Uomo & Donna a confronto nel pensiero di F. Nietzsche: Un approccio socio-cognitivo ad una questione non esclusivamente filosofica
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Le questioni di seguito affrontate sono mirate ad un paziente lavoro ermeneutico, che schiude un inusitato orizzonte della diversità femminile, con ogni previsione impopolare. Sulla scia nietzscheana, avvalendoci del prezioso contributo di scrittrici quali Lou Andreas-Salomé e Luce Irigaray, proveremo a capire quanta utopia fondamentalmente sia racchiusa in questa diversità. Il complesso rapporto uomo-donna sarà, inoltre, proposto sia sotto l’aspetto comunicativo che socio-cognitivo.
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Uomo & Donna a confronto nel pensiero di F. Nietzsche - Marsia Barbera
nietzscheane.
IL VALORE DELLA COMUNICAZIONE: Premessa generale
Uomo e donna, così simili e così diversi, si confrontano costantemente, sin dall’origine dei tempi. Il confronto nasce in primis da esigenze comunicative. Cosa accade nel processo comunicativo? Che cos’è appunto la comunicazione?
Una delle definizioni più interessanti potrebbe esser la seguente: capacità di far partecipe, di rendere comune o noto ad altri, di dividere insieme e palesare idee, notizie, segreti, gioie, dolori, paure, desideri, opinioni e tanto altro. Ma, cosa avviene durante il corso della comunicazione e quali sono le principali caratteristiche dell’azione comunicativa?
Il mittente invia al destinatario un messaggio, in riferimento ad un contesto; a tal fine si avvale di un codice, in tutto o in parte condiviso dal destinatario. Tuttavia, per mantenere attiva la comunicazione è richiesto un effetto di contatto, ossia una connessione psicologica o interazione fisica tra i partecipanti allo scambio. Il contatto è reso possibile dalla presenza di un canale, inteso come supporto energetico per la trasmissione dei segnali.
Comunicare è un’esigenza vitale: è la voglia di capirsi, di ascoltare e di stringersi agli altri. È il bisogno dei bisogni: una forza, un vulcano in continua eruzione dentro di noi. La sottigliezza e la forza della coscienza stanno perennemente in rapporto con la capacità comunicativa di uomini, donne e persino di alcune specie animali. Come chiosa Nietzsche:
La capacità di comunicazione è in rapporto con il bisogno di comunicazione; e laddove il bisogno, la necessità hanno lungamente costretto gli uomini a comunicare tra loro, a comprendersi l’un l’altro in maniera rapida e sottile, esiste alla fine un eccesso di questa forza e arte della comunicazione [1] .
Esiste dunque una facoltà che si è gradualmente potenziata, in attesa di un erede capace di servirsene per un prodigo uso: il dissipatore per natura, l’artista. La coscienza, spiega Nietzsche, si è sviluppata soltanto sotto la pressione del bisogno di comunicazione, in base al grado di questa utilità. La coscienza è propriamente una rete di collegamento tra uomo e uomo, ma ancor di più tra uomo e donna; in quanto tale è stata costretta a svilupparsi: l’uomo solitario, l’uomo bestia da preda non ne avrebbe avuto bisogno. Il fatto che le nostre azioni, i nostri pensieri, sentimenti e movimenti siano anche oggetto di coscienza è la conseguenza di un terribile dovere
che domina l’uomo da lungo tempo poiché, in quanto animale maggiormente in pericolo, ha sempre avvertito l’esigenza di ricevere assistenza e protezione. In altre parole, ha avuto bisogno dei suoi simili. Si è trovato, così, ad esprimere le sue necessità e a sapersi rendere comprensibile. A tal fine gli è servita, innanzi tutto, la coscienza e la conoscenza delle sue mancanze e dei suoi pensieri. Perché l’uomo, come la donna ed ogni altra creatura vivente, è anche pensiero, res cogitans, ed il pensiero che diviene cosciente ne è solamente la più piccola parte: questo pensiero consapevole si determina in parole, cioè in segni di comunicazione. Ecco spiegato il procedere di pari passo dello sviluppo della lingua e della coscienza. L’uomo inventore dei segni è allo stesso tempo l’uomo più acutamente cosciente di sé, poiché la coscienza si è sviluppata in rapporto all’utilità comunitaria e gregaria. In un celebre aforisma di Al di là del bene e del male Nietzsche scrive:
Da quando esistono gli uomini sono esistite anche greggi umane (gruppi famigliari, comunità, stirpi, popoli, stati, chiese) ed al bisogno di comunicazione nel gregge si è unito anche quello dell’ubbidienza, in considerazione del fatto che essa è stata finora esercitata e coltivata tra gli uomini meglio e più a lungo di qualsiasi altra cosa [2]
In qualità di coscienza formale che ordina il dovere e la necessità di interazione è indubbio che il bisogno comunicativo sia innato in ciascuno di noi. Nietzsche ci insegna che nel comunicare non basta, per capirsi a vicenda, che si usino le stesse parole o che si condividano le stesse esperienze, bisogna piuttosto essere capaci di empatia, ricorrendo al medesimo linguaggio anche per la stessa specie di esperienze interiori. Inoltre, quanto più grande è il pericolo, tanto più forte sarà il bisogno di accordarsi su come è necessario intervenire. Non fraintendersi nel pericolo è quello di cui gli uomini non possono assolutamente fare a meno per tutelare i loro rapporti. È pur vero che coloro i quali appartengono ad uno stesso popolo riescono a capirsi meglio rispetto a chi fa parte di altri popoli o greggi, anche laddove si servano di un’identica lingua. Ed è proprio in base a questo intendersi facilmente che ci si lega, strettamente e sempre più strettamente. Tuttavia, ciò non toglie che persino uomini e donne di culture diverse possano unirsi attraverso forme e mezzi comunicativi diversi da quelli che la propria società impone. Le attitudini alla partecipazione e all’interazione, non soltanto sono innate, ma si accrescono stando a contatto con i propri simili.
Sebbene gli schemi tecnici attuali ci propinino forme di comunicazione virtuale, che per certi versi si rivelano essere invenzioni utilissime e funzionali, la comunicazione tout-court ha bisogno del coinvolgimento fisico tra i partecipanti: il tono della voce, l’intensità degli sguardi e le molteplici sfumature della prossemica non possono, in alcun modo, essere rimpiazzate dai dispositivi tecnologici.
Comunicare al fine di comprendersi è un’esigenza imprescindibile. Anche in ogni amicizia e relazione amorosa si fa questa prova: niente può durare non appena ci si accorge che uno dei due, mentre dice le stesse parole, sente, opina, fiuta, teme, desidera diversamente dall’altro:
Quel genio benevolo che trattiene così spesso le persone di sesso opposto da unioni troppo affrettate, a cui consigliano sensi e cuore, è la paura dell’eterno malinteso [3]
È terribile comunicare fraintendendosi. Non esiste comunicazione nel malinteso! Le valutazioni di una persona rivelano qualcosa della struttura della sua anima e in che modo riesca a vedere le sue condizioni di esistenza o la sua vera e propria necessità. Posto, dunque, che da sempre la necessità abbia avvicinato solo coloro che potevano indicare con segni simili, bisogni simili, esperienze simili, ne risulta un complesso che la facile comunicabilità della necessità, nonché l’esperienza di avvenimenti interiori esclusivamente medi e comuni, debba essere stata tra tutte la forza più violenta che ha finora regnato sull’uomo. Non bisogna dimenticare che, come è emerso, comunicare vuol dire anche interagire. E l’interazione avviene continuamente con una quantità vasta di persone, che non sono necessariamente sempre le stesse, bensì diverse perché diverse sono le persone e le scansioni del nostro quotidiano. Persone di cui addirittura conosciamo poco o nulla e che si fanno portatrici di progetti differenti rispetto ai nostri.
L’interazione interpersonale costituisce il continuum della vita [4] .
Interagire significa comunicare, poiché la comunicazione è a tutti gli effetti interazione. Apollo e Dioniso, antiche divinità greche addette alle arti, pur nella loro diversità, trovano un compromesso comunicativo e interagiscono, parlando la stessa lingua:
Dioniso parla la lingua di Apollo, ma alla fine anche Apollo parla la lingua di Dioniso [5] .
