Come vincere la depressione
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Book preview
Come vincere la depressione - Dott. Leonard Cammer
633/1941.
PARTE PRIMA
CAPIRE LA DEPRESSIONE
I. CHE COS’È LA DEPRESSIONE?
Forse state leggendo questo libro perché uno dei vostri familiari è entrato in crisi. Potrebbe trattarsi di vostra madre, di vostra sorella, di uno zio, o di uno qualsiasi dei membri della famiglia, e magari per settimane o mesi vi siete chiesti che cosa c’era che non andava. Sono sicuro che avete anche cercato di tirare su questa persona dal suo stato di abbattimento, che avete suggerito passeggiate o spettacoli cinematografici, e che avete pregato gli amici di venire a farle qualche visita, per vedere di rallegrarla un po’.
Ma non si vedono risultati. Il vostro familiare è sempre lontano da tutto e da tutti, e mentre lo osservate, immerso nella sua profonda malinconia, avvertite la sensazione che per lui la vita sia giunta ad un vicolo cieco. Vi torna in mente che una volta la sorella di un vostro amico ha attraversato un periodo di questo genere; allora non ci avete fatto molto caso, ma ora che la cosa vi tocca più da vicino ne siete sconcertati, e cominciate a domandarvi quali possono essere le cause di una condizione di questo genere. Può addirittura darsi che, se siete come molte persone che ho avuto occasione d’incontrare, cominciate a pensare che siete voi la causa di quel particolare stato d’animo, che in qualche modo la colpa dev’essere vostra.
Che cosa ci sta succedendo?
Il malumore entra nella vostra casa. I pareri dei membri della famiglia sono discordi. Ciascuno ha da dire la sua su quel che dovrebbe o non dovrebbe essere fatto, e ne seguono discussioni e litigi. Se in famiglia ci sono bambini, avvertono lo stato di disagio generale e diventano capricciosi ed intrattabili. In breve, ciò a cui state assistendo è il processo di disgregazione a cui una famiglia può andare incontro quando uno dei membri cade vittima di uno stato depressivo ’e non vi è nessuno che sappia decidere una linea precisa d’azione.
A questo punto potete sentirvi scossi e confusi. Quanto durerà questa storia? E che cosa c’è veramente che non va?
Il vostro familiare è malato di depressione
Sì, malato. La depressione infatti non è una misteriosa intromissione di dei o demoni, come molti una volta credevano. E’ una malattia, proprio come un disturbo cardiaco o polmonare, o una qualunque delle malattie che vi possono venire in mente.
Paradossalmente, tuttavia, questo può essere motivo d’ottimismo. Finché si tratta di un enigma insolubile ne potete ricavare solo frustrazione. Una volta divenuta una malattia definibile con precisione, come tale può essere affrontata. Potrebbe sembrarvi una prospettiva deprimente (una cosa nella testa
, può essere stata la vostra prima angosciosa associazione), ma vi prego di credere che non si tratta assolutamente della fine del mondo. La maggior parte delle persone depresse si ristabiliscono, perché si tratta di un disturbo che può essere curato con ottime probabilità di successo. Questo tuttavia ad una condizione: che l’aiuto della famiglia sia parte integrante del processo di guarigione.
La depressione non è un parto dei tempi moderni
Questa malattia è nota agli uomini fin dall’inizio della storia scritta. Nella Bibbia sono assai frequenti le descrizioni di persone sconvolte dal dolore, o dei sentimenti d’angoscia di coloro che hanno perso la fede in Dio ed in sé stessi, ed hanno smarrito ogni speranza per il futuro.
Nel quarto secolo avanti Cristo Ippocrate, il padre della medicina, descrisse quattro tipi di temperamenti umani, uno dei quali era il carattere melanconico (depresso). È ancora in uso il termine melanconia per caratterizzare la condizione di abbattimento e di sfiducia tipica del depresso.
Anche nel Medio Evo la depressione era un fenomeno conosciuto, sebbene, come nell’antichità, la si attribuisse all’influenza negativa di qualche forza maligna. Solo verso la fine del diciottesimo secolo studi più approfonditi condotti in istituti ed ospedali specializzati nel trattamento dei disturbi mentali hanno svelato la natura medica dei disordini psichici.
