Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Operazione reset
Operazione reset
Operazione reset
Ebook458 pages7 hours

Operazione reset

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Dopo la nascita della Task Force CN-11, Pat, il giovane Capitano della Folgore e agente dei Servizi, viene consigliato di rimanere il più possibile defilato dalla scena. Chi ha cercato di affossarlo facendolo credere morto non ha smesso di perseguitarlo e di cercare di farlo tacere, in ogni modo.
Il giovane accetta, ma prima riesce a distruggere l'unica fabbrica attiva del virus in Italia, lasciando così il nemico spiazzato e senza possibilità di recuperare, dato che ormai sa che Pat ha scoperto i piani segreti.
Da quel momento è una corsa contro il tempo per restare sempre un passo avanti a chi ha deciso di annientarlo. Da un processo fasullo ad una missione suicida, da una missione in India che abortisce prima di nascere, da un recupero a un agguato, Pat si destreggia tra amici e nemici, cercando di restare in vita e di portare a termine l'ultima missione che aveva ideato il suo Generale Sivieri, messo a tacere prima di portarla a termine in uno strano incidente di volo.
Tutta la sua vita, tutta la sua forza viene impegnata al raggiungimento di questa missione, l'Operazione RESET che, come per i computer, azzera tutto ciò che è esistente e ridà la possibilità di ricominciare a nuovo.
Affiancato dai suoi Guerrieri Anonimi, ormai diventati migliaia, passando da un ricordo del suo tormentato passato alle speranze per un futuro che sogna migliore e diverso per tutti, Pat diventa il Comandante della Task Force Black, impegnata a combattere il terrorismo e incontra il Califfo che gli propone di mettersi al suo fianco, ricevendone uno sdegnato rifiuto e contraccambiando con una Fatwa nei suoi confronti. Aiutato da amici che restano nell'ombra, Pat ha modo di smascherare personaggi corrotti della vita pubblica, facendoli indagare e dimettere, con un meccanismo semplice e pericoloso nello stesso tempo, a sua volta vivendo una vita al limite, cambiando nome, casa, compiti ed entourage in un carosello che tiene il fiato sospeso. E quando ormai sembra che Reset sia a buon punto, ecco che di nuovo la lunga mano di chi trama nell'ombra per distruggerlo, lo incastra in una situazione anomala dalla quale dovrà uscirne con le sue sole forze, abbandonato da tutti e lasciato fuori da ogni possibile aiuto. Ci riuscirà, ancora una volta, fino ad arrivare a compiere la missione. E a quel punto il finale sarà sconvolgente ed inatteso, perché, ripetendo una delle sue frasi “un distruttore di mondi non può essere anche un costruttore di mondi”...ma Pat non rimarrà da solo, al suo fianco avrà sempre e per sempre Scarlet Carson, della quale lui è uno dei pochi a conoscere la reale identità, così come lei è una delle poche a conoscere il suo vero nome. Sarà lei che, in un epilogo che lascia presagire un nuovo inizio, gli dirà le magiche parole che lo aiuteranno ad andare avanti: Andrà tutto bene, Capitano, everything will be OK...
LanguageItaliano
PublisherSanti Editore
Release dateDec 7, 2016
ISBN9788899531249
Operazione reset

Read more from Scarlet Carson

Related to Operazione reset

Related ebooks

Mystery For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for Operazione reset

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Operazione reset - Scarlet Carson

    AUTRICE

    Autrice

    Scarlet Carson non esiste. Nella realtà è la rosa del film V per Vendetta, ma nemmeno quella esiste, dato che in natura la rosa si chiama Violet Carson ed è stata cambiata in Scarlet solo per esigenze cinematografiche.

    Scarlet Carson è anche la missione in cui per la prima volta una giornalista di guerra ha incontrato un capitano della Folgore e ha cominciato a seguirlo nella sua vita movimentata e imprevedibile, facendo di quel nome il suo pseudonimo. Da allora, dai deserti della Siria agli intrighi dei Palazzi del Potere, è diventata quasi la sua biografa ufficiale, forse l’unica a conoscere la vera identità di Capitan Nessuno e di certo l’unica a seguire le sue vicende e a poterle raccontare.

    lL LIBRO

    Il libro

    Dopo la nascita della Task Force CN-11, Pat, il giovane Capitano della Folgore e agente dei Servizi, viene consigliato di rimanere il più possibile defilato dalla scena. Chi ha cercato di affossarlo facendolo credere morto non ha smesso di perseguitarlo e di cercare di farlo tacere, in ogni modo.

    Il giovane accetta, ma prima riesce a distruggere l’unica fabbrica attiva del virus in Italia, lasciando così il nemico spiazzato e senza possibilità di recuperare, dato che ormai sa che Pat ha scoperto i piani segreti.

