Ho ucciso il lievito madre
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Saverio Guicciardini, un ragazzo che si ritiene un leader incompreso, predestinato a uccidere qualcuno come gli hanno sempre vaticinato i ‘grandi’, e che un giorno, finalmente ma a sua insaputa, ci riesce. Piace alle donne ma le delude e viene abbandonato.
Annibale Guerra, interessato al denaro e non alla leadership, deciso a fare tanti soldi nella vita per spenderli con i suoi amici che reputa incapaci di qualsiasi elementare gestione finanziaria. Un amante dotato con un segreto ‘inconfessabile’.
Norma Genovese, la Femmina tutta da scoprire, una manna per i due ragazzi, in realtà la stella polare del trio che accetta sempre di seguirla. Anche in percorsi scottanti. La donna che tutte vorrebbero essere.
‘Ho Ucciso il Lievito Madre’ svela il segreto di una vera amicizia.
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Book preview
Ho ucciso il lievito madre - Maria Antonietta Montella
MARIA ANTONIETTA MONTELLA
HO UCCISO
IL LIEVITO MADRE
HO UCCISO IL LIEVITO MADRE
CAVINATO EDITORE INTERNATIONAL
MARIA ANTONIETTA MONTELLA
HO UCCISO IL LIEVITO MADRE
Prima Edizione 2017
Impaginazione e grafica: Silvia Mezzanotte
CAVINATO EDITORE INTERNATIONAL
Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento
totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compreso i microfilm e le copie fotostatiche)
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Indice
Lo porti via, disturba tutti
Dai, rubiamo la cioccolata!
Solo guardare?
Ma cos'hai nella testa?
Dai, provate anche voi
Tanto m'ammazzo
Piuttosto l'ammazzo
Ho facoltà d'uccidere
Amore ammazziamoci
Passione suicida
Torna lei
Seppelliamo i cadaveri
Torna lui
Amore l'ho ucciso
Ti dirò chi sono
Fuori dal labirinto
Biografia
Avvio
LO PORTI VIA, DISTURBA TUTTI
Un viso tondo come la O di Giotto, occhi neri allegri e spalancati da futuro miope, riccioli disordinati color cioccolato al latte ed eternamente in tuta. Saverio Guicciardini non sopportava indossare capi d’abbigliamento che non fossero di morbido jersey, anche sintetico andava bene a patto che non intralciasse i suoi continui movimenti. Era un disturbatore nato. Nei momenti di pausa entrava di soppiatto sotto le coperte delle sue amiche ma anche dei suoi amici; li invitava a giocare, a non rispettare le rigide regole di quella combriccola di adulti repressi e repressivi che gestivano la sua comunità.
Mangiava quando sentiva i morsi della fame, mai a comando. E mai i cibi precotti, inumiditi e resi flaccidi dal vapore compresso, che passava quel convento. Quando apriva quei contenitori di plastica, l’odore e il vapore che ne uscivano lo disgustava e le sue smorfie erano contagiose fra i suoi compagni che lo guardavano come un riferimento di carattere. E lui, seppur affamato, digiunava. Aspettava di essere fuori dalla comunità per soddisfare il suo palato. Sognava spaghetti al dente, calamari impanati, salmone al forno, faraona al latte e scorza d’arancia, patate croccanti, spremuta d’arancia, dolce al cucchiaio di crema e cioccolata. Confidava di mangiare almeno uno di quei cibi che avrebbero dato valore a quella giornata negativa come le precedenti trascorse in comunità, nella quiete della serata casalinga che l’aspettava.
Intollerante alle regole, si accingeva a fare il lavoro che gli imponevano con tempi e modi propri.
In quella comunità l’unico disobbediente, l’unico incosciente che non temeva le conseguenze delle proprie azioni, era lui.
I Repressivi continuavano a punire Saverio, a metterlo di fronte a compagni considerati esemplari, affinché il ‘bene’ riuscisse a scalfire, o meglio picconare, la durezza della sua anima. Insofferente a tutte le comunità, lui li guardava senza vederli, pensando a quello che avrebbe fatto dopo, una volta libero dall’obbligo di ascoltarli in piedi, con le mani lungo i fianchi e la testa bassa. Chi si credevano di essere quelli lì? Solo perché si trovavano momentaneamente in posizione di forza, che durava peraltro da quasi due anni, volevano modificare il suo carattere, lasciare segni indelebili sulla sua personalità, marciare sulla paura che cercavano di inculcare in lui? Non passava giorno, anzi non passavano più di due ore senza che venisse ripreso per aver fatto o essere in procinto di fare qualcosa di sbagliato secondo i comandamenti della comunità.
