Storie di immaginaria realtà - Vol. 3
By AA. VV.
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Book preview
Storie di immaginaria realtà - Vol. 3 - AA. VV.
Premio
Classifica finale VI ed. Premio Letterario Nazionale Streghe Vampiri & Co.
Sezione Romanzo inedito
1a classificata: Elisabetta Carovani - La bolla di Onar
2a classificata: Alessia Piemonte - L’esperimento
3o classificato: Gualtiero Ferrari - Zeta-Phobia
Premio speciale della Giuria:
Giulio Grigioni - La Notte degli Arcobaleni
Lista finalisti pari merito (in ordine alfabetico):
Annibale Bertollo - L’istinto del vampiro
Antonio Branda - Necronomicon
Valeria Cappelletti - Il sole nero
Mariangela Castagna - La rosa e la croce
Silvano Costantini - Lo spettro
Federico Friede - Il serraglio
Antonio Frosina - Ogni respiro che fai
Marco Giuliani - Il saprofita
Hugo Kleister - Hoffmanstral
Lizbeth Mayer - Equilibrium - Luce e tenebre
Luisa Mueller - Dimmi di te
Julia Ormond - Sangue di strega
Aldo Parisi - I cavalieri dell’Apocalisse
Alessandro Porri - Il cacciatore di sangue
François Rossi - La maledizione del giovane vampiro
Elisabetta Maria Rovai - Il segreto di Anton
Sezione Racconto inedito
1o classificato: Salvatore Santamaria - Pipistrelli
2o classificato: Paolo Arnolfo - Femmine
3o classificato: Marco Martinenghi - La panchina
Premio speciale della Giuria:
Marco Bertoli - Cappello a cilindro
Lista finalisti pari merito (in ordine alfabetico):
Mattia Bagnato - Volti che non puoi dimenticare
Nicola Barca - Il ventre del vampiro
Lorenzo Bernasconi - Sangue di Giuda
Giada Bonaguidi - Incubo
Danilo Cannizzaro - La ballata del fantasma gabbato
Stefano Cherici - N.P.U.
Alessandro Corsi - Io, il non morto
Antonio di Carpegna Falconieri - L’isola incantata
Andrea Di Mastrorocco - Parole al chiaro di luna
Franco Duranti - Il Cimitero di Tabano
Paola Elena Ferri - Starseed - La stirpe regale
Pietro Grilli - Il Sabba
Alessandro Grimaldi - Mistero a Woodlake Bay
Vittoria Silviana Iorio - La Sirena di Sintra
Silvio Marotta - Lo schiavo e la luna
Clara Morelli - Un nano… a caso
Andrea Moretti - La noia. La maledizione del Tilaka
Edoardo Nepa - La maledizione di Azel
Rosario Parisi - Ossimoro d’essenza
Gabriele Rinaldi - Il deserto dei giganti
Francesca Scarpati - Streghe urbane
Patrizia Scialoni - La crudele
Francesca Sedda - L’ultima dei Felpher
Camilla Soncini - La bellezza è il mio mestiere
Lea Valti - Voci
Andrea Zullo - Io
Sezione Poesia inedita
1a classificata: Maria Chiara Boscolo - Séance
2o classificato: Roberto Marsiglia - Reviviscenza
3o classificato: Sandro Fossemò - Il Gatto Nero
Premio speciale della Giuria:
Giusy Vanni - Lo sguardo vitreo
Lista finalisti pari merito (in ordine alfabetico):
Joseph Barnato - La belle dame sans merci
Alessandra Benedetti - Il folletto birichino
Mirella Carrozzino - C’era una volta… il Tempo
Vincenzo Celano - Al comizio le streghe
Chiara Chiozzi - Incontro
Matteo Ferrarini - Medusa
Carlo Frontini - L’estraneo
Nicola Giordano - Poltergeist
Giovanni Ingino - L’Empusa
Hugo Kleister - Nessun rancore
Andrea Moretti - La promessa
Julia Ormond - Dell’insondabile magia dell’ignoto
Elena Angela Pera - Festa nera
Gabriella Pison - L’osmosi degli impossibili
Elisabetta Maria Rovai - Il giaciglio mi chiama
Antonio Tanelli - Il Joker
Poesia
Joseph Barnato
Finalista Sezione Poesia
La belle dame sans merci
[…] the sedge is wither’d from the lake,
and no birds sing.
