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La formula dell'amore
La formula dell'amore
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La formula dell'amore

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About this ebook

Camilla, ventidue anni, matricola, dopo due anni di università non vuole più studiare.
Messa alle strette dal padre, inizia a lavorare come commessa. Affitta le due camere vuote del suo appartamento. La prima coinquilina è Elisabetta, donna in carriera di ventotto anni, il secondo coinquilino è Luis, ventiquattro anni, studente di matematica.
Il tipico nerd, un ragazzo un po' bizzarro e fuori dal comune. Camilla lo snobba, nonostante lui faccia il possibile per farsi notare da lei. La convivenza porterà tanti cambiamenti nella vita di tutti: amicizia, liti, incomprensioni, formule matematiche e problemi di cuore, saranno all'ordine del giorno.
LanguageItaliano
PublisherPublish
Release dateJun 6, 2017
ISBN9788826448909
La formula dell'amore

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    La formula dell'amore - Deborah Lo Presti

    CAPITOLO 1

    Figlia di genitori separati

    Il primo messaggio, che trovo sul cellulare, è di mio padre e questo non è mai un buon segno.

    In ventidue anni, le volte che ci siamo visti e incontrati solo io e lui, forse si contano sulle dita di due mani! Quando ha lasciato mia madre avevo quasi cinque anni; da quel giorno mia madre mi ha letteralmente insegnato ad odiarlo. Mi ha indottrinato su quanto gli uomini siano infedeli, crudeli e bastardi. Mio padre, dal canto suo, non ha mai fatto nulla per smentire gli avvertimenti di mia madre, anzi, il suo comportamento non ha fatto che darle ragione. Praticamente lui non c'è mai stato. Non è mai venuto a una mia festa di compleanno, mai a una festa della scuola, non ho mai passato un week end con lui, fino all'età di sedici anni. Alle elementari, mio padre mi è mancato tantissimo; ero affascinata da tutte quelle bambine che a fine giornata correvano incontro ai loro papà e li abbracciavano; no, a dire il vero, ero proprio invidiosa. Mio padre è un uomo benestante: amministratore delegato di una multinazionale. Nella vita ha svolto davvero bene il suo lavoro, anzi solo quello a dire la verità. Mi ricordo che un anno ero in quarta elementare e dovevamo fare un tema descrivendo la nostra famiglia. Iniziai parlando di mia madre, scrivendo che vivevamo in una bella casa, eravamo sole da quando mio padre era morto. Non so per quale motivo decisi di farlo morire nel mio tema, ma non sapevo niente di lui, non lo vedevo quasi mai, non chiamava così non mi era venuto in mente altro. Ai colloqui con i genitori, la maestra, facendo le condoglianze a mia madre, rimase molto sorpresa di sapere che in realtà mio padre era soltanto un latitante, e non un morto. Consigliò a mia madre di portarmi dalla psicologa della scuola. Mia madre invece arrivò a casa, mi diede una pacca nel sedere e poi ci rise su!

    A sedici anni le cose cambiarono. Non so bene per quale motivo ma mio padre decise che una volta al mese dovevamo vederci. Io però non volevo rimanere a dormire da lui, così iniziammo a passare le giornate in giro per il centro di Bologna, oppure nei centri commerciali, al cinema o in qualche ristorante. Iniziammo a conoscerci. La mia opinione, anzi l'opinione che mia madre mi aveva insegnato a coltivare nei suoi confronti, fece fatica ad abbandonarmi. Più lo conoscevo e meno cose avevo in comune con lui. Io ero goffa, impacciata; lui era sicuro di sé e spavaldo. Lui era alto un metro e ottanta, io ero un metro e cinquantotto. Lui era biondo, con la pelle chiarissima, io ero castana scura, avevo però la carnagione simile alla sua. L'unica cosa che avevamo in comune erano gli occhi: dello stesso colore marrone tendente al verde. Ma del resto nulla. Durante le nostre uscite osservavo le sue mosse, per cercare qualcosa di familiare, ma facevo fatica a trovarlo. Mi sono spesso chiesta se fossi davvero sua figlia.

    Mi riempiva di regali, tutte cose materiali, ma mai una volta che si sia proposto di accompagnarmi con le mie amiche un venerdì sera, a ballare! Erano sempre i papà delle altre, oppure mia mamma. Analizzando quello che provo per lui è difficile identificare il sentimento: non posso definirlo affetto, è più una riconoscenza. Vorrei essere indifferente, ma allo stesso tempo sono attratta da lui.

