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L'Estetista: Storia e ragione di una ricerca
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L'Estetista: Storia e ragione di una ricerca

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About this ebook

Gentile lettore/lettrice,
questo testo, unico nel suo genere, è una promessa di coinvolgimento a cui non potrai sottrarti fino all'ultima pagina. Il contenuto ti riguarda in prima persona, e dalla sua lettura imparerai come gestire al meglio il tuo paesaggio corporeo.

Attraverso la narrazione di molti casi trattati, troverai le risposte alle svariate domande insolute su alimentazione, inestetismi vari, malesseri ordinari. Due scuole di pensiero, il mondo della bellezza occidentale e le discipline orientali, si incontrano e interagiscono felicemente, dando luogo a una ricerca che chiarisce i molti lati oscuri di un settore che non conosce crisi.

Testo utile, dai contenuti innovativi, sostiene una tesi: spesso l'inestetismo è un sintomo, la cui chiave di lettura è data dalla medicina cinese, che rivoluziona e illumina di conoscenza i molti lati oscuri del settore bellezza e benessere. Non mancano, nella narrazione, considerazioni sui temi più spinosi del nostro tempo. Inevitabili le valutazioni critiche su: economia e globalizzazione, mercato del lavoro e politica, etica e moralità. Ma concludo con una nota di speranza il mio narrare.

***Recensioni***

“A metà strada tra un saggio e un’autobiografia, questo interessante testo, scritto con originalità e con un linguaggio semplice e accessibile a tuti, illustra l’opportunità, nonché l’imperante necessità di riscoprire in ognuno di noi il benessere fisico e mentale. L’autrice, attraverso questo testo rivela i risultati sorprendenti di anni di ricerca e di esperienza nel campo dell’attività di estetista, con l’obiettivo di dare un contributo a chi di questa materia vuole farne un’arte”.
(Michela Casuccio, dott.ssa commercialista)

***

Ho letto il libro e l’ho trovato interessante, dai contenuti innovativi. Racconta il nostro tempo e della Sicilia, come dei siciliani, con ironia e partecipazione.
(Maria Teresa Napoli, insegnante)

***

Un libro che, fin dalle prime pagine, riesce a catturare l’attenzione del lettore per il suo grande valore estetico e comunicativo; un libro che insegna a tutti a capire i meandri del proprio corpo e ad aprire uno splendido scenario che progetta lo spazio “donna”.
(Tina Martorana, insegnante)

***L’autrice***

Francesca La Carbona da piccola coltivava un sogno. Voleva diventare attrice di teatro.
Figlia della civiltà rurale dell'entroterra sicula, dovette fare i conti con le regole dettate dai luoghi comuni e la falsa moralità di una vecchia zia, che si mise di traverso. Emigrata al nord con la famiglia, da giovanissima assecondò il bisogno di rendersi indipendente. Si iscrisse ad un corso per estetiste, senza molta convinzione, sol perché avrebbe manipolato belletti e cosmetici e soprattutto avrebbe trovato facilmente lavoro.

Resasi conto di avere scelto un mestiere “bugiardo”, riprese gli studi liceali e nel tentativo di trovare rispose alle tante domande insite nel mestiere scelto, approdò alla scuola di discipline naturali e medicina Cinese. Acquisite le conoscenze per una chiave di lettura del paesaggio corporeo, si trasforma in ricercatrice indefessa, rivoluzionando molti luoghi comuni del settore estetico. Avvia uno studio osservazionale sulle tematiche più spinose del settore.
LanguageItaliano
Release dateApr 24, 2017
ISBN9788826078250
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    Book preview

    L'Estetista - Francesca La Carbona

    www.SelfPublishingVincente.it

    Introduzione

    La ricerca, intesa come contributo alla comunità, è un dovere, ma anche un diritto.

    Questo testo è dedicato a tutti coloro che nel loro operato valicano il confine del consueto per solcare altri sentieri. Si sappia però: chi parte per un viaggio in territori sconosciuti e inesplorati, tornando, non sarà più lo stesso. Una metamorfosi avrà luogo nella sua essenza e di lui non resterà che l’involucro, ma anche questo, a ben vedere, non sarà più riconoscibile.

    Fra le tante attività possibili nell’Occidente del XX secolo, mi domando perché io abbia scelto il mestiere di estetista. Forse perché m’illudevo di poter guarire il mio viso di ragazzina martoriato dall’acne? In un periodo in cui la giovinezza era la lente attraverso cui guardavo il mondo, ho creduto di poter aiutare, oltre che me stessa, tante altre persone a piacersi. La mia idea di bellezza non andava oltre i canoni consueti e mai avrei pensato che da estetista mi sarei trovata a metterne in discussione il significato, a indagarne la natura più profonda.

    Scioccamente confortata dall’idea che tale mestiere fosse poco impegnativo dal punto di vista accademico, il giorno in cui decisi di iscrivermi a un corso di formazione per estetiste, credetti di prendere due piccioni con una sola mossa. Avrei manipolato belletti e cosmetici e senza molti patemi avrei trovato lavoro, schivando così la fatica di studi più gravosi e la dipendenza economica dai miei.

    Stavo facendo un torto a qualcuno? Sì, alla mia natura di essere pensante che non si accontenta di rimanere sulla superficie delle cose. Conoscere ciò che si mostra ai sensi è imprescindibile dalla comprensione delle leggi che animano la materia. Ne ero consapevole già allora, seppure intuitivamente. Pertanto mi chiedevo quali sarebbero stati i confini didattici e, soprattutto, entro quali limiti mi sarei trovata a operare tenendo conto che le normative degli anni ottanta-novanta, come ai giorni nostri, la relegavano alla formazione di mera artigianalità.

    Quando una vocina cercò di convincermi che non sarebbe andato tutto liscio, la misi a tacere e le imposi di farsi i fatti suoi. Ben presto però mi resi conto di quanto fossi disarmata, sprovvista degli strumenti didattici necessari al ruolo scelto. Con l’incoscienza dei vent’anni ero lungi dall’immaginare che mi stavo incamminando per sentieri non prevedibili, a volte oscuri e a volte luminosissimi.

    Come ogni altro aspetto dell’essere umano, la bellezza è un argomento tutt’altro che futile e si coglie con un sentimento morale, secondo un’affermazione di Kant, sebbene in riferimento alla natura e sorvolando sul microcosmo uomo. La bellezza incanta, turba e attrae; è fine a se stessa e… si nutre di se stessa. Prescinde dal genere e rimanda alla magnificenza del Creatore. È un mistero; ogni tentativo per definirla è vano.

    La bellezza non è garanzia di felicità o serenità, né di alcunché.

    Quel tardo mattino d’estate ero seduta per un momento di pausa.

    Posso far entrare Maria Grazia? mi chiedeva Rossella, l’assistente di allora.

    Destandomi da altri pensieri, mi chiesi chi fosse; non ricordavo alcuna cliente con quel nome. Mi trascinai con lo sgabello fino alla porta e allungai il collo verso il corridoio.

    Mi alzai infine, tenendo lo sguardo fisso verso la ragazza che avanzava. La forza della sua avvenenza splendeva ed io ne fui colpita. Mai avevo visto niente di simile. Uno spettacolo di bellezza mi si parò innanzi e non riuscii a proferire parola che molti istanti dopo. Quando mi ripresi farfugliai qualcosa come: Ciao Maria Grazia, accomodati pure… cosa posso fare per te?.

    Avessi dato voce al pensiero avrei detto: Manco nei dipinti degli Uffizi ho visto tanta beltà… esisti davvero? Sei tangibile? Ti rendi conto di quale grazia ti è toccata e il nome, il tuo, è stato quanto mai profetico?.

    Altissima, il viso di… Venere. Una massa di capelli ondulati colore oro danzavano con lei a ogni movimento e le incorniciavano il volto, perfetto nelle proporzioni armoniose. Una bellezza androgina pensai guardando il resto del corpo. Le spalle poco più larghe dei fianchi, il punto vita segnato da un addome appena visibile. Gli occhi di un blu profondo erano smarriti. Quasi non l’avessi vista, mi impose una ferma attenzione. Se ogni essere umano è un tentativo di perfezione di madre natura, nella ragazza che avevo di fronte era quasi riuscito. Vestiva un completo pantalone fluido, dai colori tenui e di ottima fattura.

    Parla, perch’io ti veda! Come sarà la voce di una dea? Quali le parole che usa per comunicare col mondo? pensai e, quasi avesse sentito, prese a dirmi di sé.

