Vendetta sottobanco
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Ma gli eventi prenderanno una piega del tutto inaspettata...
Già autrice di "Come lampo", "Un amore sotto l'albero di Natale" e dell'ironico "Per favore, non baciarmi!", Lucrezia Monti torna a celebrare l'amore con questo nuovo romanzo dolce, romantico e divertente.
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Vendetta sottobanco - Lucrezia Monti
sottobanco
Vendetta sottobanco
Molto bene, torna pure a posto
: la prof d'italiano annota qualcosa sul registro e non alza neppure lo sguardo su di me mentre mi dirigo verso il mio banco in prima fila, vicino alla porta d'ingresso.
Non sorrido, non sono particolarmente soddisfatta: la materia mi piace, mi impegno sempre in ciò che faccio... Questo ennesimo voto stratosferico non è niente di diverso dal solito, per me, e non lo è neppure quel molto bene pronunciato dalla Bassi per il quale metà dei miei compagni farebbe carte false: non è una che regali voti alti, lei.
Mi siedo e subito qualcosa di umido, appiccicaticcio e schifoso mi colpisce sul collo.
Non ho nemmeno bisogno di voltarmi per sapere chi sia stato a sputarmi addosso quella pallina di carta intrisa di saliva: Rolando, centro aula, terzo banco, il mio incubo.
Bello come il sole, stronzo come nessuno mai.
Arrivato nella nostra classe a inizio dicembre, cacciato dal costoso collegio privato in cui i genitori l'avevano iscritto: nemmeno una cospicua donazione per la biblioteca scolastica, pare avesse detto il preside di quella scuola vip, avrebbe potuto convincere lui ed il consiglio d'istituto a tenersi quel demonio.
Cosa avesse fatto Rolando per riuscire a farsi cacciare era un mistero, la versione cambiava ogni volta: c'era chi diceva avesse dato fuoco alla palestra, chi era sicuro che avesse fatto sesso con una bidella sposata, chi era pronto a giurare che avesse avvelenato il ragù della mensa...
Fatto sta che ad inizio dicembre la porta della terza B si era aperta ed il bidello aveva fatto accomodare in classe questo ragazzino alto e dai capelli biondi, che si era piazzato accanto alla cattedra per esserci presentato dall'insegnante e ci aveva subito squadrati tutti quanti senza il minimo imbarazzo né timore.
Quattordici anni, già bocciato una volta in prima media, i suoi l'avevano spedito qui perché questa era l'unica scuola del territorio nella quale non fosse già stato e dalla quale non fosse stato espulso, l'ultima speranza di salvezza per questo biondino dagli occhi blu come l'oceano ed altrettanto pericolosi.
Dopo aver sedotto ed abbandonato la povera Lucia, penultimo banco vicino alla finestra, occhi neri sognanti e lunghe ciglia, aveva conquistato Mariella, la biondina col caschetto fortissima in matematica: amore finito dopo il primo compito in classe in cui lei non gli aveva suggerito le risposte.
Poi era passato a Rossana e si vociferava che si fosse fatto persino Silvia, la più bella della scuola intera.
Ovunque si girasse, lasciava cuori infranti.
Ma le mie compagne lo adoravano comunque, perché era troppo bello, troppo simpatico, troppo farabutto per potergli resistere. Ed i miei compagni sembravano averlo eletto all'unanimità leader indiscusso, sovrano degli scherzi, terrore dei prof.
In breve tempo si era costruito una solida reputazione anche nella nostra scuola: magari a volte veniva incolpato pure di disastri compiuti da altri, come per quell'increscioso fattaccio degli spinelli nascosti nel vano dell'estintore di cui non sapeva davvero nulla, ma a lui non importava e, anzi, sembrava quasi essere ben felice di questa notorietà, così come pure del fatto di passare più tempo in presidenza che in classe.
Bello e dannato, mix irresistibile per le ragazze che lo adoravano e lo rendevano, così, ammirato e seguito dai ragazzi: in pochi mesi aveva messo insieme un'autentica ciurma con cui compiere le più diverse e sconsiderate azioni piratesche.
In un disperato tentativo di redenzione, la Bassi ad aprile me lo aveva appioppato persino come compagno di banco: io ero taciturna, concentrata solo a prendere bei voti nella speranza di ottenere un'ottima media con la quale entrare al liceo a settembre; la candidata ideale per stargli accanto, no?
No.
A malapena ci salutavamo. O meglio: io, che cercavo di essere una brava ragazzina educata, lo salutavo al mattino, mettendomi seduta al mio posto, e lui rispondeva con un cenno del capo, senza una parola né un sorriso. Proprio non gli andavo a genio. Ed il fatto che lui non mi lasciasse seguire le lezioni, facendomi scherzi e continuando a girarsi per parlare e fare battutine sceme con Guido alle nostre spalle, non facilitava certo le cose. Dopo un paio di settimane di muta sopportazione da parte mia, sbuffando, gli avevo intimato di stare zitto e Rolando, sempre senza nemmeno rivolgermi la parola, aveva afferrato un paio di forbici che sporgeva dal mio astuccio e mi aveva tranciato di netto una lunga e spessa ciocca di capelli.
Stupendo persino me stessa, gli avevo mollato un ceffone.
Ripensandoci, mi sembra che il suo della mia mano contro la sua guancia fosse rimbombato per l'intera aula.
Mai, mai avrei pensato di poter arrivare a fare una cosa simile!
