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Un mondo più grande è possibile!
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Un mondo più grande è possibile!

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Un mondo più grande è possibile! L’espansione della civiltà oltre i limiti del nostro pianeta madre è la questione morale del nostro tempo.
Questo libro rappresenta la riflessione dell’autore sullo stato della civiltà, su alcuni futuri possibili e sulle profonde implicazioni morali delle grandi scelte di indirizzo che la civiltà si trova ad adottare, molto spesso guidata dall’evolversi più o meno casuale dei rapporti sociali ed internazionali, più che da scelte ragionate e motivate. Vi è una grande differenza, tra Stati Uniti ed Europa, nella considerazione dello spazio, oltre i confini dell’atmosfera terrestre, come area di possibile espansione. Tuttavia, persino negli Stati Uniti, dove questa discussione è di gran lunga più avanzata, si fa fatica a superare il vecchio paradigma dell’esplorazione spaziale fine a se stessa, che ha caratterizzato la strategia dell’agenzia spaziale più grande ed avanzata del mondo, la NASA. Al punto che persino la NASA si è trovata spesso a doversi reinventare strategie di comunicazione, finalizzate a non farsi mancare il denaro pubblico necessario alla propria sopravvivenza. Personalmente, prima di comprendere i meccanismi che per tanto tempo hanno determinato tale stato di cose, sono sempre rimasto sbigottito e senza parole di fronte a queste manifestazioni di quella che ritenevo inconsistenza culturale. Perché non dichiarare finalmente che, se non si espanderà nello spazio entro questo secolo, la nostra civiltà può considerarsi prematuramente finita? Perché non riconoscere che l’espansione oltre i limiti del nostro mondo natale è una necessità assoluta e vitale, per una civiltà che si avvicina a superare gli otto miliardi di individui? Le molteplici ragioni di tale schizofrenia, di questo non accettare la propria missione principe, da parte delle agenzie, sono politiche, economiche, militari. Ed anche filosofiche, profondamente radicate in quello che chiamo paradigma pre-copernicano del mondo chiuso. Mi sono poi diventate tutte chiare, grazie ad un paziente lavoro di informazione e di discussione con altri entusiasti spaziali, grazie a quella grande risorsa sviluppatasi negli ultimi vent’anni: la rete globale. Ma lo scopo di questo lavoro non è tanto quello di denunciare pedissequamente le responsabilità di un pur deprecabilissimo ritardo, bensì quello, ben più importante, di mettere insieme, in modo coerente ed integrato, le ragioni profondamente morali di una strategia finalmente e maturamente espansionista.

LanguageItaliano
Release dateMar 18, 2017
ISBN9781370200658
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    Un mondo più grande è possibile! - Adriano V. Autino

    Il libro

    Questo libro rappresenta la riflessione dell’autore sullo stato della civiltà, su alcuni futuri possibili e sulle profonde implicazioni morali delle grandi scelte di indirizzo che la civiltà si trova ad adottare, molto spesso guidata dall’evolversi più o meno casuale dei rapporti sociali ed internazionali, più che da scelte ragionate e motivate. Vi è una grande differenza, tra Stati Uniti ed Europa, nella considerazione dello spazio, oltre i confini dell’atmosfera terrestre, come area di possibile espansione. Tuttavia, persino negli Stati Uniti, dove questa discussione è di gran lunga più avanzata, si fa fatica a superare il vecchio paradigma dell’esplorazione spaziale fine a se stessa, che ha caratterizzato la strategia dell’agenzia spaziale più grande ed avanzata del mondo, la NASA. Al punto che persino la NASA si è trovata spesso a doversi reinventare strategie di comunicazione, finalizzate a non farsi mancare il denaro pubblico necessario alla propria sopravvivenza. Personalmente, prima di comprendere i meccanismi che per tanto tempo hanno determinato tale stato di cose, sono sempre rimasto sbigottito e senza parole di fronte a queste manifestazioni di quella che ritenevo inconsistenza culturale. Perché non dichiarare finalmente che, se non si espanderà nello spazio entro questo secolo, la nostra civiltà può considerarsi prematuramente finita? Perché non riconoscere che l’espansione oltre i limiti del nostro mondo natale è una necessità assoluta e vitale, per una civiltà che si avvicina a superare gli otto miliardi di individui? Le molteplici ragioni di tale schizofrenia, di questo non accettare la propria missione principe, da parte delle agenzie, sono politiche, economiche, militari. Ed anche filosofiche, profondamente radicate in quello che chiamo paradigma pre-copernicano del mondo chiuso. Mi sono poi diventate tutte chiare, grazie ad un paziente lavoro di informazione e di discussione con altri entusiasti spaziali, grazie a quella grande risorsa sviluppatasi negli ultimi vent’anni: la rete globale. Ma lo scopo di questo lavoro non è tanto quello di denunciare pedissequamente le responsabilità di un pur deprecabilissimo ritardo, bensì quello, ben più importante, di mettere insieme, in modo coerente ed integrato, le ragioni profondamente morali di una strategia finalmente e maturamente espansionista.