John Keats
Aggiorna
traspaiono dai veli dell’albore
i tratti del tuo viso
sei bella oltre ogni dire
eppure non ti basta
gareggi col lucore e ti oltrepassi
agli altri ti elargisci nel sorriso
ma lame di perfidia nella forgia
a verde incandescenza dello sguardo
contro a me a annichilirmi surriscaldi
a questo e quello i tuoi favori accordi
di me ti beffi un poco
ma come di sfuggita
e senza porci mente
fai esplodere l’aurora per l’invidia
adesso e in piena luce
t’eclissi nell’abbraccio d’un lascivo
(v’assomigliate -il mistero per voi
d’attrarsi si riduce
a mordere il boccone
del sesso- del piacere
in pasto agli avvoltoi
carcassa di carogna-
il resto lo lasciate)
s’acumina lo spasmo del tormento
nel cuore devastato che soccorri
con l’obolo analgesico d’un cenno
con l’alchimia di parolette in pillole-
placebi surrogati contentini
innamorata da morirne e viva
occorre sia la vittima
per più eccitarti a prolungare il gioco.
Alessandra Benedetti
Finalista Sezione Poesia
Il folletto birichino
Pizzichi di luci,
tremolio di candele,
è scesa la notte.
Vento folle scompiglia le chiome
dei cavalli nelle stalle
dopo le fatiche del giorno.
Sarà il folletto birichino a venir stanotte?
Timor le genti han del Linchetto,
dispetti, fastidi e giochi repentini,
piace allo spiritello batter sul petto
o rovesciar i ricolmi tini.
Intrecciar le trecce alle giovinette
o tirar le coperte alle vecchie zitelle,
corre il burlone giù dallo scalone,
scalpitio di zoccoli e
mulinio di fieno lontani.
Rimedio del vecchio
ramoscello di ginepro
finalmente appeso,
mentre il bambino mangia
pane e formaggio.
"Alla faccia del Linchetto
mangio e caco questo pane
e questo cacio!"
Maria Chiara Boscolo
1a classificata Sezione Poesia
Séance
Quando mi desterò
all’improvviso lume
d’una tavola arcana
sospeso il mio respiro
per desolato fremito
le labbra tue blasfeme
sedotte dalle ombre
come per un vuoto,
diranno di mia notte,
allor ti bacerò,
nel palpito fremente
audace nel ricordo
di luna e sole insieme
eternamente.
Mirella Carrozzino
Finalista Sezione Poesia
C’era una volta… il Tempo
C’era una volta in un paese lontano
un corvo posato su un ramo.
È poi improvvisamente volato
su una torre del castello incantato.
Apriva il becco, gracchiava al vento
era in preda al delirio, era sgomento.
La vita nel castello bruscamente si era fermata
il Tempo giaceva prigioniero dentro un’urna incantata.
Vampiri e Licantropi assediavano il castello
assetati di sangue ne facevano flagello.
Grida di orrore, lacrime e fetore
tenebra e crudeltà ne gustavano il sapore.
Il corvo fedele con un codice muto
a streghe e potenti maghi ha chiesto aiuto…
Una danza sopra la cenere ardente
due volteggi su se stesso
sbattendo quattro volte le ali
nell’atteso ritorno del Maestro.
Ed ecco che un’orda nera oscurava il cielo
si muoveva compatta in alto, davvero!
Risate agghiaccianti su scope volanti…
occhi infuocati e voci inquietanti.
Aprendosi un varco tra le mura del castello
combattevano gli spettri con un magico ritornello:
"Cinque dita, essenza di ortica,
serratura svelata, chiave fatata.
Romios Arckyluc Pimius!"
Amuleto della luce! Pugnale d’argento!
Salvate il castello da questo tormento.
Coda di rospo, bava di lumaca
radici e terra della montagna stregata.
Bruciate mostri dentro lingue di fuoco!
Apriti portale! E trascinali nel vuoto!
Luogo stregato senza speranza dove esiste
solo il dolore della propria coscienza.
"Cinque dita, essenza di ortica,
serratura celata, chiave fatata.
Romios Arckyluc Pimius!"
Bacche di bosco per riportare ogni cosa a suo posto
veleno di scorpione per riaprire la sua prigione
capelli di elfo e scaglie di serpente
per ripristinare la vita esistente.
Ecco, in un baleno, il cielo tornava sereno
e mentre il pendolo batteva i rintocchi,
tutti riaprivano gli occhi.
Il Signore del Tempo era stato liberato!
Riprendeva a scorrere la vita nel castello…
non più incantato.