    "Non… mi piaccio. Non so perché, ma mi vedo deforme…

    Può aiutarmi?"

    L’inquietudine trasudava dalla sua persona e mi parve di leggere nel timbro vocale una nota supplichevole. Nulla di anormale; ero abituata alle lamentele ingiustificate delle belle donne, in fondo anche le star hanno queste fisime. Qualcosa di sottile e oscuro, però, emanava dalla persona che mi era di fronte, abilmente celato dalla bellezza esteriore. A tratti sembrava assente, perduta in una dimensione irraggiungibile.

    Sono sempre stata loquace quanto basta per definirmi socievole e il mio segno zodiacale pare favorirmi in questo (acquario). Lo stupore però prese il sopravvento e ogni emissione di suono che si potesse definire logica sfociò in un’esclamazione che smorzai sul nascere. No! Forse ti guardi in uno specchio… deforme…

    Mi ricomposi sveltamente e feci appello alla ragione, affinché le arrivasse un messaggio scevro di qualsivoglia empatia e dunque oggettivo: Qual è l’inestetismo che ti disturba, cosa non ti piace del tuo corpo?

    Non mi piace niente di me, sembro… un uomo! Ha visto le mie spalle? Sono più larghe del bacino. E la pancia sembra una zucca rotonda… possiamo cominciare da dove vuole, tanto sono tutta da… rifare!

    Mentre parlava pensavo, a torto o a ragione, a Gegè, il personaggio di Uno, nessuno e centomila.

    <> Guardinga mi ritrassi, ma lei, chiusa nel suo mondo, non parve accorgersene. Per certo godeva di buona salute, almeno all’apparenza; d’altronde la mia preparazione di estetista mi consentiva solo una valutazione approssimativa. Le proposi un trattamento al viso, che accettò senza molta convinzione. Un tentativo, il mio, di prendere tempo e capire come esserle d’aiuto. A quell’incontro ne seguì un altro.

    Poi non la vidi mai più.

    Seppi però di lei e quel giorno fu davvero triste. Maria Grazia aveva fama di essere ribelle, ostile alle regole e smodata nel comportamento. Frequentava le discoteche e i pub; non di rado si abbandonava all’alcol. Secondogenita di una famiglia agiata, il suo carattere ribelle aveva messo a dura prova la pazienza dei genitori, che le avevano provate tutte.

    Un giorno scomparve. La cercarono a lungo.

    Indossava il più costoso dei suoi vestiti quando la trovarono nel casolare di campagna.

    Si era uccisa. I segni del male oscuro erano scritti sul suo splendido corpo e nel suo atteggiamento; lo sguardo smarrito e assente, mai un cenno d’ilarità o un sorriso. Altro elemento inconfutabile, l’addome che, seppure poco pronunciato nascondeva il punto vita. Molti anni dopo avrei saputo leggere ciò che allora non seppi vedere.

    Nell’universo femminile la bellezza ha una valenza straordinaria che si spinge oltre i confini della razionalità quando per raggiungerla si rischia la salute e talvolta la morte. La storia ci rimanda immagini di donne potenti e tanto curate da apparire belle, o giunte al potere in virtù della loro avvenenza.

    La sterile bellezza esteriore può essere arma di seduzione, il suo territorio di conquista, però, non arriva mai al cuore, si ferma all’attenzione dello sguardo e non valica quel confine.

    Il serpente dentro jeans attillati

    Ore diciannove di un giorno lavorativo, il trentuno di dicembre. Lo squillo del telefono mi induce a pensare a una telefonata di augurio per l’anno nuovo. Invece no; dall’altro capo c’è Teresa, una tra le clienti a cui tengo maggiormente, la quale mi chiede se posso riceverla insieme a un’amica che necessita di qualche consiglio . Certo, perché no? Vi aspetto. Teresa è simpaticamente… sovrappeso e spesso sorridente. La ragazza in sua compagnia, di professione modella, svettava su gambe lunghissime in perfetta armonia col resto del corpo; le movenze flessuose mi evocavano le onde o, qualcosa di non ben definito la cui immagine mi avrebbe raggiunto da lì a poco. Un quadro magnifico con un neo, l’unico, che non poteva sfuggire al più distratto degli spettatori; le sue mani erano rosso-porpora-violaceo. Le agitava nervosamente, quasi a volerne distogliere l’attenzione, producendo l’effetto opposto.

