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Il diavolo giallo
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Il diavolo giallo

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About this ebook

Antoine, il Marsigliese, dopo diversi anni vissuti in Francia, ritorna all’ombra del Vesuvio. Ha un solido conto in banca e apre il Gatto Nero, mentre gli amici d’Oltralpe vogliono metterlo a tacere. Viene rinvenuta la testa mozzata di un’entraineuse in un cassonetto in Villa Comunale. La giovane donna lavorava nel locale notturno. Le indagini si allargano dai bassifondi ai quartieri alti e da Napoli fino a Marsiglia. Il commissario Abruzzese è solo nella sua lotta contro il diavolo giallo, mentre la città è intorno al suo campione Diego Armando Maradona. El Pibe le ha dato lo scudetto, traguardo che sarà poi centrato una seconda volta.
Ora, però, un delitto raccapricciante tiene in fibrillazione il commissario Abruzzese. In un cassonetto un netturbino trova la testa mozzata di una giovane entraineuse che lavorava nel locale notturno e manca il corpo di quel macabro rinvenimento. Il rituale è tipico della malavita d’Oltralpe, delitti eccellenti avvenuti in precedenza parlano chiaro. Ma i magistrati inquirenti concentrano i sospetti sullo spazzino. Un feroce assassino? O uUn povero diavolo colpevole di alcolismo e di avere una moglie infedele? Di questo è convinto il commissario Abruzzese, della sua innocenza. Le indagini si allargano dai bassifondi ai quartieri alti della metropoli. Antoine è costretto a collaborare con la polizia e comincia una caccia mozzafiato all’assassino dove dialoghi serrati e ritmo delle azioni non lasciano un solo attimo di tregua alle pagine del romanzo. Intanto Napoli è tutta intorno alla squadra di calcio del cuore e al suo supercampione.
«Massimo Siviero ci consegna questo giallo dal congegno perfettissimo, cosa sorprendente, visto che è ambientato a Napoli, una città così tanto “scongegnata”. E se il romanzo di Siviero è al tempo stesso così perfetto e così vivo, è perché egli arruola, intorno a una donna «morta assassinata», un esercito di viventi d'ogni sorta e d'ogni ceto, sospetti e sospettabili, camorristi di casa nostra e camorristi marsigliesi, contrabbandieri e prostitute, infermieri tuttofare ed equivoci chirurgi, grandi farabutti e minimi povericristi. Questo Diavolo giallo piacerebbe a Francesco Mastriani, raccontatore sommo di una Napoli perversa e di una topografia napoletana talora al limite del fantastico» (Luigi Compagnone).

LanguageItaliano
Release dateJan 12, 2017
ISBN9781310120718
Il diavolo giallo
Author

