Orchibook - 13 passi nel mondo delle orchidee
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Alla portata di tutti, vuol esser stimolo ad approfondire per i neofiti, fonte di spunti e idee per coloro i quali siano già ferrati in materia.
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Book preview
Orchibook - 13 passi nel mondo delle orchidee - Nicola Ghiano
Orchibook
13 passi nel mondo delle orchidee
di
Nicola Ghiano
Indice
INTRODUZIONE
Capitolo primo
Tassonomia e botanica
Capitolo secondo
Come scegliere una pianta
Capitolo terzo
Tipologie di coltivazione
Capitolo quarto
Bagnatura e umidità
Capitolo quinto
Temperature
Capitolo sesto
Illuminazione
Capitolo settimo
Substrati e supporti
Capitolo ottavo
Fioritura
Capitolo nono
Concimazione
Capitolo decimo
Malattie
Capitolo undicesimo
Moltiplicazione
Capitolo dodicesimo
Habitat
Capitolo tredicesimo
Orchidari
Schede colturali
RINGRAZIAMENTI
Introduzione
Una laconica introduzione per lasciar quanto prima spazio alla parte pratica del volume.
Questo libro spera di esser una piacevole novità per chi si avvicina da neofita a questo settore ed una fonte di tante nuove piccole curiosità per chi ha già accumulato esperienza nel campo.
Una via di mezzo a carattere divulgativo, senza pretese, ma con l’auspicio di aiutare a diffondere vecchie e nuove conoscenze, offrendo una prospettiva diversa per la visione di questo bellissimo angolo di natura che sono le orchidee.
Strutturato in 13 capitoli, con un linguaggio semplice ed uno stile pratico, proverà ad abbracciare tutte le più importanti tematiche utili a capire e gestire queste stupende piante.
Buona lettura…
Capitolo primo
Tassonomia e botanica
Le Orchidacee (o Orchidaceae secondo la classificazione del 1789 di Antoine-Laurent de Jussieu) sono una famiglia di piante monocotiledoni erbacee perenni, in grado di trarre nutrimento dall’acqua presente nell’ambiente circostante e dalla decomposizione di organismi, i cui fiori vengono tradizionalmente chiamati orchidee.
Comprende quasi 28.000 specie accertate (suddivise in oltre 880 generi), aggiornate continuamente così come tutta la tassonomia mondiale: tale numero supera di ben 4 volte il numero di tutte le specie di mammiferi attualmente classificate; il genere Bulbophyllum ne è attualmente il maggior rappresentante, raggruppando oltre 2.000 specie.
Sono estremamente cosmopolite e, benché la maggior parte delle specie siano individuabili in zone tropicali e sub-tropicali, il loro areale spazia da territori del circolo polare artico sino a zone prossime all’Antartide, in ognuno dei 5 continenti; in Italia sono stati attualmente accertati 29 generi, con quasi 200 specie e sottospecie.
Per praticità, inizieremo a definirle genericamente orchidee, in modo da renderne più familiare e agevole la consultazione.
Le orchidee presentano essenzialmente due tipologie di crescita, dividendosi in epifite e terricole: le epifite si sviluppano in genere su tronchi, rami e rocce (litofite), mentre le terricole si sviluppano saldamente a terra o su cumuli di materiale in decomposizione. Le orchidee terrestri possono poi essere rizomatose o formare bulbi o tuberi.
Tutte le specie seguono due modelli strutturali di sviluppo specifici:
Monopodiale:
― Lo stelo cresce da un unico centro e le foglie si sviluppano, a partire dall’apice, ogni anno, con il conseguente allungamento dello stesso stelo, raggiungendo anche una lunghezza di alcuni metri: Phalaenopsis, Vaniglia e Vanda sono tra i più noti e classici esempi di sviluppo monopodiale.
(Il più conosciuto esempio di orchidea a sviluppo monopodiale:
la Phalaenopsis – Foto: Nicola Ghiano)
Simpodiale:
― queste orchidee presentano una crescita laterale
anziché apicale, generando nuovi getti dalle zone oramai vecchie o comunque mature degli anni precedenti;
― possono avere un solo punto o più punti di propagazione, a seconda della specie e del numero di getti presenti. Caratterizzate da tale sviluppo sono tutte le orchidee che presentano pseudobulbi: tali strutture svolgono la funzione di organi di riserva che aiutano la pianta a sopravvivere in condizioni avverse. Possono avere le forme e gli sviluppi più diversi, dando vita ad esemplari che vanno da pochi cm fino al metro e oltre.