    Da quel momento è una corsa contro il tempo per restare sempre un passo avanti a chi ha deciso di annientarlo. Da un processo fasullo ad una missione suicida, da una missione in India che abortisce prima di nascere, da un recupero a un agguato, Pat si destreggia tra amici e nemici, cercando di restare in vita e di portare a termine l’ultima missione che aveva ideato il suo Generale Sivieri, messo a tacere prima di portarla a termine in uno strano incidente di volo.

    Tutta la sua vita, tutta la sua forza viene impegnata al raggiungimento di questa missione, l’Operazione RESET che, come per i computer, azzera tutto ciò che è esistente e ridà la possibilità di ricominciare a nuovo.

    Affiancato dai suoi Guerrieri Anonimi, ormai diventati migliaia, passando da un ricordo del suo tormentato passato alle speranze per un futuro che sogna migliore e diverso per tutti, Pat diventa il Comandante della Task Force Black, impegnata a combattere il terrorismo e incontra il Califfo che gli propone di mettersi al suo fianco, ricevendone uno sdegnato rifiuto e contraccambiando con una Fatwa nei suoi confronti. Aiutato da amici che restano nell’ombra, Pat ha modo di smascherare personaggi corrotti della vita pubblica, facendoli indagare e dimettere, con un meccanismo semplice e pericoloso nello stesso tempo, a sua volta vivendo una vita al limite, cambiando nome, casa, compiti ed entourage in un carosello che tiene il fiato sospeso. E quando ormai sembra che Reset sia a buon punto, ecco che di nuovo la lunga mano di chi trama nell’ombra per distruggerlo, lo incastra in una situazione anomala dalla quale dovrà uscirne con le sue sole forze, abbandonato da tutti e lasciato fuori da ogni possibile aiuto. Ci riuscirà, ancora una volta, fino ad arrivare a compiere la missione. E a quel punto il finale sarà sconvolgente ed inatteso, perché, ripetendo una delle sue frasi un distruttore di mondi non può essere anche un costruttore di mondi... ma Pat non rimarrà da solo, al suo fianco avrà sempre e per sempre Scarlet Carson, della quale lui è uno dei pochi a conoscere la reale identità, così come lei è una delle poche a conoscere il suo vero nome. Sarà lei che, in un epilogo che lascia presagire un nuovo inizio, gli dirà le magiche parole che lo aiuteranno ad andare avanti: Andrà tutto bene, Capitano, everything will be OK...

    "Sono figlio della Libertà

    e a lei devo tutto ciò che sono."

    Camillo Benso, Conte di Cavour

    1.

    Prologo

    Era stata una giornata lunga ed intensa e ora il cortile della caserma era deserto e le ombre erano calate silenziose. Pat era rimasto per ultimo, se ne erano andati tutti, ancora con l’euforia addosso, ancora con l’adrenalina a mille, la CN-11 era nata ed era già grande, già pronta. Gorilla e Simbad si erano dati da fare ma tutti, tutti avevano contribuito a rendere quella giornata speciale, da ricordare. Pat si accese una sigaretta e rimase nella grande stanza che il Colonnello Formenti aveva loro dedicato come luogo di incontro e si guardò attorno un lungo istante. Non sapeva ancora come sarebbero andate le cose, se sarebbe riuscito nel suo intento, se davvero la creazione di quella Task Force avrebbe potuto contrastare La Bestia, ma in complesso si sentiva abbastanza soddisfatto, le cose erano andate meglio di quanto aveva sperato, sognato.

    A passo lento uscì dalla stanza, chiuse la porta e si diresse all’uscita, il pensiero fastidioso che un cecchino potesse essere nascosto nel buio per sparagli che ancora lo faceva camminare rigido, aspettando il colpo. Passando davanti alla Palazzina Comando vide che la luce nell’ufficio del Colonnello era ancora accesa e così deviò i suoi passi e si diresse verso la luce. Il soldato di guardia si fece da parte e lui entrò, un colpo solo con le nocche alla porta e poi aprì senza aspettare risposta. L’uomo era seduto dietro la scrivania, si era tolto la giacca della divisa, slacciato la cravatta e aveva davanti un bicchiere con un liquido ambrato. Si fissarono per lunghi momenti, poi il Colonnello indicò la sedia davanti alla scrivania e Pat sedette, senza parlare.

    Il Colonnello aprì un cassetto laterale e ne tirò fuori un altro bicchiere e una bottiglia di Jack Daniels che posò davanti a Pat, indicandogli di servirsi.

    In silenzio, i due uomini bevvero lentamente fissandosi, ognuno in attesa di ciò che l’altro poteva dire.

    Poi Formenti fece un sospiro e si versò di nuovo da bere.

    - Contento, capitano?

    Pat scrollò appena le spalle.

    - Non lo so ancora.

    Formenti annuì pensieroso.

