Gli obblighi di denuncia dell'infortunio e della malattia professionale
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Gli obblighi di denuncia dell'infortunio e della malattia professionale - Silvana Toriello
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GLI OBBLIGHI DI DENUNCIA IN CASO DI INFORTUNIO O DI MALATTIA PROFESSIONALE
Silvana Toriello
GLI OBBLIGHI DI DENUNCIA IN CASO DI INFORTUNIO O
DI MALATTIA PROFESSIONALE
Titolo | Gli obblighi di denuncia dell'infortunio e della malattia professionale
Autore | Silvana Toriello
ISBN | 9788892630475
Prima edizione digitale: 2016
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Youcanprint Self-Publishing
Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)
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L’INFORTUNIO SUL LAVORO
NOZIONE
L’infortunio sul lavoro, insieme con la malattia professionale, costituisce l’oggetto della tutela assicurativa INAIL, rappresenta cioè l’evento al verificarsi del quale scatta automaticamente la tutela assicurativa; automaticamente vuol dire che l’infortunio è indennizzabile anche se il datore di lavoro non ha stipulato l’assicurazione in quanto la tutela deriva direttamente dalla Legge. Per i lavoratori autonomi, però, che hanno la duplice veste di assicurante
e di assicurato
, se non risultano in regola con il pagamento del premio, il diritto alle prestazioni economiche resta sospeso fino alla successiva regolarizzazione; il principio dell’automaticità delle prestazioni resta comunque operante per le prestazioni sanitarie. Per quanto riguarda, inoltre, l’assicurazione c.d. delle casalinghe, i soggetti non in regola con il versamento del premio hanno diritto alle prestazioni soltanto per gli infortuni accaduti dal giorno successivo alla data della regolarizzazione. Il D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 non fornisce una definizione di infortunio sul lavoro ma indica gli elementi essenziali al ricorrere dei quali un evento lesivo può essere giuridicamente qualificato come infortunio sul lavoro. Infatti, ai sensi dell’art. 2 del suddetto Testo Unico, è infortunio sul lavoro quello avvenuto per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un’inabilità permanente al lavoro ovvero un’inabilità temporanea assoluta che importi l’astensione dal lavoro per più di tre giorni
.
Gli elementi che devono essere presenti perché un infortunio possa essere ritenuto infortunio sul lavoro sono, dunque:
la causa violenta;
l’occasione di lavoro;
la lesione.
LA CAUSA VIOLENTA
La causa violenta è un fatto esterno all’organismo del lavoratore ossia proveniente dall’ambiente di lavoro che, in un rapido contatto, ne determina la lesione. Per considerarsi violenta, la causa deve essere concentrata nel tempo (cronologicamente determinabile) e non deve superare un turno giornaliero di lavoro.
La nozione di causa violenta distingue l’infortunio dalla malattia professionale nella quale la causa agisce lentamente, in modo graduale, progressivo, e cronologicamente non determinabile.
Ad esempio, un graduale assorbimento da parte dell’organismo di una sostanza chimica può provocare a lungo andare una intossicazione cronica (malattia professionale); invece, un assorbimento massivo e subitaneo della stessa sostanza chimica dovuto ad una improvvisa rottura degli impianti, può determinare una intossicazione acuta (infortunio sul lavoro), ovvero ancora il caso della ipoacusia a seguito di esplosione o nel caso di esposizione prolungata, abituale e non occasionale, ad un ambiente rumoroso: nel primo caso si tratta di infortunio in quanto agisce una causa violenta; nel secondo caso di malattia professionale.
La causa violenta, inoltre, deve essere idonea a provocare la lesione riscontrata; tra infortunio e lesione vi deve essere un rapporto di causa-effetto. La tipologia più frequente di causa violenta è quella di origine traumatica (cadute, schiacciamenti, tagli, ecc.) ma causa violenta è anche quella di origine termica (colpo di calore, assideramento, ecc.), elettrica (folgorazioni), da stress emotivo, da punture di insetti e da sforzo.
Alla causa violenta è equiparata quella virulenta che provoca le cosiddette malattie-infortunio. Questi particolari infortuni sono provocati da fattori microbici e virali che penetrando nell’organismo a seguito di breve contatto ne alterano l’equilibrio fisiologico e anatomico; in questi casi, la violenza non è collegata con l’evento che determina la penetrazione ma con il fatto che i germi patogeni entrati nell’organismo vi agiscono in modo rapido e concentrato.
Rientrano in questa categoria cd. di malattie - infortunio il carbonchio,previsto dall’art. 2 del T.U. 1124/1965, le epatiti virali, l’AIDS, la TBC, il tetano, la brucellosi, ecc. Vi rientra anche la malaria, originariamente esclusa per esplicita previsione del Testo Unico ma diventata poi oggetto di tutela a seguito della Sentenza della Corte Costituzionale n. 226/1987.
In sintesi quindi la causa violenta deve essere:
esterna al lavoratore: ovvero provenire dall’ambiente di lavoro;
violenta: di forma acuta;
rapida e concentrata nel tempo: massimo entro il turno giornaliero di lavoro;
efficiente: deve vincere la resistenza dell’organismo del lavoratore (rapporto di causa - effetto tra infortunio e lesione).
L’OCCASIONE DI LAVORO
In assenza di una definizione normativa, l’occasione di lavoro può essere definita come il nesso tra lavoro e infortunio, nesso che può essere anche solo indiretto od occasionale. Per comprendere il concetto di nesso indiretto od occasionale, si deve tenere presente che il lavoratore viene assicurato per una o più attività considerate pericolose dall’art. 1 T.U., ma in pratica si può trovare in situazioni di pericolo che non sempre sono provocate dalle attività per le quali è stato assicurato.
Infatti, egli è esposto, oltre che al rischio tipico delle sue mansioni, anche a quello delle prestazioni connesse o strumentali alla sua attività, che possono essere varie e non sempre prevedibili. Egli, inoltre, opera in un determinato ambiente che, di per sé solo, può presentare pericoli; svolge la prestazione a fianco di colleghi che svolgono anch’essi attività rischiose; entra in contatto con apparecchiature e macchine varie anche se non le utilizza direttamente.
Le situazioni di pericolo possono concretizzarsi anche durante le pause lavorative; e ancora, il rischio può essere ricollegabile alla condotta soggettiva del lavoratore (distrazione, stanchezza, scarsa confidenza con gli strumenti lavorativi, o magari all’opposto imprudenza dovuta ad un eccesso di confidenza con gli