Un Opale chiamato Sole: Le avventure di Elynn Respiro di Onda
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About this ebook
Jason R. Forbus
Jason Ray Forbus was born in Rome on December 17, 1984. A US-Italian dual citizen, Jason's complex and varied background developed, since his early childhood, into a love for traveling and a strong interest for other cultures, which led him to live, work and study in Italy, Spain, Sweden, the United Kingdom and the United States. He holds a diploma in Arts and Communication (Arts High School "A. G. Bragaglia" in Cassino, Italy), a bachelor of arts in Languages and Literatures for Multimedia Communication (University of Cassino, Italy) and a master of science in Globalization (University of Aberdeen, United Kingdom). His professional experiences range from translator to media specialist. Literature and writing have both played an important role in Jason's life since his early youth. Already in 2002, at the age of 16, the author successfully debuted in the national youth literary contest "Campiello", in which his short story "Trovare il Cercare" (Finding the Search) classified amongst the first 25 in Italy and first in the Lazio Region. Since then, Jason has authored several publications in Italian, English, and translated into several other languages. His books in English include: The Revolt of the Skeletons in the Closet (youth novel), The Memory of Odin (novel) and Contract Killing in the Information Age (Criminology Essay) available wherever books are sold.
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Book preview
Un Opale chiamato Sole - Jason R. Forbus
Un Opale chiamato Sole
Le avventure di Elynn Respiro di Onda
di Jason R. Forbus
Illustrazione di copertina di Martina Gianello
Progetto grafico e impaginazione di Sara Calmosi
ISBN 9788894242522
Ali Ribelli Edizioni
Collana: Bianco - eBook
www.aliribelli.com
redazione@aliribelli.com
Copyright © Jason Ray Forbus
È vietata la riproduzione anche parziale del testo e delle immagini, effettuata con qualsiasi mezzo, non autorizzata.
Un Opale chiamato Sole
di Jason Ray Forbus
Indice
Un Opale chiamato Sole
Un Opale chiamato Sole
all’Isola di Ventotene.
L’autunno è il tempo in cui uno stanco Maestrale dà gli ultimi colpi di tosse; la luce va via via smorzandosi come una candela che risparmia le sue energie per l’inverno che incombe; gli alberi, contrariamente a noi uomini, si spogliano gradualmente del loro manto di foglie e ogni piccolo gesto, ogni respiro assume una certa nota di malinconia. La nostra isola è da sempre un palcoscenico dove si susseguono le solite quattro compagnie, vittime e artefici delle loro antiche battute che, incredibilmente, riescono ancora a stupirci, bambini mai sazi di ciò che Madre Natura riesce ancora a donarci nonostante i molti dolori che le procuriamo.
La transizione da una stagione all’altra ha il suo fascino: vedere un ragazzo farsi uomo all’improvviso – verrebbe da dire, esistono altri modi per farsi uomo?; vedere il mare, azzurro e vivace fino al giorno prima, venire invaso da un’orda di onde scure e minacciose proveniente dalle recondite profondità marine… È un fenomeno migratorio invisibile agli occhi che porta ciò che è sopra in basso e viceversa, un capovolgimento della realtà che incide su tutto, anche e soprattutto sui nostri animi.
Nella loro corsa tumultuosa, le onde raggiungono la sinuosa scogliera in tufo della nostra isola per infrangersi, scudo contro scudo, dissolvendosi in una striscia spumosa che va cingendo la costa in un candido assedio.
C’è un punto preciso della scogliera da cui amavo tuffarmi. In quel tratto, la pietra curva in una morbida insenatura entro cui anche le onde più feroci si ammansiscono all’istante, parodiando un gruppo di burberi contadini che, varcando la soglia di una chiesa, si affrettano a togliersi il berretto.
A una certa ora del giorno, affacciandomi su quel placido specchio d’acqua riuscivo a scorgere distintamente il mio viso. A differenza di Narciso, però, non mi soffermavo a lungo sul riflesso della mia giovinezza; ero più simile a un cacciatore di perle, il mio sguardo veniva irrevocabilmente attratto negli anfratti più bui. Avendo la luce sul capo, la cercavo nelle tenebre.
Mi capitava, allora, di restare in muta contemplazione per ore. Ma il tempo è una sciocca superstizione e parlarvi in questi termini non rende l’idea. Provate a liberare le vostre facoltà dalla materia, consentite alla vostra mente di unirsi, anche per pochi istanti, al tutto: ecco, mi avete trovato, sono ancora lì.
Mia madre intanto girava per il villaggio chiedendo di me a tutti, che erano già le sette e mezza e la cena era pronta in tavola. Povera donna, non potete neanche immaginare quante gliene ho fatte passare! Dopo aver scarpinato in lungo e in largo, la santa donna si recava finalmente sulla scogliera, dove mi trovava disteso a pancia ingiù e con la testa ben stretta fra le mani, forse per timore che d’un tratto potesse staccarmisi dal collo e ruzzolare in acqua. Intento com’ero a sondare le profondità, non mi accorgevo neppure del suo arrivo. Avvedutasi del mio stato, lei si avvicinava con passeggiar felino e annunciava: Giuseppe, è ora di cena
. Detta in quel modo, sembrava la cosa più importante del mondo, e per noi lo era davvero; da quando papà non c’era più, l’occasione del pasto serale ci