Vincenzo Celano
Finalista Sezione Poesia
Al comizio le streghe
La sera del comizio
alla luce dei fulmini
ballavano le streghe
ai cantoni della piazza.
Repentino fu l’urlo loro
metà cane e metà iena:
Al ciuccio vizioso
hai da dare corda lunga:
s’incappia da se stesso!
Un urlo, d’accordo
un grido pazzo,
ma, in mancanza, come può la smorfia
clandestina color sidro
di chi è lì e non è della partita
brucare anche quel fiato di tempo
a parole che hanno il ghiaccio in tasca?
Chiara Chiozzi
Finalista Sezione Poesia
Incontro
Precipito in una vuota oscurità
anelando ancora
a quell’ultimo abbraccio,
a quell’ultimo bacio
di ferro e di sangue,
a un’effimera immortalità.
Matteo Ferrarini
Finalista Sezione Poesia
Medusa
Fiore etereo di fanciulla,
clemente non fu quel greve fato
che mutò in bestia il tuo peccato,
martire dell’irata dea bellicosa,
vendicatasi d’una gelosia fasulla.
Dalla tua chioma sinuosa
affiorano terrificanti serpi.
In mezzo a pietrificati corpi
s’ode la paura della morte
di chi mirarti in volto non osa.
L’insidia mise fine alla tua sorte
per mano di chi colpe non aveva.
La testa nelle dita sue cingeva,
falciata da quell’impeto brutale,
triste dono di nozze al re di corte.
Narra il mito del semidio mortale.
Sandro Fossemò
3o classificato Sezione Poesia
Il Gatto Nero
Nel buio pesto
di un temporale,
un fulmine trafigge
come una lancia
il cuore della notte.
Un antico lampione
emerge da mura
isolate sulla strada
bagnata e rocciosa
di un borgo medioevale.
La lampada illumina
un gatto nero
di luce nefasta.
La luna piena scruta
la bestia del diavolo,
mentre cerca riparo
in mezzo a un intrico
di tronchi e rami secchi
d’autunno.
Lo spettro notturno
è una guardia
del regno dei morti.
Sorveglia il vicolo cieco
con due lanterne diaboliche
e il mantello nero,
nel bel mezzo della tempesta.
I suoi occhi mi fissano
con astuzia
e brillano nelle tenebre
di ambra incandescente.
Il gatto si ingobbisce
e arruffa il pelo
quando l’ombra mia furtiva
pian pian s’avvicina.
Indietro tira le orecchie
e ringhia sotto le carezze mie.
Quel felino maledetto
soffia e morde
le dita con i canini insanguinati.
L’anima mia rabbrividisce
nel funebre pianto delle campane
che annunciano la morte
insieme al gemito cupo del gatto.
Carlo Frontini
Finalista Sezione Poesia
L’estraneo [1]
Scena 1: Interno, immagine antropomorfa sfumata, dissolvenza. Urla lontane in sottofondo.
Voce fuori campo:
È qui, davanti a me,
la cosa che mi fissa.
Orrenda esibizione,
immonda, innaturale,
immobile abominio,
estranea alla realtà.
Scena 2: Antefatto, poca luce, immagini in rapida successione. Sospiri su melodia.
Voce fuori campo:
Lontano dalla luce,
vivevo in un castello,
da sempre, segregato,
eterno prigioniero.
Chi mai mi avrà educato?
Persone come me,
perdute nel ricordo…
Da dove sono nato?
Avevo un desiderio:
poter vedere il mondo.
Scalai la torre nera,
s’alzava su, nel cielo.
Un’ardua arrampicata
su appigli scivolosi,
condusse a una grata,
guardai attraverso e vidi…
Vidi un cimitero.
Non alberi dall’alto,
non stelle o azzurro cielo,
ma solido terreno.
Lasciai la mia dimora,
fra lapidi e colonne,
attraversai un cancello
e presi per i campi.
Davanti a me un castello
un altro, familiare,
e dentro erano luci,
festose voci e balli.
Silenzio di cristallo,
la folla mi guardava,
un attimo e il terrore.
Chi stava dietro me?
Scena 3: Interno, sala feste, piena luce. Urla, a sfumare.
Voce fuori campo:
Girandomi lo vedo,
la mano si avvicina,
in decomposizione,
sussulto al suo respiro.
Ma d’improvviso colgo
la parodia aberrante
di quello che era un uomo
e quale uomo era.
Fu freddo alla mia mano,
schiarendosi i ricordi,
lo specchio in cui guardavo
il volto mio svanire.
[1] *Libera rielaborazione tratta dall’omonimo racconto di Lovecraft.
