Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Un posto nel cuore, un posto nel mondo
Un posto nel cuore, un posto nel mondo
Un posto nel cuore, un posto nel mondo
Ebook207 pages3 hours

Un posto nel cuore, un posto nel mondo

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Viene ritrovato un ragazzo sulla spiaggia svenuto e in fin di vita. Un pescatore di umili origini lo aiuterà ad intraprendere un cammino alla ricerca di se stesso e delle sue origini. Incontrerà persone che trasformeranno la sua esistenza portando a sua volta cambiamenti nelle vite altrui. Un intreccio che unirà molte persone e porterà a riflettere sulle strane coincidenze che capitano un po’ a tutti.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJan 10, 2017
ISBN9788892644021
Un posto nel cuore, un posto nel mondo

Related to Un posto nel cuore, un posto nel mondo

Related ebooks

General Fiction For You

View More

Related articles

Reviews for Un posto nel cuore, un posto nel mondo

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Un posto nel cuore, un posto nel mondo - Nadia Battiston

    conoscersi.

    Capitolo 1

    Sembrava un mucchio di stracci appoggiato sulla spiaggia e ricoperto di alghe. Visto da lontano era un piccolo monticello sulla grande spiaggia deserta, abitata solo dai gabbiani strillanti e mai sazi e da qualche pescatore del luogo che non sapeva perché rimaneva ancora a vivere e marcire laggiù.

    Quella fredda mattinata di marzo non si prospettava molto buona, né per la pesca e nemmeno per l’artrite. Quel giorno i pesci sembravano nascondersi, mentre i suoi dolori erano usciti tutti, torturando soprattutto le dita rattrappite dal freddo e le braccia con la pelle a penzoloni, prive di muscolatura ormai.

    Tanto vecchio era questo corpo, ne aveva tante di storie da raccontare. Quanti anni aveva? Non lo ricordava nemmeno lui, ma erano parecchi perciò ormai non li contava più da diverso tempo. La sua vita si era svolta e consumata su quella spiaggia, quel piccolo pezzo di mondo che per lui era tutto.

    Il pescatore era parte integrante di quel luogo e di quel mare, nessuna alba o tramonto erano mai uguali e questo faceva sì che lui non si annoiasse mai. Non aveva rinunciato un giorno a camminare su quella spiaggia, nemmeno un giorno della sua vita. Era un luogo sacro per la sua anima, perché gli assomigliava nel profondo e anche il suo corpo sembrava scalfitto dal vento più o meno forte che soffiava spesso da quelle parti.

    La sua era stata una vita movimentata, sempre sulle barche a sfidare le onde e se stesso Era nato su quella spiaggia, in una piccola casetta che puzzava di pesce ed emanava odore di povertà. Ultimo di sette fratelli, aveva imparato presto a fare a botte e a farsi valere lungo il porto dove la vita era dura. Aveva imparato a nuotare nelle acque gelide e tempestose, e a pescare nelle situazioni più ardue.

    Era cresciuto mangiando pesce e pane cucinato sulla pietra. Aveva mercanteggiato con marinai che giungevano da tutte le parti del mediterraneo. Era stato sposato per cinquant’anni prima che sua moglie lo salutasse dopo una lunga malattia e tanti anni di fedeltà. Si era raccomandata, prima di andarsene, di dare da bere ai gerani nei piccoli vasi sulle finestre e di occuparsi del pappagallo e dei gatti che venivano regolarmente a mangiare le lische dei pesci che sua moglie buttava sempre nello stesso angolo perché sosteneva che i gatti fossero i custodi delle anime, per questo andavano rispettati maggiormente. Lei si fermava spesso fuori con loro e parlava con quelle misteriose creature che sembravano rispondere alle domande che gli faceva sorridendo, li coccolava uno ad uno, chiamandoli per nome nonostante spesso fossero più di dieci.

