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Non voltarti con rabbia
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Non voltarti con rabbia
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Non voltarti con rabbia

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Edoardo è un ragazzo di 25 anni che viene invitato al matrimonio di una sua lontana cugina, sua coetanea. L’occasione lo porta a ragionare sull’amore e sulla pretesa che possa durare per sempre. In un misto di diffidenza e desiderio, decide di compiere anche lui il grande passo chiedendo la mano della sua ragazza, Beatrice. Ma l’impegno viene preso con superficialità: Edoardo è infatti ossessionato da un’altra donna, Caterina. Il suo primo amore, risalente ai tempi del liceo. Un amore intenso e, come la regola impone, non corrisposto. Edoardo sogna Caterina tutte le notti, pur non vedendola da molti anni. In una delle tante notti prive di sonno e colme di alcol, Edoardo si aggira da solo per le strade di una Roma notturna sulla quale sta per sorgere l’alba. L’unica compagnia è una voce ricorrente e incessante che gli parla nella testa e che gli ricorda di continuo tutta la rabbia devastante che solo un enorme rimpianto sa creare. Edoardo sente questa voce da quando ha compiuto diciott’anni. Da quando ha scoperto l’amore per Caterina.
LanguageItaliano
PublisherAbel Books
Release dateJan 22, 2017
ISBN9788867521562
Non voltarti con rabbia

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    Non voltarti con rabbia - Alessandro Logli

    Alessandro Logli

    Non voltarti con rabbia

    AbelBooks

    Ma io non ci sto più e i pazzi siete voi!

    Tutti pensarono dietro ai cappelli:

    Lo sposo è impazzito, oppure ha bevuto.

    Ma la sposa aspetta un figlio, e lui lo sa,

    non è così che se ne andrà.

    Francesco De Gregori – Alice

    Il sole di questo giorno benedetto da Dio splende fra i monti. Scalo il sentiero di ghiaia, con ai piedi scarpe di camoscio che mi lacerano i mignoli. Sembro una giraffa sui trampoli. Gli invitati si scambiano cortesie davanti alla chiesa. Una chiesetta intima, un po’ sperduta nel varesino, però il paesaggio dice la sua: si vedono i boschi e le montagne. È il posto giusto da cui gridare al mondo un amore, con l’eco pronto a ribadire il concetto.

    Fumo. Sono le dieci di mattina e io ho già voglia di ubriacarmi. Di commentare ad alta voce la cerimonia – col mio vocione che rimbomba nella navata – e di importunare le damigelle durante il banchetto. Rovinerei la festa a tutti.

    Entro a funzione già iniziata, mi faccio il segno della croce. Il sacerdote pronuncia la benedizione e ci tiene a precisare che qua, ragazzi, parliamo di un impegno che dura tutta la vita. Non fischiettate, non dite poi di non aver capito.

    Siete disposti, seguendo la via del Matrimonio, ad amarvi e a onorarvi l’un l’altro per tutta la vita?

    Sentito? Tutta–la–vita.

    Intorno a me una distesa di facce sorridenti; dalle bocche dei presenti sgorga un coro che si alza verso il soffitto e arriva più in là, fino al cielo: alleluia, alleluia. Però mi piace di più la versione che si sente nei film americani, sapete, quella che dice: Prometto di onorarti e rispettarti finché morte non ci separi. Alla fine, che altro si può promettere?

    La mia ragazza, Bea, dice che staremo insieme per sempre e questa formula mi spaventa. Mi rende inquieto.

    Domani potrei andare dal medico, entrerei dalla porta e mi farebbe sedere, poi lo noterei. Lo vedrei muovere la testa in quel modo, impercettibile e orizzontale, mentre si tocca gli occhiali e legge i risultati delle mie analisi. Oppure, sempre domani, potrei partire, e il treno su cui viaggio potrebbe deragliare. Per una volta non in senso metaforico. Uno stupido incidente domestico, un attentato dell’ISIS… semplici eventi per i quali, senza colpe, mancherei alla mia promessa. E io non voglio promettere se non so di mantenere.

    Non siamo in grado di vivere per sempre. Non vedo perché debba farlo un sentimento, se non sappiamo dare il buon esempio.

    Sto in disparte, tra il confessionale e la conca dell’acqua santa. Cerco gli occhi della sposa, provo a estrarne della felicità. È una mia lontana cugina, non l’ho mai conosciuta davvero, però vorrei che la gente fosse felice. Soprattutto quando si sposa.

    Al ristorante mi schiaffano al tavolo con i giovani. Ma dico, scherzate? Io, giovane?

    Durante il pranzo ho capito che fingere di ascoltare gli altri non è una gran fatica: basta allenarsi. Rumore di posate che scontrano bicchieri e i parenti più stretti si alzano in piedi per brindare.

    "Piccola mia, mi mancherai tanto,

    ricorda che della mamma sei il vanto.

    Ti saluto con un inchino

    e ora aspetto un nipotino!"

    Applausi. Attraverso l’entusiasmo generale e sono in bagno. L’acqua scorre e io me la getto in faccia a più riprese.

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