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Omicidio in Cittadella
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Omicidio in Cittadella

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Un uomo viene trovato ucciso in aperta campagna, in un sobborgo di Alessandria. Gli inquirenti scoprono che frequentava una giovane ballerina russa, scomparsa qualche tempo prima.
A indagare durante le buie e calde notti dei night club alessandrini e sulle colline del Monferrato, tra droga, prostituzione e scommesse clandestine, sarà il commissario Ivan Lo Russo, che partirà dall’uccisione di un pregiudicato nella magnifica Cittadella di Alessandria – esempio unico al mondo per architettura e integrità (cui è dedicato un capitolo del libro) –, anch’egli frequentatore di locali notturni.
Alcuni personaggi tipici di queste meravigliose terre contadine, descritti con estrema ironia, aiuteranno nelle indagini il commissario, che inizierà ad avere dei sogni premonitori. Quest’attività onirica, che s’intreccia con la passione del protagonista per l’arte, lo porterà a scoprire sempre nuovi tesori locali, permettendogli di comprendere meglio se stesso e ciò in cui crede. Tutto il lavoro di indagine verrà focalizzato su quattro dipinti dell’alessandrino Carrà: La stazione di Milano, L’attesa, La foce del cinquale – che vogliono rappresentare Inferno, Purgatorio e Paradiso – e su Il cavaliere dell’apocalisse.
LanguageItaliano
Release dateNov 28, 2016
ISBN9788868672072
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    Omicidio in Cittadella - Maurizio Salva

    Maurizio Salva

    Omicidio in Cittadella

    © 2016 – Gilgamesh Edizioni

    Via Giosuè Carducci, 37 - 46041 Asola (MN)

    gilgameshedizioni@gmail.com - www.gilgameshedizioni.com

    Tel. 0376/1586414

    ISBN 978-88-6867-207-2

    È vietata la riproduzione non autorizzata.

    Le parti relative alla Cittadella sono state curate da Enrico Patria.

    Quelle in dialetto da Antonio Silvani.

    In copertina: Progetto di copertina di Dario Bellini

    © Tutti i diritti riservati.

    ISBN: 978-88-6867-207-2

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com).

    Indice

    PARTE PRIMA

    Capitolo I

    Capitolo II

    Capitolo III

    PARTE SECONDA

    Capitolo I

    Capitolo II

    Capitolo III

    Capitolo IV

    PARTE TERZA

    Capitolo I

    Capitolo II

    Capitolo III

    Capitolo IV

    Postfazione

    Bibliografia

    Ringraziamenti

    ANUNNAKI

    Narrativa

    54

    Un uomo viene trovato ucciso in aperta campagna, in un sobborgo di Alessandria. Gli inquirenti scoprono che frequentava una giovane ballerina russa, scomparsa qualche tempo prima.

    A indagare durante le buie e calde notti dei night club alessandrini e sulle colline del Monferrato, tra droga, prostituzione e scommesse clandestine, sarà il commissario Ivan Lo Russo, che partirà dall’uccisione di un pregiudicato nella magnifica Cittadella di Alessandria – esempio unico al mondo per architettura e integrità (cui è dedicato un capitolo del libro) –, anch’egli frequentatore di locali notturni.

    Alcuni personaggi tipici di queste meravigliose terre contadine, descritti con estrema ironia, aiuteranno nelle indagini il commissario, che inizierà ad avere dei sogni premonitori. Quest’attività onirica, che s’intreccia con la passione del protagonista per l’arte, lo porterà a scoprire sempre nuovi tesori locali, permettendogli di comprendere meglio se stesso e ciò in cui crede. Tutto il lavoro di indagine verrà focalizzato su quattro dipinti dell’alessandrino Carrà: La stazione di Milano, L’attesa, La foce del cinquale – che vogliono rappresentare Inferno, Purgatorio e Paradiso – e su Il cavaliere dell’apocalisse.

    Maurizio Salva è nato ad Alessandria, dove attualmente vive, nel 1977.

    Ha esordito nel mondo della poesia nel 2015 con la raccolta intitolata Il solito, edita da LietoColle.