Massimo Siviero

My parents were Neapolitans, I was born in Rome and I live in Naples.When I was a child I wanted to be a diplomat or a doctor. Then I had the good fortune to read “Of mice and men” by John Steinbeck and two days later I obtained “The Grapes of Wrath”. A few months later, a classmate of mine gave me “Death in the Afternoon” and “Across the River and Into the Trees” of Hemingway and I realized that the craft of writing would become my great love. I liked knowing the facts of the day , I read many newspapers and began to attend the drafting of a newspaper. I started writing articles and at age 19 I went as an envoy on the football fields and I studied at university. Then I became a reporter. One day I was struck by a news of crime, a double murder. In the garden of a restaurant in Naples were found the bodies of a man and a woman, it was discovered that they were drug couriers . Until then Naples was seen mainly in the imagination as the city of mandolins and songs , pizza and hospitality. In addition to the neighborhood thugs . I realized that the city had dramatically changed and it became an important crossroads of crime. Although in more than two thousand years of history had been a place of philosophers and scientists, writers and poets (Giambattista Della Porta invented the telescope before Galileo...). So I decided to write my first crime novel , "Il diavolo giallo" which was published in 1992 . There followed " Il terno di San Gennaro" " Un mistero occitano per il commissario Abruzzese", "Vendesi Napoli", " Mater munnezza " and in 2012 " Caponapoli " published in the historic editorial series Il Giallo Mondadori . In 2015 it was published the detective novel "Scorciatoia per la morte". I wrote several essays , including " How to write a Neapolitan crime novel" ("Come scrivere un giallo napoletano"). In this manual I have revealed that the first Italian crime novel was written in Naples in 1852. Several of my books have been published in the convenient eBook editions that I think an effective instrument of freedom of authors and readersI miei genitori erano napoletani, sono nato a Roma e vivo a Napoli.Quando ero un bambino volevo essere un diplomatico o un medico . Poi ho avuto la fortuna di leggere " Uomini e topi " di John Steinbeck e due giorni dopo ho ottenuto in regalo " The Grapes of Wrath " . Pochi mesi dopo, un mio compagno di scuola mi ha dato "Death in the Afternoon " e "Di là dal fiume e tra gli alberi " di Hemingway e ho capito che il mestiere di scrivere sarebbe diventato il mio grande amore. Mi è piaciuto conoscere i fatti del giorno, ho letto molti giornali e cominciai a frequentare la redazione di un giornale. Ho iniziato a scrivere articoli, all'età di 19 anni sono andato come inviato sui campi di calcio e ho studiato all'università. Poi sono diventato un giornalista. Un giorno sono stato colpito da una notizia di reato, un duplice omicidio. Nel giardino di un ristorante a Napoli sono stati trovati i corpi di un uomo e una donna, si è scoperto che erano corrieri della droga . Fino ad allora Napoli è stata vista soprattutto nell'immaginario come la città di mandolini e canzoni, pizza e ospitalità. Oltre ai guappi di quartiere . Mi resi conto che la città era drammaticamente cambiata ed era diventata un importante crocevia della criminalità. Anche se in più di duemila anni di storia era stata la terra di filosofi e scienziati, scrittori e poeti ( Giambattista Della Porta ha inventato il telescopio prima di Galileo ... ). Così ho deciso di scrivere il mio primo romanzo poliziesco, "Il diavolo giallo " che è stato pubblicato nel 1992. Seguirono "Il terno di San Gennaro ", "Un mistero occitano per il commissario Abruzzese ", " Vendesi Napoli", " Mater munnezza " e nel 2012 " Caponapoli ", pubblicato nella storica collana editoriale Il Giallo Mondadori. Nel 2015 è stato pubblicato il romanzo poliziesco "Scorciatoia per la morte". Ho scritto diversi saggi, tra cui " Come scrivere un giallo napoletano ". In questo manuale ho rivelato che il primo romanzo poliziesco italiano è stato scritto a Napoli nel 1852. Molti dei miei libri sono stati pubblicati nelle edizioni eBook che penso siano un efficace strumento di libertà di autori e lettori.

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    Il diavolo giallo - Massimo Siviero

    LA SCHEDA

    Torna all’Indice

    Il duro colpo inferto dalla polizia alle raffinerie marsigliesi dell’eroina ha costretto la malavita locale a spostare in Italia i laboratori e i centri di smistamento per i mercati europei e americani. A Napoli e provincia la mala d’Oltralpe è così tornata ad agire attraverso il racket della droga e della prostituzione, dell’edilizia e del gioco d’azzardo. I chimici di origine corsa in trasferta raffinano eroina altrettanto pura dalla morfina. Esplode la guerra con la nuova camorra. Antoine il Marsigliese, con un solido conto in banca, è rientrato a Napoli. ma gli ex amici francesi vogliono fargli la festa.

    Un delitto raccapricciante tiene in fibrillazione il commissario Abruzzese, dopo la scoperta della testa mozzata di una ragazza. La vittima era un’entraineuse che lavorava in un locale notturno del lungomare partenopeo. Il guaio è che Il Gatto Nero appartiene al Marsigliese e manca il corpo di quel macabro rinvenimento. Antoine è costretto a collaborare con gli inquirenti e comincia una caccia mozzafiato. Intanto la città è tutta intorno alla squadra del cuore e al suo campione. In realtà tutti tremano e cercano di esorcizzare la paura allo stadio.

    CAPITOLO 1

    Torna all’Indice

    Ciro Buonaiuto lottava con la morte da alcune ore, con un ago in un braccio. Era piantonato in una stanza senza luce del manicomio criminale. C'era chi temeva un'evasione dal suo letto di morte. L'uomo mostrava due braccia scarnite che rifiutavano la linfa iniettata nelle sue vene. Una crisi di angina pectoris stava dando l'ultimo colpo al netturbino, insensibile ormai anche al dolore, incurante delle attenzioni dei medici. Dormiva profondamente sotto l'effetto della morfina. Il medico di guardia dell'ospedale tradiva un certo imbarazzo. Un cardiologo forse avrebbe fatto meglio: ma dov'era?

