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London Calling
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London Calling

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L’invito per recarsi a suonare a Londra è per Dina Nasi e la sua band l’occasione che avevano sempre sognato. Un concerto nella città che Dina ama, il desiderio di una vita. Arrivare a Londra e immediatamente smarrirsi in un intrigo dark con personaggi al limite dell’inverosimile è un tutt’uno. La leggenda de “Il cerchio dei sette”, il filo rosso che attraversa il romanzo, rapisce il lettore fin dalle prime righe e lo travolge con eventi che si intrecciano e che affondano le radici nella notte dei tempi. Dina non intuisce subito la portata degli avvenimenti. Il suo pragmatismo non le consente di comprendere, se non alla fine, l’aurea malvagia di chi ha fatto in modo che lei giungesse a Londra. Ma la città le regala anche un aiutante magico, un uomo al quale la protagonista dona, seppur con qualche iniziale reticenza, la sua fiducia, il suo bisogno di affetto, la sua fragilità. Ne sarà ripagata?
LanguageItaliano
Release dateMay 24, 2017
ISBN9788865377833
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    London Calling - Oreste Borgatti

    CALLING

    IL CERCHIO DEI SETTE E IL VIAGGIATORE

    Si narra che nel 483 a.C. Mago Merlino, grazie alle sue arti magiche e con l’aiuto del diavolo, trasportò gli enormi dolmen dalla lontana Irlanda creando il Cromlech di Stonehenge.

    Chiamò questo anello magico Osservatorio delle sette porte e delle sette finestre.

    Re Uther Pendragon, sovrano al tempo, chiese a Merlino un potente incantesimo: voleva, infatti, assumere le fattezze del suo nemico Gorlois per avere la sua consorte Igraine della quale si era invaghito.

    Così fu.

    In cambio, Re Pendragon concesse che l’intera zona di Stonehenge fosse governata da Merlino, il quale la trasformò in una porta per e dall’inferno.

    Suggellarono tale patto con un rito di sangue al quale, si narra, partecipò il demonio stesso. La pietra conosciuta come Ffreya sul, oggi Pietra del tallone, venne cosparsa con il loro sangue.

    Tale rito evocativo avrebbe dovuto essere ripetuto ogni anno durante la notte del solstizio d’estate.

    Il sangue di sette giovani donne doveva essere raccolto in sette ampolle diverse e conservato da una ristretta schiera di cavalieri, poi conosciuti come Il cerchio dei sette, sino alla medesima data dell’anno successivo, quando sarebbe stato versato in onore di Satana stesso e sostituito con sangue novello.

    Fu consentito al Cerchio dei sette di bere il contenuto di una sola ampolla per fortificare e consolidare l’usanza.

    Tale rito si sarebbe ripetuto nei secoli fino a quando un successore di Uther Pendragon non fosse riuscito a chiudere il cerchio temporale ritornando così all’anno in cui tutto era iniziato.

    Quando questo si fosse avverato, l’ultimo erede della dinastia Pendragon avrebbe avuto libero accesso alla porta per l’inferno diventando a sua volta l’unico signore degli inferi sulla terra.

    Le ampolle con quello si credeva fosse il sangue di Satana e di Uther furono custodite dallo stesso sovrano fino alla sua morte.

    Dopo essere stato cremato, i suoi resti furono seppelliti all’interno dell’anello di pietre e il rito funebre fu celebrato sulla pietra dell’altare.

    Negli anni a seguire, Merlino fu sempre più preoccupato di quello che avrebbe potuto accadere alla sua morte. Ebbe una visione, nella quale Satana reclamava le ampolle con il sangue suo e di Pendragon in modo da poter assumere lui stesso il comando, anche all’esterno dell’anello magico di Stonehenge.

    Questa premonizione convinse Merlino a escogitare un ulteriore incantesimo a protezione del Cromlech, scegliendo personalmente un depositario al quale affidare le preziose ampolle.

    Tale custode prese il nome di viaggiatore.

    Il viaggatore stesso, prima della sua morte, avrebbe nominato un nuovo incaricato scegliendolo tra i membri del Cerchio dei sette.

    Con questo stratagemma Merlino riuscì a bloccare Satana.

