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Storie di immaginaria realtà - Vol. 3
Storie di immaginaria realtà - Vol. 3
Storie di immaginaria realtà - Vol. 3
Ebook332 pages4 hours

Storie di immaginaria realtà - Vol. 3

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About this ebook

Una miscellanea di trenta racconti e quindici liriche, che rappresenta un assaggio del meglio che la sesta edizione del Premio Letterario Nazionale Streghe Vampiri & Co. ha prodotto a livello lirico e narrativo.
LanguageItaliano
Release dateNov 28, 2016
ISBN9788863969504
Storie di immaginaria realtà - Vol. 3

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    Storie di immaginaria realtà - Vol. 3 - AA. VV.

    Premio

    Classifica finale VI ed. Premio Letterario Nazionale Streghe Vampiri & Co.

    Sezione Romanzo inedito

    1a classificata: Elisabetta Carovani - La bolla di Onar

    2a classificata: Alessia Piemonte - L’esperimento

    3o classificato: Gualtiero Ferrari - Zeta-Phobia

    Premio speciale della Giuria:

    Giulio Grigioni - La Notte degli Arcobaleni

    Lista finalisti pari merito (in ordine alfabetico):

    Annibale Bertollo - L’istinto del vampiro

    Antonio Branda - Necronomicon

    Valeria Cappelletti - Il sole nero

    Mariangela Castagna - La rosa e la croce

    Silvano Costantini - Lo spettro

    Federico Friede - Il serraglio

    Antonio Frosina - Ogni respiro che fai

    Marco Giuliani - Il saprofita

    Hugo Kleister - Hoffmanstral

    Lizbeth Mayer - Equilibrium - Luce e tenebre

    Luisa Mueller - Dimmi di te

    Julia Ormond - Sangue di strega

    Aldo Parisi - I cavalieri dell’Apocalisse

    Alessandro Porri - Il cacciatore di sangue

    François Rossi - La maledizione del giovane vampiro

    Elisabetta Maria Rovai - Il segreto di Anton

    Sezione Racconto inedito

    1o classificato: Salvatore Santamaria - Pipistrelli

    2o classificato: Paolo Arnolfo - Femmine

    3o classificato: Marco Martinenghi - La panchina

    Premio speciale della Giuria:

    Marco Bertoli - Cappello a cilindro

    Lista finalisti pari merito (in ordine alfabetico):

    Mattia Bagnato - Volti che non puoi dimenticare

    Nicola Barca - Il ventre del vampiro

    Lorenzo Bernasconi - Sangue di Giuda

    Giada Bonaguidi - Incubo

    Danilo Cannizzaro - La ballata del fantasma gabbato

    Stefano Cherici - N.P.U.

    Alessandro Corsi - Io, il non morto

    Antonio di Carpegna Falconieri - L’isola incantata

    Andrea Di Mastrorocco - Parole al chiaro di luna

    Franco Duranti - Il Cimitero di Tabano

    Paola Elena Ferri - Starseed - La stirpe regale

    Pietro Grilli - Il Sabba

    Alessandro Grimaldi - Mistero a Woodlake Bay

    Vittoria Silviana Iorio - La Sirena di Sintra

    Silvio Marotta - Lo schiavo e la luna

    Clara Morelli - Un nano… a caso

    Andrea Moretti - La noia. La maledizione del Tilaka

    Edoardo Nepa - La maledizione di Azel

    Rosario Parisi - Ossimoro d’essenza

    Gabriele Rinaldi - Il deserto dei giganti

    Francesca Scarpati - Streghe urbane

    Patrizia Scialoni - La crudele

    Francesca Sedda - L’ultima dei Felpher

    Camilla Soncini - La bellezza è il mio mestiere

    Lea Valti - Voci

    Andrea Zullo - Io

    Sezione Poesia inedita

    1a classificata: Maria Chiara Boscolo - Séance

    2o classificato: Roberto Marsiglia - Reviviscenza

    3o classificato: Sandro Fossemò - Il Gatto Nero

    Premio speciale della Giuria:

    Giusy Vanni - Lo sguardo vitreo

    Lista finalisti pari merito (in ordine alfabetico):