    - Non lo sarà. Non è finita, lo sa bene. Non è tornato in vita. La sua tomba è sempre lì, al Verano. Col suo nome scritto sopra a lettere dorate.

    Pat chinò il capo, era conscio di ciò.

    Disse, come tra sé.

    - Dovranno toglierla, quella tomba.

    Formenti disse, sottovoce.

    - O farla morire davvero. Non si spreca così una bella tomba di marmo con le lettere dorate.

    Pat lo guardò, un brivido per la schiena. Chiese, duro.

    - Che significa?

    L’uomo tornò a sospirare.

    - Non l’ha ancora capito, Capitano?. (Lei è morto Morto) per tutti e tale vogliono che rimanga. Oh certo, adesso si è rifatto vivo, è tornato alla ribalta, forse crede di essere riuscito a sconfiggerli, a vincerli. Ma non è così. Si sono dati tanto da fare per ucciderla, non lasceranno che lei mandi a monte i loro piani.

    Pat chiese, calmo, cercando di mantenere la logica delle cose.

    - Ma io ho già mandato a monte i loro piani Sono qui, sono tornato, mi hanno visto tutti, ho una Task Force operativa, non possono più mentire alla gente.

    Formenti fece una specie di smorfia deridente.

    - L’hanno vista tutti?? Chi l’ha vista, capitano? Quattro marmittoni in una caserma. Faranno presto a imporre il silenzio. Io? (Io non conto un cazzo.) A dire il vero continuo a chiedermi come mai non ho fatto la fine degli altri, un bel suicidio o un incidente. Ma poi mi rispondo da solo, non sono sufficientemente importante, in realtà non so nulla e quindi mi lasciano vivere, non posso creare problemi più di tanto. E servo a loro per tenerla sotto controllo, per sapere sempre cosa sta facendo. Una specie di specchietto per le allodole, capisce? E lei, da bravo, c’è cascato in pieno.

    Pat sorseggiò il whisky nel bicchiere, pensieroso, poi scosse di nuovo il capo.

    - Mi sta dicendo che sarà la loro spia?

    Formenti negò con calma.

    - No, capitano. Come non lo sono stato fino ad ora. Ma... è difficile da spiegare. Io fondamentalmente sono un uomo onesto, un ufficiale onesto. Ma sono un vigliacco. E loro lo hanno capito, subito, al primo sguardo. Io non mi batterò per lei, capitano. E nemmeno entrerò a far parte della sua Task Force. Semplicemente, me ne starò a guardare. Oh, con sommo rammarico quando vi distruggeranno tutti, questo sì, ma non muoverò un dito. Perché? Semplice. Non ne ho la stoffa. Quindi, vede...

    Pat annuì lentamente, lo capiva e, in un certo senso, lo ammirava. Chiese, quasi curioso.

    - Che dovrei fare?

    Formenti tornò a riempire i due bicchieri.

    - Ah, non so, veda lei... continuare? Fingere davvero di essere tornato vivo? Comportarsi come se avesse vinto? Potrebbe essere una soluzione. Forse. O una sfida. Oppure...

    Brindarono in silenzio e il giovane chiese, sottovoce.

    - Oppure...?

    - Li renda insicuri, capitano. Non so chi sono ma sono sicuro che lei, invece, ha chiarissime le loro identità. Sono potenti, certo. Ma devono rimanere nascosti, se vogliono continuare ad essere potenti. L’attimo che le loro identità verranno svelate, buttate alle finestre come panni ad asciugare, il loro potere crollerà. Se lei non è ancora pronto a buttarli dalle finestre... giochi d’astuzia. Continui ad essere morto. Si muova nell’ombra. Prepari i suoi piani. E che nessuno li conosca a parte la sua Task Force. E forse nemmeno loro, non tutti almeno. E che anche loro si tengano bassi, come dietro un muretto, niente alzate di testa, niente gesti eclatanti, che restino invisibili. Siete bravi ad essere invisibili, vero? E’ una delle vostre punte di forza. Continuate ad esserlo. In realtà, a parte voi undici e io, non sa nessuno cosa è stato detto in questo ufficio.

    Pat alzò appena un sopracciglio e l’uomo fece una risatina divertita.

    - No, non ci sono microfoni qui, ho già controllato tempo fa e mantengo il controllo quasi giornaliero, non voglio avere sorprese. Quindi, come dicevo, al di fuori di questo ufficio non sa nessuno della nascita di questa CN-11. Bene, continuate a tenerla segreta, per il momento. Agite nell’ombra senza che nessuno se ne accorga. Se avete intenzione di colpire e, badi bene, non voglio sapere né chi né quando né dove né come! Prima preparatevi così che quando colpirete sarà il colpo definitivo. Capisce cosa voglio dire?

    Pat fece un mezzo sorriso.