    Mi sottopose piccoli inestetismi di cui si voleva sbarazzare, precisando che non era mai stata da un’estetista in quanto non amava essere presa in giro.

    Cioè? Perché le colleghe avrebbe dovuto prenderla in giro?

    Perché non capiscono nulla. Teresa dice che lei è un’esperta del settore, che di lei mi posso fidare, ed eccomi qui.

    Ah! Se lo dice Teresa… Piuttosto che lusingarmi le sue parole suonarono come un campanello di allarme. È bellissima, ne prendo atto ma, forse per colpa di quel suo movimento a elica, la mia mente vola e un pensiero assurdo mi raggiunge. Se fosse un animale costei sarebbe un… serpente! Che idea bizzarra! Da dove sbucava? Lorena, questo il nome della ragazza, sembrava un fiume in piena. I suoi perché erano inarrestabili. Non avevo il tempo di formulare risposte adeguate che già mi incalzava con altre domande. Poi, appagata, mi presentò un ultimo quesito al quale però non potevo porre rimedio. Un’eccessiva sudorazione alle mani la tormentava in ogni situazione di stress o emozione non controllabile, per lei davvero imbarazzante (il palmo delle mani alloggia un punto di agopuntura, Cuore 1. Il liquido organico del cuore è il sudore. Spiegato l’arcano. Il colore violaceo rimanda a un disturbo circolatorio di cui è responsabile l’organo fegato, detto acro-cianosi. Le cause sono da ricercare nel consumo eccessivo di sapore acido; munita di carta, penna e pazienza, annoto e rispondo ad ogni sua domanda con la perizia di un certosino. Ascoltava avidamente, manco le avessi chiarito i misteri più nascosti della vita. Il momento era al massimo del suo yang tra il ricevente e il suo donatore. Era trascorsa più di un’ora e decisi che poteva bastare, almeno per quel primo incontro. Passando dalla cassa, con fare distratto e certa si trattasse di una domanda superflua mi chiese:

    Le devo qualcosa?

    Be’, sì. Una serie di punti interrogativi lampeggiano a intermittenza nella mia testa. Mi riprendo istantaneamente.

    Mi deve il compenso per la consulenza. Sarebbero cento euro, ma per darle il benvenuto in questo studio sono cinquanta.

    Emetto lo scontrino fiscale alla voce servizio e aggiungo: Lo conservi; se avrò il piacere di vederla ancora, allegheremo la fattura con i suoi dati.

    Contrariata, mi risponde:

    Posso fornirle i miei dati ora, mi rilasci la fattura! ordina, quasi fossi un evasore colto in flagranza.

    Di norma emetto scontrino fiscale. Non ho il bollettino a portata di mano, anche perché sono le ventuno e trenta e dovrei tornare a casa le rispondo senza tentennamenti.

    Mi lancia la banconota, al pari di un tozzo di pane gettato a un cane mordace. Poi, con stizza, mi porge la mano umida di sudore in segno di commiato. Provo ribrezzo e altri sentimenti poco lusinghieri.

    Teresa appare imbarazzata. La rincuoro con una strizzata d’occhio, e chiusa la porta, mi accompagna la sensazione di aver bevuto nella coppa del veleno, ma c’è un libro che mi aspetta, quello che non trovo da diversi giorni; lo cerco sul secondo piano della libreria, dietro l’anta di vetro scorrevole. Il malumore prodotto dalla vicenda deve avere investito l’oggetto con cui venni a contatto; a una spinta appena forzata, l’anta si sgancia dall’asse e rimane sbilenca. Il rumore prodotto però non lascia dubbi. Una linea corre sul vetro e qualche secondo dopo milioni di piccoli frammenti cadono a pioggia sul pavimento.

    La giornata dell’ultimo giorno dell’anno appena trascorso si chiude con un sapore amaro. Così pensavo, ma non era finita. Giorno due il serpente in jeans attillatissimi mi chiama alla buon’ora. Sono la ragazza dell’altro giorno. Mi urge la fattura!

    Mi riprendo subitaneamente. "Dal punto di vista fiscale non ho nessun obbligo nei suoi confronti.

    Allora sappia che le sto mandando una pattuglia!

    Mandi pure chi vuole, se le fa piacere (e se può fermare l’emorragia di sudore dalle sue mani).