    Joseph Barnato - La belle dame sans merci

    Alessandra Benedetti - Il folletto birichino

    Mirella Carrozzino - C’era una volta… il Tempo

    Vincenzo Celano - Al comizio le streghe

    Chiara Chiozzi - Incontro

    Matteo Ferrarini - Medusa

    Carlo Frontini - L’estraneo

    Nicola Giordano - Poltergeist

    Giovanni Ingino - L’Empusa

    Hugo Kleister - Nessun rancore

    Andrea Moretti - La promessa

    Julia Ormond - Dell’insondabile magia dell’ignoto

    Elena Angela Pera - Festa nera

    Gabriella Pison - L’osmosi degli impossibili

    Elisabetta Maria Rovai - Il giaciglio mi chiama

    Antonio Tanelli - Il Joker

    Poesia

    Joseph Barnato

    Finalista Sezione Poesia

    La belle dame sans merci

    […] the sedge is wither’d from the lake,

    and no birds sing.

    John Keats

    Aggiorna

    traspaiono dai veli dell’albore

    i tratti del tuo viso

    sei bella oltre ogni dire

    eppure non ti basta

    gareggi col lucore e ti oltrepassi

    agli altri ti elargisci nel sorriso

    ma lame di perfidia nella forgia

    a verde incandescenza dello sguardo

    contro a me a annichilirmi surriscaldi

    a questo e quello i tuoi favori accordi

    di me ti beffi un poco

    ma come di sfuggita

    e senza porci mente

    fai esplodere l’aurora per l’invidia

    adesso e in piena luce

    t’eclissi nell’abbraccio d’un lascivo

    (v’assomigliate -il mistero per voi

    d’attrarsi si riduce

    a mordere il boccone

    del sesso- del piacere

    in pasto agli avvoltoi

    carcassa di carogna-

    il resto lo lasciate)

    s’acumina lo spasmo del tormento

    nel cuore devastato che soccorri

    con l’obolo analgesico d’un cenno

    con l’alchimia di parolette in pillole-

    placebi surrogati contentini

    innamorata da morirne e viva

    occorre sia la vittima

    per più eccitarti a prolungare il gioco.

    Alessandra Benedetti

    Finalista Sezione Poesia

    Il folletto birichino

    Pizzichi di luci,

    tremolio di candele,

    è scesa la notte.

    Vento folle scompiglia le chiome

    dei cavalli nelle stalle

    dopo le fatiche del giorno.

    Sarà il folletto birichino a venir stanotte?

    Timor le genti han del Linchetto,

    dispetti, fastidi e giochi repentini,

    piace allo spiritello batter sul petto

    o rovesciar i ricolmi tini.

    Intrecciar le trecce alle giovinette

    o tirar le coperte alle vecchie zitelle,

    corre il burlone giù dallo scalone,

    scalpitio di zoccoli e

    mulinio di fieno lontani.

    Rimedio del vecchio

    ramoscello di ginepro

    finalmente appeso,

    mentre il bambino mangia

    pane e formaggio.

    "Alla faccia del Linchetto

    mangio e caco questo pane

    e questo cacio!"

    Maria Chiara Boscolo

    1a classificata Sezione Poesia

    Séance

    Quando mi desterò

    all’improvviso lume

    d’una tavola arcana

    sospeso il mio respiro

    per desolato fremito

    le labbra tue blasfeme

    sedotte dalle ombre

    come per un vuoto,

    diranno di mia notte,

    allor ti bacerò,

    nel palpito fremente

    audace nel ricordo

    di luna e sole insieme

    eternamente.

    Mirella Carrozzino

    Finalista Sezione Poesia

    C’era una volta… il Tempo

    C’era una volta in un paese lontano

    un corvo posato su un ramo.

    È poi improvvisamente volato

    su una torre del castello incantato.

    Apriva il becco, gracchiava al vento

    era in preda al delirio, era sgomento.

    La vita nel castello bruscamente si era fermata

    il Tempo giaceva prigioniero dentro un’urna incantata.

    Vampiri e Licantropi assediavano il castello

    assetati di sangue ne facevano flagello.

    Grida di orrore, lacrime e fetore

    tenebra e crudeltà ne gustavano il sapore.