Oggi possiamo attribuire la depressione alla somma degli effetti di certi fattori biologici e sociali che, in un contesto complesso, influiscono negativamente sulle funzioni del sistema nervoso individuale. L’effetto depressivo sulle attività dell’individuo a sua volta muta il comportamento, le sensazioni ed i processi mentali. La totalità di queste disfunzioni dà il quadro di quella malattia che chiamiamo depressione.
La depressione colpisce senza riguardi
Se vi dicono, per esempio, che vostro cognato soffre di depressione, non affrettatevi a ribattere: Oh, no, non Giovanni. È troppo intelligente. Non potrebbe lasciarsi andare così
. Oppure, se si tratta di vostra zia Giovanna, che voi adorate: Impossibile. È sempre così allegra, così di buon umore. Non si lascerebbe deprimere da niente
.
Questo non è assolutamente vero. La depressione può colpire chiunque — una casalinga, un tassista, un uomo d’affari, un insegnante, un giocatore, un’attrice, un muratore, una commessa, uno studente universitario, uno scaricatore di porto, e così via. Compare in adulti equilibrati come in nevrotici ed in bambini. Può colpire insomma ad ogni livello della scala economica, intellettuale e sociale, ed in ogni tipo di personalità. Non si può limitarsi a chiudere gli occhi di fronte ad un fenomeno di questa portata.
Vi sono vari tipi di depressione, che discuterò nei capitoli a venire, caso per caso. Vorrei qui limitarmi a delinearne brevemente i caratteri generali in modo da agevolare il lettore nella comprensione di taluni passi.
La depressione comincia con il cattivo umore
Nei paragrafi introduttivi ho accennato agli occasionali periodi di cattivo umore che tutti di tanto in tanto attraversiamo. Ma quando questi periodi si protraggono e non si riesce a superarli e se la vita di tutti i giorni comincia a venirne danneggiata possono sfociare nella depressione propriamente detta.
Se il periodo di cattivo umore si prolunga
La tristezza che pervade la persona può già costituire in potenza il nucleo della depressione. Chi si trova in questa condizione diviene consapevole delle proprie sensazioni, e può chiedersi, disperato: Ma perché devo stare tanto male?
.
Anche quando la persona depressa non si rende conto della particolare qualità della sua situazione emotiva, avverte comunque che c’è qualcosa che non va, qualcosa che la tira verso il basso. E può esprimersi più o meno così: Mi sento stanco, pesante
.
La sensazione di pesantezza significa spossatezza, esaurimento. Chi si trova in questa condizione può passare le sue giornate a trascinarsi da un posto all’altro, chiedendosi solo come può fare ad uscirne. Se lo stato depressivo è più avanzato può addirittura rinunciare a muoversi del tutto. facile accorgersi della sua indolenza, perché ogni minimo ostacolo diviene ai suoi occhi qualcosa di insormontabile. Le sue facoltà di pensiero sembrano offuscate, e la sua conversazione presenta come dei vuoti improvvisi, delle assenze. Allo stesso tempo può continuare a lamentarsi: Mi sento inquieto, nervoso
.
La sofferenza mentale della depressione
Si tratta di uno stato psichico dotato di una qualità emotiva affatto particolare, un misto di angoscia, disperazione, disgusto di sé ed intensi sentimenti di colpa commisti di rabbia e di paura. Questo dolore mentale può anche manifestarsi come agitazione e disperazione. Colui che ne soffre afferma che non avrebbe mai voluto esser nato, o che vorrebbe sfuggire all’esistenza.
Lo stato fisico della depressione
La depressione è accompagnata da numerose reazioni fisiche, che tuttavia sono nella quasi totalità dei casi alterazioni funzionali (cfr. capitolo VII per una discussione estensiva di questo termine). Il vostro familiare può lamentarsi di malesseri e dolori alle ossa o nelle giunture, sensazioni di nausea e di vertigine, bruciori di stomaco, sensazioni di pressione al capo, o di vari altri sintomi fisici che tuttavia non sembrano riferibili ad una malattia riscontrabile all’esame fisico. Nonostante questo, c’è qualcosa che non va nel suo stato fisico, anche se non si tratta di qualcosa che i raggi X possono rivelare, in quanto la !depressione come disturbo attivo delle funzioni nervose può dare luogo a sin-torni fisici.