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    L’autore

    Adriano Autino, nato a Moncrivello(VC) nel 1949, è co-fondatore e presidente della Space Renaissance Initiative, dal 2010 Space Renaissance International (SRI http://spacerenaissance.space/), un'associazione internazionale senza scopo di lucro, la cui missione è l'apertura della frontiera spaziale: accesso allo spazio a basso costo, turismo spaziale, industrializzazione dello spazio geo-lunare, utilizzo degli asteroidi vicini alla Terra, pieno sviluppo della space economy. Diplomato in Elettronica Industriale, dal 1971 progettista di software diagnostico e test engineering, poi project manager ed imprenditore nel settore dei sistemi di automazione real-time. La sua insaziabile curiosità ed il desiderio di impegnarsi in campi di frontiera lo hanno portato ad operare nell’ambiente aerospaziale, e ad ideare e sviluppare un sistema software integrato, di supporto al system engineering ed al project lifecycle management.

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    Ringraziamenti

    In particolare desidero ringraziare il prof. Giancarlo Genta, per la sua bellissima prefazione, Il mio amico, e cofondatore di Space Renaissance International, Alberto Cavallo, per aver esaminato e commentato dettagliatamente ogni capitolo di questo libro, pur non condividendone al 100% tutti i contenuti, la scrittrice ed editrice digitale Rita Carla Monticelli, che mi ha pazientemente reso edotto dei segreti della pubblicazione digitale. Ringrazio inoltre anticipatamente tutti i lettori che avranno la pazienza di seguirmi nei miei ragionamenti.

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    Prefazione

    Prof. Giancarlo Genta

    L’umanità è sulla soglia di cambiamenti epocali: come direbbe Tsiolkovsky(1) l’uomo sta per lasciare la sua culla, la Terra, e avventurarsi in un mondo più grande. La nostra civiltà sta per divenire quello che in Inglese viene sintetizzato con il termine, praticamente intraducibile, di spacefaring civilization. Non sappiamo quando ritorneremo sulla Luna, quando raggiungeremo Marte o quando costruiremo la prima nave interstellare: possono volerci secoli - in particolare per la terza di queste imprese - ma è certo che il nostro sviluppo non può continuare indefinitamente su un singolo pianeta, sovrappopolato e sovrasfruttato.

    Lo spazio è un ambiente ostile e pericoloso, e anche gli ambienti che incontreremo sulla Luna e sugli altri pianeti e satelliti del sistema solare lo sono. Dovremo quindi sviluppare nuove tecnologie per avventurarci in questo nuovo oceano e per colonizzare quelle che Italo Calvino(2) aveva definito, nell’entusiasmo seguito al primo sbarco sulla Luna, le Nuove Indie. Ma non c’è nulla di nuovo in questo: gli uomini lo hanno fatto a partire dall’età della pietra, ogni volta che si sono avventurati in ambienti nuovi a partire dalle savane dell’Africa Orientale, l’unico ambiente in cui possiamo vivere senza dover ricorrere a tecnologie via via più sofisticate. I nuovi ambienti in cui vivremo e le tecnologie che dovremo sviluppare ci costringeranno a cambiare, a sviluppare nuove abilità e nuovi comportamenti che si aggiungeranno a quelli che ci caratterizzano da quando la nostra specie è comparsa sulla superficie del nostro pianeta.

