L'universo meteorologico: Uno scienziato tra le nuvole
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About this ebook
Nessuno meglio del meteorologo José Miguel Viñas, socio fondatore di ACOMET (Associazione dei Comunicatori di Meteorologia) e consulente dell'OMM (Organizzazione Meteorologica Mondiale), può svelarci i misteri del tempo.
SULLA COLLEZIONE: Scoprire la scienza è una serie di divulgazione scientifica, in cui alcuni dei migliori docenti, ricercatori e divulgatori presentano in modo chiaro e piacevole, le grandi idee della scienza.
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L'universo meteorologico - José Miguel Viñas
Crediti
Introduzione
Se un giornalista ci fermasse per strada chiedendoci cosa sia il cambiamento climatico o di definire un anticiclone, una nube o un parafulmine, oppure se ci chiedesse di spiegare la differenza fra un tornado e un uragano, avremmo subito qualcosa da rispondere – infatti per noi sono termini familiari –, ma i nostri commenti sarebbero senz’altro imprecisi, ambigui e pieni di errori grossolani. Considerato che tutti parliamo del tempo dal mattino alla sera, è paradossale quanto scarsa e inadeguata possa essere la preparazione dei profani in materia.
La meteorologia è una scienza relativamente giovane, che continua a coesistere con tradizioni popolari, riti e credenze tuttora molto radicati fra la gente. In questo libro si ripercorre in breve la sua storia, dai primi tentativi degli esseri umani di capire i fenomeni atmosferici e anticiparne la comparsa (conoscenza empirica), fino all’instaurazione dei principi della meteorologia moderna durante il Rinascimento (conoscenza scientifica), e gli sviluppi seguenti fino ai nostri giorni. Lungo il cammino, l’umanità ha potuto accumulare molte esperienze e nozioni che hanno contribuito a completare e rafforzare le scienze relative ai fenomeni atmosferici. L’applicazione pratica di questo sapere ci ha portato innumerevoli benefici. Solo per fare un esempio: al giorno d’oggi sarebbe azzardato viaggiare su un aereo se i piloti non avessero in mano informazioni meteorologiche precise e aggiornate, utili a organizzare sia le attività degli aeroporti sia le diverse rotte. Ogni giorno, 100.000 aerei sfrecciano nei cieli di tutto il mondo, e nonostante ciò, la percentuale degli incidenti aerei per cause meteorologiche è irrilevante.
Le nozioni sull’ambiente atmosferico che abbiamo si basano sulle osservazioni che facciamo. Da quando esistono gli strumenti adatti – dalla metà del XVII secolo –, siamo in grado di descrivere esattamente lo stato dell’atmosfera in un dato momento, per cui è possibile misurare una serie di variabili meteorologiche, servendoci di stazioni terrestri, boe, palloncini sonda o satelliti. Attualmente la nostra copertura si estende sull’intero pianeta, e ogni giorno si raccolgono milioni di dati da registrare. È grazie a tutte queste informazioni, insieme alle possibilità di calcolo raggiunte dai computer, che possiamo fare pronostici sul tempo sempre più certi e dettagliati.
Dopo l’excursus storico sui primi passi mossi dalla scienza di quel tempo, nel libro entreranno in scena i protagonisti della meteorologia: la natura propria dell’aria e il meccanismo che regola l’atmosfera, fino a ciascuna delle variabili meteorologiche di cui i climatologi e i meteorologi si servono per fare il proprio lavoro.