    I figli del pescatore erano andati a vivere in città, lontano da quei luoghi che non avevano nulla da offrire né a loro né a nessuno altro (almeno questa era la loro convinzione). Il pescatore aveva accettato la loro decisione, come aveva accettato tutto il resto nella vita. La povertà, i reumatismi, i lutti, gli insulti e i rinfacci. Molti pensavano che fosse una persona priva di dignità. Non si era mai prodigato per migliorare la sua misera esistenza, d’altronde non sembrava esistere altro per lui che vivere in questo modo. Questo conosceva il pescatore e non credeva potesse esserci altro posto per lui nel mondo.

    Salutava i tramonti per poi alzarsi all’alba. La sua vita seguiva da tempo una direzione unilaterale. Era convinto che ribellarsi e opporsi non avesse senso. Suo figlio maggiore lo accusava di essere uno smidollato, una persona priva di dignità e ambizioni. L’ultima volta che si erano visti era stato molto tempo prima. Aveva perso il conto di quanti mesi fossero passati da allora. Suo figlio non si era più fatto vedere e lui non sapeva dove lui si trovasse. Il secondogenito gli aveva spiegato molte volte che le cose cambiano, le persone si trasformano, ma il pescatore scrollava la testa mentre sorrideva, la sua convinzione era che ognuno è fatto a proprio modo e non si può trasformare la sabbia in acqua. Queste affermazioni lo facevano sorridere, suo figlio credeva veramente che le persone potessero trasformarsi? Le uniche creature che conosceva trasformiste erano i cavallucci marini che cambiavano sesso ma sempre cavallucci marini rimanevano.

    Ogni volta che lo diceva suo figlio si arrabbiava, ma d’altronde era così. Il mondo era sempre stato composto da terra, acqua, aria e fuoco. Questi erano gli elementi che servivano per sopravvivere, tutto ciò che era in più era solo frutto di ingordigia umana. Ognuno voleva sempre un pezzo più grande della torta, ogni bambino voleva predominare sul fratello più piccolo, ogni persona cercava di manovrare le altre e per ottenere cosa? Era questo il modo di diventare più saggi? Oppure serviva a diventare più sani? Le uniche ricchezze per il pescatore erano queste, la conoscenza del mare e la salute. Lui era convinto di ciò, conoscendo il mare si mangiava e si viveva, l’importante era stare bene per pescare e tirare le reti. Soprattutto ora che era rimasto solo. La moglie solitamente raccoglieva la legna da ardere nella piccola stufetta annerita che avevano nell’angolo della cucina. Ormai lei se n’era andata, era stata sepolta nell’antico cimitero dei pescatori. Quello vicino casa sua, che si vedeva girando l’angolo dopo la chiesa. Lì era stata sepolta anche la mamma del pescatore. Lui non si era mai spostato molto, a parte i viaggi in mare. Quello era il suo regno, non gli mancava nulla. Il mare portava di tutto, solo chi aveva la pazienza di raccogliere ciò che si trovava sulla spiaggia poteva riuscire a capire quanto fosse ricca la vita, imparando così ad apprezzare ciò che viene donato gratuitamente, senza cercare altrove quello che abbiamo sotto il naso.

    Quel mattino il pescatore si sfregava le mani. C’era tanto vento e i reumatismi gli facevano compagnia mentre girava sulla spiaggia raccogliendo legna, bottiglie e altri oggetti giunti dal mare. Il pappagallo spennacchiato era appoggiato sulla spalla e gli conficcava le unghie nella carne quando lui si abbassava, per paura di cadere.