Nicola Giordano
Finalista Sezione Poesia
Poltergeist
Da secoli l’ultima nota
si tace ai saloni deserti
eppur continua…
la danza del sudario
del fuoco, dell’armatura
del lembo dell’arazzo
del tonfo, del cigolio:
dovunque saltava il giullare
rollio di sonagli nel vuoto;
si scoprono maldisposte
le panche al ricordo di ieri
e sembrano offerti agli insonni
i calici dal folle tocco.
Giovanni Ingino
Finalista Sezione Poesia
L’Empusa
Multiforme ancella di Ecate,
Mefistofele vanta come parente,
sia molle vacca o perfida cagna,
semina terrore là
dove bellezza regna.
Bizzarria del piede bronzeo,
di quella gamba d’asina,
che tradisce il suo mutarsi demone:
nulla è più suadente del suo apparire
donna lasciva e seducente,
così affabile alla vista e facile
a scivolare nella dolce alcova
dei giovinetti di cui berrà il sangue,
dilanierà le carni.
Volteggia rapida
la zannuta fiera e ondeggia infida,
la pelle pallida, gli occhi cerchiati
di rosso, porta il fuoco nella morte,
l’orrendo volto mostra tra le fiamme.
Hugo Kleister
Finalista Sezione Poesia
Nessun rancore
Un cuore spento
dannato
perseguitato
reietto.
Alla luce dell’oscurità
un calice di sangue.
Nessun rancore.
Roberto Marsiglia
2o classificato Sezione Poesia
Reviviscenza
Perirò con gli artigli
incuneati nella carne,
inchiodati alla pelle,
conficcati nelle viscere.
Perirò con le tue zanne
acuminate e fameliche,
guardando il ridente cielo
con la bocca digrignata;
non supplicherò la vita,
sono già morto da tempo…
Perirò e rinascerò
come demone della notte,
come anima dannata,
come il mellifluo diavolo
che veste elegantemente
in abito scurissimo.
Andrea Moretti
Finalista Sezione Poesia
La promessa
Ho fatto voto di Morte
per bere
il veleno magico
dell’amore;
ho fatto voto di Notte,
di lacrime,
di perle bianche
di rugiada;
ho fatto voto di stelle,
insonni letti distanti;
ho fatto voto di salmi,
di ferite lamentose
trovate tra i soffi sanguinanti
delle foglie;
ho fatto voto
di cenere
per sciogliermi
nel vento grigio
del tuo abbraccio;
ho fatto voto
di solitudine,
di melodie strane,
di ottoni sepolcrali,
per squagliarmi
nel sonno rosso
delle tue promesse.
Ho lasciato tutto,
ho abbandonato la vita,
per strappare cocci d’amore
dai cipressi,
per godermi le labbra
sante di Berenice,
e danzare felice
sotto i sogni pallidi
della luna.
Ho rinnegato le mie felicità,
gettato via le mie certezze
per morire abbracciato
alla bianca terra del tuo seno,
per bere vino,
brindare a festa
sul marmo tetro
dei nostri salotti,
e sprofondare,
eterni sposi,
nella bara eterna
e amorosa
della Notte.
Julia Ormond
Finalista Sezione Poesia
Dell’insondabile magia dell’ignoto
scelgo la quiete che infonde forza
all’abbandono.
Sposa ribelle di un pallido dio
graffio smaniosa le pareti dell’incertezza.
L’eco di un grido senza voce
in una terra senza età
mi ricorda chi sono.
Annuso l’aria e aspetto il tempo.
Non ho paura dell’ombra
vivere è la cosa più rara del mondo.
Quando il vento è caldo e una fiamma è accesa
lascio scorrere la preghiera e il mio corpo
vibra di musica.
Ho artigli d’odio per lottare
lacrime per non dimenticare le sorelle
denudate rasate rapate
trafitte torturate spezzate sulla ruota
sorelle che respiravano più liberamente
avvolte dalle fiamme.
La notte più oscura mi accoglie nera e superba.
Elena Angela Pera
Finalista Sezione Poesia
Festa Nera
La luna è una palla…
né bianca né gialla.
Immobile sta,
come un centrino,
fissa nel cielo color corvino.
Nel sottobosco, leggeri rumori
risate, fruscii… chi salterà fuori?
Gnomi, folletti dall’arcigno sorriso
streghe, stregoni dal cupo viso
nella radura si incontreranno,
canti inquietanti intoneranno
spettri, fantasmi saran richiamati
e i loro lamenti molto apprezzati.