    È uno strano legame, ma sento che tra di noi esiste. Una volta superata la maturità, mi ha regalato un appartamento. Era felice per me, ma soprattutto del fatto che poteva vantarsi della figlia matricola che sarebbe diventata una dottoressa. A dire il vero, dopo due anni di università, dove ho concluso veramente poco o niente, mi sono resa conto che continuare gli studi non fa per me. L'università non mi rappresenta, non ho la minima idea di cosa possa fare per me... da quando sono rimasta da sola in questa casa, gli inquilini che la dividevano con me, pian piano sono andati via, e io pigramente ho smesso di cercarli. Ultimamente non ho fatto altro che vegetare, sono uscita pochissimo: solo un paio di volte con alcune amiche.

    Essere figlia di genitori separati mi risulta più difficile ora di quando ero piccola. Mia madre, da quando sono andata via di casa, in solo tre anni, ha cambiato qualcosa come sei compagni. Solitamente sono le mamme a preoccuparsi e a chiamare per sapere se tutto va bene; mia madre a volte non chiama per settimane. Si limita a brevi messaggi TUTTO OK?, non sono nemmeno sicura che legga quello che le rispondo!

    Ora mio padre mi scrive questo messaggio: domani vuole cenare con me, la cosa mi mette ansia. Non è la prima volta che mi rimprovera per la mia carriera scolastica deludente, inoltre da quando non ho più coinquilini in casa, il mio conto in banca è quasi vuoto, mi sono rimasti gli ultimi mille euro. Ho ricevuto qualche telefonata per le camere che ho rimesso in affitto, ma riconosco di essere piuttosto esigente. A questo punto, ho paura che mio padre mi voglia togliere la casa, o che mi voglia ricattare in qualche modo, dandomi un ultimatum. Se dovessi tornare a vivere con mia madre sarebbe uno strazio! Il suo nuovo compagno personalmente lo detesto.

    E se rivolesse indietro l'appartamento dove vivo? Dovrei iniziare a pensare a cosa fare della mia vita, cercare un lavoro, ma non so cosa; quello che so è che di laurearmi non mi interessa affatto!

    Da un mese a questa parte, passo le mie giornate in pigiama mangiando gli ultimi surgelati che ho in freezer. Non ho nemmeno voglia di andare a fare spesa. L'appuntamento con mio padre è in un ristorante molto esclusivo del centro, quindi decido di mettere un vestito nero elegante stretto, senza scollatura, piuttosto anonimo. Ultimamente sono anche un po' dimagrita, e questo non è un male visto che per tutta l'adolescenza sono stata perennemente a dieta.

    Sono alta un metro e cinquantotto e in prima superiore sono arrivata a pesare settanta chili. Mia madre mi ha messo a dieta; durante i cinque anni delle superiori, ho lottato tantissimo con la bilancia, ma alla fine ho perso quindici chili e ora mi mantengo.

    Mi sono anche fatta crescere i capelli, li ho sempre tagliati corti, ora invece mi arrivano alle spalle. Quando arrivo al ristorante sono tesissima, la faccia di mio padre, seria, non aiuta a stemperare la tensione.

    «Ciao papà come va?»

    «Abbastanza bene, ho avuto una brutta influenza ma mi sto riprendendo.»

    In effetti è più di un mese che non lo vedo e lo trovo un po' sciupato.

    «Come va l'università?»

    Ecco ci siamo...ora cosa mi invento?

    «A dire il vero un po' a rilento, diciamo che ho preso una pausa.»

    «Come mai?»

    Il suo tono di voce è come un colpo in piena faccia.

    «Devi decidere Camilla, o studi o lavori. Ho chiamato la tua banca e mi hanno detto che non sei messa molto bene sul conto.»

    «Alla faccia della privacy papà! Sì ok è vero, sto attraversando un momento difficile, ma ho fissato degli appuntamenti la prossima settimana per affittare le camere, poi ho intenzione di cercarmi un lavoro.»

    «Che tipo di lavoro?»

    Il suo tono rimane freddo, distaccato. Odio quando si comporta, anche con me, da capo di una grande azienda dove comanda su tutti.

    «Non lo so, un lavoro.»

    «Sì, ma avrai un'idea di cosa ti piacerebbe intraprendere, lo sai che io ti posso aiutare.»

    NON NE HO IDEA...vorrei urlare ma cerco di contenermi.

    «Vorrei iniziare con qualcosa di poco impegnativo, mi piacerebbe fare la commessa in qualche negozio.»

    «La commessa...vorrai scherzare spero!»

    Di nuovo quel tono che equivale a un pugno in faccia, stavolta anche più forte del primo.