Il capitolo 6 è dedicato alla «meteodiversità». Si inizia facendo un giro tra le nuvole, per poi spiegare nei dettagli la presenza dei fronti atmosferici, delle burrasche e dei loro fratelli maggiori: i cicloni tropicali. A fine capitolo si affronta il fenomeno inquietante dei temporali, capaci di suscitare in noi un misto di paura e di fascino. Alla fine del percorso, il lettore sarà in grado di rispondere con sicurezza alle domande del giornalista che abbiamo incontrato all’inizio. Ma il libro non finisce qui, resta da trattare un tema che forse è il più appassionante: le previsioni meteorologiche, cui è dedicato il penultimo capitolo. Pochi rami del sapere sono cresciuti tanto in fretta come quello delle previsioni del tempo in termini numerici. Siamo sempre stati interessati al tempo che verrà. Nel mondo antico, quando la gran parte delle persone coltivava la terra, era una questione di sopravvivenza; oggi l’esigenza di raccogliere informazioni sul tempo è legata alla pianificazione delle nostre attività all’aperto. Non c’è da sorprendersi se le trasmissioni del meteo in TV sono tanto seguite. Le condizioni meteorologiche influiscono sulla nostra vita; anche il carattere delle persone mantiene una stretta relazione con il clima del contesto vissuto, e così via: esiste un gran numero di connessioni fra noi e l’atmosfera.
Infine, l’ultimo capitolo del libro è dedicato al clima, in particolar modo ai cambiamenti che ha subito nel corso della storia. Comprendere le cause che hanno portato ai cambiamenti climatici avvenuti in passato – di origine diversa – è fondamentale per valutare il carattere eccezionale dell’odierno riscaldamento globale, e per fare previsioni sugli sviluppi futuri del clima. Solo dopo aver preso coscienza della nostra inequivocabile responsabilità sul riscaldamento del pianeta, capiremo come evitare che il clima si evolva verso scenari poco auspicabili, nei quali sarebbe difficile poterci adattare.
Da sempre scrutiamo il cielo
«L’esalazione secca è il principio e la natura dei venti.»
ARISTOTELE, Meteorologia, libro II, cap. 4
Diluvi e tempeste del passato
Nell’Antichità, molto prima che la meteorologia nascesse come disciplina scientifica, gli uomini cercarono una spiegazione dei fenomeni atmosferici nel soprannaturale. Solo il dio di turno poteva scatenare temporali e devastanti inondazioni. Ricordiamo, solo per citarne uno, che nella mitologia greca, Zeus – padre di tutti gli dei dell’Olimpo e degli uomini – era il dio del cielo e del fulmine, e quando si adirava scagliava saette senza pietà.
L’interesse dell’essere umano nei confronti del tempo è stato da sempre evidente e dimostrato nelle narrazioni epiche e nelle manifestazioni artistiche – le pitture rupestri – che oggi ci restano delle culture primitive, e grazie alle quali a poco a poco è rimasta una traccia «scritta» della storia del tempo e del clima. Il più delle volte queste espressioni fanno riferimento a fenomeni meteorologici eccezionali che ebbero conseguenze catastrofiche e che, pertanto, sconvolgevano la normalità restando impressi nella memoria collettiva. Nelle pitture delle tribù dei San (i Boscimani), scoperte in alcune caverne dell’attuale Sudafrica, non mancano le rappresentazioni simboliche che alludono al tempo atmosferico. Si stima che le più antiche possano risalire a 70.000 anni fa, e in alcune di esse si vedono rituali come le danze della pioggia.
In quasi tutte le culture e le civiltà del passato si trovano riferimenti a una grande inondazione. Questo risponde alla nostra esigenza di mantenere un controllo sull’acqua, qualcosa che abbiamo sempre perseguito, e che si è rivelato determinante per la comparsa delle prime città. I fiumi erano una garanzia di prosperità, è intorno ai fiumi che nacquero le prime civiltà, ma il loro flusso cambiava, in balia di un clima capriccioso. Grandi siccità si alternavano a periodi di intense piogge in cui l’acqua straripava. La storia dei grandi fiumi è costellata di infinite alluvioni. Nel caso della Mesopotamia – culla della civiltà occidentale – le inondazioni sul Tigri e sull’Eufrate diedero origine nella storia giudeo-cristiana al mito del diluvio universale. Nella cosiddetta Epopea di Gilgamesh, incisa con scrittura cuneiforme su tavolette d’argilla oltre 4.000 anni fa, compare il primo riferimento al diluvio universale. Questo diluvio è il castigo voluto dagli dei per punire gli uomini delle loro azioni malvagie.