    Fu così che ogni anno, durante la notte tra il 21 e il 22 giugno, data del solstizio d’estate pagano, il rito funebre di Re Uther Pendragon venne replicato dal Cerchio dei sette che riempiva sette nuove ampolle con il sangue di una sola vittima sacrificale, avendo l’accortezza di sceglierla tra coloro nate proprio durante quella notte, momento in cui il patto era stato stipulato.

    Il sangue delle altre sei fanciulle, con il tempo, divenne fonte di vita per il cerchio dei sette che ricordando la morte del sovrano, nel contempo, rinsaldava il vincolo con il cerimoniale.

    Questa la leggenda che tutti conosciamo… …fino a oggi

    CAPITOLO UNO

    Sabato

    Le nove in punto di sabato sera. Esattamente centosettantun ore prima del momento.

    – Ricordate l’agenzia che ci ha organizzato un paio di concerti lo scorso anno? Locali senza pretese, ma con molto pubblico …

    Ciano, chitarra solista, è piuttosto su di giri.

    – Ricordo? Certo che ricordo. Un posto con le palme in giardino dove ho sfondato la pelle della cassa della batteria dopo neanche mezz’ora che stavamo suonando e…game over! Non avevano neppure un ricambio…ah sì, proprio un bel posto…alla mercé della disorganizzazione più assoluta.

    Train, con la memoria di un elefante, entra a piedi uniti.

    – Oh smettila e fammi finire!

    Ciano lo fulmina un po’ risentito.

    – Insomma, il tipo mi ha telefonato un paio di giorni fa dicendomi che chi avrebbe dovuto suonare a Londra per quattro concerti non ci sarebbe andato, perché due della band sono caduti con la moto e sono messi male. Allora, udite udite, ha pensato a noi che abbiamo un repertorio simile e che, parole sue, teniamo il palco con abilità. Se vi va, ne riparliamo con lui. Comunque si dovrebbe partire lunedì, martedì mattina al più tardi. Settimana prossima ovviamente – termina mentre lancia il classico sguardo interrogativo.

    Suonare a Londra?

    Noi andare a Londra per suonare?

    The Blamed in tour nella patria della musica rock, proprio nel luogo sacro dove tutto ha avuto inizio… sono senza fiato per l’emozione.

    Lunedì, al più tardi martedì di settimana prossima…ma mi basta dare un’occhiata in giro per capire subito come andrà a finire.

    I commenti, infatti, non tardano ad arrivare. E con i commenti, il palloncino del sogno si sgonfia subito.

    Dee non lascia spazio a interpretazioni.

    – Stiamo giocando per qualificarci ai play off e non posso mancare. Lo sapete che la squadra senza me muore, e che io salti una settimana è assolutamente fuori discussione.

    – Ragazzi, l’idea del tour mi piace, ma non posso. Ho già prenotato una settimana di crociera con annessi e connessi. Non se ne parla proprio. E poi chi lo dice a mia moglie e ai bambini? No, dai gente! Mi spiace, ma dovete capirmi.

    Anche Voice rincara la dose.

    La proposta Londra è stata bocciata sul nascere, anzi, ben prima.

    Mi sento come un bambino al quale hanno appena raccontato la verità su Babbo Natale, un mondo di sogni e fantasie spazzato via con uno schiocco di dita. Amaro in bocca.

    Dark e Train si guardano e non aggiungono nulla. Uno strappa nervosamente la linguetta di una lattina di birra mentre l’altro tamburella con le dita come se stesse picchiando i suoi amati tamburi. Io e Ciano ci guardiamo delusi. Eravamo tutti e due già proiettati con la fantasia oltremanica.

    Si tenta di mercanteggiare su decisioni che non cambieranno.

    Ci si saluta e, quasi furtivamente, si fa ritorno alla quotidianità.

    Non insieme e non subito.

    – Che ne dite del quartetto?

    La proposta di Dark non mi coglie alla sprovvista.

    Il quartetto. A volte ci capita di suonare solo noi quattro quando gli altri due hanno impegni improrogabili e non possono essere presenti. Per lo più proviamo in studio, arrangiando le nostre canzoni in modo diverso, con toni più intimi e morbidi. Lo definiamo il nostro lato unplugged.

