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Quattro mamme scelte a caso
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Quattro mamme scelte a caso

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Una donna del popolo che sta per accompagnare la figlia in ospedale per un intervento delicato (Il fatto più bello, di Massimiliano Virgilio); una mamma/nonna padrona delle tecnologie più avanzate ma costretta su una sedie a rotelle nell’indifferenza dei familiari (70 mi dà tanto, di Luigi Romolo Carrino); una matta rinchiusa nel carcere di Pozzuoli e abbarbicata su un albero di arance che crede sia suo figlio (Sciore Arancia, di Alessio Arena); il fantasma di Vincenzina ritornato dall’aldilà per salvare il figlio dalla tremenda punizione che sta per abbattersi sull’Italia (La Pocalisse, di Massimiliano Palmese).

A venticinque anni dalla morte di Annibale Ruccello, l’omaggio di quattro nuovi autori napoletani ad uno dei più innovativi drammaturghi del secondo Novecento.
LanguageItaliano
Release dateOct 13, 2012
ISBN9788897567158
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    Book preview

    Quattro mamme scelte a caso - Alessio Arena

    www.caraco.it

    INTRODUZIONE

    di Massimiliano Palmese

    Sono consapevole della difficoltà di dare vita ad altre quattro mamme, dopo le profetiche figure che intorno alla metà degli anni Ottanta Annibale Ruccello disegnò nei monologhi di Mamma – Piccole tragedie minimali con una strepitosa lingua napoletana. Ho per questo voluto condividere il progetto con giovani scrittori piuttosto diversi – da me e tra loro – perché fosse chiara la mia idea di partenza: non certo calchi degli originali, le altre quattro mamme dovevano essere solo occasione per un’indagine sull’influenza che il drammaturgo stabiese continua ad avere sulle nuove generazioni di autori. Questa chiave ci ha permesso dunque di sentirci liberi, di prendere ciascuno la propria strada, a caso, portando con noi un’eredità che abbiamo cercato di spendere il più lontano possibile.

    Così, dal mix delle più diverse suggestioni ruccelliane e delle nostre personali ossessioni di scrittori, sono nate queste Quattro mamme scelte a caso, quattro personaggi che cercano la propria ragion d’essere solo nella lingua che usano: un nitido parlato con suggestioni pop (Il fatto più bello) o pieno di link al lessico della tecnologia contemporanea (70 mi dà tanto), il lirismo di una lingua napoletana che si fa cruda poesia (Sciore Arancia), fino alla fusione a caldo di alto e basso, di proverbi plebei e profezie di San Giovanni (La Pocalisse).

    Forse, rispetto ai televisivi anni Ottanta di Ruccello, ciò che emerge come novità da questa indagine è un presente definitivamente disastrato, ma che le nostre mamme vivono con una sorta di liberatoria follia: sono fantasmi arguti che abitano un mondo arrivato al capolinea, non più costretto a credere a nessuna resurrezione.

    IL FATTO Più BELLO

    di Massimiliano Virgilio

    Strada. Mattino.

    Una donna avanza sulla scena affannosamente. Regge alcune buste della spesa piene. In un estremo gesto di fatica le poggia a terra. Si dà una sistemata agli abiti e ai capelli ben pettinati. È vestita poco alla moda, ma dignitosamente. È piuttosto avanti con l’età, ma dal suo sguardo si intravede il volto di una donna che in passato doveva essere stata bella. Di tanto in tanto lancia uno sguardo verso l’alto, dove c’è la finestra di un’abitazione che non vediamo. Dopo qualche tentennamento si mette le mani attorno alla bocca e inizia a chiamare con voce alta.

    STELLA

    Luna? Mi senti? Luna? (non ricevendo risposta, torna alla carica con più decisione, emettendo un’inaspettata voce maschile) Luuuunaaaaa! Luuuunaaaaa!

    Si calma, guarda davanti a sé avanzando in proscenio, poi attacca dopo una lunga pausa rivolgendosi al pubblico.

    Il fatto più bello della maternità è che quando fai una figlia – e con fare intendo ’a faje, ’a parturisce, ’a ’llatte, ’a fai fa’ ’a vita da signora – dopo qualche anno ti ritrovi un capitale in casa, che quando lo chiami lo chiami te risponne ’e subbeto, affacciannese ’e corza a’ fenesta… comme no! (si ferma per riflettere, poi riprende in un crescendo ironico) Ma il fatto ancora più bello della maternità sono i servizi che con gli anni la prole – grata a chi l’ha fatta, parturita e allattata – vuole sempre fare al posto tuo, dalla mattina alla sera! Non disprezzando, casa nostra è ’nu bbrillante. Ajàx, Cif, Svelto, (fa il gesto di spolverare in ogni direzione) Swiffèr ca vola ’a cca, ’a llà, ’a sotto, ’ncoppa… Comme se po’ ffa’? Chella guagliona è ’na puletona ca a cunfronto Cenerentola è ’na ’nzevosa ca nun ce ne stanno specie. (guarda di nuovo verso l’alto, si ferma a pensare, poi urlando in modo animalesco) Luuuunaaaaa! All’anema ’e chi t’è bbive, vuo’ scennere? (va calmandosi, rassegnata) Mannaggia a Bubbà…

    (torna a guardare verso il pubblico) La verità? Il fatto più bello della maternità, se l’aggia ricere tutta-tutta, è quello che ci sta prima… La gravidanza, certo. Anche! Ma soprattutto quello che ci sta prima! Per intenderci: il fatto più bello della maternità è quello che avviene a monte del concepimento. Per usare un’espressione evocativa ma chiara, comprensibile e allo stesso tempo non volgare, se po’ dicere che il fatto più bello della maternità consiste nella… nella posa della prima pietra del cantiere materno! Comunque. A se vule’ arravuglia’ pure in quest’altra definizione, s’adda ricere in tutta coscienza che

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