    Vecchio uccellaccio! Sei l’unico qui più vecchio di me disse coccolando il pennuto che aveva acquistato al mercato tanti anni fa. In realtà aveva fatto uno scambio. Lo aveva ottenuto in cambio di uno squalo che aveva pescato per sbaglio. Era gigantesco e i turisti si erano avvicinati timorosamente affascinati per fotografare quella bestia così maestosa. Il pescatore ne aveva pescati alcuni nella vita, ma li aveva sempre lasciati andare. Erano i padroni del mare, i più temuti, e rispettati. Gli squali erano l’essenza della forza e lui, cresciuto povero e tra mille difficoltà, si identificava in quei pesci resistenti e tenaci. Lui aveva sopportato le temperature basse nelle notti fredde, alimentandosi con pesce crudo e poca acqua, aveva vissuto in quella baracca fatiscente senza usare sapone per settimane. Quando si ammalava usciva all’aperto per farsi baciare dal vento, perché il vento del mare era fonte di pulizia per i polmoni intaccati dal catarro e da malattie respiratorie.

    Il pescatore amava quelle giornate in cui tutto volava. Ogni cosa cambiava di posto per poi lasciare spazi vuoti, come nella vita quando non frequenti più una persona, quella si sposta per lasciare spazio a un'altra. Se non rispettassimo questa legge, finiremmo tutti per conoscere un cerchio limitatissimo di persone. Il mercante con cui aveva scambiato quel grosso squalo in cambio del pappagallo, era di passaggio e poi non lo aveva più rivisto in vita sua. Chi era cresciuto e viveva nei porti di mare sapeva che era così. La gente andava e veniva come le onde del mare, mai uguali e sempre costanti nel movimento.

    Il pescatore si coprì gli occhi riparandosi dal sole accecante. Era sempre più difficile vedere da lontano… le cose diventavano sfocate e indefinite. Cominciò ad avvicinarsi a quel groviglio indistinto che vedeva sulla sabbia, magari avrebbe recuperato tanti pezzi di corda che gli servivano sempre. Il pappagallo era curioso e continuava a fischiare per spaventare l’eventuale pericolo.

    Si avvicinarono e con grande sorpresa scoprirono che incastrato tra alghe, pezzi di legno e corde si trovava un essere umano, bagnato fradicio e con i vestiti a brandelli. Il pescatore cominciò a liberare il malcapitato cercando di vederne il volto. Il petto si muoveva, quindi respirava. Era vivo!

    Lo liberò dai grovigli e cercò di svegliare il ragazzo svenuto e congelato. Il malcapitato non reagiva, gli fece la respirazione bocca a bocca anche se era difficile, il pescatore aveva poco fiato. Il ragazzo aveva una strana cicatrice sul labbro superiore.

    Dopo pochi attimi cominciò a tossire e vomitare acqua salata liberandosi i polmoni. Era giovane, aveva circa sedici anni forse, ma cosa ci faceva su quella spiaggia con quel freddo? In tanti anni si erano arenate balene, qualche seppia enorme, ma mai persone. Il pescatore gli parlava ma il ragazzo sembrava non sentirlo, sicuramente era in uno stato di shock. Lo caricò nella carriola liberandola da tutti i pezzi di legno, per fortuna ne aveva ancora qualcuno a fianco della baracca. Il ragazzo era magro, leggero e non molto alto, ma per le sue vecchie braccia doloranti fu uno sforzo immane portarlo fino alla baracca. Accese subito il fuoco nel vecchio cammino di pietra dove la moglie aveva fatto per anni il pane e cotto le pietanze. Ora questo spettava a lui, tanto che a volte per giorni non mangiava nulla. Un po’ perché l’età gli aveva tolto il gusto per il cibo e parecchi denti, un po’ perché mangiare da solo lo faceva sentire malinconico. Allora si faceva un caffè forte che versava in una scodella di latte e andava sotto al piccolo porticato a sorseggiarlo, mentre il vecchio pappagallo mangiava i suoi semi disturbando le sue riflessioni. Era sempre stato un grande pensatore, la sua vita era densa di pensieri e parole mai espresse. Non perché lui credesse di venire frainteso, ma perché riteneva che la stupidità umana fosse sopra ogni cosa. Tutti sembravano avere qualcosa di importante da dire ma pochi sapevano ascoltare.