In altri termini, il sistema nervoso, che è un sistema fisico e fa parte del corpo, può incontrare certe difficoltà di funzionamento. I circuiti neurali vengono disturbati ed inibiti perché i chimismi cerebrali non si svolgono con l’equilibrio richiesto da un processo emotivo armonico.
Che la depressione, tuttavia, venga intesa come disturbo fisico o come disturbo emotivo, è una questione puramente accademica. Da un punto di vista tecnico può esser vera una cosa, o l’altra, o ambedue. La cosa più importante è che in ogni caso si tenda a pensare alla depressione come ad una condizione nervosa, in particolare nell’espressione esaurimento nervoso
. Non è accaduto anche a voi di trovarvi a ripetere proprio queste parole?
DEPRESSIONE ED ESAURIMENTO NERVOSO
Concedetemi qui un’analogia. Quando qualcuno dice Mi sono preso un virus
, il significato di questa espressione può variare dal comune raffreddore alla sinusite ad un attacco di diarrea. Analogamente, il colloquiale esaurimento nervoso
può stare a significare qualsiasi tipo di esperienza emozionale negativa.
Una delle mie pazienti mi descrisse la leggera depressione che era seguita alla rottura del suo fidanzamento come un terribile esaurimento nervoso
. Un altro paziente, che aveva attraversato una grave (anche se di breve durata) depressione psicotica) accompagnata da collassi, me ne parlava come di un leggero esaurimento nervoso… nulla di grave
.
Quello che mi sembra di poter dire è che quando in genere una persona parla di esaurimento nervoso
ciò a cui in effetti si riferisce è un disturbo emotivo tanto serio da intralciare il normale andamento del lavoro e della vita di tutti i giorni. Sotto questo punto di vista, la definizione è corretta. Una depressione che distoglie una persona dalle sue responsabilità può senz’altro venir riferita ad un esaurimento nervoso. Ma questo termine rimane comunque troppo vago, troppo generale, per poter risultare di qualche utilità. Quel che vorrei fare, invece, è suggerire un metodo migliore per comprendere ciò che avviene nell’esaurimento nervoso che trova il suo sbocco finale nello stato depressivo. Per prima cosa, dunque, descriverò il funzionamento del sistema dell’energia nervosa (o tensionale).
L’energia tensionale (nervosa) nella depressione
Ognuno di noi si muove, pensa, lavora, prova sensazioni e così via, grazie al costante afflusso di energia che il corpo può provvedere in seguito all’assimilazione del cibo.
In questo caso si tratta di energia calorica, prodotta dai muscoli.
Ma prima che questo accada il cervello ed il sistema nervoso, in coordinazione con le varie secrezioni glandolari ed altri processi chimici, devono attivare i muscoli mediante l’energia tensionale.
Si tratta di un processo che può esser paragonato al funzionamento del motore di un’automobile. Il combustibile calorico in questo caso è la benzina, ma è un sistema elettrico composto da generatore, candele e spinterogeno a provvedere l’energia controllata che incendia il carburante. Questi due sistemi devono operare in stretta coordinazione.
In ogni momento successivo della nostra giornata noi scarichiamo (consumiamo) una certa quantità di energia tensionale. Questo è un fatto normale. Nessuno di noi potrebbe funzionare come organismo in assenza di energia tensionale, od anche in seguito di una caduta di questa energia al di sotto di un certo livello, che può variare da individuo ad individuo. Se vogliamo andare avanti dobbiamo avere, per così dire, un motore ben riscaldato e la marcia ingranata. Il punto cruciale della questione, riguardo all’energia tensionale, diviene dunque: quanta ne produciamo, e come riusciamo ad utilizzarla?
Alcuni producono e distribuiscono con saggezza la loro quota giornaliera di energia, riuscendo così a svolgere tutti i loro compiti. Queste persone giungono alla fine di una giornata normale presentando un ragionevole livello di stanchezza.