    Il corvo fedele con un codice muto

    a streghe e potenti maghi ha chiesto aiuto…

    Una danza sopra la cenere ardente

    due volteggi su se stesso

    sbattendo quattro volte le ali

    nell’atteso ritorno del Maestro.

    Ed ecco che un’orda nera oscurava il cielo

    si muoveva compatta in alto, davvero!

    Risate agghiaccianti su scope volanti…

    occhi infuocati e voci inquietanti.

    Aprendosi un varco tra le mura del castello

    combattevano gli spettri con un magico ritornello:

    "Cinque dita, essenza di ortica,

    serratura svelata, chiave fatata.

    Romios Arckyluc Pimius!"

    Amuleto della luce! Pugnale d’argento!

    Salvate il castello da questo tormento.

    Coda di rospo, bava di lumaca

    radici e terra della montagna stregata.

    Bruciate mostri dentro lingue di fuoco!

    Apriti portale! E trascinali nel vuoto!

    Luogo stregato senza speranza dove esiste

    solo il dolore della propria coscienza.

    "Cinque dita, essenza di ortica,

    serratura celata, chiave fatata.

    Romios Arckyluc Pimius!"

    Bacche di bosco per riportare ogni cosa a suo posto

    veleno di scorpione per riaprire la sua prigione

    capelli di elfo e scaglie di serpente

    per ripristinare la vita esistente.

    Ecco, in un baleno, il cielo tornava sereno

    e mentre il pendolo batteva i rintocchi,

    tutti riaprivano gli occhi.

    Il Signore del Tempo era stato liberato!

    Riprendeva a scorrere la vita nel castello…

    non più incantato.

    Vincenzo Celano

    Finalista Sezione Poesia

    Al comizio le streghe

    La sera del comizio

    alla luce dei fulmini

    ballavano le streghe

    ai cantoni della piazza.

    Repentino fu l’urlo loro

    metà cane e metà iena:

    Al ciuccio vizioso

    hai da dare corda lunga:

    s’incappia da se stesso!

    Un urlo, d’accordo

    un grido pazzo,

    ma, in mancanza, come può la smorfia

    clandestina color sidro

    di chi è lì e non è della partita

    brucare anche quel fiato di tempo

    a parole che hanno il ghiaccio in tasca? 

    Chiara Chiozzi

    Finalista Sezione Poesia

    Incontro

    Precipito in una vuota oscurità

    anelando ancora

    a quell’ultimo abbraccio,

    a quell’ultimo bacio

    di ferro e di sangue,

    a un’effimera immortalità.

    Matteo Ferrarini

    Finalista Sezione Poesia

    Medusa

    Fiore etereo di fanciulla,

    clemente non fu quel greve fato

    che mutò in bestia il tuo peccato,

    martire dell’irata dea bellicosa,

    vendicatasi d’una gelosia fasulla.

    Dalla tua chioma sinuosa

    affiorano terrificanti serpi.

    In mezzo a pietrificati corpi

    s’ode la paura della morte

    di chi mirarti in volto non osa.

    L’insidia mise fine alla tua sorte

    per mano di chi colpe non aveva.

    La testa nelle dita sue cingeva,

    falciata da quell’impeto brutale,

    triste dono di nozze al re di corte.

    Narra il mito del semidio mortale.

    Sandro Fossemò

    3o classificato Sezione Poesia

    Il Gatto Nero

    Nel buio pesto

    di un temporale,

    un fulmine trafigge

    come una lancia

    il cuore della notte.

    Un antico lampione

    emerge da mura

    isolate sulla strada

    bagnata e rocciosa

    di un borgo medioevale.

    La lampada illumina

    un gatto nero

    di luce nefasta.

    La luna piena scruta

    la bestia del diavolo,

    mentre cerca riparo

    in mezzo a un intrico

    di tronchi e rami secchi

    d’autunno.

    Lo spettro notturno

    è una guardia

    del regno dei morti.

    Sorveglia il vicolo cieco

    con due lanterne diaboliche

    e il mantello nero,

    nel bel mezzo della tempesta.

    I suoi occhi mi fissano

    con astuzia

    e brillano nelle tenebre

    di ambra incandescente.