Anche nell’Antico Egitto rimase una traccia delle variazioni periodiche del livello del Nilo, legate al regime delle piogge alla fonte del fiume. Prima che venisse costruita l’imponente diga di Assuan – portata a termine durante la decade del 1960 – l’aumento del livello del Nilo era una conseguenza diretta dello spostamento d’acqua del lago Vittoria – una delle sorgenti del fiume sacro agli Egizi, che nasce dall’incontro dei fiumi Nilo e Kagera – alla fine della stagione delle piogge.
Durante l’epoca dei faraoni, gli Egizi idearono i cosiddetti «nilometri» da collocare lungo gli argini. Questi sistemi di controllo rappresentano, probabilmente, i primi strumenti della storia fatti per misurare i cambiamenti naturali legati al clima. Il nilometro era uno strumento molto semplice: una colonna di pietra, dotata di una scala graduata, situata al piano terra di una costruzione fatta apposta per allagarsi, che permetteva di misurare il livello del fiume.
Invocare gli dei e altre tradizioni
Mentre con l’andar del tempo la meteorologia proseguiva il suo sviluppo, parallelamente iniziarono a diffondersi numerose credenze, riti e tradizioni sul tempo atmosferico. Storicamente, la meteorologia popolare ha convissuto – e continua a farlo ancora oggi – accanto ai dettami della meteorologia scientifica. Le rogazioni, per esempio, hanno una lunga tradizione nella storia dei cristiani. Si tratta di orazioni pubbliche rivolte a certi santi che sono accompagnati in processione, preghiere che i credenti recitano all’unisono, chiedendo alla divinità di cambiare il tempo e porre fine alle calamità patite. Da molti secoli, la chiesa ha stabilito nei dettagli tutte le litanie e gli atti da compiere in queste occasioni, inoltre esiste un gran numero di documenti che attestano la celebrazione di queste pratiche.
Troviamo dati precisi sulle rogazioni negli atti municipali e capitolari del periodo medievale, e questo ha messo in grado i climatologi di iniziare una ricerca trasversale interessante. Possiamo sapere non solo il giorno e l’anno in cui si tenne una certa rogazione, ma anche scoprire se un periodo di siccità fosse particolarmente duro. Le cosiddette orazioni pro pluvia (per la pioggia) obbligavano i fedeli a compiere diversi atti, a seconda della gravità della situazione da scongiurare. Nei casi più estremi, venivano addirittura immerse sott’acqua delle reliquie o le immagini sacre dei santi.
Anche l’atavica paura suscitata dai temporali e da fenomeni quali il fulmine o la grandine ha fatto nascere, nel corso della storia, infiniti rituali, per metà pagani e per metà religiosi, destinati a proteggere beni e vite umane. Una tradizione che è stata mantenuta fino ai nostri giorni è quella di raccomandarsi a certi santi, soprattutto a Santa Barbara, che notoriamente protegge dai fulmini. Esistono numerose superstizioni, come quella di fare il segno della croce sulla soglia di casa con il sale, gettare una manciata di sale nel fuoco, o indossare amuleti per scampare al temporale, come rami di alloro o di rosmarino benedetti.
Anche i rintocchi della campana servivano per mettere in fuga dai temporali o dalla temuta grandine («suonare per il tempo»). Queste abitudini si estesero in tutta l’Europa cattolica dal Medio Evo fino all’Età Moderna. C’erano diversi rintocchi di campana, a seconda delle zone. I rintocchi servivano anche ad avvisare i contadini del pericolo imminente per i campi coltivati. Quando udivano questi rintocchi, i contadini sospendevano qualunque attività per correre a casa a mettersi in salvo. Tutto questo e molto di più trova spazio nell'universo meteorologico: luogo dove scienza e tradizione si danno la mano.
La crescita del fiume maggiore o minore era un indice piuttosto affidabile sulla produzione dei campi per l’anno seguente, e anche sulle entrate del faraone con le tasse che avrebbe riscosso. A partire dalla metà di agosto fino alla fine di settembre, l’inondazione copriva la maggior parte della valle fino all’arrivo della stagione del Peret, quella invernale, in cui le acque si ritiravano e i terreni venivano in superficie, coperti di limo,