    Con Gilgamesh Edizioni pubblica la silloge poetica Così (2016) e il romanzo giallo ambientato ad Alessandria, Omicidio in Cittadella (2016).

    Alla Cittadella di Alessandria

    e a chi la ama

    Cittadella di Alessandria

    Armonico pullulare di voci.

    Bimbi che gioiscono

    protetti da secolari mura

    dalle quali per la prima volta

    sventolò il tricolore italiano.

    Piccolo Tommaso

    Splendente,

    come un diamante,

    sotto il cielo terso.

    PARTE PRIMA

    Capitolo I

    Alessandria era avvolta da un’afa resa ancor più insopportabile dall’umidità proveniente dai fiumi Tanaro e Bormida che si sarebbero uniti a pochi chilometri di distanza dopo aver abbracciato questo capoluogo della provincia piemontese.

    Il commissario Ivan Lo Russo, passeggiava solitario per le vie del centro, alla ricerca di una sensazione di sollievo che solo un gelato gli avrebbe potuto offrire.

    Aveva scoperto, sin dal primo giorno in cui fu trasferito, un’ottima gelateria nella centrale Piazzetta della Lega Lombarda e sin dal primo giorno aveva appreso da un libro di storia che Alessandria nacque nella seconda metà del XII Secolo con il nome di Civitas Nova, edificata sull’antico borgo di Rovereto.

    La Lega Lombarda, alleanza costituita da numerose città del nord Italia, la fondò ufficialmente nel 1168 con l’aiuto dei feudi di Marengo, Borgoglio, Gamondio, Foro, Oviglio e Quargnento, i quali erano in contrasto con il vicino marchesato del Monferrato, alleato a sua volta di Federico I, Imperatore del Sacro Romano Impero, detto Barbarossa.

    Alla città venne dato tale nome in onore di Papa Alessandro III, sostenitore delle azioni intraprese dalla Lega Lombarda contro lo stesso Sacro Romano Impero.

    Lisòndria, nel dialetto locale, nacque quindi come fortezza contro le mire espansionistiche del Barbarossa e svolse appieno questa sua funzione. L’assedio durò sette mesi. Ormai stremata dagli attacchi e quasi priva di viveri per i suoi abitanti venne salvata, secondo la leggenda, da Gagliaudo Aulari, un pastore cui venne un’idea geniale: diede da mangiare le ultime riserve di cibo e di grano a una vacca, uscì con essa fuori dalle mura della città e si fece catturare dai soldati dell’Imperatore i quali, dopo aver ucciso l’animale, dedussero che la città aveva ancora parecchie provviste. Il Barbarossa, venuto a conoscenza di ciò, decise di ritirare le sue truppe.

    Il commissario si ritrovò in questa piccola, ma caratteristica, piazza al cui centro si innalzava un obelisco dedicato ai caduti delle guerre d’indipendenza dall’Austria del XIX Secolo. In essa convergevano le principali vie del centro. Su tutte Corso Roma, la vasca della città, Via dei Martiri, Via Milano, cuore dell’ex ghetto ebreo e Via San Lorenzo, la strada del mercato. La gelateria e il vicino bar avevano, ormai da tempo, collocato all’esterno i tavolini.

    Lo Russo si avvicinò a uno di essi e si sedette in attesa di ordinare. La camicia azzurra a maniche corte che indossava era macchiata di sudore all’altezza del petto e sotto le ascelle, mentre i pantaloni in tela grigia gli si appiccicavano alla pelle delle cosce. Dalla sua fronte iniziarono a fuoriuscire grosse gocce di sudore.

    Lo avvicinò una giovane cameriera sorridente domandandogli: «Signore, cosa desidera ordinare?».

    «Mi porti, per cortesia, una coppetta di gelato al limone» rispose Lo Russo, asciugandosi il sudore con un fazzoletto.

    In quel momento non c’era molta gente in giro; solo qualche bambino con i genitori e alcuni gruppetti di giovani, probabilmente studenti in vacanza. Erano tutti visibilmente accaldati e i loro movimenti parevano rallentati. Sembrava si muovessero immersi nell’acqua.

    L’orologio che portava al polso segnava le ventuno.