    Il gatto si ingobbisce

    e arruffa il pelo

    quando l’ombra mia furtiva

    pian pian s’avvicina.

    Indietro tira le orecchie

    e ringhia sotto le carezze mie.

    Quel felino maledetto

    soffia e morde

    le dita con i canini insanguinati.

    L’anima mia rabbrividisce

    nel funebre pianto delle campane

    che annunciano la morte

    insieme al gemito cupo del gatto.

    Carlo Frontini

    Finalista Sezione Poesia

    L’estraneo [1]

    Scena 1: Interno, immagine antropomorfa sfumata, dissolvenza. Urla lontane in sottofondo.

    Voce fuori campo:

    È qui, davanti a me,

    la cosa che mi fissa.

    Orrenda esibizione,

    immonda, innaturale,

    immobile abominio,

    estranea alla realtà.

    Scena 2: Antefatto, poca luce, immagini in rapida successione. Sospiri su melodia.

    Voce fuori campo:

    Lontano dalla luce,

    vivevo in un castello,

    da sempre, segregato,

    eterno prigioniero.

    Chi mai mi avrà educato?

    Persone come me,

    perdute nel ricordo…

    Da dove sono nato?

    Avevo un desiderio:

    poter vedere il mondo.

    Scalai la torre nera,

    s’alzava su, nel cielo.

    Un’ardua arrampicata

    su appigli scivolosi,

    condusse a una grata,

    guardai attraverso e vidi…

    Vidi un cimitero.

    Non alberi dall’alto,

    non stelle o azzurro cielo,

    ma solido terreno.

    Lasciai la mia dimora,

    fra lapidi e colonne,

    attraversai un cancello

    e presi per i campi.

    Davanti a me un castello

    un altro, familiare,

    e dentro erano luci,

    festose voci e balli.

    Silenzio di cristallo,

    la folla mi guardava,

    un attimo e il terrore.

    Chi stava dietro me?

    Scena 3: Interno, sala feste, piena luce. Urla, a sfumare.

    Voce fuori campo:

    Girandomi lo vedo,

    la mano si avvicina,

    in decomposizione,

    sussulto al suo respiro.

    Ma d’improvviso colgo

    la parodia aberrante

    di quello che era un uomo

    e quale uomo era.

    Fu freddo alla mia mano,

    schiarendosi i ricordi,

    lo specchio in cui guardavo

    il volto mio svanire.

    [1] *Libera rielaborazione tratta dall’omonimo racconto di Lovecraft. 

    Nicola Giordano

    Finalista Sezione Poesia

    Poltergeist

    Da secoli l’ultima nota

    si tace ai saloni deserti

    eppur continua…

    la danza del sudario

    del fuoco, dell’armatura

    del lembo dell’arazzo

    del tonfo, del cigolio:

    dovunque saltava il giullare

    rollio di sonagli nel vuoto;

    si scoprono maldisposte

    le panche al ricordo di ieri

    e sembrano offerti agli insonni

    i calici dal folle tocco.

    Giovanni Ingino

    Finalista Sezione Poesia

    L’Empusa

    Multiforme ancella di Ecate,

    Mefistofele vanta come parente,

    sia molle vacca o perfida cagna,

    semina terrore là

    dove bellezza regna.

    Bizzarria del piede bronzeo,

    di quella gamba d’asina,

    che tradisce il suo mutarsi demone:

    nulla è più suadente del suo apparire

    donna lasciva e seducente,

    così affabile alla vista e facile

    a scivolare nella dolce alcova

    dei giovinetti di cui berrà il sangue,

    dilanierà le carni.

    Volteggia rapida

    la zannuta fiera e ondeggia infida,

    la pelle pallida, gli occhi cerchiati

    di rosso, porta il fuoco nella morte,

    l’orrendo volto mostra tra le fiamme.

    Hugo Kleister

    Finalista Sezione Poesia

    Nessun rancore

    Un cuore spento

    dannato

    perseguitato

    reietto.

    Alla luce dell’oscurità

    un calice di sangue.

    Nessun rancore.

    Roberto Marsiglia

    2o classificato Sezione Poesia

    Reviviscenza

    Perirò con gli artigli

    incuneati nella carne,

    inchiodati alla pelle,

    conficcati nelle viscere.