    Essere l’ultimo di sette fratelli gli aveva insegnato a non essere mai considerato per primo, dal momento che era arrivato per ultimo, quindi non valeva la pena di lottare tanto per dire la sua. La cosa più importante era sopravvivere, accontentandosi.

    Spogliò il ragazzo togliendogli quei stracci bagnati di dosso e lo mise nel letto, sotto la trapunta rossa vecchia e logora che sua moglie amava tanto. Quanto lo faceva ridere quella donna, perfino adesso che non c’era più. Era sbadata e sempre in preda alla confusione, perdeva continuamente oggetti di uso quotidiano e mentre li cercava, dimenticava ciò che stava cercando.

    Si erano conosciuti a una festa al porto, quella sera c’era la cuccagna. Il palo issato sul mare era stato spalmato del grasso delle navi e i giovani dovevano mostrare la propria abilità prendendo il pesce puzzolente appeso alla fine e provocando così risate, fischi di approvazione o di finto disprezzo da parte dei marinai invecchiati che in passato avevano loro stessi partecipato a quel gioco.

    Osservati dalle ragazze bramose di trovarsi un fidanzato abile in mare e a letto, visto che le uniche soddisfazioni, vivendo lungo il mare, erano vivere decentemente con un uomo abile con le reti e che ti scaldava nelle fredde notti di tempesta, quando il mare non gli consentiva di uscire a pescare. Era una vita sempre uguale rallegrata da qualche bevuta e qualche pettegolezzo. La moglie del pescatore era diversa dalle altre donne del porto. Non era volgare né sboccata. Arrossiva facilmente e sorrideva guardando altrove quando qualcuno la guardava una seconda volta. Forse per questo si erano piaciuti tanto, riservati e timidi entrambi. Dal primo momento in cui i loro sguardi si erano incrociati, avevano capito di appartenersi a vicenda. Era stato uno sposalizio di anime più che di carne. Non era mai mancata la scintilla sessuale tra di loro, si cercavano e si sodisfacevano, ma la loro vera intesa nasceva dallo sguardo che entrambi sapevano essere la via di comunicazione più profonda. Adele era dolce e amava ogni forma di vita.

    Passava intere ore a liberare le stelle marine incastrate tra le reti. Non era giusto, diceva Adele, che certi animali facessero una morte così indegna, privati della loro vita inutilmente. Non servivano per nutrire nessuno e come ornamento ce n’erano perfino troppi lungo il porto, così lei partiva da casa armata di un secchio prima che il sole fosse alto e ne salvava più poteva, sorridendo mentre li guardava fluttuare nel loro ritorno in mare. Era una missione per lei, come sfamare tutta la banda di gatti che arrivavano dietro la loro casa sempre più numerosi, al tramonto, miagolando e facendo le fusa, strusciandosi sulle gambe di Adele bruciate dal sole. Lei li amava tutti, e ogni sera con un disinfettante per polli curava quelli feriti da scorribande notturne o litigate territoriali. Aveva una fantasia sconfinata nel cercare nomi sempre nuovi per ognuno di loro. Le donne del porto la trattavano come una svitata, ma Adele sorrideva dolcemente, nella sua anima non c’era posto per la cattiveria, né per il rancore. Lei perdonava chiunque e sempre. Amava e rispettava ogni forma di vita senza dare importanza all’aspetto esterno che aveva. Sembrava inconsapevole perfino del suo stesso corpo. Era trasandata, vestiva in modo ordinario e spesso indossava pantaloni smessi del fratello senza esigere mai che la mamma ne cucisse un paio nuovo per lei.

    Quando sua mamma le preparava qualcosa di buono correva subito a condividerlo con qualcun altro e spesso erano i cani o i gatti abbandonati lungo il porto. La mamma sorrideva a questa figlia tanto buona e ingenua che lasciava un bicchiere d’acqua sul vano della finestra ogni notte affinché potessero bere le fate senza avere paura di essere catturate. Era dolce e responsabile ma non si fermava di fronte a nulla se sospettava che venisse fatto del male a una creatura indifesa.