Nella radura, la tetra compagnia…
inizia la festa e che paura sia!
Tu stai lontano
e non ne avrai danno.
Inizia la festa più scura dell’anno!
Gabriella Pison
Finalista Sezione Poesia
L’osmosi degli impossibili
Era il mostro di origine divina,
leone la testa, il petto capra, e drago
la coda; e dalla bocca orrende vampe
vomitava di foco […]
Omero, Iliade, VI
Chimere nate dalla desolazione del nulla
azzerata la geografia della terra
nutrite di cybermatrice
vi sollevate in volo
abet condor dalla resina corrosiva
grifo stambek, gaz gazzelle e falc linci
come stormi di caccia intercettori.
Le pianure risparmiate dalla guerra
nel silenzio inanimato dell’Eschaton finale
tribolate da donne sciacallo,
percorse da leon cavalli dagli artigli come rostri metallici
eder anaconde e aracno tigri dai veleni mortali e fugaci,
sorvolate dalla natura mite della colomba
fusa con quella rapace dell’aquila
e dove un codice genetico aberrato
banchetta a maledizioni
nell’intrico sfinito di ciò che resta.
La furia cieca dei viventi non ha risparmiato nessuno
l’istinto del male è nel cuore dell’uomo
ma lì sotto terra
nei meandri della disperazione
il virus dell’Apocalisse
-il mostro dei mostri-
attende in un silenzio innaturale
anche un’ultima cellula in vita.
Per replicarsi in tragici cloni.
Per perpetuare all’infinito la sua trasgressione.
Elisabetta Maria Rovai
Finalista Sezione Poesia
Il giaciglio mi chiama
il mio corpo cerca riposo.
Vacillo nelle tenebre della mia anima
soffocata da litanie perverse
sopraffatta dalla brama di sprofondare
nei tetri abissi dell’estasi
stordita da un baccano infernale
uno strepito selvaggio
mi disseto col tuo sangue infetto
mi nutro delle tue membra putrefatte
sazia della tua essenza mortale
mi volgo verso le torbide foci
che circondano il tuo corpo sanguinante
eccitata dai gemiti acuti
delle larve dannate.
Le mie ali legate,
la mia anima oppressa
parvenza di vita essenza di morte
sciogli le catene liberami.
Il pallido candore della luna
mi illumina il viso
un sibilo gelido
un tonfo il mio corpo a terra.
Rifuggo dalla luce
percorro l’oscuro sentiero
sento un suono lontano
la notte è immobile
la nebbia si chiude è già decisa la strada.
Intorno a me solo sangue
il mio cuore non batte
urlo vita
grido morte
chiedo amore.
Ma nessuno risponde.
Antonio Tanelli
Finalista Sezione Poesia
Il Joker
Rido della fedeltà
rido della gioia
rido della vita
rido alla faccia
di chi fa il doppio gioco
bleffando nelle regole
di chi risolve i problemi
divorandosi le carni a letto
imbrattando i sogni
con la rossa vernice dell’inferno
rido nella notte dei secoli
oscuro come le turbe
della ragione
annidato nelle smodate paure
rido alla faccia
del tradimento
della solitudine
della confusione
delle maschere
dei miei e tuoi fallimenti
burlone come Arlecchino
del travestimento
in costumi di carnevale di ognuno
dell’apparenza
della benemerenza
a cui va un inchino
e rido rido rido beffardo rido
con due cannoni a lunga gittata
come occhi
e un assurdo sogghigno
pescato dal mazzo
come un Joker da strapazzo
ahahahah ahahahahah ahahahahahah.
Giusy Vanni
Premio Speciale della Giuria Sezione Poesia
Lo sguardo vitreo
A mia madre
Lo sguardo vitreo
affondava colpi
oltre il tutto
dritto al cuore.
Non spade, solo occhi
accusatori, verdi.
Fossero stati vermigli
materni
sarei morta, senza morire.
Uno sguardo verde
mi amava e uccideva
l’ho lasciato perdente
senza vittoria.
Trofeo misero il mio
distesa, inerme
mi guardi, assente.
Un vampiro ti succhia
il cervello, goccia a goccia
ti ruba tutto
anche la dignità.
Un incubo mi assedia
strapparti gli occhi,
piantarci i miei,
marrone comune,
darti l’ultima possibilità
un grido solo
Non avete vinto
e, con gli stessi occhi
dire a te stessa
Ti ho tanto amato
.
