Voci di famiglia
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Sofia si reca al cimitero a portare un fiore a sua madre, Ashley. Era una scrittrice, e prima di morire aveva chiesto che all'interno della cappella dove avrebbe dimorato la sua salma, ci fosse un ripiano dove collocare una copia di ogni suo libro. Chi avesse voluto prenderne uno da leggere, in cambio avrebbe dovuto lasciare un fiore. Sofia vede una rosa rossa. Vede che non c'è La musica del silenzio, l'unico che non ha letto. Torna a casa, prende il libro, si accomoda sul letto e inizia a leggere una storia che non conosceva. Nel libro che Sofia legge segue una pagina bianca; intuisce che la seconda parte non è stata scritta da sua madre. Quando Sofia torna al cimitero vede che il libro è stato riportato, ma ce n'è anche un altro mai visto prima. Si intitola “Il risveglio” ed è firmato solo con un nome: Luciano. Sofia si guarda intorno ma non vede nessuno. Torna a casa per leggerlo.
Poi si reca al cimitero, e lo inserisce accanto ai libri scritti da sua madre. Sente un rumore alle sue spalle. Si volta, e lo vede.
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Voci di famiglia - Giubilei Vincenza
Vincenza Giubilei
VOCI DI FAMIGLIA
AbelBooks
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© 2016 Abel Books
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abelbooks@hotmail.com
Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico.
Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere inviate a:
AbelBooks
Via Milano 44
73051 Novoli (LE)
ISBN 9788867521548
A Luciano
…Ma come un innamorato all’ora dell’appuntamento trema, si spaventa, reprime i sentimenti che hanno agitato le sue notti e si guarda intorno pieno di sgomento, cercando un aiuto, un pretesto, così Rostov, nell’istante in cui si compiva il suo desiderio, non sapeva come avvicinare l’imperatore e con mille ragioni cercava di dimostrare a se stesso l’inopportunità, la sconvenienza e l’impossibilità di quei tentativi.
… Nessuna delle innumerevoli frasi che aveva composto nella sua immaginazione per rivolgerle al momento buono all’imperatore gli veniva alla memoria.
… No, assolutamente non devo avvicinarmi. Non ho diritto di turbare le sue meditazioni. Meglio, mille volte meglio morire, che ispirargli una cattiva opinione, provocare un suo sguardo di scontentezza."
Lev Nikolàevič Tolstòj
L’autrice
Vincenza Giubilei è nata a Roma il 5 luglio 1961.
Ha pubblicato le raccolte di racconti Nel tempo che scorre (2011) e Alla fine della strada (2013).
Nel l’anno 2016 si è classificata al primo posto in tre concorsi letterari: Le donne pensano le donne scrivono, con il racconto Angelica; Troskij Noir Sei, con La donna di quadri; La Tempesta, sezione narrativa inedita, con la favola La valle degli smeraldi.
É l’autrice del disegno raffigurato nella copertina di questo romanzo.
1
Nel cammino
Stringo un solo fiore nella mano. Un’orchidea striata di verde, il colore preferito da mia madre. E come ogni volta che varco la soglia del cancello, la pace solleva i miei passi dalla materia, verso la percezione dell’assenza di tutte le tensioni quotidiane che mi lascio alle spalle.
Non ho mai paura, quando entro in questo cimitero. É diventato la mia seconda casa, da quando mia madre mi ha lasciata. Avevo solo sette anni, quando avvenne il tragico evento, ma il cancro a volte non permette proroghe e io, esile bambina tremante con gli occhi colmi di lacrime, con il calore della mano di mia zia che scaldava la mia gelida di dolore, rimasi a guardare quella bara di noce sigillata che veniva collocata all’interno della cappella dove sarebbe stata conservata per molti anni. Le figure si muovevano come ombre in quello scenario, davanti ai miei occhi, sovrapponendosi con lenta intermittenza su uno spazio sacro, che avrei custodito fino a quando non avrebbe accolto anche me. Negli ultimi mesi di vita, cosciente della sua vicina dipartita, mia madre mi aveva spiegato che all’interno della cappella era stato realizzato un ripiano, dove collocare i libri che aveva scritto e pubblicato nel corso della sua vita. Sarebbero stati riparati dalla polvere da un vetro scorrevole, e chi avesse voluto prenderne qualcuno in prestito avrebbe potuto farlo, in cambio di un fiore da lasciare all’interno della tomba.
Dodici libri, dei quali nei venti anni trascorsi dal giorno del funerale, nessuno ha lasciato il suo posto vuoto per molto tempo. Quando ne manca qualcuno, trovo dei fiori nel vaso accanto al ripiano, ma poi chi li ha presi in prestito li ripone al loro posto.
Dodici, come la sentenza della dodicesima carta dei tarocchi, l’appeso. La vita di mia madre si era fermata lì, dopo pochi mesi aver pubblicato il suo ultimo libro. Ma, ne ero sicura, la sua anima si sarebbe manifestata in una nuova rinascita, in un altro corpo e in un altro tempo, e forse ci saremmo rincontrate per scambiarci un sorriso e uno sguardo che almeno per un istante ci avrebbe trasportate lì dove ci eravamo lasciate.
I miei passi attraversano il silenzio. L’aria che mi carezza il volto si insinua pacata sui miei capelli, mentre un’ape si dirige verso un’aiuola di margherite gialle, orchestrando un unico suono ronzante. La sensazione del vuoto è amplificata dall’assenza di persone, ma non ho paura. Vado a trovare mia madre. Ma, come ogni volta che mi reco qui, sosto davanti alla cappella che incontro poco prima della sua. Sono rimasta sempre affascinata dalla foto di questa giovane ragazza che non mi stanco mai di osservare. Il suo sorriso sincero, incorniciato dalla lunga chioma di un colore indefinibile, castano striato d’argento, è un richiamo irresistibile. Non ho mai saputo la causa della sua morte, ma sempre fiori freschi vicino a lei dimostrano quanto amore aveva saputo seminare nei suoi pochi anni di vita. Un attimo, e passo oltre, per sedermi di fronte al ritratto di mia madre.
Quell’immagine sembra parlarmi, da una dimensione della quale già vedevo le ombre quando ancora la materia era il suo mondo. Capivo che stava percorrendo un cammino che ci avrebbe separate e non potevo fare nulla, oltre a starle vicino nei suoi ricoveri in ospedale. Mi sorrideva, con gli occhi lucidi di lacrime trattenute, e mi raccontava sempre una fiaba, che non ricordo più. Era sempre la stessa, ma il suo fascino aumentava ogni volta. Eppure, l’ho dimenticata.
Voltandomi verso il vaso di ceramica color corallo per rilasciarvi la mia orchidea, noto una rosa rossa. I miei occhi istantaneamente roteano le orbite verso la fila dei libri impilati nel loro ripiano. Ne manca uno, La musica del silenzio. Era il primo che mia madre aveva scritto, all’età di vent’anni. Non l’ho mai letto. Avevo preferito le fiabe che lo avevano seguito. Eppure, un giorno lei mi aveva detto che in quelle pagine avrei potuto trovare una traccia di mio padre. Non lo avevo mai conosciuto, e forse per questo motivo un timore mi aveva bloccata ad aprire quel libro. Ero cresciuta accanto a mia madre, e poi con mia zia, dopo la sua morte. Ma quella rosa, dai petali carnosi tanto da illudermi che sia un viso che mi sta osservando, mi fa capire che per questo giorno la mia visita è terminata, e devo tornare a casa per leggere la copia di quel piccolo volume, che mi attende nella fila in libreria riservata alle opere di mia madre.
Un gatto bianco, mai incontrato prima lì, mi accompagna fino al cancello. Prima di oltrepassarlo mi volto, ma non c’è più.
Arrivata a casa, mi dirigo verso la libreria e cerco quel piccolo libro che, appena lo pigio con il dito per farlo scivolare verso