    Ma l’esplorazione dello spazio e l’espansione dell’uomo in questi nuovi ambienti non sono solamente – e neppure essenzialmente – una questione di tecnologie. Sono essenzialmente, come dice il titolo di questo interessante saggio, una questione morale, una questione di scelte che dobbiamo fare e di decisioni che dobbiamo prendere. Chiunque si sia trovato a fare una conferenza su temi legati all’esplorazione spaziale si è trovato a dover rispondere a una o più obiezioni da parte del pubblico, che suonavano pressappoco così: è immorale spendere le enormi cifre che costa l’esplorazione dello spazio quando sulla Terra ci sono enormi problemi irrisolti, che potrebbero essere mitigati utilizzando queste risorse che attualmente vengono ‘sprecate’ nello spazio.

    La prima risposta che viene in mente, una risposta eminentemente ‘difensiva’, è che lo spazio non è costoso come sembra a prima vista. Un’impresa spaziale, anche di grandi dimensioni, costa non più di una grande infrastruttura. E noi spendiamo cifre del tutto analoghe per motivi apparentemente futili, quali, ad esempio, i festeggiamenti per il capodanno. Le spese di tutte le agenzie spaziali del mondo ammontano a pochi percento delle spese militari, quindi, se si volesse veramente risolvere i problemi di cui si è detto, sarebbe molto più ragionevole attingere a fonti ben più ricche. Un’altra risposta, che viene spesso data, è che le imprese spaziali producono grandi sviluppi tecnologici, che alla fine contribuiscono alla soluzione, o almeno alla mitigazione, di quei problemi. Tuttavia, anche questa risposta è essenzialmente debole. Infine, un’altra risposta ‘difensiva’ è che quello che si spende per l’esplorazione spaziale non è affatto ‘buttato nello spazio’ come qualcuno dice, ma viene speso sulla Terra, producendo occupazione molto qualificata e sviluppo, oltre a brevetti e innovazione tecnologica e industriale. Quello che è stato speso per andare sulla Luna ha reso, solo in royalties e know-how, più del 500%.

    Tuttavia le vere risposte all’obiezione sopra citata sono diverse, e soprattutto sono di tipo morale. I problemi quali la scarsezza di risorse, il sottosviluppo e le condizioni disagiate (per usare un eufemismo) in cui parte dell’umanità è costretta a vivere non si potranno risolvere se continueremo a usare le risorse di un solo pianeta. Anche se le predizioni di un impoverimento e, in prospettiva, di un esaurimento di risorse strategiche come il petrolio o alcuni minerali essenziali per la nostra sopravvivenza (come ad esempio quelle del Club di Roma(133) si sono rivelate eccessive, non ci sono dubbi che le risorse del pianeta siano limitate e che prima o poi dovremo fronteggiare la loro scarsezza, o almeno una crescente difficoltà di approvvigionamento dovuta alla necessità di sfruttare giacimenti sempre più difficili da raggiungere.

    Soltanto utilizzando le abbondantissime risorse che si trovano al di fuori del nostro pianeta potremo soddisfare le crescenti aspettative delle moltitudini che ancora vivono in condizioni di disagio senza reprimere le attese di quelli che ora si trovano in condizioni di relativo privilegio. L’abbondanza di risorse potrà evitare una crescente conflittualità tra coloro che ora competono per le risorse del nostro pianeta, evitando quelle ‘guerre per le risorse’ che taluni prevedono per il nostro futuro. Questa visione di un futuro, in cui l’espansione dell’uomo nello spazio permetterà di sfuggire a quella situazione di limitatezza delle risorse disponibili che sta frenando e ancor più frenerà in futuro lo sviluppo dell’umanità, viene normalmente definita opzione spaziale. È evidente che il punto sta nella frase: In condizioni di equilibrio, bisognerà operare per adattarsi alle dimensioni finite della Terra… riportata nel capitolo finale del rapporto I limiti dello sviluppo pubblicato nel 1960 dal Club di Roma. Le conclusioni che se ne traggono valgono per un’umanità installata su un solo pianeta, con a disposizione solamente le risorse disponibili su di esso. L’opzione spaziale, basata sull’uso di risorse extraterrestri, sul loro trasporto sulla Terra per provvedere a una significativa frazione delle esigenze della società e anche sullo spostamento di attività produttive, caratterizzate da un notevole impatto ambientale, fuori dal nostro pianeta, fornisce una risposta a questi limiti.