    Leggo tutto il suo disprezzo nello sguardo, ma cerco di stare calma.

    Dopo un lunghissimo silenzio, è mio padre che ricomincia a parlare.

    «Bene, ho un'amica che gestisce le società della grande distribuzione di abbigliamento, domani la chiamo e ti fisso un appuntamento. Inoltre ho dato ordine alla mia banca di farti avere un versamento mensile di cinquecento euro; la prossima settimana parto per lavoro e starò via un paio di mesi, quando rientro mi piacerebbe trovarti meno confusa.»

    Sono senza parole! Quindi non rivuole la casa e non è nemmeno così arrabbiato per l'università, anzi mi sta aiutando a cercare lavoro. Ma perché lo fa? Ok, sono sua figlia eppure proprio non riesco a capire come ragiona. Mi riaccompagna a casa, mi dà una pacca sulla spalla e questo è il massimo saluto che so di poter ricevere da lui. Non mi ha mai abbracciato e nemmeno baciato, mi ha regalato la casa dove vivo, ma non è mai salito a vedere come l'ho arredata. Oggi sicuramente non lo avrei fatto salire, sono dieci giorni che non faccio le pulizie e non spolvero!

    La notte dormo poco e male, la mattina punto la sveglia, ho un appuntamento alle cinque del pomeriggio: una ragazza interessata alla stanza singola. Il mio enorme appartamento ha due camere da letto, la più grande ha il bagno e la tengo per me, poi c'è una camera di quattro metri per quattro, che affitto come singola e il grande salone di cinque metri per sei, vorrei affittarlo a due ragazze. Anche questa mattina trovo un messaggio di mio padre.

    Oggi alle due, RICORDA appuntamento con la signora Marta Soavi per quel posto di lavoro, mi raccomando comportati bene.

    Classico messaggio affettuoso di un padre che augura una buona giornata alla figlia!

    A volte la vita è proprio triste!

    Sono solo le nove, e per me è raro essere sveglia così presto. Spalanco le finestre, è una soleggiata mattina di inizio gennaio, inizio a pulire con la musica nelle orecchie a tutto volume. Non sono una gran massaia tuttavia pulire mi aiuta. A dire il vero il fatto di tenermi impegnata per un po' di tempo, senza piangermi sempre addosso mi fa staccare la mente... forse è quello che mi aiuta.

    La casa dove vivo è davvero bella, arredata da mia madre e curata in tutti i dettagli. Anche le camere in affitto sono molto carine, regna in tutte il bianco, a parte i letti in ferro battuto neri. Le pareti avrei volute colorarle ma mia madre ha insistito perché il bianco, secondo le sue idee, rende tutto più grande e luminoso. Ho tirato a lucido la stanza singola per le cinque, la ragazza che mi ha chiamato non mi ha detto molto per telefono. Dall'accento ho capito che non è di Bologna, mi ha detto che lavora, ma non mi ha riferito la sua età.

    Dopo pranzo mi arriva un altro messaggio di mio padre il quale mi ricorda di no

    dimenticarmi della signora Marta...a dire il vero, me l'ero scordata!

    Per fortuna, l'ufficio della tizia che devo incontrare, è vicino a casa mia, prendo le chiavi, la bici e pedalo il più in fretta possibile. Non mi sono né cambiata né truccata, indosso i jeans da questa mattina, gli stessi che uso per fare le pulizie, un maglioncino un po' scolorito e un giubbotto di finta pelle verde scuro. Non è esattamente l'abbigliamento giusto per un colloquio, ma pazienza, ormai sono qui. Alle due e tre minuti, seguo le indicazioni di mio padre e arrivo all'ufficio della Signora Marta.

    Mi aspetto una signora di mezza età e invece mi trovo davanti una ragazza che avrà una trentina d'anni, anche lei in jeans.

    «Ciao io sono Marta, tuo padre mi ha parlato molto di te e sei esattamente come ti aveva descritta.»

    Chissà che cosa le avrà mai detto di me...

    «Piacere, sono Camilla, ma immagino tu sappia il mio nome.»

    Quando le do la mano, la mia è tutta sudata, mi faccio quasi senso da sola!

    «Allora Camilla dimmi qualcosa di te, hai esperienza come commessa? Cosa ti piacerebbe fare? Saresti disposta anche a valutare un lavoro part-time trasversale?»

    Un che???? Puoi ripetere...non glielo dico ma dalla mia faccia ha sicuramente capito che non ho la minima idea di cosa stia parlando.

    «Dalla tua faccia deduco che non hai esperienza, ok ti dico

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