Si può invece trovarsi di fronte al caso di una persona che produce una quantità normale di energia tensionale, ma la scarica in modo eccessivo, e quindi la esaurisce troppo in fretta.
In un altro caso una persona con una soglia tensionale normale può trovarsi in una situazione di stress prolungato: l’asprezza (per così dire) della lotta per la sopravvivenza
la logora e la opprime sempre più; in questo modo consuma quantità sempre maggiori di energia tensionale per sostenere la situazione di competizione, ed il risultato è uno stato di affaticamento cronico.
In un altro caso ancora la persona può produrre una quantità eccessiva di energia tensionale, senza riuscire a scaricarla in modo adeguato. Dapprima può comparire tutta una serie di sintomi psicosomatici; ma in seguito, cercando di far fronte ai sintomi, anche essa arriverà all’esaurimento.
Nel giro di giorni, settimane o mesi queste persone disperderanno quantità sempre maggiori di energia tensionale, a causa del dispendio eccessivo o incontrollato delle loro emozioni; oppure, al contrario, accumulando queste emozioni dentro di sé, ma solo per vederle trasformate in indisposizioni fisiche. Alla fine ogni riserva di forza emotiva si inaridisce; oppure, in altri termini, seguendo la definizione che ho dato in un altro libro, si produrrà un esaurimento di energia di adattamento.
Tutti noi abbiamo bisogno di questo particolare tipo di energia al fine di adattarci alle varie situazioni che la vita ci presenta in ogni momento successivo. Qualora l’individuo perda od esaurisca la sua capacità di adattamento, ne risulta uno stato depressivo. (Cfr. capitolo V per una ulteriore discussione dell’energia di adattamento).
La depressione, quindi, sta ad indicare un mancato adattamento dell’intero essere individuale agli stress della vita. Questo non significa che si debba addossare alcuna colpa alla persona che ne viene colpita: diciamo piuttosto che il suo sistema di trasformazione dell’energia tensionale non è più in grado di funzionare come dovrebbe, e che il risultato di questo fatto è la depressione. La macchina si è logorata, esaurita; da questo segue l’esaurimento nervoso
.
CORRELAZIONE TRA ANSIA, PAURA ED IRA
Se si cerca dunque di afferrare nel suo senso più profondo il fenomeno depressione, alla base del disturbo del vostro familiare si ritrovano scompensi di carattere nervoso.
Questa malattia può tuttavia essere messa in relazione con altre tre componenti, ossia le reazioni di ansia, paura ed ira. Nella maggior parte dei casi si tende a coprire queste reazioni emotive con la depressione, e ad usare il termine nervosismo
o tensione eccessiva
per descrivere l’insieme di tutte queste sensazioni sgradevoli. Un esempio. Una donna viene da me per un consulto, e sulle prime non afferma niente del genere: dottore, sono depressa
. La sua descrizione sarà invece: Sono così nervosa, ho paura di uscire da sola
(paura). L’idea di venire qui mi preoccupava. Ho dovuto farmi portare da mio figlio, perché ero sconvolta
(ansia). Le cose più piccole mi fanno paura
(ansia e paura di nuovo). E quando sono in questo stato mi faccio rabbia, e me la prendo anche con gli altri
(ira).
Il figlio conferma le sue parole. Quando infine queste affermazioni vengono affrontate ed analizzate, ciò che diviene chiaro è lo stato depressivo che sta sotto a simili reazioni emotive, ed il relativo esaurimento delle riserve di adattamento.
Per riconoscere e comprendere una depressione è essenziale che non siate sviati da questo genere di emozioni, ad essa collegate. Questa è la ragione per cui dovete conoscere il ruolo da esse giocato, sia in condizioni normali, sia qualora ne venga fatto un uso eccessivo.
Ansia, paura ed ira in condizioni normali
In generale, le emozioni prodotte dal sistema nervoso sono un fatto del tutto normale e che ha una sua precisa utilità. Ciascuna ha il compito specifico di proteggerci in determinate condizioni di stress, assicurando così la nostra sopravvivenza. È così che quando una qualche minaccia viene portata alla nostra vita od alla nostra sicurezza, una di queste emozioni viene mobilitata in modo da spingerci ad agire in direzioni che ci permettano di sfuggire alla minaccia.
