avevo sempre avuto un debole per i suoi occhi, avevo sempre pensato che uno sguardo a volte valesse più di molte parole.

    E quello sguardo diceva molto. Tutto.

    Volevo solo che quel momento non finisse mai o che improvvisamente diventassi una persona coraggiosa.

    Ero ancora lì, a guardarli mentre scattavano foto, sorridevano e firmavano autografi.

    Avevo sempre passato troppo tempo a riflettere, mi perdevo nei pensieri e dimenticavo pezzi di realtà.

    Mi feci coraggio e mi avvicinai.

    Avevo capito che dovevo vincere la timidezza, ma proprio quando feci il primo passo verso di loro li vidi salutare e andar via.

    Sofia era in ritardo e io senza di lei mi sentivo come persa in un mare pieno di squali.

    I ragazzi si allontanarono sempre di più, quando Sofia mi chiamò e disse di averli visti. Disse che andavano di fretta e che dovevamo trovare un modo per fermarli.

    «Sì, sei stata una stupida, o forse no. Ti prometto che lo incontrerai. È stata la prima promessa che ci siamo fatte e io mantengo sempre le promesse».

    Lei era speciale, era una ragazza meravigliosa, e anche lui, Nick, se ne sarebbe accorto prima o poi. Il ragazzo a cui aveva deciso di donare il suo grande cuore.

    «Ti voglio bene» le dissi, affondando in uno di quegli abbracci dai quali non ti staccheresti mai.

    Era spuntata dal nulla, improvvisamente.

    «Ti voglio bene anch’io, ma se continui ad abbracciarmi lui non t’incontrerà mai, quindi andiamo!» mi disse lei prendendomi la mano e accelerando il passo per raggiungerli.

    Mi trascinava, avevo la valigia ed era pesante.

    Iniziò quasi a correre.

    «Muoviti, non li raggiungeremo mai di questo passo. Ce l’hai con te?» disse, facendomi l’occhiolino.

    Non capivo.

    «Intendo... la lettera. Ce l’hai qui con te?» insistette.

    «Credo di sì, aspetta che controllo» le dissi rallentando il passo e aprendo la borsa, la stessa che cadde prima nello scontro con quel ragazzo.

    «Non abbiamo tempo, controllerai dopo, muoviti» disse correndo sempre più forte.

    «Aspetta solo un secondo, eccola, è qui. Sono anni che la porto con me» risposi, prendendo quel foglio tra le mani come fosse la cosa più preziosa che avevo. E forse lo era.

    Quella lettera valeva molto per me e c’era tutto quello che a voce non avrei avuto il coraggio di dirgli.

    Mentre la stringevo, ripensai a quando la scrissi.

    L’avevo scritta un po’ di tempo prima, una sera, quando sentivo più forte il bisogno di stringerlo. Il bisogno d’amore.

    Non avrei mai potuto stringerlo, non mi sarei mai persa tra le sue braccia. Avrei solo potuto sperare che un giorno leggesse quei miei pensieri, di cui era protagonista.

    Forse quel giorno non era così lontano, forse mi sarei persa davvero in quell’abbraccio.

    «Vuoi scendere dalle nuvole e camminare?» fui interrotta da Sofia che cercava ancora i ragazzi.

    Ci scontrammo con loro.

    Quello scontro aveva qualcosa di familiare, come se avessi già vissuto l’accaduto.

    Non ero pronta. No, non lo ero, decisamente.

    Dovevo smetterla di vivere la mia vita così di fretta o mi sarei

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