    - Perfettamente. La ringrazio colonnello.

    - E di che? Del whisky? Me l’hanno regalato, anni fa, ma fino ad ora non avevo avuto una occasione per tirarlo fuori, per brindare. Mi sembra che questa sia l’occasione buona.

    - Farò come ha suggerito. Terremo tutto segreto Per ora.

    - Bene. Io non ho mai avuto questa conversazione con lei e lei mi farà il piacere di farsi vedere in giro il meno possibile e così saremo tutti felici.

    Pat si alzò, rimase ancora fermo, la mano sulla spalliera.

    - Vorrei capire che razza di uomo è lei, colonnello.

    L’uomo fece un sogghigno amaro.

    - Un codardo? Un opportunista? Scelga, capitano.

    - No, lei è molto più di questo. E non è affatto un vigliacco. Altrimenti non sarei qui davanti a lei, a bere insieme un bicchiere.

    - Forse. Se ne vada, capitano, fuori dai coglioni adesso! Da quando la conosco lei non ha fatto altro che crearmi problemi! Speravo di aver finito con lei e invece no, eccola qui di nuovo a crearmi problemi e stavolta sono talmente grossi che l’unica maniera per uscirne potrebbe essere davvero solo spararmi un colpo in bocca! Cosa che non ho intenzione di fare, lo capisce, vero? Principalmente perché non ne avrei il fegato!

    Pat fece un lieve sorriso.

    - Non succederà, colonnello. Prima di quel momento le darò modo di sparare un colpo alla nuca a qualcun altro, glielo garantisco!

    Formenti rimise la bottiglia e i bicchieri nel cassetto e lo chiuse di scatto, guardandolo freddamente.

    - Ecco, vede? Queste sono le cose che mi rendono la vita miserabile! Le sue affermazioni da eroe d’altri tempi! Apra gli occhi, capitano, il colpo alla nuca saranno loro a darlo a lei, appena ricomincerà a mescolare le acque! E stavolta non andranno con i guanti di velluto, come la prima volta! Stavolta niente morte fasulla, niente bara, niente tomba! Stavolta la aspetteranno per strada, qualcuno dirà il suo nome e lei si girerà e la crivelleranno di colpi portandosi via il corpo e buttandolo in qualche discarica, sparito per sempre, fine della storia.

    Pat annuì, cupo.

    - Lo so, ma sono preparato. Non finirà così, colonnello. Non fino a che mi resterà un filo di respiro in gola. Li distruggerò, uno ad uno fino ad arrivare ai capi e quelli li farò fuori col botto, tutti assieme, glielo giuro!

    Formenti scosse il capo.

    - Belle parole. Posso chiederle perché lo sta facendo? A chi gliene fregherà nulla se lei vive o muore?

    Il giovane lo guardò dritto in faccia.

    - Lei ha figli, colonnello?

    - Due, perché? Vuole arruolarli?

    - Io ne ho solo uno. Piccolo. Ma quello che sto facendo è perché mio figlio e i suoi, un domani, abbiano ancora un futuro.

    Senza aspettare risposta girò i tacchi ed uscì, richiudendo la porta alle sue spalle, un lieve tremito nelle mani Aveva appena confessato a Formenti che aveva un figlio ma si fidava di lui. A passo lento uscì dalla palazzina, attraversò il cortile deserto, l’impressione che un cecchino le stesse seguendo nel mirino ancora più viva e raggiunse la macchina parcheggiata fuori. Se volevano farlo saltare per aria avevano avuto tutto il giorno per mettere un dispositivo nel motore ma ormai aveva superato quello stadio. Ormai non importava più. La CN-11 era nata, gli uomini erano stati radunati, anche se lui fosse morto adesso, sapevano cosa fare, come fare, non era più la pedina più importante del gioco.

    Un gioco che, come aveva detto Formenti, non era finito ma forse era solo appena cominciato. Gli venne in mente la frase tipica che dicono tutti in queste occasioni e gli venne da sorridere, quando il gioco si fa duro, i duri scendono in campo! Bene lui aveva schierato i suoi duri. Ora stava all’avversario schierare le sue pedine. Non aveva chiaro ancora cosa avrebbero fatto, in che susseguenza, ma aveva fiducia illimitata e forza e determinazione e, cazzo, non lo avrebbero lasciato nella tomba a lungo!

    La macchina partì docile e Pat si rilassò, doveva ragionare sulle parole di Formenti, forse aveva ragione lui, forse doveva continuare ad agire dall’ombra, senza dare troppo nell’occhio. Mentre guidava veloce e si dirigeva alla sua tana, il piano già gli si delineava in mente, le mosse, le azioni, il come, il dove, il quando. Era abituato ad elaborare tutto fin nei minimi dettagli e non avrebbe smesso adesso.

