Il cavaliere di Berlino
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Book preview
Il cavaliere di Berlino - Stefano Falotico
Indice
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
XIV
XV
XVI
XVII
XVIII
Il cavaliere di Berlino
di
Stefano Falotico
Copyright 2017 © Stefano Falotico
Immagine di copertina @ Adobe Stock
ISBN: 9788892658929
Youcanprint Self-Publishing
Avvolti dalle tenebre, siamo i fratelli della congrega di Clint. Coloro che fuggirono dall’impietosa Alcatraz, rea di tanti crimini
arrestati a cui non ci schiavizzammo, ribellandoci apocalitticamente in furibonda rinascita esistenziale. Poi, fu la volta di Parigi e di un’altra manicomiale prigionia contro cui reagimmo scalpitanti nell’estasi beatificante d’una rivoluzione san(t)a. Agguantando i nostri demoni interiori a (impic)cagione dei tor(t)i loro che ci perpetrarono con arbitraria violenza marcia. E liberamente marciammo agguerriti verso la sacra San Pietroburgo, ove assistemmo a un’altra oscenità che il nostro Clint, con imponderabile saggezza e perscrutante sguardo da lupo della vita dura, smascherò
nel disvelamento della verità più assassina, ritortasi contro il vile assalitore d’una pura, intoccabile eppur violata innocenza adamantina. Quindi, Londra e quell’accusa infamante per colpa della quale perdemmo molti uomini in battaglia, la battaglia del Ver(b)o fattosi nostra carne macerata, avvinghiata alla poderosa potenza dei nostri fuochi dei cuori giammai infranti né affievolitisi nell’orrida guerra che ci scatenarono bastarda. Non arretrammo e vivemmo un incubo allucinatorio, mortificante e al contempo, vivaddio, il nostro Signore in gloria, rifulgente d’una debole eppur brillante speranza mai doma. Sì, c’addormentammo... fra le braccia di quel branco e i cattivi noi stessi, issati in reggimento crociato, vincemmo con la vendetta, in Clint incarnata, d’una rivincita nei pressi d’una luciferina torre maledetta entro cui si celava l’abominevole mostro della notte nostra ancor accesa di Luce vivifica e cavallerizza di nuove spericolate, intrepide avventure gracchianti
, con la Luna fiera dei nostri orgogli non abbattuti, fulgida nell’alto dei cieli e nell’eternità imperitura del nostro viverci nel dolore e nelle esaltanti gioie.
Eccolo, Clint, ribaldo e terso nelle emozioni vitree
come i suoi piangenti occhi di cristallo, smerigliati
nell’assoluto e nell’infinità d’una rocciosa perdizione
portentosa. La perdizione di chi ha perso e s’è sempre rialzato dalle sconfitte, elucubrando
mille ansiti del suo animo coriaceo, vincendo il buio delle notti buie e mentitrici, rinascendo sempre, perennemente, a ogni nuovo vittorioso trambusto sussultante del cuore suo mai stanco. Clint, inviso di viso intagliato nell’abbrustolente fierezza di essere se stesso, irrimediabilmente sol(id)o. Cacciatore d’ipocondrie, incarnazione dell’inquieto malessere esistenziale, robustezza totemica di mille dubbi circolanti nel suo rotear tra la foll(i)a con guascona irresistibilità da uomo quasi cavernicolo, da ricercatore d’emozioni fertili dalla viscerale, verissima emozionalità mai dormiente nelle certezze e nelle brutte cere di quei ceffi comandanti
che reggono il potere, che travian le masse in sperticate
idiozie date a bere come oro colato digeribile, per Clint da bile, da starnutirvi sopra e vomitarci con cazzuta malinconia frizzante. Si piega, Clint, molti cattivi presagi sconfisse, s’oscurò nelle sciagure e cadde precipitevolissimevolmente nei deliri più tetri di lugubri notti insonni e mangiatrici del suo animo possente, sempre felino, scattante e strafottente come una pisciata in testa ai porcellini stronzi, ah, che innaffiata di cattivo
, san(t)issimo gusto. Giusto... che sia così. Menefreghista dei relativismi tediosi, assediato sempre da incognite, passeggiante nel viale della speranza è l’ultima a morire, a far linguacce in faccia alla feccia, a chi dall’apparenza giudica svelto e troppo lesto
e presto. Lui, a questa gente, offre il petto in fuori e i suoi scoreggianti peti nell’aria limpida scorrazzanti. Mai scoraggiandosi, sempre più nel fortificarsi di radicate (in)certezze, prendendo la vi(t)a dell’esistere e, come dice lui, di questa (r)esistenza, con gioviale parsimonia e sguazzante armonia petante
, mai essendo pesante. Leggero come una piuma, tosto come un peso massimo. Infrangibile! Martellante!
1.
Il risveglio a Londra
Come sapete, ci trovammo a Londra e, svegliati che fummo dall’incubo, vero o appunto solo (tra)sognato, vagammo a lungo per la città, nella reminiscenza di quel che (non) accadde, con quell’immagine della Torre turgida
e maledetta stampata nelle nostre viscere, a memoria del ricordar appunto l’abominio che ci perpetrarono e dal quale fuggimmo lottatori, guerriglieri dei nostri dest(in)i... Sconfiggemmo quel diavolo travestito da umano e poi c’abbeverammo alla fonte della ritrovata, restaurata tranquillità sudata, gironzolando in lungo e in largo per Londra, in cerca di cibo, di nuovi alimenti... per la nostra (r)esistenza.
Un risveglio acuto, acuminato nell’estatico paradiso, ahinoi momentaneo, come leggerete poi, d’una felicità in noi insita che tante prove ingiuste dovette superare, vincendo il fato avverso e lottando a perdifiato
per un ideale di pace in terra, in questa terra ove Cristo superò mille sacrifici e dovette battere le tentazioni demoniache nel miracolante divinizzarsi a carne e soprattutto anima del Maestro assoluto, iddio delle cose, la creatura Altissima e inviolata nella notte dei temp(l)i, il Creatore!
Londra, virtuosa nelle sue solarità incendiarie d’emozioni plumbee
come l’atmosfera piovigginosa dei torrenziali temporali che, squagliandosi nel dardeggiar vibrante del dì ardimentoso, divengono vita funambolica, Passione del tempo mesto e saggio.
Londra la notturna, Londra che vivemmo irrequieti, Londra adesso lontana nell’addio nobile che le (conce)demmo, allontanandoci nell’imbarcar(ci) un’altra avventura ispida e al contempo salvifica.
Risveglio turbinoso fra noi indaffarati
a (r)esistere in questo mondo pernicioso, schiacciati e oberati spesso dai debiti con una vita che concepimmo e pen(s)iamo in grande, castigati per l’unica