    Quel pomeriggio di dicembre, strascicando i piedi, Gabriele Abruzzese salì a fatica le scale del palazzo di via Medina aiutandosi col bastone, un vecchio alpenstock adattato al selciato di Napoli. Era il suo arnese da lavoro, più un bastone da scandaglio che da passeggio.

    L'orologio delle Poste segnava le otto di un imprecisato giorno. Ma erano le tre del pomeriggio e Abruzzese entrò nella sua casa, la stanza 312 della Criminalpol. Sprofondò nella poltrona più sfiduciato che stanco. Navigava da tredici giorni in un mare di guai. In ufficio non era tornato mai prima delle cinque e il piantone se ne stupì. Ma bisognava correggere la rotta delle indagini, dare un senso alle idee, ai sospetti. Cosa che si presentava difficile dopo una notte in bianco.

    Di solito, le notti in bianco di Abruzzese capitavano quasi tutte in primavera, a causa della rinite che gli faceva colare il naso col ritorno del mandorlo in fiore. Le cose andavano un po' meglio con le prime piogge: il naso di Gabriele Abruzzese aveva la sensibilità di un barometro. L'ultima notte insonne era però da attribuire più all'eccitamento dei pensieri che a quello della sua mucosa.

    Agitandosi nel letto, Abruzzese aveva ripensato ai verbali dell'interrogatorio. Avrebbe cambiato volentieri quella veglia di rimorsi con una lunga insonnia da rinite, avrebbe rinunciato alle estati profumate, ai sempre più rari romitaggi avezzanesi, in cambio di una risposta definitiva alla sua ragione e alla sua coscienza. Perciò, quel pomeriggio Abruzzese volle rileggersi le deposizioni. Sperava di trovarci qualcosa, magari un particolare in apparenza trascurabile che gli fosse sfuggito. Innocente o colpevole, Buonaiuto era un alcolizzato: ma doveva, per questo, essere martirizzato?

    Il commissario premette il bottone sulla scrivania.

    «Il fascicolo Berchet» chiese al brigadiere Sorrentino che gli propinò un digestivo pestifero. «Quel proprietario del night, lo abbiamo convocato per le cinque?»

    «Sì, dottore, Antonio D'Agostino».

    «Conosciuto col soprannome di Antoine, il Marsigliese».

    Mancava più di un'ora. Il commissario leggeva e rifletteva. Rimeditò quello che tredici giorni prima, il 6 dicembre, era accaduto in via Caracciolo, strada che in altri tempi aveva avuto a che fare più col turismo che con la polizia. Lo distraeva ogni tanto, come una canzone stonata, il rumore del traffico, più intenso dello strepito degli ambulanti.

    Alle cinque del freddo mattino del 6 dicembre, il netturbino della Villa Comunale aveva fatto una macabra scoperta: una macchia di sangue sulla cartolina illustrata di Napoli. Abruzzese nostalgico? Quel mattino, Ciro Buonaiuto, prima di dar inizio al suo lavoro, aveva aperto l'armadio a rotelle che gli serviva da deposito di oggetti rinvenuti. Teneva il cassettone chiuso con un lucchetto in parcheggio davanti all'Aquarium. Nell'aprirlo aveva avuto un sussulto e un gemito; vedendo il camice da lavoro macchiato di sangue, era rimasto esterrefatto perché ricordava che era uscito dal bucato il giorno prima. Nonostante l'alcolismo, lo spazzino conservava una memoria di ferro. Ma il suo era stato un racconto senza testimoni. Col respiro affannoso e la vista annebbiata, aveva sollevato il camice e richiuso il lucchetto, poi aveva passato una mano sul coperchio zincato. La chiusura aveva resistito alla pioggia. Morto di paura, aveva risollevato il piatto e allungato il braccio sul fondo del cilindro, cercando la bottiglia dell'asprino. Il vino era ancora al suo posto, ma sul fondo del cassettone giaceva un intruso. Un'esalazione dolciastra di cacciagione andata a male gli aveva fatto venire il voltastomaco. Dapprima, allungando la mano tremante nel buio cilindrico, aveva pensato alla bambola abbandonata da una bambina accanto al busto di Giovanni Bovio. Poi, era rimasto pietrificato nell'individuare, col braccio mosso a tentoni, i contorni dell'involucro. Con la mano ormai inumidita, aveva tirato su una testa, una testa di donna e l’aveva fatta ricadere di colpo sul fondo con un tonfo sinistro.