    Quando raggiunse la tana e nascose la macchina, controllando la zona prima di entrare e finalmente rilassarsi, aveva tutto chiaro in mente. Doveva solo mettere al corrente i suoi uomini della nuova strategia, far loro comprendere che era la via migliore per raggiungere lo scopo.

    Come il motto dei Rangers, Improvvisare, adattarsi e raggiungere lo scopo!

    2.

    Recupero

    - E vuoi entrare al Ministero?

    Bogdan aveva la voce e il viso esterrefatti e Pat cercò di spiegare.

    - Non è il Ministero, è il Palazzo della Presidenza della Repubblica e sì, devo entrarci, devo andare nel mio ex-ufficio a recuperare... qualcosa.

    Simbad scosse il capo, deciso.

    - Negativo, capo! Appena metti il naso dentro la porta, ti beccano e ti fanno sparire e stavolta per sempre!

    Gorilla incalzò.

    - Ma nemmeno la porta, superi! I due piantoni esterni ti riconoscono e ti fermano!

    Pat sedette su una panca, le spalle alla parete. Aveva convocato i suoi uomini in quel seminterrato fuori città, a volte lo aveva usato come covo, come nascondiglio e preferiva non tornare in Caserma, non dopo quello che gli aveva detto Formenti. Aveva già comunicato a tutti che dovevano continuare a stare nascosti, a fingere di non esistere ed erano stati tutti d’accordo, sapevano bene cosa c’era in gioco. Ma quando aveva esternato il suo pensiero, il desiderio di tornare a prendersi qualcosa che era rimasto nel suo ufficio, gli erano saltati tutti addosso.

    - Ragazzi, i piantoni alla porta non mi riconosceranno, passano centinaia di persone davanti a loro ogni giorno e io ormai sono morto, hanno persino cancellato la mia immagine dai loro cervelli! Ma devo assolutamente recuperare ciò che è rimasto lì.

    Bogdan disse ancora, cocciuto.

    - Non è rimasto niente, capo, credi a me! Avranno passato al setaccio ogni centimetro quadrato del tuo ufficio, avranno portato via tutto quello che poteva essere compromettente, figurati se hanno lasciato qualcosa indietro!

    Il giovane capitano fece un lieve sorriso.

    - Lo so, ma so anche che non avranno trovato quello che ho nascosto! E a me, a noi, serve.

    Jackal, seduto di fronte a lui, le lunghe gambe distese chiese.

    - Che roba è?

    - Nastri registrati, nove per l’esattezza. E due cd.

    - E secondo te non li hanno trovati?

    - Ne sono certo.

    Il silenzio scene nel seminterrato e poi Gorilla fece un sospiro.

    - Va bene, ci vado io.

    Pat negò, deciso.

    - Nemmeno per sogno! E’ un labirinto, là dentro, ti perderesti nel giro di due minuti e uno che gira a vuoto in quei corridoi viene subito identificato!

    - Tu spiegami la strada, fammi una piantina.

    - Impossibile! Devo andarci io, io so come muovermi, come raggiungere il mio ufficio, come trovare quello che ho nascosto e come venirne fuori nel più breve tempo possibile.

    - Allora vengo con te!

    Di nuovo Pat negò.

    - No, ci vado da solo!

    Simbad fece una smorfia.

    - Come in Siria, a fare il sopralluogo nel villaggio? No, capo, stavolta Gorilla ha ragione, non ci puoi andare da solo. Qualcuno deve guardarti le spalle, deve essere pronto a darti man forte se devi scappare. Ma vengo io con te, conosco anch’io quei posti, ci ho lavorato per quasi due anni e so come muovermi meglio di Gorilla. Perciò smettila di dire no e decidiamo il quando e il come.

    Pat sospirò, l’idea di avere Simbad al suo fianco che gli si faceva strada nella mente, una difesa alle spalle sarebbe stata buona, in ogni caso. Anche se sperava di non averne bisogno. Così si decise.

    - Va bene. Domani mattina alle sette, appena aprono il portone. A quell’ora c’è poca gente in giro e dobbiamo agire in fretta, entrare ed uscire prima che comincino ad arrivare gli impiegati, i funzionari. Ci troviamo davanti al portone, in borghese.

    Simbad fece una smorfia.

    - Giacca e cravatta?

    - No, informale ma non certo jeans e maglietta, è pur sempre un ufficio governativo.

    Bogdan chiese, incerto.

    - E se qualcuno ti riconosce? Ti chiede qualcosa?

    - Inutile pensarci adesso. Io spero che non ci sia nessuno che possa riconoscermi, vedermi, ma se accadrà... ci penseremo al momento.

    Non c’era altro da dire. Gli uomini si salutarono con brevi cenni del capo, uscirono alla spicciolata, Pat li aveva informati che la CN-11 era viva ma ancora celata, ancora nascosta ed erano stati tutti d’accordo, l’importante era che fosse nata, a farla camminare e vivere c’era tempo.