Racconto
Paolo Arnolfo
2o classificato Sezione Racconto
Femmine
Anno Domini 1510, montagne dell’alta Lombardia. Tre uomini stanno facendo il loro lavoro. Una donna ne è vittima.
Ludovico è il leader e il più intelligente. Non avrebbe bisogno di tutto questo per procurarsi una donna: è alto, bello e muscoloso. Infatti non le violenta quasi mai e ancor più raramente le tortura: si limita a coordinare i suoi. Però non prova pietà: la visione di donne stuprate e uccise lo lascia indifferente. Queste esecuzioni in montagna non sono il fine ma il mezzo: la strada per sognare una scalata sociale che lo porti ad avere potere e denaro.
Ascanio invece senza questa discutibile attività non avrebbe l’opportunità di avvicinarsi a una donna: è un rivoltante scarto della società, maleodorante e grasso all’inverosimile. Il punto per lui non è la violenza sessuale, che lo interessa ma in modo minore: a lui piace infliggere dolore. Porta fruste, bastoni e altri attrezzi. Lui vuole sentirle gridare e non ha mai fallito. A volte gli altri due, impressionati, gli chiedono di smetterla, di dare il colpo di grazia: quando però lui si gira a guardarli, con la follia negli occhi e le bave che penzolano dalla bocca, capiscono che non è il caso di discutere.
Oliviero ha qualche dubbio su questo lavoro che li impegna da quasi un anno; gli pesa sapere che quelle donne sono innocenti. Sa anche, però, che sono molto belle e che lui non potrebbe mai averle. Le violenta con gusto ma se non si ribellano troppo evita di colpirle. Preferirebbe che le streghe gli si concedessero senza lottare, ma le capisce: stanno per morire, non hanno via di scampo. Cerca di non pensarci troppo mentre prende il suo piacere dai loro corpi martoriati.
Anche questa donna è innocente. Un suo parente ha cercato di violentarla ma lei ha saputo reagire: lui, ferito nell’orgoglio, ha inventato false prove di stregoneria ed è corso a denunciarla. E a cosa vale la parola di una donna, in mezzo a tante parole di uomini? Ascanio le ha spaccato le dita delle mani con un martello. L’hanno violentata e uccisa. Quando hanno finito, hanno acceso un fuoco per lei. In teoria, il rogo è ciò che viene commissionato ai tre boia: ma cosa accade prima non interessa a chi emette la sentenza. Ne hanno bruciate vive un paio, tanto per provare, ma preferiscono fare a modo loro. Si vede che sono contenti del loro lavoro: mentre scendono verso la loro cittadina, Ludovico inizia a cantare un brano da osteria. A breve le voci degli altri due si uniscono. Se non fosse per la balbuzie di Ascanio, sarebbero perfino piacevoli da ascoltare.
L’Inquisitore Edoardo è nervoso: non è da lui.
Il loro datore di lavoro è un uomo calmo e spietato. Le disprezza, le donne: lo si capisce dal piacere sadico che traspare nella sua voce quando legge le sentenze. Da quando lavorano per lui, hanno assistito a molti processi e a pochissime assoluzioni. Questa volta li ha convocati col favore delle tenebre: è una novità. Lei è già legata con una catena, nella stanza del processo. È silenziosa, a differenza della maggior parte delle donne di cui si sono occupati. La notte, rischiarata soltanto dalle torce a vento, non riesce a nascondere la sua straordinaria bellezza. L’Inquisitore li accoglie sbrigativamente. Salta parti della liturgia ed evita di guardare la donna. Persino quando emette la sentenza i suoi occhi sono chini, e sta sudando copiosamente nonostante la frescura della sera.
Melania, col potere conferitomi dalla Santa Chiesa, ti condanno al rogo.
Non ha seguito il cerimoniale, non ha letto le tante parole a cui sono abituati: i tre sono sgomenti, forse più della strega. Lei fissa il volto del suo giudice; forse ha un po’ d’odio negli occhi, o forse sono loro a volerlo vedere. Con ampi gesti della mano l’Inquisitore li invita a riportarla in cella e loro eseguono. Poi, come di consuetudine, tornano da lui: a differenza delle altre volte, sanno che non troveranno un sorriso complice e festose strette di mano. Edoardo infatti li congeda con poche parole e una sorpresa. Le parole sono: La condanna va eseguita domani notte
. La sorpresa è: Salirò anche io in montagna. Questa non è come le altre poveracce: è una strega vera
.
Mentre si inerpicano lungo un sentiero ripido e dissestato la più serena pare essere la condannata a