Bambini Tardivi: I ritardi nello sviluppo non patologici
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About this ebook
Questo perché ogni bambino è un mondo a sé, coi suoi tempi personali di crescita e di sviluppo, con dei ritmi altrettanto personali ed individuali.
Con qualche accorgimento e miglioramento nelle tecniche educative e di sostegno i genitori possono risolvere molti dei problemi della tardività del loro figlio.
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Book preview
Bambini Tardivi - Marilena Cremaschini
INTERACT
Dal gioco simbolico al gioco con le regole
Il gioco che aiuta a crescere
Il gioco per i bambini è importantissimo perché sviluppa la loro fantasia, la funzione cognitiva, emotiva e li aiuta a sdrammatizzare le loro piccole frustrazioni.
Il gioco aiuta quindi a sviluppare fantasia e creatività, in questo link alcuni consigli per i genitori su come favorire tali attitudini.
Ma il gioco è anche il modo per conoscere il mondo esteriore, l’ambiente sociale, non solo quello famigliare, ed imparare le sue regole, diventando grandi.
Tra la fine del primo anno di vita e l'inizio del secondo i comportamenti del bambino si modificano profondamente, infatti con lo sviluppo del linguaggio egli può più facilmente prendere iniziative nella realtà sociale che comincia ad essere imitata, organizzata e raccontata attraverso il gioco simbolico o di finzione.
Il gioco simbolico è la trasposizione della realtà che appartiene ai grandi adattata col linguaggio semplice di un bambino, che non può usare le cose dei grandi, ma con la fantasia immagina che ciò sia possibile.
Così per un maschietto che adora la macchina del padre e vorrebbe imitarlo nella guida trasforma uno scatolone nel suo abitacolo, della sua macchina uguale a quella del papà o una ancora più veloce ed incomincia a mettere in pratica quei procedimenti acquisiti che servono a condurre una vettura, così come li ha visti fare dal suo adorato babbo.
Se fate attenzione al suo gioco noterete che l’atteggiamento del guidatore del piccolo è identico in tutto e per tutto a quello del papà, nello stesso modo tiene le mani sul volante, cambia le marce e magari si arrabbia con gli altri autisti che incontra per strada
, è probabile anche che usi le stesse parole del padre mentre guida.
Questo è il gioco simbolico, attraverso di esso il bimbo ha imparato che soltanto un adulto può guidare, e che per condurre un’auto occorre tenere le mani sul volante e cambiare le marce, fermarsi ad un semaforo e magari litigare anche con quello che ha tentato un sorpasso.
A questo punto il gioco è diventato apprendimento delle regole del mondo degli adulti ed alcune sulla circolazione stradale.
Le azioni del far finta
sono simulazioni delle attività di routine quotidiana attraverso le quali i bambini sviluppano le competenze sociali, l'abilità di formare e usare simboli, la capacità di elaborare temi narrativi, i più disparati, tutti copiati dal monto che vede intorno a sé.
Così la bambina che gioca a fare la mamma, finge di cucinare le stesse pietanza che prepara la mamma, finge di bere e di tagliare delle pietanze in un piatto che non esiste, dà il biberon alla bambola accudendo la sua finta bambina, la mette al letto, parla al telefono con un’amica immaginaria, prepara da mangiare.
In questo modo ha appreso le regole della conduzione di una casa, della gestione del pranzo e dei figli, del passatempo delle telefonate con le amiche, ma sempre senza dimenticare i suoi impegni casalinghi, trasformandosi così in una madre premurosa ed attenta ai bisogni dei famigliari, ha imparato in pratica a fare la moglie e la mamma oltre che una perfetta casalinga.
Ma col tempo il gioco da semplice diviene sempre più complesso ed articolato, dove il bambino svolge addirittura più funzioni contemporaneamente.
Con il progredire dell'attività di simbolizzazione anche le forme del gioco simbolico cambiano.
Nei primi atti di finzione il bambino ha un ruolo attivo e i partner, reali o immaginari che siano, ne hanno uno passivo: a poco a poco anche la bambola viene fatta recitare
, parla, mangia da sola, cammina.
In breve tempo aumentano le capacità di operare trasformazioni simboliche e diminuisce pertanto la necessità di oggetti realistici perché qualsiasi cosa può assumere diverse funzioni e può essere utilizzata in molti modi. Le azioni non saranno più episodiche ed un po’ scoordinate, ma verranno organizzate in sequenze coerenti e sarà possibile rintracciare un tema di gioco espresso linguisticamente.
In pratica il suo giocare diventa una complessa rappresentazione teatrale.
A partire dal terzo anno di vita, i bambini sono capaci di decidere autonomamente la situazione di gioco, senza il supporto degli adulti, e di strutturarla come se fosse un vero e proprio copione, questo avviene anche tra coetanei, pur essendo ancora prematuro il livello di interazione reciproca.
In questo periodo i cambiamenti più rilevanti si notano proprio nel gioco simbolico tra pari, cioè tra coetanei: le azioni del far finta
si situano all'interno di un copione condiviso, dove ognuno dei partecipanti ha un ruolo ben definito, i ruoli diventano complementari tra loro, le trame sono oggetto di negoziazione e i bambini sono in grado di sostenere sequenze di gioco lunghe e complesse.
Dai tre anni in poi invece la scena del gioco si trasforma in modo evidente e si osservano nuove abilità sia cognitive sia sociali.
I temi del gioco simbolico non dipendono più dall'esperienza diretta del bambino ma diventano temi di fantasia e la partecipazione sociale, in particolare la condivisione con altri bambini, con ruoli ben definiti viene a costruire un aspetto peculiare del gioco.
Il gioco di finzione si differenzia dal gioco di fantasia o socio drammatico sia nei contenuti (dalla routine alle situazioni di fantasia) che nella partecipazione sociale e nella presenza di regole.
Compare tipicamente la pianificazione esplicita delle azioni di gioco prima che vengono eseguite: nel gioco di fantasia i bambini decidono e dichiarano a che cosa e come vogliono giocare.
L'espressione più caratteristica è: facciamo che io ero…
, dove il facciamo
denota la componente di pianificazione condivisa e il che io ero
sta ad indicare la consapevolezza di collocarsi in un mondo immaginario, segnalato in italiano dall'uso dell'imperfetto, il tema del verbo proprio della fiaba e della fantasia.
La negoziazione sul come si gioca è un elemento naturale del gioco di fantasia che, con l'andare del tempo, evolve nei giochi con regole.
Questi ultimi rappresentano, secondo Piaget (storico pedagogista) la forma più evoluta di gioco e devono soddisfare due criteri:
- è necessario che vi siano almeno due partecipanti in competizione tra loro;
- il comportamento dei giocatori è regolato da un codice solitamente prestabilito.
Per Piaget, dunque, il gioco con regole è di natura competitiva e compare tardivamente alla fine dell'età prescolare, prendendo il posto delle modalità di gioco precedenti.
Anche il gioco di fantasia è soggetto a regole e a correzioni procedurali, che tuttavia non costituiscono il fulcro del gioco e possono essere modificate in qualsiasi momento con il consenso dei partecipanti.
Invece, i giochi con regole sono convenzionali e prestabiliti, le regole rappresentano l'essenza del gioco, sono esplicite, devono essere comunicate, accettate e condivise da tutti i partecipanti prima che il gioco abbia inizio.
I ruoli sono definiti a priori così come le possibili mosse di ciascuno, ogni eventuale modifica della regola deve essere stabilita prima