    Gorilla rimase con Bogdan e Simbad, corrucciato e nervoso.

    - Non mi piace, capo, non mi piace proprio! Che cazzo c’è in quei nastri? In quei cd?

    - Qualcosa che, se cadesse nelle mani sbagliate, ci farebbe fucilare tutti. Devo averli io in mano, Gorilla. Devo poterne disporre come e quando voglio, potrebbero servire da deterrente, potrebbero salvarci la vita.

    - OK, capito, ma forse li hanno già trovati, figurati se non hanno perquisito il tuo ufficio! E forse adesso dentro c’è qualcun altro, qualcuno che ha buttato tutto quello che era tuo e che non hanno portato via.

    - Devo rischiare. Ma sono sicuro che l’ufficio è vuoto, in fondo chi deve sapere, sa che morto non sono.

    Gorilla fece un breve sorriso.

    - Cazzo, capo, se prima eri testardo, adesso da morto lo sei dieci volte di più!

    Risero, era un modo per allentare la tensione.

    - Domattina alle sette in punto davanti al portone, Simbad. E niente pistole, si passa un metal detector per entrare.

    - Va bene, porterò solo il coltello da pesca! E come entriamo, poi? Non è che ci voglia un pass, un tesserino, qualcosa insomma?

    - Sì, ma ho tutto quanto serve, sia per me che per te.

    - Bene, a domani.

    Un cenno col capo, non c’era altro da dire. Pat guardò i suoi uomini allontanarsi, mischiarsi alla gente, forse perché lui li conosceva bene ma anche in borghese, anche da dietro, lui vedeva dei combattenti, dei guerrieri!

    Il mattino seguente alle sette meno qualche minuto il piazzale davanti al Palazzo della Presidenza del Consiglio era praticamente deserto; niente visitatori, niente passanti, per gli impiegati era ancora troppo presto e Pat contava proprio su questo. Simbad, un giornale sportivo in mano, se ne stava appoggiato ad un paracarro, gli occhiali da sole che gli nascondevano il viso, la giacca sportiva slacciata, la camicia col colletto aperto. Pat, avvicinandosi, lo guardò quasi sorpreso, era bravo, Simbad, sapeva camuffarsi, mimetizzarsi. Si fermò a pochi passi da lui, gli passò velocemente un tesserino, poche parole in fretta, senza nemmeno guardarlo.

    - Seguimi a pochi passi ma non ci conosciamo. Qualsiasi cosa accada lì dentro, non ci conosciamo, chiaro?

    L’uomo aveva già fatto sparire il tesserino in una tasca e ora chiese, le parole che uscivano senza che le labbra nemmeno si muovessero.

    - Se ti sparano?

    - Non mi spareranno, non lì dentro. Il peggio che mi può capitare è che qualcuno mi riconosca e che chiami gente. Ma spero di no. Vado, prendo quello che mi serve, se riesco lo passo a te ed esco.

    Simbad si trincerò dietro il giornale e Pat vide il rigonfiamento sotto l’ascella. Disse, seccato.

    - Avevo detto niente armi! Ci sono i metal detector!

    L’Incursore fece una smorfia.

    - Mai sentito parlare di ceramica?

    - E le pallottole?

    - Di gomma, di gomma...

    Pat si avviò, l’ilarità che gli prendeva la gola; ovviamente anche lui aveva una pistola in ceramica a contatto della pelle, proprio sotto la maglietta e la giacca ma gli faceva piacere che Simbad avesse disobbedito al suo ordine. Passò davanti ai due piantoni senza nemmeno girare il capo, le mani affondate nelle tasche, l’aria di chi ha dovuto alzarsi troppo presto ed è ancora incazzato col mondo intero e si diresse ai tornelli senza esitare, il tesserino già in mano.

    Li superò senza problemi, continuò a camminare attraversando il cortile, con la coda dell’occhio vedeva Simbad che camminava dietro a lui, un po’ spostato di lato, il giornale ancora in mano, senza fretta.

    Agli ascensori non c’era nessuno ed entrarono assieme nel primo che si fermò. Pat rimase in silenzio, lo sguardo smarrito e Simbad continuò a leggere, mentre salivano fino al piano dove era stato l’ufficio del Capitano, la sua vita precedente, le riunioni con i suoi uomini della squadra, le giornate di una vita talmente lontana che gli sembrava impossibile fosse esistita.

    Quando l’ascensore si fermò al piano con una lieve cigolio, Pat uscì e rimase un attimo fermo, il cuore che malgrado tutto gli saltava in gola. Il corridoio era largo e lungo, sia a destra che a sinistra; porte lucide, silenzio, deserto. Poi si sentirono voci, a destra e Pat andò verso di loro, seguito da Simbad. Passarono davanti ad una saletta dove c’era la macchinetta del caffè, un gruppetto di uomini e donne, non più di quattro, cinque, che stavano bevendo, parlando sottovoce, nessuno li degnò nemmeno di uno sguardo, erano talmente tanti dentro quel palazzo che nessuno conosceva veramente tutti.