L’ansia, in condizioni normali, ci mobilita in modo da farci prendere decisioni e farci intraprendere un corso d’azione costruttivo. Una persona, per esempio, avverte una sensazione di ansia riguardo al suo lavoro, ed anticipa la possibilità di un licenziamento. La reazione normale fa sì che questa persona risponda all’ansia portandosi del lavoro a casa, studiando i problemi in campo, o cercando di accrescere le sue competenze e capacità. L’ansia quindi l’aiuta a garantirsi il suo posto di lavoro.
Anche la paura ha una sua precisa utilità. Fa sì infatti che ci ritraiamo finché il pericolo non è passato. Una persona può aver paura di guidare la macchina nel traffico intenso, se pensa di poter essere preso dal panico e di perdere il controllo. Eviterà quindi le arterie più affollate finché non ha preso sufficiente confidenza col suo mezzo. La paura può anche far sì che una persona non si trovi ad agire impulsivamente in campi dove si sente immatura o priva di adeguate conoscenze. In questo modo guadagnerà tempo, e potrà accumulare maggiori esperienze.
Anche l’ira è un fattore di protezione. Sono molte le situazioni della vita in cui scopriamo di dover combattere per i nostri diritti e per la nostra sicurezza. L’ira acuisce a tale scopo i nostri sensi. Un soldato può anche non accorgersi che il vero motivo per cui prova odio nei confronti del nemico risiede in un meccanismo biologico che gli consente di affrontare efficacemente la situazione di pericolo, ma proprio di questo si tratta: l’ira non fa altro che mobilitare la sua energia di adattamento ai fini dell’autoconservazione.
Si può tuttavia reagire in modo eccessivo
Può darsi infatti che sviluppiamo troppa ansietà, troppe paure, e che la rabbia che proviamo in certe situazioni passi nettamente la misura. Questo accade quando la persona non riesce più ad essere all’altezza delle minacce che sembrano sovrastarla.
Una malattia — di qualsiasi genere — è effettivamente una minaccia. Se questa malattia è la depressione, l’individuo reagirà come a qualunque altra malattia con ansia, paura ed ira che spesso crescono fino a proporzioni incontrollabili.
Come si manifestano ansia, paura ed ira nella depressione
L’ansia si manifesta sotto forma di inquietudine ed attacchi di panico. La persona tende sempre ad aspettarsi il peggio, si sente nervosa ed a disagio di fronte al minimo evento. È sempre sulle spine, e compaiono anche i sintomi fisici dell’ansia quali mani sudate, mal di capo, palpitazioni e così via.
La paura viene manifestata col rifiuto della persona di rimanere sola, ed allo stesso tempo dalla sua chiusura in sé stessa quando si trova in mezzo alla gente. Vengono anche espresse paure di insuccesso. Dovrei lasciare il lavoro, tanto mi licenzieranno comunque
, oppure Meglio che lasci perdere quell’affare. Non riuscirò mai a concluderlo
.
L’ira viene espressa come rabbia nei confronti della malattia. La persona esprime propositi autolesionistici: vorrebbe prendersi a schiaffi, farsi del male. Ha frequenti esplosioni di collera, durante le quali rivolge il suo sarcasmo (e talvolta addirittura attacchi fisici) a chiunque si trovi a tiro. Può perfino decidere che loro
fanno parte di una cospirazione intesa a perseguitarla ed a distruggerla, e che stanno tramando piani a questo fine.
È cosa di fondamentale importanza che non siate sviati da tali manifestazioni di ansia, paura ed ira, tanto da concludere che il vostro familiare sta magari facendo i capricci o che sta giocando alla primadonna
. Non sto dicendo che questo può rappresentare per voi un compito facile come l’identificazione degli articoli uno, due e tre sulla lista della spesa. Si tratta di sintomi sottili ed ingannevoli. Ma se osservate da vicino riuscirete alla fine a scoprire la depressione che vi si nasconde sotto, specialmente quando vi rendete