    Il pescatore le aveva regalato delle violette che lei curava come dei figli. A soli diciannove anni lasciò la sua famiglia per stare con lui e non si pentì mai di quella scelta. Con lui stava bene e si sentiva libera di isolarsi nei suoi lunghi silenzi senza giustificarsi di nulla. Non serviva ricordargli che lei lo amava, era timida e spesso le parole le morivano in gola. Gli aveva detto una volta sola Ti amo, in una giornata ventosa e lui l’aveva guardata profondamente dicendole Lo so.

    Adele aveva sorriso per il proprio coraggio, tre giorni dopo era tornato da lei ripetendo più volte di non farle mai promesse che non sarebbe stato in grado di mantenere. Le poteva offrire la piccola casa sulla spiaggia e la pesca quotidiana, ma non era un uomo ambizioso. Ciò che poteva darle era una vita libera, senza forzature o costrizioni. Lui non avrebbe mai preteso da Adele ciò che lei non avrebbe potuto o voluto dargli. Suggellarono il loro patto d’amore baciandosi vicino agli scogli. La loro prima notte insieme fu un ritrovarsi e riconoscersi. Il pescatore sapeva che solo lei avrebbe potuto essere la sua donna e amava guardarla uscire la mattina. Anche da anziana, con i capelli brizzolati, si pettinava in modo ordinato usando due piccole forcine come quando era ragazza per liberare la fronte dai capelli lisci e sottili. Si sedeva in cucina e si pettinava canticchiando, senza guardarsi nello specchio perché gli diceva sempre: Il mio specchio sei tu e lui sorrideva guardando quella strana creatura che amava sopra ogni cosa.

    A lei non serviva nulla se non quella vita semplice e quell’uomo che l’amava esattamente com’era, non chiedeva nulla alla vita, solo un po’ di tranquillità e del cibo per gli animali. Lei mangiava sempre alla fine, dopo avere sfamato tutti si sedeva di fronte al marito indossando una delle sue magliette sbiadite e gli sorrideva con lo sguardo. Lui si sentiva in pace, sereno con lei al suo fianco perché sapeva che la vita non poteva riservargli niente di meglio. Era come vivere un sogno ogni giorno e nessuno sembrava riuscire a capirlo. In paese ridevano di loro, e dei loro figli che Adele vestiva i figli in modo modesto. Per lei bastava che fossero puliti e dignitosi. Gli tagliava i capelli con una vecchia forbice canticchiando ed era sempre di buon umore. Il pescatore cominciò a soffrire quando i figli, crescendo, tornavano a casa da scuola inferociti perché i compagni li prendevano in giro per la loro diversità. Non era per niente facile fare i conti con la società. Ognuno sembrava più ingordo dell’altro, ogni singolo alunno a scuola doveva dimostrare di possedere qualcosa di più bello rispetto agli altri, solo per sentirsi superiore. Adele parlava spesso ai suoi ragazzi, facendoli riflettere sui valori profondi e sull’essenza vitale del contatto con la magica terra. La sua teoria era di non offendere la vita insultandola, perché chi voleva sempre di più non apprezzava il dono prezioso del vivere accettando i frutti della terra senza riempirsi di cose inutili per poi abbandonarle, sporcando l’ambiente e la quiete personale. Si sa che chi desidera troppo cerca di riempire i propri vuoti interiori con oggetti futili per illudersi che basti acquistare qualcosa piuttosto che lavorare per ottenere ciò che invece è completamente gratuito: la pace.

    E la pace si trova attraverso la conoscenza, non si può catturare né sfoggiare, si può semplicemente gustare come i primi raggi di sole del mattino, a occhi chiusi, consapevoli di quanto possono nutrirci questi raggi di luce. Il sole era un altro alleato per Adele. Quando si alzava prestissimo e vedeva che

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1