    Ancora una ventina di metri e Pat si fermò davanti ad una porta di mogano, lucidissima. Nessuna targhetta sulla porta, restavano solo i fori delle viti. L’angoscia lo prese, avevano cancellato tutto di lui, persino il nome dalla porta. Senza guardarsi intorno tolse di tasca la chiave magnetica e la passò nella toppa, chissà se avevano cancellato anche il suo accesso. Invece la porta scattò con un debole clic e lui entrò velocemente e richiuse, sapeva che Simbad aveva trovato un modo per essergli vicino senza parere.

    Rimase con la schiena alla porta, cercando di assuefare gli occhi alla penombra della stanza. Apparentemente tutto era come lo aveva lasciato, ma si accorse subito che era solo apparentemente. I raccoglitori erano buttati a terra, i cassetti erano spalancati, la scrivania ingombra di carte, lettere, documenti. Fece un mezzo sorriso, avevano cercato proprio dappertutto ma era sicuro che non avevano trovato quello che volevano! Senza fermarsi troppo Pat aprì un cassetto della scrivania, c’era una scatola di tavolette di cioccolata, ne offriva sempre, sia ai suoi uomini che ai visitatori e infatti era ancora lì, l’avevano aperta e le tavolette erano sparse per il cassetto. Ne controllò alcune, un lampo di soddisfazione nel viso, non si erano accorti che la stagnola non ricopriva cioccolata ma nastri! Le scelse, le trovò tutte e nove e se le infilò in tasca. Poi passò alla lampada da tavolo. Tolse la base, prese i due cd incollati sotto e mise in tasca anche quelli, lasciandola smontata sulla scrivania, tanto perché capissero che qualcuno era entrato, che qualcuno aveva trovato quello che loro avevano cercato senza trovare! Un ultimo sguardo circolare, in quell’ufficio ci aveva passato più di tre anni, tre anni intensi, anni in cui aveva creduto veramente di servire lo Stato, il suo Paese, la sua Bandiera. Anni in cui da quella scrivania aveva organizzato le spedizioni di recupero di ostaggi in giro per il mondo, freddo ed efficiente, coadiuvato dalla migliore squadra che esistesse, dai migliori uomini che si potessero trovare. Ma ora era finito quel tempo. Ora aveva scoperto che era stato usato, che nessuno di quelli che lo comandavano aveva mai voluto fare il bene del suo paese o difendere la sua bandiera. Ora sapeva che chi doveva venire recuperato era solo perché aveva un peso politico di qualche genere o aveva conoscenze da poter sfruttare e che chi non ce l’aveva veniva semplicemente dimenticato, abbandonato. E non era più disposto a questo.

    Cautamente socchiuse la porta e vide la figura di Simbad che, appoggiato alla parete, col giornale disteso in mano, sembrava indifferente a tutto. Gli fece un cenno col capo, uscì e richiuse e passandogli davanti gli mise in mano i cd, le cassette, proseguendo verso gli ascensori ma dall’altra parte del corridoio, non voleva ripassare davanti alla saletta col caffè.

    Pochi minuti ed erano davanti ad un ascensore chiuso. Pat lo chiamò col pulsante, senza guardarsi intorno e quando la porta si aprì rimase un attimo incerto, dentro c’era un Maresciallo dei Carabinieri con una cartella in mano. Si guardarono un attimo negli occhi, poi il giovane capitano abbassò i suoi, entrò e si addossò alla parete, mentre anche Simbad entrava e si metteva, come per caso, tra i due.

    L’ascensore era lento, sembrava non muoversi e il silenzio nell’abitacolo era pesante, una cappa di piombo. Pat ricordava perfettamente il Maresciallo, si fermavano spesso a parlare, era un brav’uomo con due figlie e una moglie petulante e si considerava fortunato per aver avuto quell’incarico alla Presidenza, orario fisso, niente straordinari, paga buona, niente pattuglie in giro, niente sparatorie. Ora l’uomo lo stava fissando, sembrava incerto. Simbad incrociò lo sguardo di Pat che gli fece un leggere cenno di diniego, non voleva che accadesse nulla, a meno che l’uomo non avesse dato idea di chiamare rinforzi, di dare l’allarme.

    Ad un certo punto il Maresciallo disse, come tra sé.

    - Fotocopie, niente altro che fotocopie. Anche oggi dovrò fare centinaia di fotocopie. Chissà cosa se ne fanno di tutte quelle copie.

    Pat rimase in silenzio e Simbad annuì, comprensivo. L’uomo disse ancora.