(Esemplare miniatura di Dendrobium lichenastrum – Foto: Nicola Ghiano)
(Esemplare miniatura di Schoenorchis fragrans – Foto: Nicola Ghiano)
Ogni pseudobulbo ha una vita media di 1-5 anni e può generare da uno a svariati pseudobulbi nel corso della sua vita. Le foglie possono essere permanenti o cadere alla fine di ogni stagione, per poi ricrescere sui getti del nuovo anno.
(Dendrobium tobaense x draconis,
uno stupendo esempio di sviluppo simpodiale – Foto: Nicola Ghiano)
Le foglie possono presentarsi singole o in coppia, con disposizione distica o alternata, in alcuni casi opposte; in coppia oppure solitarie, all’apice degli pseudobulbi, ma a volte possono anche essere (specie nelle piante che crescono in piena terra), inguainate alla base.
Possono anche formare delle rosette basali da cui spunta il fiore; nelle specie saprofitiche le foglie possono essere ridotte a delle semplici scaglie.
Come accennato gli pseudobulbi possono presentare svariate forme: da molto arrotondati e gonfi come nei Cymbidium a quasi perfettamente tondeggianti, con una sola foglia all’apice, come per i Bulbophyllum; fino ad arrivare ai fusti ingrossati attorniati da svariate foglie tipici di svariate Dendrobium.
Alcune orchidee simpodiali, come le Orchis e le Ophrys hanno radici tuberose sotterranee: di queste una viene impiegata come riserva nei periodi rigidi dell’anno, provvedendo allo sviluppo dell’altra radice. All’opposto, nei climi caldi caratterizzati da umidità costante, alcune orchidee terrestri non necessitano di pseudobulbi.
Le orchidee epifite, possiedono radici aeree modificate, in grado di raggiungere in alcuni casi anche svariati metri di lunghezza; nella parte più vecchia, una particolare epidermide spugnosa modificata, costituita da cellule morte di color grigio/argento, bianca o marrone, ha la funzione di assorbire umidità.
Le orchidee presentano fiori dai tratti distintivi molto caratteristici: simmetria bilaterale del fiore (zigomorfismo), fiori resupinati, un petalo (labello) quasi sempre modificato, stami e carpelli fusi e semi estremamente piccoli.
(Fiore di Paphiopedilum maudiae vinicolor madonna nera
– Foto: Nicola Ghiano)
Capitolo secondo
Come scegliere una pianta/verificarne lo stato di salute
In questo capitolo tratteremo delle caratteristiche a cui prestar attenzione per poter valutare al meglio le condizioni di salute di un’orchidea a casa nostra o al momento dell’acquisto.
Iniziamo con metodo, iniziando dalla parte che forse viene maggiormente trascurata dai più al momento di trovarsi di fronte alla prima Phalaenopsis che ci si presta a coltivare: le radici.
L’aspetto base di una radice sana è dato da un buon turgore abbinato ad un colore grigio/verde pallido; l’apice di una radice viva ed in crescita attiva presenta un colore molto brillante ed un apice di color verde chiaro acceso.
(Radice di Phalaenopsis in crescita attiva - Foto: Nicola Ghiano)
Queste radici hanno un tipico andamento sinuoso e possono percorrere anche notevoli distanze (fino ad alcuni metri) in cerca di umidità, nutrienti ed un migliore ancoraggio.
Una radice senza un apice di questo tipo non significa che sia morta: può infatti continuare a svolgere appieno tutte le sue funzioni di assorbimento di acqua e minerali; da ogni punto della radice potranno inoltre generarsi e diramarsi nuove radici in crescita attiva
.
(Nuove radici di Phalaenopsis emergono da radici vecchie - Foto: Nicola Ghiano)
Una radice morta ha una consistenza secca o floscia (in caso di marcescenza o decomposizione avanzata); nel secondo caso, al tatto, la parte esterna si disfà ed è possibile sfilarla, come una guaina, con una leggera pressione delle dita: alla pianta rimarrà ancorato solo un sottile filamento centrale.
Quando le radici presentano un simile aspetto non generano più alcun nuovo getto; tali parti potranno (e in molti casi dovranno) essere asportate per evitare che altre