    Bella idea. Ci stavo pensando anch’io.

    Sguardo panoramico e riflessione da condividere.

    – Piuttosto, come la mettiamo con la voce? Ragazzi, sapete che io posso cantare quattro, forse cinque canzoni, ma non una di più. Il resto del concerto chi lo fa? Immagino che si suoni per almeno un’ora e mezza…

    L’entusiasmo che incominciava a fare capolino si smorza un po’.

    – Se coinvolgessimo Gallo? Bella voce, suona anche la chitarra, riesce a imparare le canzoni nel giro di due prove, anzi in realtà alcune le conosce già, con te Dina le suonava già ai vostri tempi. A Londra siamo dei perfetti sconosciuti e un arrangiamento vale l’altro.

    Dark il saggio. Ci tiene proprio ad andare a suonare a Londra per proporre Gallo, che gli piace poco.

    Mi guardano speranzosi. È evidente che l’ultima parola spetta a me.

    Gallo.

    Il grande amore passato, tramontato, forse definitivamente sepolto.

    Non so se ho così voglia di rivederlo.

    Prendo tempo. Sento i loro sguardi fissi su di me.

    – Lasciatemi riflettere almeno un momento – sbuffo.

    Già sanno quale sarà la mia decisione.

    Afferro il telefono come se, dopo averlo fatto, non potessi più ripensarci e compongo un numero che conosco a memoria.

    – Ma chi abbiamo al telefono! Ladies and gentlemen… miss Dina. Wow, è da un pezzo che non ci sentiamo.

    Gallo risponde dopo un paio di trilli con quella sua bella voce, profonda e melodiosa. Voce da brividi, lo devo riconoscere.

    – Ciao Gallo. Tutto bene?

    Adotto lo stile di Dark e, senza dar tempo di rispondere, proseguo imperterrita.

    – Sono qui con i ragazzi e ci stavamo chiedendo se tu avessi voglia di fare qualche concerto con noi.

    Pausa. Ascolto e continuo.

    – Certo che ci sono soldi in ballo. Possibile che tu debba essere sempre così venale, accidenti a te.

    Riesce a innervosirmi anche solo dopo poche parole. Non mi capacito di come abbia potuto amarlo in modo così folle e totale. Forse è la storia del primo amore, quello che non si dimentica mai, quello che quando ci ripensi ti dai dell’idiota per essere stata così perdutamente innamorata di qualcuno che rivisto con gli occhi del presente ha il solo potere di farti incazzare alla seconda parola.

    Magia di quell’alchimia che una volta svanita non trasforma più alcun metallo in oro.

    La sua voce mi distoglie dalle solite riflessioni inconcludenti.

    – Bimba, lo sai che sono nato per il palcoscenico. Mi sto proprio annoiando a fare il garzone in questo bar. Quando si parte?

    – Non fare lo scemo e ascolta. Dobbiamo provare almeno un paio di volte e poi si parte. Ah, dimenticavo di dirti…si va a Londra.

    Ho tenuto la parte migliore della notizia per ultima, con la speranza di stupirlo. Invece quel che ottengo è solo un laconico commento.

    – Oh baby, almeno capiranno quello che canto!

    Stupefacente Gallo.

    – Allora sgambetta veloce e arriva subito che iniziamo a provare. Abbiamo veramente poco tempo.

    Riattacco e non aggiungo altro.

    È tutto chiaro, proprio come da copione e quello che tutti hanno sentito rende ogni commento superfluo.

    Dark mi passa una birra e prepariamo gli strumenti.

    Mancano centosessantanove ore.

    CAPITOLO DUE

    Lunedì

    I documenti, avete tutti i documenti? Controllare please, non vorrei che arrivassimo in aeroporto e a qualcuno mancasse qualcosa.

    Train sventola la sua carta d’identità come fosse il biglietto del primo premio della lotteria. Sembra il coordinatore di un viaggio vacanze. Lo lasciamo fare perché sappiamo che gli piace.

    In realtà tutto è stato organizzato dalla segretaria di Ciano, una signora meticolosa e pratica di quello che riguarda qualsiasi iter burocratico.