    - Peccato che non si possano fare fotocopie di una vita, di un uomo, delle sue azioni. Che quando è morto, è morto e basta.

    Pat alzò gli occhi e si guardarono. Il Maresciallo fece un sospiro.

    - Eh già. A volte mi piacerebbe che certi uomini avessero la loro fotocopia. O che tornassero dall’al di là. Lei, crede che possa accadere?

    Si era rivolto direttamente a Pat che scosse appena il capo.

    - Non credo.

    Ma il Maresciallo fece un lieve sorriso, quasi soddisfatto.

    - Oh, nemmeno io ci credevo, Ma adesso... adesso sono convinto che possa accadere. E sa cosa le dico? Sono proprio contento. E ce ne sono altri, qui in giro, che saranno contenti che, alla fine, uno anche se è morto non lo sia per sempre.

    L’ascensore si fermò ad un piano e l’uomo fece una specie di saluto, accingendosi ad uscire.

    - Buona giornata. E grazie per avermi dato modo di vedere cosa succede dopo la morte.

    Pat non rispose, che avrebbe fatto adesso il Maresciallo? Sarebbe uscito e avrebbe dato l’allarme? O avrebbe detto in giro che lui circolava liberamente per i corridoi del palazzo? A chi lo avrebbe detto?

    Mentre gli passava di fianco il Maresciallo sussurrò.

    - Attento, Capitano, qui dentro anche i tappeti vedono e sentono! E congratulazioni, mi dispiaceva proprio che lei fosse morto!

    Uscì, la porta si richiuse, l’ascensore continuò a scendere e Silbad fece un cenno di domanda ma Pat non rispose. Arrivarono nell’atrio, uscirono, era in un’altra zona, non da dove erano entrati e Pat si diresse velocemente ad un’uscita, altro tornello, altri piantoni e poi finalmente la piazza. Camminarono discosti di buon passo fino a oltre la piazza, fino ad un parcheggio dove Simbad raggiunse subito la macchina e Pat la sua e salirono, partendo senza fretta, l’appuntamento era al magazzino.

    Un’ora dopo erano seduti nel seminterrato, una tazza di caffè fumante davanti e Gorilla e Bogdan seduti ad ascoltare come era andata.

    Pat fece velocemente il resoconto, fece vedere i nastri registrati, i due cd.

    - Ora dobbiamo solo consegnarli ad un persona di fiducia, devono restare nascosti , per il momento.

    - Che c’è dentro?

    - Registrazioni di decine di uomini politici che raccontano e ammettono reati di diverso genere.

    Gorilla fece un sibilo leggero.

    - Roba da Corte Marziale!

    - Sì, roba da tribunale e condanna per alto tradimento.

    - E come fai ad averli tu?

    Pat fece un lieve sorriso.

    - Molti mi consideravano amico...

    Bogdan non capiva.

    - Ma... adesso? Che si fa?

    - Adesso abbiamo un’arma in più in mano. E quando arriverà il momento, anche questa sarà un’arma micidiale!

    Simbad chiese.

    - Il Maresciallo? Ti tradirà?

    - No, non credo., Se avesse voluto farlo, lo avrebbe fatto al momento. Adesso si darebbe la zappa sui piedi. Mi ha visto, mi ha riconosciuto e non mi ha fermato, lo considererebbero mio complice. Ma mi fa piacere sapere che è contento che sono vivo!

    Gorilla fece una smorfia.

    - Tu ancora non lo sai, capitano, ma sono in tanti ad esserne contenti! Non è piaciuta a nessuno la tua morte. In quel modo, dico. Nascosta, tenuta segreta. Un conto è se uno muore in battaglia, ferito, combattendo. Lo riportano a casa avvolto nella bandiera, ci sono i funerali di Stato, le fanfare che suonano, le commemorazioni... ma così. Morto e sepolto alla svelta, senza che nemmeno qualcuno sappia dove, come, perché. No, ce ne sono tanti ai quali non è piaciuto. E tutti quelli ora vogliono entrane nella CN-11!

    Pat annuì, si sentiva sereno, un altro passo avanti era stata fatto.

    - Vedremo, vedremo. Ora lasciamoci, vi terrò informati. Rientrate nei vostri reparti e... basso profilo. Come se non esistesse niente. Capito?

    Simbad sorrise.

    - Certo! Come se non fossimo che fantasmi! E siamo bravi a fare i fantasmi, vero amici?

    Risero, si salutarono, Pat li lasciò uscire uno alla volta e poi uscì a sua volta, doveva portare al sicuro i cd, i nastri registrati. E poi tornare nell’ombra. Per il bene di tutti.

    3.

    Virus

    Per quasi una settimana gli uomini della CN-11 rimasero in contatto solo telefonico. Il Colonnello

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1