    Perirò con le tue zanne

    acuminate e fameliche,

    guardando il ridente cielo

    con la bocca digrignata;

    non supplicherò la vita,

    sono già morto da tempo…

    Perirò e rinascerò

    come demone della notte,

    come anima dannata,

    come il mellifluo diavolo

    che veste elegantemente

    in abito scurissimo.

    Andrea Moretti

    Finalista Sezione Poesia

    La promessa

    Ho fatto voto di Morte

    per bere

    il veleno magico

    dell’amore;

    ho fatto voto di Notte,

    di lacrime,

    di perle bianche

    di rugiada;

    ho fatto voto di stelle,

    insonni letti distanti;

    ho fatto voto di salmi,

    di ferite lamentose

    trovate tra i soffi sanguinanti

    delle foglie;

    ho fatto voto

    di cenere

    per sciogliermi

    nel vento grigio

    del tuo abbraccio;

    ho fatto voto

    di solitudine,

    di melodie strane,

    di ottoni sepolcrali,

    per squagliarmi

    nel sonno rosso

    delle tue promesse.

    Ho lasciato tutto,

    ho abbandonato la vita,

    per strappare cocci d’amore

    dai cipressi,

    per godermi le labbra

    sante di Berenice,

    e danzare felice

    sotto i sogni pallidi

    della luna.

    Ho rinnegato le mie felicità,

    gettato via le mie certezze

    per morire abbracciato

    alla bianca terra del tuo seno,

    per bere vino,

    brindare a festa

    sul marmo tetro

    dei nostri salotti,

    e sprofondare,

    eterni sposi,

    nella bara eterna

    e amorosa

    della Notte.

    Julia Ormond

    Finalista Sezione Poesia

    Dell’insondabile magia dell’ignoto

    scelgo la quiete che infonde forza

    all’abbandono.

    Sposa ribelle di un pallido dio

    graffio smaniosa le pareti dell’incertezza.

    L’eco di un grido senza voce

    in una terra senza età

    mi ricorda chi sono.

    Annuso l’aria e aspetto il tempo.

    Non ho paura dell’ombra

    vivere è la cosa più rara del mondo.

    Quando il vento è caldo e una fiamma è accesa

    lascio scorrere la preghiera e il mio corpo

    vibra di musica.

    Ho artigli d’odio per lottare

    lacrime per non dimenticare le sorelle

    denudate rasate rapate

    trafitte torturate spezzate sulla ruota

    sorelle che respiravano più liberamente

    avvolte dalle fiamme.

    La notte più oscura mi accoglie nera e superba.

    Elena Angela Pera

    Finalista Sezione Poesia

    Festa Nera

    La luna è una palla…

    né bianca né gialla.

    Immobile sta,

    come un centrino,

    fissa nel cielo color corvino.

    Nel sottobosco, leggeri rumori

    risate, fruscii… chi salterà fuori?

    Gnomi, folletti dall’arcigno sorriso

    streghe, stregoni dal cupo viso

    nella radura si incontreranno,

    canti inquietanti intoneranno

    spettri, fantasmi saran richiamati

    e i loro lamenti molto apprezzati.

    Nella radura, la tetra compagnia…

    inizia la festa e che paura sia!

    Tu stai lontano

    e non ne avrai danno.

    Inizia la festa più scura dell’anno!

    Gabriella Pison

    Finalista Sezione Poesia

    L’osmosi degli impossibili

    Era il mostro di origine divina,

    leone la testa, il petto capra, e drago

    la coda; e dalla bocca orrende vampe

    vomitava di foco […]

    Omero, Iliade, VI

    Chimere nate dalla desolazione del nulla

    azzerata la geografia della terra

    nutrite di cybermatrice

    vi sollevate in volo

    abet condor dalla resina corrosiva

    grifo stambek, gaz gazzelle e falc linci

    come stormi di caccia intercettori.

    Le pianure risparmiate dalla guerra

    nel silenzio inanimato dell’Eschaton finale

    tribolate da donne sciacallo,

    percorse da leon cavalli dagli artigli come rostri metallici

    eder anaconde e aracno tigri dai veleni mortali e fugaci,

    sorvolate dalla natura mite della colomba

    fusa con quella rapace dell’aquila

    e dove un codice genetico aberrato

    banchetta a maledizioni

    nell’intrico sfinito di ciò che resta.