    L’importazione di materie prime e di energia dallo spazio, senza soprattutto che la loro produzione contribuisca all’inquinamento della Terra, e contemporaneamente il progressivo insediamento in altri luoghi di un numero non indifferente di esseri umani, renderanno possibile estendere il benessere oggi goduto da una parte privilegiata dell’umanità a coloro che ne sono esclusi, senza che i primi debbano rinunciare a una parte considerevole delle loro stesse speranze di progresso. Molti economisti dubitano che l’opzione spaziale sia praticabile a costi accettabili o che sia attuabile su una scala tale da avere un qualche impatto sullo sviluppo globale dell’umanità, ma, secondo i suoi sostenitori, tale obiezione è un sintomo delle difficoltà psicologiche ad accettare soluzioni non terrestri ai problemi umani. Difficoltà psicologiche a parte, resta comunque il problema molto grave dei costi di trasporto delle materie prime e dei prodotti extraterrestri sul nostro pianeta e, soprattutto, quello di spostare le attrezzature di estrazione e il personale dalla superficie della Terra verso lo spazio. Tuttavia, se si tiene conto anche dei costi legati alle conseguenze ambientali che le operazioni di estrazione sulla Terra comportano, man mano che la scarsità delle materie prime costringerà a estrarre e trattare quantità sempre maggiori di minerali sempre più poveri, la bilancia si sposterà sicuramente a favore delle risorse extraterrestri. Ma il punto fondamentale è che i costi di trasporto dipendono principalmente da dove i materiali estratti devono essere trasportati. Se ad esempio si deve realizzare un’ infrastruttura in orbita intorno alla Terra, vi è una notevole convenienza a farlo usando materiale di origine lunare piuttosto che terrestre. Senza dimenticare che i costi maggiori sono legati allo sviluppo delle necessarie tecnologie e alla realizzazione delle infrastrutture: sono quindi costi di investimento. Coloro che sostengono l’opzione spaziale ritengono che gli ingenti investimenti richiesti avranno una produttività molto elevata. I costi di trasporto dipendono poi moltissimo dalla tecnologia; qualsiasi innovazione, che permetta di ridurre i costi di lancio dalla Terra o di trasporto nello spazio, renderà lo sfruttamento delle risorse extraterrestri più praticabile. La tecnologia attuale permette di esplorare e poi di sfruttare una buona parte della zona a noi più vicina del sistema solare, ma molti sono convinti che solo ulteriori progressi tecnologici permetteranno di rendere realizzabili tali obiettivi anche da un punto di vista economico. Un ingresso massiccio dei privati nelle attività spaziali può produrre quelle riduzioni di costi che sono indispensabili per realizzare l’opzione spaziale. Il turismo spaziale avrà un ruolo fondamentale in questo senso ed è il primo passo in questa direzione, seguito dallo sfruttamento minerario degli asteroidi più vicini (i NEA, Near Earth Asteroids(3)) e dalla produzione di propellente nello spazio e sulla Luna.

    Un bene può essere trasportato in modo economicamente conveniente a distanze tanto maggiori quanto minore è la sua massa per unità di valore e quanto più elevata è la velocità alla quale può essere trasportato. Chiaramente il bene che può più facilmente essere importato dallo spazio è quindi l’informazione, che ha massa nulla e viaggia alla massima velocità possibile, la velocità della luce. Le attività economiche che attualmente vengono effettuate nello spazio sono infatti tutte legate al trasporto e alla produzione di informazione (satelliti per telecomunicazioni, satelliti meteorologici, attività di ricerca e sviluppo sulla stazione spaziale…). Un altro bene facilmente trasportabile a grandi distanza è l’energia, che può essere trasportata con grande efficienza mediante fasci di microonde. La scarsità di energia e le conseguenze ambientali della sua generazione sono peraltro uno dei maggiori problemi che la nostra società deve affrontare: le più importanti fonti di energia in uso oggi, i combustibili fossili e la fissione nucleare, sono all’origine di problemi ambientali importanti, che peraltro non sono assenti anche nel caso di sfruttamento su larga scala dell’energia solare. A causa del basso rendimento di conversione tra energia solare ed energia elettrica, infatti, l’uso generalizzato di energia solare sulla Terra produrrebbe un notevolissimo inquinamento termico, scaricando nella biosfera circa un quarto dell’energia che attualmente quest’ultima riceve. Lo spazio circumterrestre è molto ricco di energia proveniente dal Sole, che può essere trasformata in energia elettrica e quindi trasmessa sulla superficie del pianeta mediante fasci di microonde. Tali centrali elettriche possono essere sistemate in orbita terrestre (SPS, Space Power Stations(4)) oppure, dato che la trasmissione mediante microonde può essere effettuata anche da distanze molto maggiori, sulla superficie della Luna (LPS, Lunar Power Stations(5)). Una parte dell’energia può essere utilizzata in loco, per lavorazioni industriali che richiedano ingenti quantità di energia, permettendo così di spostare lontano dalla superficie terrestre lavorazioni che abbiano un forte impatto ambientale, sia dal punto di vista dell’inquinamento termico che di quello chimico. Bisogna infatti notare che, in molti casi, ciò che costituisce inquinamento sulla superficie della Terra non è affatto nocivo nello spazio o sulla Luna. Non ha senso, ad esempio, parlare di inquinamento termico quando si disperde per radiazione calore nello spazio e anche l’inquinamento radioattivo ha ben poco peso in un ambiente che di per sé è ricchissimo di radiazioni di ogni genere.

    Attualmente appare più problematico lo sfruttamento di risorse più lontane, come quelle ricavabili dagli asteroidi che si trovano tra Marte e Giove o, a distanze ancora maggiori, dai satelliti dei pianeti esterni. In questo caso si richiedono tecnologie più avanzate, ed è ragionevole che ciò possa avvenire in un futuro più lontano. I pionieri dell’opzione spaziale parlano esplicitamente di divisione del lavoro tra la Terra e lo Spazio. In quest’ottica lo spostamento di molte attività produttive fuori dalla Terra porterà all’insediamento nello spazio e su altri corpi celesti di una porzione non trascurabile della popolazione; e i grandi habitat spaziali, insieme alle centrali elettriche spaziali ed eventualmente alle basi lunari, sono caratteristiche tipiche dell’opzione spaziale.

    Si può andare tuttavia al di là della convenienza economica e della soluzione dei nostri problemi di sopravvivenza a breve e medio termini che ci garantisce l’opzione spaziale. Se la specie umana, che si è evoluta sulla Terra, ha un destino che va ben oltre il proprio pianeta, lasciare la sua superficie per diffondersi nel cosmo è un vero e proprio imperativo, il cosiddetto imperativo spaziale. Oggi l’uomo è quindi chiamato a mantenere e rafforzare la propria presenza al di fuori del nostro pianeta e a fare dello spazio una vera frontiera dell’umanità da spingere gradualmente sempre più lontano nell’universo che ci circonda. Ovviamente con tutte le suggestioni e i miti che tale termine evoca. Konstantin Tsiolkovsky ha sintetizzato questa idea, al livello più semplice, osservando che se è vero che la Terra è la culla dell’umanità, è altrettanto vero che dalla culla bisogna prima o poi uscire per affrontare la vita. La storia dell’umanità sul nostro pianeta non sarebbe quindi che una specie di prologo per la vera storia, che deve ancora sostanzialmente cominciare: la storia dell’uomo abitatore del Cosmo. Questa visione ha infinite sfumature, da quelle minimaliste che vedono l’uomo come specie confinata al sistema solare, ad altre che prevedono un’espansione su scala infinitamente più grande. Anche i motivi per cui l’uomo dovrebbe seguire tale imperativo sono molteplici, e vanno dalla pura e semplice sopravvivenza, in quanto non è affatto sicuro puntare tutto su un unico pianeta, che può essere coinvolto in catastrofi di vario genere e che, alla fine, dovrà comunque subire la sorte del nostro sistema solare, a fini di tipo materialistico, storicistico o religioso. Soprattutto nell’ultimo caso, l’uomo può essere visto come l’unico essere intelligente, l’agente in qualche modo incaricato di umanizzare il creato, oppure come una delle tante specie intelligenti destinate a creare una comunità di dimensioni cosmiche.