I suoi occhi blu avevano lanciato un lampo. La Manfredi Buffetti aveva smesso di ripetere il paradigma di to find e ci aveva guardati scioccata, spedendoci entrambi in presidenza.
Ero furente!
Come avrei mai potuto lavare una simile macchia dal mio curriculum scolastico?
Sì, lo confesso: da ragazzina ero una secchiona ed avevo pianificato la mia vita nei minimi particolari. Dopo le medie, che avrei terminato ovviamente col massimo dei voti, avrei proseguito la mia carriera scolastica al liceo classico e, da lì, sarei poi approdata all'università dove avrei studiato Lettere Moderne; un master in giornalismo mi avrebbe in seguito aperto le porte di qualche prestigiosa testata e, entro i trent'anni, sarei diventata corrispondente estera dagli Stati Uniti.
Niente fidanzato, niente marito, niente figli, grazie. Basto a me stessa e ho un cervello ed un talento tali da poter realizzare il mio progetto da sola. E mi bastano le liti che vedo in casa tra i miei genitori per convincermi del fatto che da sola sia meglio che in coppia.
Questo, almeno, era quello che pensavo fino a quel caldo giorno d'aprile quando la prof d'inglese ci aveva spediti dal preside.
Seduti uno accanto all'altra sul divanetto della segreteria, Rolando aveva allungato una mano verso i miei poveri capelli mutilati e ne aveva stretto una ciocca tra le dita: E così Lady Iceberg ha del fuoco nelle vene
, aveva bisbigliato quasi tra sé e sé, arrotolandosi i miei capelli attorno all'indice.
Un brivido mi aveva scossa dalla testa ai piedi: Levami le mani di dosso!
, avevo sibilato rabbiosa girandomi a guardarlo dritto negli occhi. E, incredibilmente, lui aveva ubbidito.
Se fino a quel giorno Rolando mi aveva più o meno ignorata, dopo quel disgraziato episodio del parrucchiere improvvisato si era votato anima e corpo a rendermi la vita impossibile.
Questa pallina di carta e saliva lanciatami sul collo, rimasto nudo dopo che sono stata costretta a tagliarmi i capelli in seguito alla sua geniale trovata, è solo l'ultimo episodio di una serie interminabile.
Lo detesto con tutta me stessa.
Ma faccio finta di nulla e con due dita mi levo quella schifezza di dosso e la lascio cadere a terra.
Ho mantenuto la mia elevatissima media voti, tra pochi giorni ci saranno gli esami e non appena terminerà la scuola non avrò nulla a che fare con lui. Mai più.
Quando vedo quel nome inciso sulla targhetta della direzione ho la tentazione di alzarmi dalla poltroncina, girare sui tacchi ed andarmene. Impossibile che sia un caso di omonimia: quanti Rolando con quello stesso cognome potrebbero mai esistere in Italia? Per sicurezza, mentre aspetto di essere convocata, do una sbirciatina sul web con lo smartphone: appunto, solo una corrispondenza nell'intera penisola. Dannazione, certe volte vorrei tanto sbagliarmi!
Dottoressa Sneider, si accomodi pure
: una segretaria bellissima, biondissima, strizzatissima in un costosissimo completo dalla profondissima scollatura appare sulla porta. Tutto in lei è declinato al superlativo e mi ricorda vagamente Marilyn Monroe.
I gusti di Rolando in fatto di ragazze non sembrano essere cambiati poi molto, in quasi vent'anni, penso con un certo disgusto: belle ed appariscenti, le reginette delle feste.
Mi alzo in piedi e stringo nervosamente al petto la borsa a tracolla, poi faccio un profondo respiro, mi ricordo chi sono e per quale motivo sono lì e varco la soglia.
Seduto dietro l'imponente scrivania scura, le spalle voltate all'ampia vetrata che offre una vista mozzafiato sulla città, c'è l'incubo della mia adolescenza.
E anche no.
Del ragazzino biondo ha conservato soltanto il colore dei capelli, a quanto pare, perché il suo fisico è cambiato notevolmente. E in meglio. Le spalle larghe si stagliano scure nel riquadro luminoso della finestra ed improvvisamente, avvicinandomi a lui per stringergli la mano, sento di avere la gola secca.
Possibile che dopo tutti questi anni ancora riesca a rendermi nervosa?
Si alza in piedi al mio arrivo e mi guarda dritto negli occhi. Ecco, anche quel blu oceano, attraente e pericoloso come un'avventura di pirati, non è cambiato per nulla con lo scorrere degli anni.
Dannazione. Il Rolando alto e smilzo della terza B è diventato il più bell'esemplare di maschio che mi capiti di vedere da anni. La sua stretta di mano, gentile eppure decisa, mi richiama alla realtà giusto in tempo per accorgermi del fatto che mi sta osservando attentamente il viso.
Prego, si accomodi
, dice poi, tornando a sedersi e prendendo in mano il mio curriculum.
Non può avermi riconosciuta, mi dico cercando di tranquillizzarmi: anch'io sono cambiata parecchio dai tempi della scuola e, da quando mia madre è stata piantata in asso da mio padre, ho deciso di usare il suo cognome, quindi non c'è modo che Rolando mi ricolleghi a quella brunetta che detestava e che tartassava coi suoi scherzi alle medie.
"Il suo curriculum è impressionante - esordisce lui - Non le nascondo che per certi aspetti mi pare persino troppo