Bianca come la Neve
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Book preview
Bianca come la Neve - Elena Caserini
2017
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Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore
E’ vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.
Bianca era bella, ma la sua pelle diafana risvegliava pensieri oscuri, reconditi, dell’animo umano.
Apre gli occhi, poi li chiude, li apre ancora, li chiude ancora.
Poggia i palmi sulle orecchie, preme e rilascia, preme e rilascia, nessuna luce, nessun suono, il buio la soffoca quel silenzio la opprime.
Il suo corpo esile, debole, stanco si ribella, la gola brucia e sa di fuoco, mentre le viscere tremano e si aggrovigliano dal dolore.
Da quanto tempo è lì?
Gli spasmi la colgono, sono come pugni, sordi, silenziosi e questi scavano, scavano dentro, sempre più in profondità fino a contorcere le sue membra.
Perché quel ‘mostro’ che l’ha rinchiusa non torna ?
Niente acqua, nessun cibo, solo il nulla.
Le palpebre premono, spingono sempre di più, ma è il freddo che la obbliga ad arrendersi, ad accettare la sua fine.
Un sospiro la coglie, l’ultimo...poi un rumore acuto, assordante, si libera nell’aria.
Un suono di campane rimbomba tra le pareti, ma lei ormai non può più sentirle.
Capitolo 1
ANNO 1975 (Nord Italia)
Avevo poco più di dodici anni quando accadde il fatto.
Il rumore assordante della ruspa mi costrinse a coprire le orecchie usando le mani.
L’enorme bocca
dentata si scaraventava nella terra ricolma di ciottoli di ogni genere, sassi, legni marciti, pietre, ripetutamente, ammassando montagne di terra, scavando sempre più profondamente.
Tutto aveva un ritmo sostenuto, meccanico, quasi travolgente ma poi la dentatura della bocca scricchiolò fino a toccare una superficie così dura da provocare un pericoloso frastuono.
La micidiale macchina si arrestò improvvisamente.
Cosa stava accadendo ?
L’uomo che indossava la divisa scese dal suo posto di guida, si avventurò in prossimità della voragine poi con un salto prodigioso raggiunse la bocca dentata.
Toccò con mano togliendo la terra da quella superficie per niente scalfita
"Accidenti è marmo!"
urlò, rivolgendosi al gruppo di suore che presenziavano ai lavori.
Lo stupore delle sorelle ricoprì i loro volti increduli.
Avevano tanto desiderato ampliare il convento e costruire una nuova ala che ospitasse la chiesetta ed ora non erano assolutamente preparate a questo inconveniente.
Noi ragazzi avevamo avuto il permesso di assistere all’inizio dei lavori, solo i collegiali interni potevano farlo ed era stato un grande onore.
Vidi una enorme gru sollevare quella lastra di marmo bianco dalla profonda voragine, sospesa a mezz’aria restituiva un aria inquietante, minacciosa, angosciante, poi a causa del suo enorme peso cominciò a oscillare pericolosamente
‘Sembra una enorme lapide"
fu il primo pensiero che, non solo io, ma tutti, ebbero in quel momento.
Ci fu sbigottimento, preoccupazione, paura.
Se quella era una lapide, era molto probabile che esistessero anche delle fosse, forse erano tombe nascoste, che mai nessuno avrebbe dovuto scoprire!
Le suore ci fecero rientrare, dai loro volti si poteva intuire lo spavento e la criticità di quella inattesa scoperta.
L’enorme voragine fu ricoperta da cataste di legno, venne lasciata solo una piccola apertura da un lato, per permettere agli addetti ai lavori
di entrare successivamente.
Avrebbero visitato l’interno probabilmente il giorno successivo.
Quella sera sentimmo bisbigli ovunque, frasi spezzate e pronunciate a bassa voce, notammo gruppi di suore ammassate nei corridoi, che si dileguavano all’udire di un qualunque passo estraneo al loro ordine.
Cosa stava succedendo?
La mia fantasia prese il sopravvento.
Quello che sognai nel mio letto, duro e scomodo, non fu altro che frutto della mia età, così difficile da vivere, così complicata, ma sostenuta dalla speranza, un giorno, di diventare adulto.
Vidi cadaveri sospesi nell’aria, sommersi di vermi viscidi e appiccicosi, tombe ricolme di piccoli corpi putrefatti e il volto cadaverico di un fantasma che mi sussurrava strani versi.
Quell’entità incorporea e impalpabile mi fece cenno di seguirla ed io lo feci.
All’improvviso si dissolse, al suo posto strane tracce presero corpo sul pavimento di terriccio, mi parvero orme, orme di animale.
Le seguii con il fiato sospeso, poi nel buio minaccioso e profondo due occhi rosso fuoco apparvero tutto d’un tratto e mi fissarono minacciosi.
Un verso agghiacciante, spaventoso e orripilante mi colse all’improvviso paralizzandomi le membra.
Non potevo muovere nessun muscolo, ero completamente immobilizzato.
Fu in quello stesso istante che vidi dirigersi verso di me una specie di animale, forse era un demone uscito dagli inferi.
Il respiro mi mancò, le ginocchia cedettero, quindi caddi ai suoi piedi senza difese, pronto a soccombere alla sua furia.
Quell’essere spaventoso aprì l’enorme bocca e mi mostrò gli affilatissimi denti poi li affondò nelle mie carni procurandomi dolori lancinanti.
Le sentii staccarsi, lacerarsi, e le mie urla spezzarono per l’ultima volta tutto quel profondo e sinistro silenzio.
"Svegliati! Svegliati!" grondavo di sudore.
La testa era dalla parte opposta rispetto al cuscino e il mio pigiama era appiccicato alla pelle, tanto era bagnato.
Mi toccai il corpo, sentivo ancora il battito furioso del cuore nella tempia, simile ad un tamburo a percussione.
Non avevo mai avuto un incubo così!
Stai bene?
mi chiese Giorgio, il mio vicino
di letto.
Lui era a due metri da me, mi aveva sentito urlare e si era svegliato.
Ho fatto un sogno orribile
dissi sedendomi sul letto liberando le gambe da un lato.
Giorgio mi osservò sbigottito
Hai una faccia...cos’hai sognato?
scossi la testa senza rispondere, poi lo pregai di ritornare a letto e di non fare chiasso.