Comunicare vuol dire anche ascoltare, ma ascoltare senza pregiudizi, in modo tale da concepire la comunicazione come uno strumento che si ammanta di uno spessore altamente spirituale. La comunicazione è metaforicamente un cammino verso la conversione, un mutamento salutare che non provoca squilibri in chi è ben radicato nella propria identità. Rifacendosi all’insegnamento della Sacra Scrittura, Lo Giudice ritiene che:
A fondamento della violenza che induce Caino ad uccidere Abele, vi è un mancato dialogo, un’assenza comunicativa, ed a monte di esso il rifiuto dell’altro e delle diversità culturali e religiose. Ecco spiegato il perché Gesù Cristo abbia voluto mostrarsi come uno straniero agli occhi della sua stessa gente [6] .
La comunicazione si serve del linguaggio ed il linguaggio è strettamente connesso con l’imitazione dei gesti. Questa si produce in maniera del tutto naturale, tanto che accade che uno sbadiglio finto provochi in chi guarda uno sbadiglio naturale [7] .
Il gesto imitato riporta chi imita al sentimento che si manifesta sul viso o sul corpo dell’imitato. Così abbiamo imparato a capirci, così il bambino impara a capire la madre:
Più antica del linguaggio è l’imitazione dei gesti; questa si riproduce spontaneamente e, - ancora oggi che il parlare di gesti è generalmente represso e si è acquisito il dominio sui propri muscoli, - è così forte, che non possiamo veder muovere un volto senza che un’innervazione si produca anche sul nostro volto [8] .
Sentimenti dolorosi possono essere in genere espressi anche con gesti che causano a loro volta dolore, come lo strapparsi i capelli, battersi il petto, contrarre e storcere violentemente i muscoli della faccia. Viceversa, i gesti di piacere sono essi stessi piacevoli e si prestano, quindi, agevolmente a comunicare intesa: il ridere, come manifestazione dell’essere solleticati, che è cosa piacevole, può servire a sua volta ad esprimere altre sensazioni piacevoli.
Ed è proprio parlando di piacere che la comunicazione, a suggerimento di Nietzsche:
produce piacere, istinto sociale nei rapporti […] Dai suoi rapporti con gli altri uomini, l’uomo ricava un nuovo genere di piacere che trae da se stesso e, grazie al quale, rende notevolmente più vasta la sfera del sentimento del piacere [9] .
Si pensi, ad esempio, ai rapporti sessuali che fanno apparire interessante ad ogni maschio, in vista del piacere, pressappoco ogni femmina e viceversa. Il piacere che deriva dai rapporti umani rende l’uomo migliore. La gioia comune e il piacere goduto insieme si moltiplicano, dando all’individuo sicurezza. Lo rendono affabile, sciolgono la diffidenza, l’invidia, perché ci si sente bene e si vede che l’altro si sente bene allo stesso modo. È così che dal piacere si sviluppa l’istinto sociale.
La comunicazione è arte, è musica, la comunicazione è cultura e religione. In nessuna disciplina si può fare a meno di comunicare: l’artista comunica con le sue opere, le sue sculture, le sue idee, i suoi schizzi. Il musicista comunica con i suoi strumenti, le sue note, pause e battute sui pentagrammi, oltre che con il suo istinto e la sua vena musicale. Gesù Cristo, Maometto, Budda, Confucio e Zarathustra hanno potuto comunicare con parole, sentimenti, pulsioni e comandamenti. Comunicare è la necessità di rapportarsi e interagire con gli altri esseri umani. La comunicazione, in tutte le sue forme, è un’esigenza viscerale.
[1] Nietzsche F., La gaia scienza e Idilli di Messina, ed. it. di Colli G. e Montinari M., vol. V, t. II, Adelphi Milano, 2005, § 350.
[2] Nietzsche F., Al di là del bene e del male, a cura di Giametta S., in Opere di Friedrich Nietzsche, ed. it. di G. Colli e M. Montinari, vol. VI, t. II, Adelphi, Milano, 2004, § 199.
[3] Ivi, § 268.
[4] A tal proposito, si rimanda a Lo Giudice S., Fedeltà alla terra, Sfameni, Messina, 2004, p. 204.
[5] Nietzsche F., La nascita della tragedia, a cura di Giammetta S., in Opere di Friedrich Nietzsche, ed. it. di Colli G. e Montinari M., vol. III, t. I, Adelphi, Milano, 2008, § 21, p. 145. Cfr. anche l’analisi proposta da