    Recentemente è stata proposta una generalizzazione di tale impostazione con la formulazione di un ipotetico principio, detto Principio dell’espansione della vita cosciente (CLEP: Conscious Life Expansion Priciple(6)) che, nella forma forte, stabilisce che una specie intelligente e cosciente che si evolve su un pianeta è in grado di intraprendere l’esplorazione dello spazio. Tale impresa non è un’opzione o un evento occasionale nella storia della specie, ma rappresenta un modo obbligatorio di diffusione della vita di livello superiore al di fuori del luogo in cui si è sviluppata. Affinché tale principio sia valido è necessario che le leggi fisiche permettano a tutte le forme di vita intelligente di intraprendere il volo interstellare e che tale possibilità si verifichi in qualsiasi galassia dove sia comparsa vita intelligente, indipendentemente dal numero di sistemi stellari abitati in qualsiasi epoca. Dello stesso principio esiste una forma debole, la quale stabilisce che le leggi fisiche sono orientate verso la possibilità di esistenza della vita e permettono alla vita cosciente di intraprendere il volo interstellare. Ciascuna civiltà può essere fortemente motivata a esplorare l’universo o in modo indiretto dal proprio sistema stellare o direttamente espandendosi in altri sistemi. L’espansione nello spazio sarebbe una caratteristica fondamentale dell’intelligenza e quindi anche di ipotetici esseri intelligenti che possono essersi sviluppati altrove, nella nostra galassia o in generale nell’Universo. Più che un fine da perseguire attivamente, un vero e proprio imperativo per la specie umana, si tratterebbe dunque di una logica conseguenza dell’intelligenza dell’uomo, una continuazione della stessa spinta che ha portato la vita a diffondersi su tutta la Terra, occupandone anche gli ambienti apparentemente meno adatti.

    Primo Levi, commentando il primo sbarco sulla Luna e analizzandone le motivazioni, scriveva: "…Alla base di tutti [i motivi], si intravvede un archetipo; sotto l’intrico del calcolo, sta forse l’oscura obbedienza a un impulso nato con la vita e ad essa necessario, lo stesso che spinge i semi dei pioppi ad avvolgersi di bambagia per volare lontani nel vento, e le rane, dopo l’ultima metamorfosi, a migrare ostinate di stagno in stagno, a rischio della vita: è la spinta a disseminarsi, a disperdersi su un territorio vasto quanto è possibile;…"(7)

    Un mondo più grande è possibile si concentra sulla prima parte dell’opzione spaziale, che ‘può’, e secondo l’autore, ‘deve’ essere implementata a breve termine, e pone l’accento sul fatto che l’espansione nello spazio e la conseguente utilizzazione delle risorse extraterrestri sono un vero e proprio dovere morale che ci sta di fronte.

    Torino, Luglio 2015

    Giancarlo Genta

    Professore di Costruzione di Macchine presso il Politecnico di Torino

    Membro dell’International Academy of Astronautics

    Membro dell’Accademia delle Scienze di Torino

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    Capitolo 1 - Premesse

    Questo lavoro si pone come punto d’arrivo di un ciclo di riflessioni iniziate nel 2011, anno in cui si tenne il primo congresso internazionale di Space Renaissance International(8), dove venne abbozzato un discorso sulla metafisica dell’astronautica(9). La metafisica dell’umanesimo astronautico, come percezione del mondo, abbraccia uno spazio tridimensionale che comprende tutto il sistema solare, e si estende oltre, alla Nube di Oort(10), la sfera composta da trilioni di comete che contiene, al centro, il nostro sistema solare. Come storia evolutiva, la metafisica dell’astronautica inizia con il lavoro anticipatore di Konstantin Tsiolkowsky(11), ai primi del 900, ed arriva ai giorni nostri, dove alcuni commentatori economici si sono spinti a teorizzare la fine dell’esplorazione spaziale(12), come conseguenza della chiusura del programma Space Shuttle, ma dove al contempo il turismo spaziale, e lo sviluppo di attività civili nello spazio geo-lunare, si propongono ormai come stelle nascenti in un contesto economico globale caratterizzato da stelle per lo più morte o moribonde.

    Una riflessione metafisica doveva necessariamente approdare a riflessioni di ordine morale, ed a questo approdo il sottoscritto ha cercato di contribuire con alcuni paper che avevano per tema (I) una definizione aggiornata dell’umanesimo astronautico(13), rispetto alle prime concettualizzazioni filosofiche di Krafft Ehricke(14), Gerard O’Neill(15), ed anche dei contemporanei Stephen Ashwort(16), Bob Krone del Kepler Space Institute(17), ed altri, che hanno risposto all’invito dello stesso Bob Krone a contribuire al Journal of Space Philosophy(18), e poi (II) la questione morale propriamente detta(19). Aggiungo comunque che quanto esposto in questo volume non rappresenta in alcun modo le posizioni ufficiali di Space Renaissance, ma unicamente il frutto delle mie riflessioni e considerazioni, sul tema dell’umanesimo astronautico, e dell’espansione della civiltà nello spazio. Auspico infatti che Space Renaissance, come movimento internazionale, possa accogliere anche posizioni non coincidenti con le mie, purché tali posizioni non siano anti-umaniste e condividano la crescita e l’espansione della civiltà nello spazio come indirizzi filosofici strategici di lungo periodo e di orientamento politico immediato. Semplicemente vi chiedo di riflettere sulle idee e considerazioni che ho qui raccolto, perché penso in tutta sincerità che siano quelle più coerenti, e più adatte al conseguimento degli obiettivi ed ideali condivisi.