    Il racconto del netturbino era risultato convincente. Anche lucido, mentre la sua mente adesso lucida non lo era più.

    Piccolo, esile e con la chioma impomatata di brillantina, Ciro Buonaiuto si radeva tutti i giorni, rispettando con religiosa cura il profilo dei piccoli baffi. Sciupafemmine in aspettativa, aveva cinquantasette anni e non li dimostrava. Da quel mattino era precipitato in un disordine buio. Dall'ospedale era stato trasferito al manicomio, dimenticato dalla moglie e dalle figlie. Quel luogo stava diventando la sua tomba.

    CAPITOLO 2

    Il Marsigliese si era presentato spontaneamente all’obitorio per identificare quel busto sanguinante. Da due giorni Antoine non aveva più visto né sentito Joséphine Berchet, che faceva l'entraîneuse nel suo locale e aveva capelli color platino. All’obitorio, Antoine non aveva avuto dubbi; i contorni appena femminili di quel volto scavato e così lontano dalle sembianze della faccia di una bella ragazza di ventotto anni, l'avevano convinto che una parte del corpo di Joséphine era lì, davanti a lui, in una cella frigorifera di via Capozzi, la numero 4 (la sala autoptica era in attesa del trasferimento nella sede del cimitero di Poggioreale).

    «Accomodatevi» lo invitò il commissario.

    Antoine si era presentato in anticipo sull'ora del tè e delle corride.

    «Immaginate perché vi ho convocato?» parlava sottovoce. «Un uomo gravemente ammalato è piantonato nel letto di un orribile ospedale. Anche per colpa mia, è ritenuto un assassino. Se sfugge alla morte e all'ergastolo, può sperare nel manicomio. Ed è innocente. Darei le dimissioni pur di rivedere libero e guarito quel disgraziato».

    Il sigaro gli si era spento, ma Abruzzese non Io mollava.

    «E allora?» domandò con sorpresa Antoine.

    «La moglie e le figlie non gli vogliono bene, lo odiano. A loro fa comodo ritenerlo un assassino. Ma non lo è».

    «E allora?» tornò a chiedere Antoine. «Io neppure lo conosco, questo spazzino. Non ho tempo di preoccuparmi degli altri».

    «Dunque, andaste all'obitorio solo perché la ballerina era scomparsa da tre giorni?»

    Il Marsigliese, dopo un attimo di riflessione, rispose:

    «Tutti quelli che vanno all'obitorio, intendo da vivi, sono sempre spinti da qualche presentimento. Per spirito di collaborazione con la polizia finiscono col mettersi nei guai». Abruzzese lo guardò negli occhi.

    «Credo di aver già fatto tutto il mio dovere di cittadino e di contribuente» concluse il Marsigliese.

    «Di cittadino forse, di contribuente non so. Potrei mettervi nei guai per quel carico di sigarette scaricate giovedì notte dalla nave turca» bluffò il commissario, senza prove. «Ma potete aiutarmi a dimenticare. Sono un buon cristiano e da piccolo mi hanno insegnato a perdonare: però, avevo uno zio che mi diceva sempre che il miglior perdono è la vendetta».

    Antoine ebbe un accesso di tosse secca. Poi, rifattosi calmo, sillabò:

    «Lasciamo perdere le vendette. Sono a vostra disposizione».

    Aveva finalmente capito, o si muoveva ancora a tentoni?

    «Joséphine era una vostra dipendente?» iniziò a interrogare Abruzzese.

    «Sì e no».

    «Sì o no?»

    «Lavorava a cottimo. Più faceva bere e più incassava soldi...».

    «Intascava» precisò Abruzzese. «Aveva una percentuale sulle bottiglie?».

    «Mettiamola così».

    «Un brutto mestiere» sentenziò il commissario, arricciando il naso in segno di riprovazione. «Un'entraîneuse comincia con l'ulcera, fa carriera nella prostituzione, passa alla droga e finisce in galera e all'obitorio».

    «Forse. Però guadagnava molto» suggerì l'impresario del vizio, mentre cercava un posacenere. «Automobili di lusso, pellicce. Che poteva chiedere di più una donna francese venuta qua per far quattrini? Napoli a lei ha offerto il meglio».

    «Volete sfottere?» lo redarguì il commissario.

    Gli occhi di Antoine divennero sospettosi. L'impresario abbozzò un sorrisetto confidenziale e dalla bocca pastosa proclamò:

    «Marsiglia non è la città ideale per una ragazza di classe. Dicono che Napoli le somigli, e per certi aspetti è vero, ma qui è ancora possibile lavorare in un locale decente non frequentato da marinai americani e puttane».

    «State facendo pubblicità al vostro night, ho capito».

    Abruzzese stava adescando il topo che squittì:

    «Voi, commissario, siete un uomo di mondo, conoscete il vostro mestiere. Però, dovreste andare più spesso in ricognizione nella Napoli by night» e Antoine si accese un'altra sigaretta.

    «Una di queste sere, farò il giro con voi» reagì brusco il commissario, «cominceremo da via Marittima, con le sue macerie abitate e i suoi bordelli camuffati. E il vostro locale? Sono sicuro che ci troverò clienti raffinati ma corrotti».

    «La corruzione è loro, la raffinatezza è mia» si inorgoglì il Marsigliese.

    «Andremo anche in via Medina: anche lì bordelli mascherati da locali notturni, e insegne indecifrabili ma molto luminose. E in via Nazario Sauro? Turismo selezionato, a giudicare dall'apparenza. Ma è lì che nasce il crimine: nello sperpero dei piaceri».

    Antoine schiacciò la cicca buttata per terra con la punta della scarpa ed ebbe un altro accesso di tosse. «Dovreste chiamarvi Savonarola, commissario, non Gabriele Abruzzese».

    «Voi» lo gelò il poliziotto, «perché vi chiamano Antoine il Marsigliese?»

    «Ho vissuto sette anni in Francia dove ho imparato il mestiere di condurre un locale notturno».

    «Non vi siete ancora fatto fottere con le mani nella droga. Ma prima o poi…» Abruzzese lo fissò.

    «Antonio D’Agostino non traffica questa robaccia che rimbambisce i giovani» inspirò profondamente.

    «E non sapete niente della mala marsigliese? Sapete solo della nostra camorra di periferia?».

    «Io mi faccio gli affari miei e basta».

    «Allora vi informo io» scattò brusco il commissario. «Una volta l'oppio arrivava a Marsiglia dal Medio Oriente e dall'Africa e lì veniva trasformato in eroina dai chimici di origine corsa. Ma la Sureté ha fatto un buon lavoro: ha rotto il culo ai riciclatori marsigliesi distruggendo le raffinerie. Così ora gli industriali della droga sono venuti a rompere i coglioni a noi poveri pazzarielli. Napoli è diventato un importante centro di consumo e di smistamento per l’Europa».

    «Un bel racconto. Cinematografico» commentò Antoine malizioso, accostandosi alla scrivania. «Sono tutto orecchi».

    «Saprete pure che la mala marsigliese, grazie ai chimici di provenienza corsa, raffina eroina purissima dalla morfina».

    «L’ho sentito dire e allora?» socchiuse gli occhi e ispirò l’aria viziata della stanza.

    «Droga uguale vizio, vizio uguale omicidio. Una ragazza è stata assassinata. Dobbiamo scoprire chi l'ha uccisa e perché».

    «Parole sante, dottó. Gradite una sigaretta?»

    «No, non distraetemi. Da diversi anni, pilotata da francesi, prospera anche a Napoli la tratta delle bianche. Ma non abbiamo prove d'accusa. La prima potrebbe fornircela chi si nasconde dietro il delitto Berchet».

    Antoine prese le distanze come scottato.

    «Non capisco» protestò. «Vorreste fare di me un confidente?».

    «Voi siete un cittadino esemplare e io voglio aiutarvi col fisco».

    «Ho già fatto la mia parte. Ho riconosciuto il cadavere. Il resto è affar vostro» dichiarò Antoine, prendendo le distanze.

    Il nervosismo di Antoine eccitò Abruzzese, che si mise a battere la mano sul tavolo e a sorridere.

    Entrò il ragazzo con le sfogliatelle. Il commissario ne afferrò una frolla e la ruminò al rallentatore. Con gusto. Si rimise a parlare masticando.

    «Caro Antoine» disse Abruzzese sorridendo. «Non potete negarmi la collaborazione che vi ho chiesta. Non vorrei essere costretto a sospettarvi di omicidio».

    E, senza fare altre

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