    Noi abbiamo solo pensato a quali strumenti portare con noi. Due chitarre, un basso e alcuni piatti della batteria sono il corredo in dotazione. La scelta più difficile sembra essere stata quella di Dark che, alla fine, tra i suoi innumerevoli bassi, ha preferito quello azzurro sbiadito, suo fedele compagno di mille e più avventure musicali. Io ho caricato i suoni che userò sul portatile e mi basterà un master keyboard per utilizzare il tutto.

    Il ritrovo è stato fissato nel parcheggio davanti allo studio di registrazione e, più che un gruppo di musicisti adulti, sembriamo una scolaresca di fanciulli alle prese con la gita di fine anno. Euforia ai massimi livelli, risate isteriche e battute stupide si sprecano, proiettandoci già in quella che, ne siamo certi, sarà un’esperienza indimenticabile.

    Andare a suonare proprio a Londra è una sensazione unica e l’eccitazione che viviamo ne è la prova.

    – Il serbatoio è pieno, abbiamo mezzo pacchetto di sigarette e indossiamo tutti gli occhiali da sole…direi che si può andare.

    La citazione di Elwood, cult della nostra gioventù, è la classica apertura di ogni partenza per i nostri concerti ed è sempre riproposta a turno da uno del gruppo, quasi fosse un rito propiziatorio.

    Siamo sistemati nella station wagon e, man mano che ci avviciniamo all’aeroporto, le voci si fanno più sommesse fino a sparire del tutto. Ci stiamo forse rendendo conto di quello che accadrà e ognuno vive questo momento in silenzio, quasi non ci si volesse disturbare.

    Invece una manata sul collo di Ciano che sta guidando, e che pertanto è un facile bersaglio, riporta tutti alla normalità. I conseguenti commenti volgari su mamme e fidanzate si sprecano intanto che raggiungiamo l’aeroporto.

    Parcheggiare, trovare l’ingresso, completare check in e successivi controlli per andare poi all’assalto del duty free shop come fossimo dei pirati all’arrembaggio, è prassi affrontata e risolta in un attimo.

    – Oh gente, guardate cosa ho trovato! Il dispenser delle caramelle con la testa di Titti! Apre il becco se schiacci! Non ne vedevo uno da millenni!

    Train riesce sempre e comunque a esaltarsi per qualche cosa di completamente inutile ma che, come per magia, attira la sua attenzione. E lo compra. E poi si pente, ma poco importa, ci ricascherà una prossima volta. Un uomo, un mito.

    La voce femminile che annuncia l’imbarco del nostro volo è salutata da una ola collettiva. Si parte, adesso è ufficiale. Saliamo e ci sediamo ai posti assegnati.

    Train non ama volare e si è preso una pastiglia per essere certo di affrontare il viaggio con calma e distacco. Lo spero, è seduto accanto a me e non vorrei proprio iniziasse ad agitarsi. Chi lo fermerebbe? Si è già allacciato la cintura e sfoglia con noncuranza un quotidiano. So che non legge nulla, forse guarda qualche immagine, ma non ne sono certa. Gli sorrido intanto che gli stringo la mano. La sua stretta si fa più forte quando i motori rombano e l’aereo si stacca dalla pista.

    – Guarda fuori dal finestrino Train! Bello spettacolo, non ti sembra?

    Tento di distrarlo con il più classico dei trucchi.

    Quel che ottengo è solo un borbottio che nasconde qualche insulto.

    Nonostante il suo terrore, riesce a ingaggiar battaglia dialettica con uno steward che vorrebbe fargli pagare la birra che ha chiesto.

    – Che cosa vuol dire un extra? Avrebbe dovuto dirlo prima che io iniziassi a bere che avrei dovuto pagarla! Non si fa così! Lei è proprio un bel tipo!

    Si lamenta, discute, ma poi cede e, sbuffando, paga.

    – Si tenga pure il resto, mancia …– commenta e in un sorso finisce di bere.

    – Anzi, me ne porti un’altra che tutto questo discutere mi ha fatto venire la bocca secca!

    Il suo show finisce con una risata. Se non lo conoscessi, potrei pensare che è realmente quel grosso rompiscatole che sembra essere. In realtà tutto fa parte del suo personalissimo spettacolo. È uno dei pochi capace di ridere con gli altri di se stesso.

    Fortunatamente il resto del viaggio è senza intoppi e nel giro di un paio d’ore Londra appare sotto di noi. È in assoluto la città che più amo, ho fantasticato mille e più volte di viverci. Mi sono sempre accontentata di venirci più spesso che posso, senza mai fare il grande passo.

    – Oh… Scaramacai! Ci dai retta o no?

    Dark, seduto proprio dietro, scuote lo schienale. Sono un po’ infastidita da questo brusco ritorno alla realtà. Si sta decidendo se prendere un taxi per arrivare a destinazione o affidarsi al buon vecchio Tube.

    Scegliamo il taxi. Più pratico e comodo. Senz’altro meno romantico.

    Il tragitto sembra interminabile, perché la nostra sistemazione è in pratica dall’altra parte della città e attraversarla richiede un tempo molto simile a quello impiegato dal volo. Train si è seduto davanti e discute – amabilmente? – con il conducente. Di cosa parlino e come riescano a intendersi resta un mistero visto che uno è apparentemente indiano con tanto di turbante, luci, colori e divinità sul cruscotto e parla un indo-inglese poco comprensibile mentre il vocabolario dell’altro si discosta poco dal classico the window is open. Li sento ridere fraternamente e mi arrendo alla evidente capacità di Train di riciclarsi in qualsiasi situazione.

    Quando attraversiamo il Tamigi percorrendo Southwark Bridge, mi sento trasportata nella magia dei racconti di Dickens che questi scenari riescono immancabilmente a farmi vivere.

    Veleggio nella mia dimensione parallela fino a quando la voce di Dark mi riporta ancora una volta al mondo reale.

    – Eccoci arrivati principessa. Smetti un po’ di vivere nel tuo sogno e torna a casa con noi, Lassie… – mi guarda e ride mentre scuote la testa.

    La sistemazione che la segretaria di Ciano ha scelto per noi, rispettando le indicazioni date, soprattutto relative al budget di spesa, sembra dignitosa. Un bed and breakfast nel più classico British Style e una signora che ricorda incredibilmente Dolores Umbridge, la direttrice vestita da confetto nella saga di Harry Potter, completano la cartolina che potremmo spedire a chi non c’è, con la scontata dedica Vorrei che foste qui.

    Abbiamo riservato tre camere che, dopo le irrinunciabili battute su chi dorme con chi, sono ovviamente divise tra band e me.

    Io da sola, chitarra e voce in coppia, mentre la sezione ritmica non si separa neppure per dormire. Dark e Train fanno coppia fissa in qualsiasi situazione e soprattutto in queste si compensano: russano entrambi e riescono a sopportarsi fraternamente.

    Saliamo in camera.

    Appuntamento nella sala da pranzo.

    Un’ora dovrebbe essere sufficiente per sistemare i pochi bagagli – a parte ovviamente Train che, tra quelli che chiama abiti di scena e gli altri che si porta nella eventualità si dovesse sporcare, ha più borse del resto del gruppo – e prepararci per la serata.

    L’idea di partire nel pomeriggio di lunedì ci consente di avere tutta la sera libera e di rimandare alla giornata di martedì i preparativi al grande debutto.

    La camera è arredata con gusto, forse un po’ troppi motivi floreali sono disseminati su tappezzeria copriletto e cuscini, ma già il look della proprietaria non autorizzava attese diverse. Il letto veramente soffice e la presenza di una minuscola televisione inducono a rimandare il rito della sistemazione bagagli ad altro momento. Accendo l’apparecchio e incomincio a girar tra i canali alla ricerca di qualche programma che possa essere familiare. Un paio di telefilm con volti e situazioni note scivolano velocemente sullo schermo.

    Proseguo nella mia ricerca televisiva e, dopo aver intravisto programmi di cartoni animati, Banane in pigiama comprese… dio mio le guardavo da bambina più di vent’anni fa, trovo un’emittente che trasmette una partita di calcio. Niente meno che l’Arsenal. Ho sognato un mucchio di volte di andare allo stadio di Highbury, ma al massimo

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