    Il commissario aveva appena cenato in una pizzeria a pochi passi da lì, scambiando quattro chiacchiere con il titolare, un certo Angelo Borghi. Un po’ perché si mangiava bene, un po’ perché era vicino a casa, i pasti li consumava sempre da lui. In un primo momento aveva pensato a una pizza ma il caldo lo convinse a farsi portare un piatto di polipi e gamberetti che si volatilizzò nel tempo di un minuto.

    La cucina locale lo incuriosiva; non aveva ancora avuto, diciamo così, il coraggio di sperimentarla, ma si era fatto dare dai colleghi un numero imprecisato d’informazioni sulle migliori trattorie del luogo.

    Quasi si fosse trattato d’una inchiesta.

    Dato che, a suo modo di pensare, il gelato tardava ad arrivare, decise di telefonare a Rosy, la donna con cui stava da un anno.

    «Ciao, tesoro» esordì.

    «Oh, Ivan! Come stai? Cosa mi racconti di bello? Dove sei?»

    Queste domande multiple costituivano una peculiarità di lei cui Ivan aveva ormai fatto l’abitudine.

    «Sono in centro, in quella gelateria di cui ti parlavo» rispose sbottonandosi la camicia sino all’altezza dello sterno.

    «Fa caldo? Come è andata la giornata?»

    «Sì, fa parecchio caldo. Sul lavoro le solite cose»

    «Quando ci vediamo? Domani?»

    «Domani sera, se finisco presto, faccio un salto a Milano. Andiamo a cena insieme e poi ti porto al cinema. Ti piace come idea?»

    «Certo. Ma mi sembri un po’ giù di morale. O sbaglio? Eh?»

    «Mah, sai…»

    «Ho capito. Preferisci lavorare in un posto dove ci siano tanti morti ammazzati. Mentre lì, ad Alessandria, non ce ne sono»

    «Per fortuna no. Non ammazzano mai nessuno. Però… Sai…»

    «Però, se proprio ci scappa il morto, vuoi esser tu a indagare. O sbaglio?»

    Non sbagliava assolutamente.

    «Senti, amore» disse Rosy «perché venerdì non facciamo un bel giro sulle colline del Monferrato e andiamo in qualche posto a degustare i vini e i prodotti gastronomici locali? Cosa ne pensi?»

    Lo Russo rimase un attimo in silenzio. Conoscendo le pretese di Rosy avrebbe dovuto aprire un’inchiesta anche su tutte le cantine del Monferrato, che erano tante.

    «Beh? Non dici niente?» domandò lei.

    «No, è che… Va bene, domani raccolgo due informazioni in merito e poi ti faccio sapere» fece Ivan asciugandosi nuovamente la fronte sudata.

    «Ti aspetto da me. Intanto cercherò qualche indicazione su Internet riguardo le migliori cantine del Monferrato»

    Il commissario tirò un sospiro di sollievo e disse:

    «Grazie, amore. A domani»

    «A domani, Ivan»

    Lo Russo anni prima era stato sposato, ma il matrimonio finì presto a causa del suo difetto maggiore che era anche il suo miglior pregio: quando conduceva un’indagine, non pensava ad altro. Difatti fu spostato ad Alessandria perché, probabilmente, i piani alti intendevano farlo progredire di grado.

    Con Rosy le cose andavano piuttosto bene. Non si era scomposta più di tanto per il trasferimento a un’ora d’auto.

    «Durerà?» si chiese lui alla luce di queste considerazioni.

    Non seppe darsi una risposta precisa, ma era piuttosto ottimista. Come sempre da quando stava con lei.

    Talvolta Rosy aveva manifestato l’intenzione di vivere sotto lo stesso tetto e avere dei figli. Soltanto che anche lei ultimamente lavorava tantissimo. Stava crescendo professionalmente, in una multinazionale nella quale aveva ricoperto ruoli di responsabilità in vari settori, dall’ufficio estero al marketing, passando per l’area acquisti.

    Li accomunava un forte senso del dovere e un atteggiamento sul lavoro piuttosto orgoglioso e deciso. Lui, dopotutto, non poteva che essere così. Amava in maniera smisurata la legalità, mezzo, a suo modo di pensare, indispensabile per

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