I Repressivi erano persone statiche che odiavano quelle dinamiche. Tutti dovevano diventare come loro: esseri viventi seduti, composti, impegnati o meno in qualche attività imposta. Amavano dare ordini e obbligare a eseguirli. Saverio aborriva quei lavori ‘seduti’, nelle sue vene scorreva troppa energia: voleva toccare, parlare, cantare, ballare, vivere per divertirsi. E loro lo punivano, lo rimproveravano, lo mettevano alla berlina. Lo scopo primario era stroncare la sua vitalità e loro erano più forti. Erano tutte donne: le donne non derogano sulle regole perché hanno meno fiducia in se stesse degli uomini. I giudizi più negativi provenivano da esseri femminili che non avevano alcuna fiducia in lui, per loro Saverio era un predestinato a combinare solo casini nella vita.
Tuttavia le Repressive riuscivano solo ad annoiarlo e convincerlo che le sue azioni erano giuste, sane, adeguate alla sua età e al suo sviluppo. Avrebbe reso molto di più se fosse stato circondato da comprensione, buonumore, larghezza di vedute; non solo lui ma tutti i suoi compagni, resi obbedienti e apatici con la forza.
Niccolò aveva cinque anni.
…
Per favore signora, non lasci all’asilo suo figlio ancora per un anno… Facciamo una grande fatica a trattenerlo, sa? Disturba tutti. Niccolò non ha più niente da imparare qui e se rimane danneggia gli altri… Invita alla disobbedienza e ci riesce: i compagni lo seguono… Secondo noi, visto che il bambino sa già leggere e scrivere, può fare la primina… Guardi, non vogliamo scaricarlo, ma solo indicare cosa sarebbe meglio per uno come lui, con un temperamento così, diciamo, vivace.
Era maggio, la fine della scuola era vicina. La mamma di Saverio doveva fare in fretta per iscrivere il figlio alle elementari. Pur avendo un’esagerata e ingiustificata fiducia nelle qualità del suo bambino, Michela Strozzi si preparava a rassegnarsi al fatto che gli altri non le riconoscessero.
Cristo, Saverio, possibile che debba subire queste spiacevoli ramanzine sulla tua condotta già ora? Hai solo cinque anni… Cosa farai da grande se continui così? Ammazzerai qualcuno? Stai attento: visto che non ti piacciono le comunità, evita di finirci da grande.
Fu così che Niccolò sbarcò alla Montessori tra la gioia di tutti.
DAI, RUBIAMO LA CIOCCOLATA!
Se hai otto anni e sotto casa c’è un supermarket, non proprio super ma molto market, cosa fai quando vieni mandato a comprare qualcosa? Compri qualcosa anche per te. Può essere un pacchetto di chewing-gum, di quelle che fanno bene ai denti come hai sentito in tv, o gli smarties per riequilibrare la flora orale con agenti cariogeni, tanto tuo zio fa il dentista, o forse la biro del colore speciale che ti mancava, o un semplice tris di vaschettine di Nutella da leccare subito, anche se a casa non manca il barattolone.
Questo faceva Saverio. Non diceva mai non ho voglia
, quando lo incaricavano di comprare uova, latte o altro; si precipitava di sotto con i soldi in mano. Gli conveniva. Sua madre cercava di dargli il denaro contato ma di solito o mancavano gli spiccioli o doveva cambiare, e Saverio non perdeva occasione per arrotondare la spesa. Suonava ad Annibale, l’amico del cuore che abitava di fronte, e divideva con lui il bottino. Non si perdeva certo a fare la cresta sulla spesa per farsi il gruzzolo; mettere da parte qualcosa per il futuro non era da lui, se voleva qualcosa, doveva averla subito.
È così facile muoversi in un market, sei libero, prendi il tuo cestino e ci metti dentro quello che vuoi, vai alla cassa e paghi. Stop. Sua madre non era particolarmente soddisfatta della situazione: