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La ragazza delle bugie
La ragazza delle bugie
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La ragazza delle bugie

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About this ebook

Andrea Thompson è intelligente, determinata e bella. Ed è anche disperatamente sola. Cresciuta in Europa dalla nonna, lotta con la consapevolezza che i suoi genitori non la volevano. E non sa il perché.

Quando Andrea riceve una telefonata urgente dalla sua sorella maggiore Carrie, accetta di tornare negli Stati Uniti per aiutare la figlia appena nata di Carrie, Rachel, che ha bisogno di un trapianto di midollo osseo.

Quello che Andrea non sa è che il suo ritorno negli Stati Uniti darà il via a una catena di eventi che porterà alla luce segreti sepolti per decenni. Segreti che scuoteranno la famiglia Thompson e che scateneranno una tempesta politica.

Segreti per cui qualcuno sarà disposto a uccidere.

Il Pericolo di Rachel è la seconda trilogia della serie incentrata sulle Sorelle Thompson ed è intesa come una trama continua, dunque non possono essere letti in ordine casuale (al contrario della prima trilogia.)

Le Sorelle Thompson in ordine cronologico:

Le Sorelle Thompson:
* A Song for Julia - 2002 
* Just Remember to Breathe - 2012 
* The Last Hour - 2013 
Le Sorelle Thompson - Il pericolo di Rachel
* Girl of Lies - 2014 
* Girl of Rage - 2014 
* Girl of Vengeance - 2014
Romanzi Indipendenti
* Falling Stars - 2003 
* A View From Forever - 2007 

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateFeb 13, 2017
ISBN9781507173350
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    Book preview

    La ragazza delle bugie - Charles Sheehan-Miles

    cover-interior

    Charles Sheehan-Miles

    Traduzione di Antonia Mariani

    Autore Charles Sheehan-Miles

    Copyright © 2017 Charles Sheehan-Miles

    Tutti i diritti riservati

    Distribuito da Babelcube, Inc.

    www.babelcube.com

    Traduzione di Antonia Mariani

    Babelcube Books e Babelcube sono marchi registrati Babelcube Inc.

    Ringraziamenti

    Libri di Charles Sheehan-Miles

    Prologo – Andrea Thompson

    Capitolo Uno. Petto villoso

    Capitolo Due. Allarme minore scomparsa

    Capitolo Tre. Orso

    Capitolo Quattro. Parlane con il tuo analista

    Capitolo Cinque. Casa è Calella

    Capitolo Sei. Classificata

    Capitolo Sette. Giochiamo pulito

    Capitolo Otto. Quello che ti rende

    Capitolo Nove. Cambio di programma

    Capitolo Dieci

    Capitolo Undici

    Capitolo Dodici

    Capitolo Tredici

    Capitolo Quattordici

    Capitolo Quindici

    Capitolo Sedici

    Capitolo Diciassette

    Capitolo Diciotto

    Capitolo Diciannove

    Capitolo Venti

    Capitolo Ventuno

    Capitolo Ventidue

    Capitolo Ventitré

    Capitolo Ventiquattro

    Per Andrea

    Ringraziamenti

    Grazie ad Andrea. Per il tuo cuore, il tuo coraggio, il tuo amore.

    Lori Sabin, sei stata un'editrice meravigliosa per la maggior parte dei libri sulle sorelle Thompson e per Nocturne. Grazie.

    Grazie alla mia fantastica squadra di lettori beta: Brett Lewis, Jackie Yeadon, Tanya Spence Hall, Kristen Teaff, Emma Corcoran, Kathy Harshaw Baker, Wendy Neuman Wilken, Dimitra Fleissner, Laura Wilson, Bryan James, Michelle Kannan, Sarah Griffin, Amy Burt, Jennifer Mirabelli, Stacy McDowell Grice, Kirsten Papi, Beth Suit, Rita Jenkins Post, Kelly Moorhouse, Kirsty Lander and Sally Bouley.

    Grazie a Ashley Wilcox e all'ACS Tours per aver organizzato il blog tour. Jillian Dodd, Tiffany King, Tara Sivec, Michelle Pace, Les Pace, Maggi Myers, Jenn Sterling, Melissa Perea, Michelle Warren and Priscilla Glenn sono parte della mia rete professionale di autori: tutti mi hanno dato suggerimenti e consigli sulla copertina, sul trafiletto e tanto altro. Grazie.

    Libri di Charles Sheehan-Miles

    Le sorelle Thompson

    A Song for Julia (trad. ita. Una canzone per Julia)

    Just Remember to Breathe (trad. ita. Ricorda solo di respirare)

    The Last Hour (trad. ita. L'ultima ora)

    Le sorelle Thompson / I pericoli di Rachel

    Girl of Lies (trad. ita. La ragazza delle bugie)

    Girl of Rage

    Girl of Vengeance

    Novelle sulle sorelle Thompson

    Falling Stars: A Thompson Sisters Novella

    A View From Forever

    Narrativa

    Nocturne (con Andrea Randall)

    Republic: A Novel of America's Future

    Insurgent: Book 2 of America's Future

    Prayer at Rumayla: A Novel of the Gulf War

    Saggistica

    Saving the World On $30 A Day: An Activists Guide to Starting, Organizing and Running a Non-Profit Organization

    Prologo – Andrea Thompson

    Andrea Thompson rabbrividì mentre le mani di Javier le scivolavano piano sulla schiena, sotto la maglietta, in un crescendo di sensazioni e sospiri. Sussultò quando le sue labbra morbide le sfiorarono il collo, in netto contrasto con l'ispidezza della sua barba incolta.

    "Te quiero, disse lui mentre lei inarcava la schiena, spingendo il seno contro il suo petto. Ti voglio."

    No, rispose lei. "Abuelita mi aspetta a casa."

    Lui sospirò, alzando la testa. Aveva gli occhi scuri, scurissimi, abili nell'imprigionare. Sai che sei l'unica che voglio. Sempre.

    Lei gli leccò l'orecchio, lasciando che i suoi sensi venissero gratificati dall'inebriante profumo della sua acqua di colonia. "Dici così perché sono in auto con te e la tua verga è dura. Tu vuoi ogni donna che vedi, Javier. Portami a casa."

    Lui sorrise, incurvando le labbra un po' più sulla destra, poi disse: Sì, Andrea.

    Un secondo dopo, lei avvertì nella tasca la vibrazione del suo cellulare, seguita subito dalla suoneria che aveva scelto per le sue sorelle.

    Lui sospirò e si allontanò, mentre il sorriso diveniva amaro. Lei ricambiò, infilando la mano in tasca. Tirò fuori il telefono proprio mentre Javier metteva in moto l'auto. Mierda! Era arrivata tardi.

    Quale sorella è?

    Carrie, rispose mentre sbloccava il telefono. Vive a Washington.

    Mentre componeva il numero, Andrea si chiese che ora fosse in America. Erano quasi le ventidue a Calella, quindi a Washington dovevano essere all'incirca le quattro del pomeriggio. Non si aspettava di sentire Carrie. A dire il vero, non si aspettava di sentire nessuna delle sue sorelle. Julia, la maggiore, era l'unica che la chiamava regolarmente.

    Pronto? La voce di Carrie era stanca, quasi ansimante.

    Carrie? Sono Andrea.

    Andrea! Grazie per aver richiamato così velocemente! Non mi è comparso il tuo numero sullo schermo.

    Andrea alzò le spalle. Le chiamate internazionali erano particolari. Come stai? Come sta la bambina?

    Silenzio. Solo silenzio. Lungo abbastanza da diventare preoccupante. Andrea raddrizzò la schiena e corrugò la fronte. Carrie? Che sta succedendo? Come sta la bambina?

    Nel sentire il pianto sommesso di Carrie, Andrea avvertì un brivido attraversarle la spina dorsale. Carrie, la colonna portante della sua famiglia. Carrie, che si era sempre presa cura di tutte loro. Carrie, che aveva tragicamente perso il marito meno di un anno prima.

    Andrea...ho bisogno d'aiuto, Rachel ha bisogno di aiuto.

    Qualsiasi cosa, rispose Andrea senza riflettere.

    Puoi venire? A Washington?

    Andrea deglutì. Ho la scuola...

    Andrea, Rachel è molto malata...ha bisogno di un trapianto di midollo osseo. E io non sono abbastanza compatibile. Vorrei solo...ecco...saresti disposta a fare il test? Per favore?

    Piccola Rachel. Andrea aveva visto le sue foto. Una bimba piccolina e bellissima. La figlia di Carrie e Ray, che non avrebbe mai conosciuto suo padre.

    Carrie non poteva reggere altro dolore.

    Certo. Arrivo.

    Andrea sentì Carrie piangere di nuovo. Alzò lo sguardo e incrociò gli occhi di Javier. Lui sollevò le sopracciglia, e lesse il labiale di lei: llévame a casa. Portami a casa.

    Javier annuì e girò a destra, su uno stretto vicolo di Calella. "Sto andando a casa, Carrie. Parlo con Abuelita e prendo il primo volo, ok? Te lo prometto." Mentre parlava, non poté fare a meno di pensare a quanti drammi sua sorella avesse dovuto subire otto mesi prima. Suo marito Ray era in ospedale, insieme a Sarah, loro sorella, entrambi gravemente feriti in un incidente d'auto che poi si è rivelato essere intenzionale.

    Omicidio. Di questo si era trattato. Ray, il cognato che conosceva a malapena, era stato brutalmente assassinato. E ora sua figlia era malata.

    Andrea sospirò. Si sarebbe inventata qualcosa per la scuola. In quel momento aveva solo bisogno di organizzarsi per tornare negli Stati Uniti.

    Javier voltò sulla Carrer Diputatio, una stretta strada a doppio senso vicino alla spiaggia. Abuelita, sua nonna, viveva lì, in un appartamento al terzo piano sul bar don Panini. Javier accostò davanti all'entrata, mentre folle di clienti si riversavano sul marciapiede. Dall'Isard, la pizzeria all'angolo, proveniva musica ad altissimo volume. Un'auto si fermò dietro a quella di Javier e iniziò a suonare freneticamente il clacson. In pochi secondi si creò un ingorgo.

    Vai via?, chiese lui.

    Lei sospirò, poi annuì. Devo andare negli Stati Uniti.

    Sarai prudente?

    Che strana domanda, pensò Andrea. Era ovvio che sarebbe stata prudente. Tornerò presto. Mia nipote ha bisogno di un trapianto di midollo. Probabilmente non sono neanche compatibile, ma devo andare da mia sorella.

    L'auto dietro di loro suonò il clacson di nuovo. La strada era troppo stretta per permettere sorpassi.

    Devo andare, disse lei.

    "Te amo", sussurrò Javier.

    Andrea rabbrividì, nonostante sapesse che non era vero. Perché...e se invece fosse sincero? Si avvicinò e lo baciò.

    "Despedida", disse lei. Addio. Poi scivolò fuori dall'auto, chiudendosi lo sportello alle spalle.

    L'autista dietro Javier ormai non staccava più la mano dal clacson. Andrea gli lanciò uno sguardo sprezzante e alzò il dito medio della mano sinistra, poi entrò nel palazzo.

    Capitolo Uno. Petto villoso

    1. Andrea

    Washington è la tua destinazione finale?, chiese l'uomo. Indossava un completo nero e una camicia bianca dal colletto aperto. Carnagione olivastra, petto villoso. Andrea pensò che fosse arabo, probabilmente egiziano o saudita. I suoi occhi danzarono un po' dal suo volto alla curva del suo seno. Parlava con tono di voce troppo alto, più alto persino del rumore dei motori. Un maniaco, forse. Indossava talmente tanto profumo al muschio bianco da risultare nauseante.

    Lei cambiò posizione, sperando che non facesse troppe domande. Non avrebbe gradito un volo di otto ore accanto a un estraneo invadente.

    , rispose.

    Lavoro? Vacanze?

    Motivi personali, disse Andrea, guardandolo dritto negli occhi. Non lavoro, ho sedici anni. Mio padre è un diplomatico americano, e sto tornando a casa.

    Il viscido deglutì. Io vado lì per lavoro, rispose. Poi le guardò le gambe.

    Dannazione. Il viaggio era stato organizzato da sua sorella Julia. Volava in prima classe, e per quanto riuscisse a vedere non c'erano altri posti liberi. Non voleva restare accanto a quell'uomo che la osservava, ma non aveva neanche voglia di viaggiare in seconda classe, stipata come una pendolare nella metropolitana di Tokyo.

    Estrasse dalla borsa un manuale tascabile di escursionismo in Italia. Era il progetto che aveva in mente di realizzare durante l'estate successiva. In più, il libro l'avrebbe difesa da un interlocutore decisamente indiscreto. Quando l'aereo decollò, Andrea tirò fuori il portatile. Voleva fare una ricerca sulla beta talassemia major, una rara malattia ereditaria in grado di causare grave anemia. Ritardo nella crescita. Malformazione ossea. Morte prematura.

    Rachel ne era affetta.

    Com'era possibile?

    Non conosceva nessuno in famiglia che avesse la talassemia. Quel poco che aveva avuto modo di leggere mentre aspettava il taxi non l'aveva rassicurata. La prognosi era infausta, a meno che non si fosse trovato un donatore perfettamente compatibile.

    Provò ad allontanare il pensiero della salute di sua nipote e a riportare l'attenzione sul libro. Il maniaco manteneva le distanze, se la vedeva leggere. O fingeva di farlo. Non riusciva a concentrarsi sulle posizioni degli ostelli della gioventù in Italia, e in realtà non desiderava altro che abbassare il sedile e riposare. Aveva fatto appena in tempo a prendere l'ultimo volo da Barcelona, e sarebbe arrivata a Baltimora a mezzanotte. Troppo tardi per fare qualsiasi cosa. Ma se fosse riuscita a dormire un po' in quel momento non avrebbe avuto problemi a restare sveglia durante il resto del viaggio. O almeno ci avrebbe provato. Il jetlag era un inferno.

    In ogni caso, nel giro di mezz'ora l'aereo era in volo, le cinture di sicurezza erano allacciate e lei aveva una tazza di tè in mano, il computer acceso e gli auricolari nelle orecchie.

    Aprì Wikipedia e cercò informazioni sulle malattie genetiche del sangue. Trovò interessante scoprire che la Regina Vittoria d'Inghilterra fosse portatrice sana dell'emofilia, malattia che trasmise ai suoi figli e che colpì anche diversi membri delle case reali in Russia, Spagna e Germania. La Royal Disease, la chiamavano. La talassemia invece era stata principalmente riscontrata in persone di origine mediterranea o asiatica, tratto che le sorelle avevano ereditato dalla madre, Adelina. E nonostante non avesse gli stessi rischi immediati dell'emofilia, le conseguenze a lungo termine erano ugualmente gravi.

    Andrea interruppe la musica e cambiò posizione.

    Scusami?

    Sobbalzò sul sedile, alzando lo sguardo dal computer. Era il suo vicino di prima classe, signor Petto Villoso.

    Sì?

    Non ho potuto fare a meno di notare che leggevi informazioni mediche. Studii medicina?

    Era...insolito. Perché gli interessava saperlo? Gli aveva già detto di avere solo sedici anni. Non voleva essere maleducata, ma qualcosa in lui la inquietava. No, rispose. Sono al liceo. Sto leggendo...mia nipote ha una malattia genetica del sangue. Sto andando a Washington per aiutare mia sorella.

    Ah, disse lui. Capisco. Chiedevo solo perché mi stuzzica l'idea di studiare medicina.

    Andrea inspirò. Quell'uomo la irritava. Ma Abuelita le aveva insegnato a essere cortese con tutti.

    Sei uno studente?, domandò lei.

    "Sì. Universidad Autónoma de Madrid."

    E studi...? Una delle molte università che la affascinavano era proprio quella della capitale spagnola.

    I suoi denti brillarono in un ampio sorriso. Ingegneria meccanica. Sono al terzo anno.

    Lei deglutì, avvertendo uno strano senso di oppressione nel petto. Bello. Scusami un attimo.

    Fece scivolare il suo computer nella tasca di pelle del sedile, richiuse il tavolino e si alzò. Con la tachicardia si diresse verso il bagno, nella parte anteriore della cabina. Poi entrò e si chiuse la porta alle spalle.

    C'era qualcosa che non andava. Aveva trascorso due giorni nell'università di Madrid per conoscerne l'offerta formativa, e aveva visitato le facoltà di Scienze e Ingegneria. Lui aveva molto più di vent'anni. E quell'ateneo non prevedeva una specializzazione in Ingegneria meccanica. Quindi Petto Villoso stava mentendo.

    Perché?

    2. George-Phillip

    Signore? Ha un attimo, per favore?

    George-Phillip alzò lo sguardo dalla scrivania e sollevò le sopracciglia. C'erano solo due persone nei servizi d'Intelligence, quattro nell'intero Paese, autorizzate a entrare in quell'ufficio squisitamente arredato e a disturbarlo senza un appuntamento. In quanto capo dell'Intelligence, controllava i servizi segreti stranieri del governo britannico. Migliaia e migliaia di persone e miliardi di sterline dedicati al monitoraggio dei nemici della Regina. E degli amici, naturalmente.

    George-Phillip, formalmente conosciuto come Principe George-Phillip, Duca di Kent, era nei servizi segreti dal 1986. Al contrario di suo padre, che si era accontentato di sperperare il patrimonio di famiglia in automobili, feste alcoliche e donne inadeguate, George-Phillip aveva deciso che avrebbe dedicato la sua vita al servizio del suo Paese. E lo aveva fatto, per più di trent'anni. Si potrebbe dire che ricoprisse quel ruolo a dispetto delle sue radici: i membri della famiglia reale, anche quelli da così tanto tempo deposti dal trono da non apparire più come tali, semplicemente non raggiungevano posizioni elevate nel pubblico impiego.

    La carriera di George-Phillip, tuttavia, era stata abbastanza singolare. Iniziando con una breve esperienza come assistente dell'ambasciatore a Washington, aveva poi frequentato la Sandhurst e, infine, aveva guadagnato l'accesso nei servizi segreti. Il suo lavoro lo aveva portato in posti diversi: dall'Afghanistan alla Cina, da Istanbul a Parigi, fino ad arrivare lì, al centro nevralgico del mondo dell'Intelligence.

    Il ruolo di George-Phillip in quell'universo era ben conosciuto al pubblico. D'altra parte, era spesso apparso durante le deposizioni al Parlamento o nei convegni. La sua altezza inusuale e le sue sopracciglia folte ed espressive lo rendevano chiaramente riconoscibile dalla gente. George-Phillip aveva infatti sopracciglia indisciplinate, fuori controllo, che spesso esprimevano il loro personale soliloquio a prescindere da ciò che lui stesso voleva dire. Erano le sue sopracciglia ad aver conservato l'onestà di George-Phillip. Erano le sue sopracciglia (o, come il Times amava definirle, il suo monociglio) che tanto divertiva i media.

    Il capo dei servizi segreti solleva un sopracciglio contro le irregolarità, diceva il titolo di un articolo in prima pagina sul Mirror. Due anni dopo, lui era ancora convinto che l'immagine fosse stata modificata con Photoshop.

    George-Phillip prendeva sempre quel tipo di cose con tranquillità. Il suo lavoro non richiedeva che venisse riconosciuto dal pubblico britannico, né che avesse una reputazione da star del cinema. Esigeva solo credibilità, e George-Phillip ne aveva da vendere. Difatti la sua credibilità lo aveva portato infallibilmente prima al lavoro di ambasciatore alle Nazioni Unite, poi a capo dei servizi segreti.

    Alla porta era Oswald O'Leary. O'Leary era l'assistente più improbabile che ci si potrebbe aspettare per il capo dell'Intelligence. Innanzitutto, era irlandese. Basso, occhi tondi, naso schiacciato e guance pendenti come quelle di un carlino, O'Leary sembrava sempre voler afferrare la persona più vicina e scuoterla.

    Era anche brillante e incredibilmente leale, dunque a lui erano destinati alcuni degli incarichi più insoliti che George-Phillip potesse assegnare.

    Signore, ho novità sul caso Wakhan.

    George-Phillip sussultò interiormente. Poi fece cenno a O'Leary di avvicinarsi.

    Di cosa si tratta?

    O'Leary poggiò il fascicolo sulla sua scrivania e George-Phillip l'aprì, poi spalancò gli occhi.

    Andrea Thompson, disse O'Leary. É la figlia minore dell'ambasciatore Thompson.

    Non c'erano dubbi su chi lei fosse. Assomigliava moltissimo a Carrie Thompson, sua sorella maggiore. Capelli scuri, occhi verde acqua, pelle chiara, altezza notevole.

    Perché non l'ho mai vista prima?

    O'Leary si avvicinò. Sembra che viva in Spagna con la suocera dell'ambasciatore Thompson e che abbia sporadici contatti con la sua famiglia. Si è recata per breve tempo negli Stati Uniti l'estate scorsa, durante la corte marziale su Dega Payan. Poi è tornata a casa.

    Quindi cosa la porta in America, oggi?

    Pare che debba eseguire un test per verificare la compatibilità come donatrice.

    George-Phillip si coprì le labbra con una mano. Chiuse gli occhi e restò seduto, immobile, per alcuni secondi. Poi li riaprì e guardò O'Leary. É indispensabile che io resti informato, O'Leary. É una questione di massima sicurezza nazionale. Chiaro?

    O'Leary lanciò a George-Phillip uno sguardo cupo. Chiaro, signore.

    3. Andrea

    Come sempre, l'Aeroporto Internazionale di Baltimora-Washington era un caotico affollamento di persone. Andrea si faceva largo tra la gente, sollevata al pensiero di aver lasciato Petto Villoso alla dogana. Il passaporto americano l'aveva portata in una fila diversa, e lei non aspettava altro che liberarsi di quell'uomo. Mentre camminava verso il piazzale del trasporto via terra, si guardava attorno con la coda dell'occhio, sperando di non vederlo tornare.

    C'era puzza di olio lubrificante e di sudore, e ogni paio di minuti dagli altoparlanti esplodevano voci meccaniche che annunciavano partenze e ritardi in molteplici lingue. Riuscì finalmente a trovare il nastro bagagli. Nei suoi ultimi due viaggi a Washington era atterrata al Dulles, quindi la mancanza di dimestichezza con quell'aeroporto rendeva tutto un po' più complicato. Inoltre non le funzionava il cellulare. Provava ad accenderlo ma lo schermo restava nero. Recuperò il bagaglio e pensò che avrebbe dovuto trovare una cabina telefonica. Sempre se esistesse ancora.

    Con grande sollievo notò accanto all'uscita un uomo che stringeva tra le mani un iPad sul cui schermo brillava in lettere bianche il nome 'Andrea Thompson'.

    Ciao!, gridò salutandolo. Era un uomo di circa trentacinque anni, alto, con i capelli corti biondi e gli occhi azzurri. Non sembrava un autista...dava più l'impressione di essere una guardia del corpo. D'altronde c'erano alte probabilità che lo fosse, visto che era stato mandato da Julia.

    Sono Andrea, disse lei.

    Lui spalancò un sorriso bianchissimo. Felice di conoscerla, signorina Thompson. Sono Dan. Prego, da questa parte...ha altri bagagli? Solo questo?

    Allungò una mano e prese la valigia. Lei si voltò per seguirlo, poi disse: Aspetta..., e s'incamminò lentamente verso il chiosco di giornali alla sua sinistra.

    La sua attenzione venne catturata dal Washington Post, in primo piano: mostrava in copertina la fotografia di suo padre. L'ambasciatore Thompson nominato Segretario della Difesa.

    Non sapeva che suo padre progettasse di tornare in attività. Segretario della Difesa?

    L'autista, Dan, si fermò e non esitò a mostrare il suo nervosismo. Andrea alzò le spalle. Non le importava. E poi perché mandare un autista a prenderla? Non era legata alla sua famiglia, ma noleggiare un autista privato sembrava davvero impersonale.

    D'altro canto, probabilmente sua madre era lì, e Adelina Thompson era la regina dell'impersonale. Andrea prese il quotidiano e allungò all'edicolante la sua carta di credito, sperando che funzionasse anche negli Stati Uniti. Trattenne il fiato per un attimo. Funzionò. Si voltò e seguì Dan verso una Lincoln Town Car nera. Lui aprì lo sportello posteriore e lei scivolò dentro. I sedili erano in pelle lucida. Grandi e comodi. Un attimo dopo, lui lanciò lo zaino nel portabagagli ed entrò in auto.

    Hai un caricabatterie? Il mio è andato.

    Dan grugnì, poi frugò nel vano portaoggetti. Ce ne ho uno, ma l'unico attacco è qui davanti.

    Potresti collegarlo, per favore?, domandò passandogli il cellulare.

    Certo.

    Qualcuno suonò il clacson dietro di loro. Dan lo guardò dallo specchietto retrovisore. Per un secondo lei scorse un'ombra di preoccupazione nei suoi occhi, ma scomparve velocemente. Poi lui distolse lo sguardo e mise in moto la macchina. L'auto era parcheggiata in un angolo nascosto, lontano dalla strada principale e circondato da taxi e autobus. Il rumore dei clacson e dei motori, unito al forte odore di benzina, copriva tutto. Andrea chiuse il finestrino, si appoggiò al sedile e disse: Quanto ci vuole da qui per arrivare a Bethesda?

    L'autista alzò le spalle. Dipende dal traffico. Accese la radio a tutto volume e iniziò a guidare. Andrea sentì la tensione annidarsi tra i muscoli del collo e dello spalle. All'uscita del parcheggio c'era Petto Villoso. Scansionava ogni macchina con gli occhi. Non aveva valigie, solo un piccolo zainetto. Strano, per un viaggio internazionale. Almeno non avrebbe dovuto più averci a che fare. Si chinò in avanti e diede un'occhiata al suo cellulare. Era ancora troppo scarico per riaccendersi.

    Dan mormorò: Può sedersi composta, per favore? Lei fece per appoggiarsi al sedile, ma lui frenò improvvisamente, accostandosi al marciapiede, proprio di fronte a Petto Villoso.

    Prima che potesse dire qualcosa, Petto Villoso aprì lo sportello e saltò sul sedile del passeggero. Ma che diavolo succede?, urlò lei avvicinandosi alla maniglia.

    Lo sportello non si aprì. Vai, vai!, gridò Petto Villoso.

    Dan, l'autista, spinse sull'acceleratore e l'auto sfrecciò rapidamente lontano dall'aeroporto.

    Capitolo Due. Allarme minore scomparsa

    1. Sarah

    Sarah Thompson appoggiò la testa sul volante nel tentativo di contenere la sua frustrazione. Il rumore delle auto e delle navette rimbombava nel parcheggio, l'aria era inquinata dai nauseanti odori della benzina e del diesel. L'sms di sua sorella Andrea era chiaro. Stava aspettando all'uscita del Terminal C. E Sarah era lì. Il poliziotto che le faceva cenno di spostarsi era lì. Ma di Andrea non c'era alcuna traccia.

    Controllò il telefono, poi inviò un altro messaggio.

    Sono qui...dove sei?

    Non ricevette risposta. E adesso?

    Sarah aveva compiuto diciotto anni solo qualche settimana prima, ed era una contraddizione vivente. Aveva i capelli lunghi fino alla nuca e con un taglio irregolare, tinti di nero e con tante e sottili ciocche bianche. I suoi occhi azzurri contornati da matita nera e mascara guizzavano nel terminal alla ricerca di sua sorella.

    Il poliziotto le fece cenno di nuovo. Iniziava a innervosirsi.

    Sarah controllò il cellulare. Ancora nessuna risposta. La batteria di Andrea era scarica? Che diavolo stava succedendo?

    Qualcuno bussò sul finestrino, e lei sobbalzò sul sedile.

    Non puoi stare qui. Il poliziotto (anzi, la guardia della Sicurezza Aeroportuale) era decisamente irritato, nonostante il suo viso tondo e arrossato sulle guance sembrasse amichevole. Poco meno di cinquant'anni, calvo, con una pancia prominente. Ma la pistola sul fianco era di tutt'altro avviso.

    Sarah abbassò il finestrino. Sto aspettando mia sorella.

    Torna indietro e aspetta nell'area di sosta fino a quando non ti chiama, rispose lui con atteggiamento agitato.

    Sarah arrossì. Mi ha già chiamata. Sono confusa, dice di essere alla prima uscita del Terminal C.

    Il poliziotto aggrottò la fronte. Quindi è qui?

    No! Non capisco, guardi, questo è il suo messaggio. Gli mostrò la schermata del messaggio di Andrea. Sono Terminal C, vicino prima uscita.

    Lui scosse la testa. Dev'essersi sbagliata. Quanti anni ha?

    Sedici, rispose Sarah.

    Il poliziotto si rabbuiò e lesse di nuovo il messaggio. E quando ti ha mandato questo messaggio?

    Boh, cinque minuti fa? Ho provato a richiamarla ma non mi risponde.

    Lui restò fermo per un attimo, come se stesse decidendo se prenderla sul serio o meno. Poi la guardò. "Ascolta, prosegui fino alla fine del Terminal, così non blocchi

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