    A scanso di equivoci, per evitare qualsiasi impressione affrettata, che questo libro intenda discutere dei massimi sistemi, trascurando le gravi questioni della nostra quotidianità attuale, chiarisco subito che è proprio il contrario: questa riflessione parte dai bisogni e dai problemi concreti dell’umanità vivente e futura, sette miliardi e duecentocinquanta milioni di persone, and counting, come dicono gli americani. Probabilmente quando queste pagine andranno in stampa saremo già ben oltre. Preoccupante? Certo, ma non quanto lo scenario immediatamente successivo, quello dell’implosione della civiltà, tutt’altro che improbabile — come sostenuto dall’astrofisico Stephen Hawking(20) ed altri pensatori di orientamento diverso, ma stranamente consonanti, come James Lovelock(21) — se il sistema mondo dovesse restare fisicamente e filosoficamente chiuso.

    L’edizione italiana di questo scritto non poteva prescindere da cenni di analisi della situazione kafkiana in cui si trova il nostro paese, dove la corruzione e l’insipienza politica si sfidano in una gara al ribasso, e dove qualsiasi tentativo di rimettere la barra del timone contro le onde della crisi globale viene ostacolato da una pesantezza burocratico-affaristica che sembrava caratterizzare soltanto i paesi preindustriali... evidentemente ancora non potevamo prevedere a quali abomini porterebbe l’era post-industriale, termine con il quale schiere di sedicenti sociologi hanno da tempo cominciato a giocare, da par loro. Tuttavia non mi dilungo molto sulle possibili soluzioni locali, quale che sia la loro urgenza, essendo convinto che le cause prevalenti siano quelle generali, e tuttalpiù in questo paese ci si debba preoccupare prioritariamente di come riportare a galla quelle forze e quelle conoscenze eccellenti (a lungo neglette) che possono dare un contributo italiano alla soluzione dei problemi globali, a rovesciare la crisi ed a superarla in avanti, in alto, guardando ad un futuro migliore del presente.

    Affrontando una questione così grande ed universale come la morale sarebbe forte la tentazione di sviluppare una trattazione la più possibile completa dell’argomento, nel timore di essere tacciati di superficialità, se si omette anche una sola delle grandi questioni che toccano il tema morale: la guerra, la politica, la corruzione, l’ambiente, il rapporto con la natura, tanto per fare qualche esempio. Ma a tale tentazione intendo resistere, per due motivi fondamentali. In primo luogo l’estrema urgenza della questione morale principale: dare inizio all’espansione della civiltà nello spazio, onde evitare il probabile olocausto del 90% della nostra specie! La seconda ragione potrà apparire opportunistica, ma in realtà non lo è: la società è da sempre afflitta da individui privi di ogni scrupolo e morale da un lato, e da individui che cercano di approfittare di ogni occasione per risolvere tutti i problemi morali del mondo... ovviamente ciascuno secondo la propria particolare ideologia! È un classico, per fare un esempio, l’arcinoto luogo comune, secondo cui prima di andare nello spazio, dobbiamo risolvere molti problemi sulla terra. Ebbene, sono convinto che nessun problema terrestre sarà più risolvibile, quale che sia la qualità dell’ideologia a supporto della soluzione, se il sistema resterà chiuso, e la frontiera spaziale non verrà aperta. La priorità assoluta è quindi l’inizio dell’industrializzazione dello spazio geo-lunare, tutto il resto possiamo discuterlo dopo, una volta che la civiltà abbia saldamente re-imboccato la strada dello sviluppo! Parimenti, questa operetta morale non pretende di dirimere in dettaglio tutti i torti e le ragioni dei molti e crescenti conflitti che infestano il nostro mondo,

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