    La furia cieca dei viventi non ha risparmiato nessuno

    l’istinto del male è nel cuore dell’uomo

    ma lì sotto terra

    nei meandri della disperazione

    il virus dell’Apocalisse

    -il mostro dei mostri-

    attende in un silenzio innaturale

    anche un’ultima cellula in vita.

    Per replicarsi in tragici cloni.

    Per perpetuare all’infinito la sua trasgressione.

    Elisabetta Maria Rovai

    Finalista Sezione Poesia

    Il giaciglio mi chiama

    il mio corpo cerca riposo.

    Vacillo nelle tenebre della mia anima

    soffocata da litanie perverse

    sopraffatta dalla brama di sprofondare

    nei tetri abissi dell’estasi

    stordita da un baccano infernale

    uno strepito selvaggio

    mi disseto col tuo sangue infetto

    mi nutro delle tue membra putrefatte

    sazia della tua essenza mortale

    mi volgo verso le torbide foci

    che circondano il tuo corpo sanguinante

    eccitata dai gemiti acuti

    delle larve dannate.

    Le mie ali legate,

    la mia anima oppressa

    parvenza di vita essenza di morte

    sciogli le catene liberami.

    Il pallido candore della luna

    mi illumina il viso

    un sibilo gelido

    un tonfo il mio corpo a terra.

    Rifuggo dalla luce

    percorro l’oscuro sentiero

    sento un suono lontano

    la notte è immobile

    la nebbia si chiude è già decisa la strada.

    Intorno a me solo sangue

    il mio cuore non batte

    urlo vita

    grido morte

    chiedo amore.

    Ma nessuno risponde.

    Antonio Tanelli

    Finalista Sezione Poesia

    Il Joker

    Rido della fedeltà

    rido della gioia

    rido della vita

    rido alla faccia

    di chi fa il doppio gioco

    bleffando nelle regole

    di chi risolve i problemi

    divorandosi le carni a letto

    imbrattando i sogni

    con la rossa vernice dell’inferno

    rido nella notte dei secoli

    oscuro come le turbe

    della ragione

    annidato nelle smodate paure

    rido alla faccia

    del tradimento

    della solitudine

    della confusione

    delle maschere

    dei miei e tuoi fallimenti

    burlone come Arlecchino

    del travestimento

    in costumi di carnevale di ognuno

    dell’apparenza

    della benemerenza

    a cui va un inchino

    e rido rido rido beffardo rido

    con due cannoni a lunga gittata

    come occhi

    e un assurdo sogghigno

    pescato dal mazzo

    come un Joker da strapazzo

    ahahahah ahahahahah ahahahahahah.

    Giusy Vanni

    Premio Speciale della Giuria Sezione Poesia

    Lo sguardo vitreo

    A mia madre

    Lo sguardo vitreo

    affondava colpi

    oltre il tutto

    dritto al cuore.

    Non spade, solo occhi

    accusatori, verdi.

    Fossero stati vermigli

    materni

    sarei morta, senza morire.

    Uno sguardo verde

    mi amava e uccideva

    l’ho lasciato perdente

    senza vittoria.

    Trofeo misero il mio

    distesa, inerme

    mi guardi, assente.

    Un vampiro ti succhia

    il cervello, goccia a goccia

    ti ruba tutto

    anche la dignità.

    Un incubo mi assedia

    strapparti gli occhi,

    piantarci i miei,

    marrone comune,

    darti l’ultima possibilità

    un grido solo

    Non avete vinto

    e, con gli stessi occhi

    dire a te stessa

    Ti ho tanto amato.

    Racconto

    Paolo Arnolfo

    2o classificato Sezione Racconto

    Femmine

    Anno Domini 1510, montagne dell’alta Lombardia. Tre uomini stanno facendo il loro lavoro. Una donna ne è vittima.

    Ludovico è il leader e il più intelligente. Non avrebbe bisogno di tutto questo per procurarsi una donna: è alto, bello e muscoloso. Infatti non le violenta quasi mai e ancor più raramente le tortura: si limita a coordinare i suoi. Però non prova pietà: la visione di donne stuprate e uccise lo lascia indifferente. Queste esecuzioni in montagna non sono il fine ma il mezzo: la strada per sognare una scalata sociale che lo porti ad avere potere e denaro.

    Ascanio invece senza questa discutibile attività non avrebbe l’opportunità di avvicinarsi a una donna: è un rivoltante scarto della società, maleodorante e grasso all’inverosimile. Il punto per lui non è la violenza sessuale, che lo interessa ma in modo minore: a lui piace infliggere dolore. Porta fruste, bastoni e altri attrezzi. Lui vuole sentirle gridare e non ha mai fallito. A volte gli altri due, impressionati, gli chiedono di smetterla, di dare il colpo di grazia: quando però lui si gira a guardarli, con la follia negli occhi e le bave che penzolano dalla bocca, capiscono che non è il caso di discutere.

    Oliviero ha qualche dubbio su questo lavoro che li impegna da quasi un anno; gli pesa sapere che quelle donne sono innocenti. Sa anche, però, che sono molto belle e che lui non potrebbe mai averle. Le violenta con gusto ma se non si ribellano troppo evita di colpirle. Preferirebbe che le streghe gli si concedessero senza lottare, ma le capisce: stanno per morire, non hanno via di scampo. Cerca di non pensarci troppo mentre prende il suo piacere dai loro corpi martoriati.

    Anche questa donna è innocente. Un suo parente ha cercato di violentarla ma lei ha saputo reagire: lui, ferito nell’orgoglio, ha inventato false prove di stregoneria ed è corso a denunciarla. E a cosa vale la parola di una donna, in mezzo a tante parole di uomini? Ascanio le ha spaccato le dita delle mani con un martello. L’hanno violentata e uccisa. Quando hanno finito, hanno acceso un fuoco per lei. In teoria, il rogo è ciò che viene commissionato ai tre boia: ma cosa accade prima non interessa a chi emette la sentenza. Ne hanno bruciate vive un paio, tanto per provare, ma preferiscono fare a modo loro. Si vede che sono contenti del loro lavoro: mentre scendono verso la loro cittadina, Ludovico inizia a cantare un brano da osteria. A breve le voci degli altri due si uniscono. Se non fosse per la balbuzie di Ascanio, sarebbero perfino piacevoli da ascoltare.

    L’Inquisitore Edoardo è nervoso: non è da lui.

    Il loro datore di lavoro è un uomo calmo e spietato. Le disprezza, le donne: lo si capisce dal piacere sadico che traspare nella sua voce quando legge le sentenze. Da quando lavorano per lui, hanno assistito a molti processi e a pochissime assoluzioni. Questa volta li ha convocati col favore delle tenebre: è una novità. Lei è già legata con una catena, nella stanza del processo. È silenziosa, a differenza della maggior parte delle donne di cui si sono occupati. La notte, rischiarata soltanto dalle torce a vento, non riesce a nascondere la sua straordinaria bellezza. L’Inquisitore li accoglie sbrigativamente. Salta parti della liturgia ed evita di guardare la donna. Persino quando emette la sentenza i suoi occhi sono chini, e sta sudando copiosamente nonostante la frescura della sera.

    Melania, col potere conferitomi dalla Santa Chiesa, ti condanno al rogo.

    Non ha seguito il cerimoniale, non ha letto le tante parole a cui sono abituati: i tre sono sgomenti, forse più della strega. Lei fissa il volto del suo giudice; forse ha un po’ d’odio negli occhi, o forse sono loro a volerlo vedere. Con ampi gesti della mano l’Inquisitore li invita a riportarla in cella e loro eseguono. Poi, come di consuetudine, tornano da lui: a differenza delle altre volte, sanno che non troveranno un sorriso complice e festose strette di mano. Edoardo infatti li congeda con poche parole e una sorpresa. Le parole sono: La condanna va eseguita domani notte. La sorpresa è: Salirò anche io in montagna. Questa non è come le altre poveracce: è una strega vera.

    Mentre si inerpicano lungo un sentiero ripido e dissestato la più serena pare essere la condannata a

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