    Ciò nonostante non arretro: bellezza e bontà d’animo possono coesistere, con buona pace di quanti non la pensano così. Tina ne è uno splendido esempio. Seppure abbia superato da diversi lustri gli anta, si fa beffa del tempo e dell’età che arreca, con solarità. Impegnata su due fronti, lavoro e famiglia, trova il tempo per curarsi e coltivare belle amicizie; la cordialità è la sua arma vincente. In lei, bontà d’animo, beltà e determinazione si esprimono compiutamente. E' la più tosta delle mie clienti e so che ama curiosare anche presso altri centri estetici, in cerca di certezze e del tempo andato, ma ritorna puntualmente, ormai lo so. Quando va via lascia dietro di sé l’eco di una fresca risata e una nota di delicato profumo al gelsomino.

    Che dire poi della mia amica Maria Teresa, minuta nelle forme, graziosa come una fanciulla in fiore, in barba all’età e alle traversie della vita; la compostezza è uno dei suoi tratti caratteriali. Dietro un’aria in apparenza burbera si nasconde un cuore d’oro. E Cristina, bellezza gentile e delicata, pronta ad ogni richiesta d’aiuto, disponibile e accomodante, seppure si crucci per un filo… di grasso.

    Santina le rappresenta tutte. La sua bellezza è nota, ma pochi sanno che all'occorrenza si spende per gli altri con sacrificio e dedizione.

    I detrattori della bellezza, non bastasse il tempo e le prove della vita, sono per eccellenza… gli invidiosi. A loro si deve l’invenzione di molti detti popolari: Bella ma oca, o vuota, cattiva, leggera, la bellezza dell’asino per imbrattare di poca intelligenza la freschezza della gioventù e.... ometto certi vituperi rivolte alle donne, non solo da parte degli uomini.

    Pare, secondo studi di psicologia, che gli invidiosi aspirerebbero all’uguaglianza; pertanto, se la natura favorisce qualcuno più di altri, essi si arrogano il diritto di screditarli per l’ingiustizia subita. Tentativo vano oltre che penoso. Perché mai la beltà avrebbe difficoltà a convivere con altre virtù? Parrebbe che a ciascuno non possa toccare che una sola grazia, ad altre/i nessuna. Mio padre soleva dire della gente laida – è brutto nel cuore e pure nella faccia – intendendo con ciò, che constatato il cattivo carattere del soggetto, anche il suo viso veniva investito dal malanimo. Egli, seppure ignorasse la fisiognomica, aveva compreso che nel viso e dunque nelle espressioni vi è un mondo interiore che si esprime. Il punto ovviamente non è la bruttezza in sé, quanto ciò che alberga dentro. Ne La bella e la bestia, lo spettatore finisce per amare quest’ultima nonostante le sue sembianze, quando ne scopre la nobiltà d’animo.

    Non è raro incontrare donne splendide dentro che non sanno di essere belle anche esteriormente e, come fiori senza luce appassiscono prematuramente. Altre, appena sfiorate da Venere da non potersi definire brutte, sanno valorizzare il loro aspetto e rimandano un’immagine gradevole e interessante. In un tempo remoto, quando la donna viveva solo in funzione della famiglia e dunque della procreazione, la bellezza era un requisito essenziale, ma il modello della bambola è ormai decaduto a favore di una donna indipendente economicamente, istruita, consapevole dell’importanza del suo ruolo.

    Pertanto, ella si affranca dai vecchi modelli senza sensi di colpa, si trucca per piacersi e per seguire la moda del suo tempo.

    La cura di sé, o mio signore, non è peccato tanto grave quanto la trascuratezza di sé. Sosteneva Shakespeare.

    Se mostrarsi al naturale comunica un messaggio di poco amore verso se stessi, l’eccesso di trucco stravolge le proprie fattezze con note di volgarità, di troppa attenzione all’esteriorità e secondo un luogo comune rimanda alla superficialità; l’esperienza però, mi ha insegnato altro. Spesso, sotto una maschera di belletti a doppio strato si nasconde una donna… insicura. L’insicurezza può avvilupparsi in orpelli luccicanti e, correndo dentro calzature alla moda, inciampa, costretta com’è, alle estremità distali, dentro scarpe tacco dodici corredate di platò e pertanto impedita dal percepire il suolo su cui si erge. Trama l’insicurezza, foraggiata

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